INFERNO - CANTO I
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Commentare la Divina Commedia e` una decisione
che avevamo rimandato per anni, ma ora e` giunto il momento di accettare
la sfida con noi stessi e di tentare una nostra interpretazione.
Definire la Divina Commedia 'viaggio iniziatico' e` assolutamente ovvio
visto che
da 7 secoli gli studiosi non hanno
fatto altro, ma per noi considerarla un sogno dell'Alighieri e porla
sull'Albero Cabalistico e` d'obbligo ed e` cio` che faremo fin
dall'inizio. (v. Albero 1 della Divina
Commedia).
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita. 3
Il v. 1 puo` significare la raggiunta
maturita` (35 anni), ma anche quel punto d'equilibrio tra l'Albero
bianco e l'albero nero che decide della sorte del pellegrino, cioe` se
egli d'ora in poi operera` al bianco o al nero. La
selva
oscura nei sogni rappresenta
l'inconscio, la zona che sfugge al controllo della coscienza, ma anche
il 'luogo' dove la nostra materia interiore e` ancora confusa, caotica,
e dove trovare il sentiero per tornare a casa e` assai difficile.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura! 6
Il Poeta ci descrive la natura della sua
selva oscura:
selvaggia (=
la parola selva
da radice 'svar' cela nella sua
etimologia il significato di bosco celeste, luminoso),
aspra
(= rugosa, serpentina),
forte
(= che da` forza, che nutre) in essa la mescolanza
del chiaro e dello scuro, del bene e
del male e` tale che il pensiero si smarrisce e viene vinto dalla paura
(che = atterra, che schiaccia sul pavimento) che blocca qualunque
avanzata sul Sentiero.
Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte. 9
Ma nel caos dell'inconscio si puo`
ritrovare il
bene (=
il buono) e quindi il vero e il bello, purche` lo si sappia 'scorgere'
nello stesso caos, e si sia capaci di farsi guidare dall'occhio
interiore nel modo giusto.
Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai. 12
L'inconscio si manifesta a noi nel
sonno,
(tale parola comprende anche il significato di sopore, di sogno) e
quindi nel momento della perdita della coscienza di veglia, veglia che
ci permette di distinguere il vero dal falso, la realta` dalla fantasia,
il chiaro dallo scuro. Il Sonno, nel mito greco, era il figlio della
Notte e il fratello della Morte, non essere in grado di dire
com'i' v'intrai
rende bene l'idea dell'abbandono che noi tutti affrontiamo allorche` ci
addormentiamo, lasciando il mondo della realta` quotidiana per il riposo
notturno, nutrimento e sollievo per i nostri veicoli, ma indiscutibile
parvenza di morte.
Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m’avea di paura il cor compunto, 15
guardai in alto e vidi
le sue spalle
vestite già de’ raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle. 18
Quando in un sogno s'intravede una meta,
anche se questa ci si presenta come un
colle
da scalare, e quindi faticosa da raggiungere, subito ci si sente
incoraggiati; il colle, come la montagna, e`simbolo d'elevazione, in
questo sogno puo` rappresentare la vita virtuosa, e se in piu` compare
il Sole, dispensatore di vita e calore, allora si diventa sicuri della
riuscita di quanto ci si e` proposto. Ma il poeta chiama qui l'Astro
pianeta in una specie di
traslazione
dei raggi del Sole che intravede nel
suo 'sole' interiore che ancora non e` sorto e che quindi e` ancora
'pianeta' (= che va errando, sia nel senso di 'vagare' che nel senso di
'sbagliare').
Allor fu la paura un
poco queta, che
nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pieta. 21
Infatti il cuore, corrispondente alla
Sephirah Tiphereth, relativa al Sole, che dovrebbe essere simboleggiato
dal fuoco, viene dal Poeta qui omologato ad un
lago
in cui la paura, consolidata e 'indurita' dalla sofferenza, sembra, alla
vista del colle illuminato dai raggi, placarsi.
E come quei che con lena affannata,
uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a l’acqua perigliosa e guata, 24
così l’animo mio,
ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva. 27
Volgersi indietro, all'inizio del Sentiero
iniziatico non e` consentito. Ricordiamo la storia della moglie di Lot
(Gn. 19,26) che, per essersi voltata indietro, fu tramutata in una
statua di sale e quella di Orfeo ed Euridice nella mitologia greca, in
cui Orfeo, non resistendo al richiamo dell'amata, si volta e la
perde...Colui che e` scampato al naufragio ed ha gia` raggiunto la riva
forse puo` volgersi indietro, ma non chi muove i primi passi ed ancora
non sa cosa lo attende.
Poi ch’èi posato un
poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
sì che ’l piè fermo sempre era ’l più
basso. 30
Altra operazione non permessa all'inizio del
Sentiero e` 'fermarsi a riposare per la stanchezza'. E anche se poi si
cerca di proseguire di buona lena, e con buona volonta`, sorgeranno
ostacoli insormontabili.
Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
una lonza leggera e presta molto,
che di pel macolato era coverta; 33
e non mi si partia
dinanzi al volto,
anzi ’mpediva tanto il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto. 36
Gli ostacoli sono ovviamente i nostri vizi
che ci vengono incontro per impedirci di percorrere la strada che
dovrebbe portare al
colle. La
lonza leggera e presta molto
da tanti commentatori identificata con la femmina del leopardo o della
pantera, che simboleggia la lussuria o l'intemperanza o la malizia, gia`
da sola sembra distogliere il pellegrino dalla sua decisione di salire
il colle, ma ancora non e` determinante.
Temp’era dal principio del mattino,
e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino 39
mosse di prima quelle
cose belle; sì
ch’a bene sperar m’era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle 42
l’ora del tempo e la
dolce stagione;
ma non sì che paura non mi desse
la vista che m'apparve d'un leone. 45
L'alba e la primavera, dice l'Alchimia,
sono i momenti favorevoli per iniziare l'Opera; ed un solo ostacolo, la
lonza,
non puo` essere determinante per
interrompere cio` che e` stato iniziato, ma se al farsi incontro di un
vizio come la lussuria si accompagna anche un altro vizio come la
superbia (leone)
allora fermarsi per la paura e` ben comprensibile.
Questi parea che contra me venisse
con la test’alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aere ne tremesse. 48
La descrizione della belva e` scultorea la
rabbiosa fame
della superbia ne indica la violenza
incontenibile, la voracita` che tutto assorbe attorno a se`, e tale da
far tramare il mondo mentale (l'aere)
che l'ha accolta.
Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame, 51
questa mi porse tanto
di gravezza con
la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza. 54
Alla lonza (lussuria), al leone (superbia),
ora si aggiunge anche la lupa, simbolo dell'avarizia e della cupidigia.
Ma senza armi o protezioni adeguate, quali scudi o spade, o acqua o
vento o fuoco, e` praticamente impossibile affrontare le belve dei
propri vizi e quand'anche un viandante temerario volesse provarci,
sarebbe destinato alla sconfitta.
Saggio e` esserne consapevoli.
E qual è quei che
volontieri acquista,
e giugne ’l tempo che perder lo face,
che ’n tutti suoi pensier piange e
s’attrista; 57
tal mi fece la bestia sanza pace,
che, venendomi ’ncontro, a poco a poco
mi ripigneva là dove ’l sol tace. 60
Il Poeta dei tre vizi suddetti senbra temere
di piu` il terzo, l'avarizia o cupidigia. Fermo restante che ogni vizio
capitale racchiude in se` tutti gli altri (v. Mt. 12,43
e Gn 4, 15-24
e ns/ relativi commenti in
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Testi sacri),
teniamo presente che questo vizio (come
tutti gli altri, del resto) puo` colpirci sui tre livelli di coscienza:
sul fisico come insaziabilita` di ricchezze materiali, sull'astrale come
ingordigia di forti emozioni e sul mentale come fame di nuove conoscenze
per gratificare il nostro ego. E forse e` quest'ultima sfaccettatura del
vizio a preoccupare maggiormente il Nostro.
Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco. 63
Ma ecco che proprio quando ci sentiamo piu`
scoraggiati e ci sembra di precipitare sempre piu` in basso,
inaspettatamente, se siamo profondamente sinceri con noi stessi e
realmente desiderosi di 'salire il
colle',
ci viene offerta una possibile via di salvezza, un aiuto inaspettato.
Quando vidi costui nel gran diserto,
"Miserere di me", gridai a lui,
"qual che tu sii, od ombra od omo certo!". 66
Ed e` necessario saper cogliere l'occasione.
Qui il Poeta dimostra subito di intravedere in chi che gli viene
incontro la possibita` di continuare il viaggio e umilmente gli chiede
misericordia e aiuto, disponendosi ad accettare entrambi sia che
provengano da una 'persona viva' che da un 'fantasma'.
Rispuosemi: "Non omo,
omo già fui, e
li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patrïa ambedui. 69
E l'ombra
si presenta: e` di origine lombarda (lonbardo deriva da longobardo =
dalla lunga barba, forte, saggio) e mantoana (la citta` di Mantova trae
il suo nome dal dio etrusco Mantu, dio dell'oltretomba) essa e` dunque
un saggio, esperto del mondo infero, del tempo passato.
Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto
nel tempo de li dèi falsi e bugiardi. 72
Iulio (=il sacro a Giove) ed Augusto (= il
venerabile) protessero la sua nascita e la sua vita, pure in tempi di
corruzione e menzogne.
Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol d’Anchise che venne di Troia,
poi che ’l superbo Ilïón fu combusto. 75
Egli
fu poeta (= creatore)
e cantore di Enea (= il lodevole)
figlio di Anchise (= che vive
con Iside = dea della Terra), proveniente da Troia, la citta` superba e
corrotta che per questo motivo fu bruciata. La Guida
appare al Pellegrino smarrito per
contrastare
la
lupa,
vizio dell'avarizia e della cupidigia mentale, come archetipo della
virtu` che a quel vizio si oppone. Virgilio, come dicono i vari
commentatori
rappresenta la ragione umana,
aperta al nuovo, generosa e comprensiva, ma e` anche quella ragione che
conosce benissimo, perche` essa stessa ne e` stata l'ideatrice, la
storia di chi e` sopravvissuto alla morte di una 'citta` perduta' (di
una un precedente incarnazione) quindi 'ricorda' (con il cuore) tutto
cio` che e` necessario per proseguire sul Sentiero in precedenza
iniziato. (v. ns/ interpretazione cabalistica dell'Eneide in
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miti)
Ma tu perché ritorni a
tanta noia?
perché non sali il dilettoso monte
ch’è principio e cagion di tutta gioia?". 78
La domanda e` retorica, ma il maestro vuole
che sia il discepolo a prendere atto delle sue reali possibilita`: ci
deve essere un motivo per cui invece di avanzare verso la luce retrocede
verso cio` che reca fastidio ed e` odioso.
"Or se’ tu quel Virgilio e
quella fonte che
spandi di parlar sì largo fiume?",
rispuos’io lui con vergognosa fronte. 81
"O de li altri poeti
onore e lume,
vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore
che m’ ha fatto cercar lo tuo volume. 84
Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ ha fatto onore. 87
Dalla descrizione che il personaggio che
gli e` apparso fa di se stesso il Poeta riconosce in lui
Virgilio
(= la verga, ma anche colui
che e` favorevole alla navigazione),
suo insegnante nell’arte poetica e nella vita, e gli si affida, pronto a
seguirne i consigli. Lo chiama
onore
(= degno di stima) e
lume (che
riflette la luce),
maestro
(= da magis, il piu` grande) e
autore (= da augere, che accresce).
Vedi la bestia per cu’ io mi volsi;
aiutami da lei, famoso saggio,
ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi". 90
E` la
lupa
(l’avarizia o meglio la cupidigia) che ostacola la salita del colle e fa
retrocedere,
la paura che essa incute al
ricercatore serio attanaglia e paralizza il cuore, il centro dell’Amore
e della Bellezza e per estensione
fa tremare le vene e i polsi; ma a
chi e`
famoso saggio
(= a chi ‘sa’ la fiamma, cioe`conosce il fuoco sacro) si puo` chiedere
aiuto.
"A te convien tenere altro vïaggio",
rispuose, poi che lagrimar mi vide,
"se vuo’ campar d’esto loco selvaggio; 93
ché questa bestia, per
la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo ’mpedisce che l’uccide; 96
e ha natura sì
malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo ’l pasto ha più fame che pria. 99
A chi si trova nella ‘selva oscura’
conviene percorrere una diversa strada per scalare
il
dilettoso monte, una via meno
diretta. Insistere su quella sarebbe da folli, visto che la belva che
ostacola il cammino uccide gli incauti pellegrini e non solo, se essa
riuscisse a nutrirsi di loro, acquisterebbe ancora maggior vigore.
Non soltanto la cupidigia, ma
ovviamente tutti i vizi vengono rafforzati dalle energie di chi ad essi
si abbandona, rendendo sempre piu` lontana la speranza della vittoria
per chi e` caduto nella loro rete.
Molti son li animali a cui s’ammoglia,
e più saranno ancora, infin che ’l veltro
verrà, che la farà morir con doglia. 102
Come detto in
precedenza, ogni vizio porta con se` in embrione tutti gli altri, pronti
a ‘manifestarsi’ proprio quando si cerca imprudentemente di eliminare,
senza conoscerne l’opportuna tecnica, quello gia` ben sviluppato. Solo
il
veltro
(= letteralmente ‘il grande corridore’, cioe` Colui che brucia il tempo,
Colui che sempre E`, l’Io Sono, La Coscienza, Daath, puo` vincere i vizi
e trasmutarli in virtu`.
Questi non ciberà terra né peltro,
ma sapïenza, amore e virtute,
e sua nazion sarà tra feltro e feltro. 105
Il centro Cristico, formato dalla
fioritura della triplice fiamma Amore, Saggezza e Potere, (sublimazione
delle tre colonne dell’Albero) si stabilira` nel Regno, nel Malkuth,
(nel piano fisico) e colleghera` tra loro tutti gli altri centri
dell’Albero.
Di quella umile Italia fia salute
per cui morì la vergine Cammilla,
Eurialo e Turno e Niso di ferute. 108
Il bene per tutto l’Albero, arrivera` dall’Italia (= terra che
appartiene al Vitello, animale senza macchia, che, come l’Agnello,
simboleggia il Cristo, Daath); l’Italia e` l’umile terra (Malkuth) in
cui sono stati sacrificati (= fatti sacri, santificati) i centri della
colonna centrale: Camilla (= nata da giuste nozze) e Niso (= il
viandante) relativi a Yesod, ed Eurialo (= lo splendore del sole), Turno
(= il ruotante), relativi a Tiphereth.
Questi la caccerà per ogne villa,
fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno,
là onde ’nvidia prima dipartilla. 111
La Coscienza, l’Io Sono,
purifichera` ogni villa,
ogni centro dell’Albero e respingera` la lupa, i vizi, la` dove ebbero
origine, nell’inferno (nel luogo infero,
dove avvenne la caduta, nel
mentale, Briah capovolto, fino alla sua definitiva dissoluzione).
Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno; 114
ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
ch’a la seconda morte ciascun grida; 117
e vederai color che
son contenti
nel foco, perché speran di venire
quando che sia a le beate genti. 120
Il maestro promette al discepolo
di fargli da guida nel viaggio che stanno intraprendendo all’interno
della ‘terra’ dell’Albero, cioe` all’interno della personalita` giunta
al grande bivio del
mezzo del cammin
della sua vita. Egli lo condurra` al luogo etterno,
al luogo del non tempo (eterno= senza tempo), luogo di sofferenza
disperata (= senza speranza) luogo che fa desiderare la
seconda
morte (= l’annientamento totale)
per mostrargli le sofferenze che procurano proprio i cosiddetti vizi
capitali. Gli promette poi di condurlo nel luoghi della purificazione,
(Yetzirah e Briah, astrale e mentale dell’Albero bianco)
dove la sofferenza e` accettata con
gioia, per la speranza di giungere presto al Regno della beatitudine.
Alle qua’
poi, se tu vorrai salire,
anima fia a ciò più di me degna:
con lei ti lascerò nel mio partire; 123
ché quello imperador
che là sù regna,
perch’i’ fu’ ribellante a la sua legge,
non vuol che ’n sua città per me si
vegna. 126
Ma poi a condurre il discepolo nel Regno
della beatitudine (Atziluth) non sara` la ragione umana, (che si e`
ribellata alla Legge,- cfr. ns/ Commento alla Genesi cap. 3, in
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Testi sacri-)
ma una guida piu` degna (= piu`
idonea) perché della stessa natura di quel Piano.
In tutte parti impera e quivi regge;
quivi è la sua città e l’alto seggio:
oh felice colui cu’ ivi elegge!". 129
L’Io Sono, il Cristo, Daath governa
qui, nel Piano Atzilutico dello Spirito; qui Egli ha il suo Trono, al di
sopra degli opposti Bene-male che
nei tre regni inferiori (fisico,
astrale, mentale) si contrastano.
E io a lui: "Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò ch’io fugga questo male e peggio, 132
che tu mi meni là
dov’or dicesti,
sì ch’io veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti". 135
Il discepolo rincuorato accetta
l’aiuto della sua guida: e` ora desideroso di conoscere cio` che gli e`
stato promesso, vuol percorrere tutto il Sentiero e giungere vedere
la porta di san Pietro,
il ‘passaggio’, dove e` Pietro, la
roccia su cui il Cristo ha edificato il suo Albero Spirituale..
Allor si mosse, e
io li tenni dietro.
Cosi`ha
inizio il “Visita Interiora Terrae,
Rectificando, Invenies Occultum Lapidem” di Dante Alighieri.
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