INFERNO - CANTO XIV
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Poi che la carità del natio loco
mi strinse, raunai le fronde sparte
e rende’ le a colui, ch’era già fioco. 3
Mosso dall’amore
per
Firenze
(e non da pieta` per
il peccatore) , il Viandante
raduna
ai piedi
dell’arbusto,
che
ormai
tace,
i rametti spezzati
dalle
nere
cagne
(canto XIII vv. 124
-135).
Indi venimmo al fine ove si parte
lo secondo giron dal terzo, e dove
si vede di giustizia orribil arte. 6
A ben manifestar le
cose nove,
dico che arrivammo ad una landa
che dal suo letto ogne pianta rimove. 9
Proseguendo
poi
il cammino,
Dante
e Virgilio
giungono
dove il secondo
girone
si distingue
dal terzo, e dove si
puo`conoscere
il ‘Tremendum’
della
Giustizia.
Insomma
per dirla
semplicemente,
i due
arrivano in una
spaventosa
pianura
assolutamente
priva di vegetazione. La dolorosa
selva l’è ghirlanda
intorno, come ’l fosso tristo ad essa;
quivi fermammo i passi a randa a randa. 12
Il bosco
dei suicidi
circonda
questa
landa
come
il Flegetonte
circonda
quel
bosco;
e i due Viandanti
vi procedono
bordo bordo.
Lo spazzo era una rena arida e spessa,
non d’altra foggia fatta che colei
che fu da’ piè di Caton già soppressa. 15
O vendetta di Dio,
quanto tu dei
esser temuta da ciascun che legge
ciò che fu manifesto a li occhi mei! 18
Il terreno
e` qui formato da una
sabbia
arida e spessa
simile a quella
del deserto
attraversato
(in Libia) da
Catone.
Ma
Catone(=
l’acuto, il perspicace)
poteva oltrepassare
‘quella
rena’,
i dannati
di questo girone
invece
vi sono prigionieri.
Quanto
deve essere
temuta
la divina Giustizia
da chi legge
cio` che
qui si vede!
D’anime nude vidi
molte gregge
che piangean tutte assai miseramente,
e parea posta lor diversa legge. 21
Supin giacea in
terra alcuna gente,
alcuna si sedea tutta raccolta,
e altra andava continüamente. 24
I dannati, tutti nudi,
che piangono
miseramente
in
questa
landa
sabbiosa,
sono di tre tipi:
alcuni giacciono supini (i bestemmiatori,
cioe` i violenti
contro
il Signore), alcuni
siedono
raccolti
( gli usurai, cioe` i
violenti contro l’arte), altri si spostano
in continuazione
(i sodomiti, cioe` i
violenti contro
la natura).
Quella che
giva ’ntorno era più molta,
e quella men che giacëa al tormento,
ma più al duolo avea la lingua sciolta. 27
Sovra tutto ’l sabbion, d’un cader
lento, piovean
di foco dilatate falde,
come di neve in alpe sanza vento. 30
…Gli ultimi sono i piu` numerosi,
i primi
sono
di meno,
ma si lamentano
di piu`. Su tutto il
sabbione
piove
fuoco a grandi
falde, come
cade
la neve in montagna,
quando
non c’e` vento.
Quali Alessandro in
quelle parti calde
d’Indïa vide sopra ’l süo stuolo
fiamme cadere infino a terra salde, 33
per ch’ei provide a
scalpitar lo suolo
con le sue schiere, acciò che lo vapore
mei si stingueva mentre ch’era solo: 36
tale scendeva l’etternale ardore;
onde la rena s’accendea, com’esca
sotto focile, a doppiar lo dolore.
39 Sanza riposo mai era la tresca
de le misere mani, or quindi or quinci
escotendo da sé l’arsura fresca. 42
Come
Alessandro
in
India
fu sorpreso da una
pioggia
di fuoco
e
cerco` di spegnere
le fiamme
facendole
calpestare
dalle sue schiere
finche` erano
piccole,
cosi`su
questi
dannati
scende
il fuoco eterno , ma
qui la sabbia si accende , come
la pietra
focaia
con l’acciarino,
e raddoppia
la loro
sofferenza…. anche se
essi invano cercano,
agitando
continuamente
le mani, di scuotere
e di allontanare
il bruciore
delle
fiamme
piu` recenti.
La violenza
contro
il Signore, la
bestemmia,
quella
contro
l’arte, l’usura,
e quella
contro
la natura , la
sodomia,
offendono il Signore
e tutta la sua
creazione,
o meglio
le sue
Emanazioni
(Sephiroth),
suscitando
per Giustizia
(Chesed)
la ‘discesa del
fuoco’, punizione
che
reca
terribili
sofferenze
e distruzioni
(Gn. 19, 24:
…quand’ecco
il Signore fece
piovere dal cielo
sopra Sodoma e sopra
Gomorra
zolfo e fuoco
proveniente
dal Signore).
Se ci fosse un
Alessandro
(= che protegge –Geburah
bianco)
in
India
, nella terra dell’ Indo (da Sindhu = grande
flusso, potenza), si
potrebbero spegnere
le
fiamme
calpestandole…
Ma sarebbe
sempre
un inutile,
enorme,
spreco
di energia.
Se solo invece
fosse riconosciuto
l’Io Sono, Daath, il
Cristo, la Coscienza,
si produrrebbe
spontanea
la lode
del Signore
(Dan.3, 25-45, v. ns/
commento
a Daniele
in
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appuntamenti),
amore
e rispetto per l’arte
e la natura,
e si avrebbe
allora
la discesa
dello
stesso Fuoco, ma Esso
recherebbe
i doni dello Spirito
(At. 2, 1-4:
…Apparvero loro lingue
come
di fuoco che si
dividevano
e si posarono su
ciascuno di loro…), non terribile
sofferenza.
I’ cominciai:
"Maestro, tu che vinci
tutte le cose, fuor che ’ demon duri
ch’a l’intrar de la porta incontra
uscinci, 45
chi è quel grande che non par che curi
lo ’ncendio e giace dispettoso e torto,
sì che la pioggia non par che ’l
marturi?". 48
Il Discepolo
poi comincia
a chiedere :
“Maestro,
tu che
mi fai superare
ogni difficolta`,
escludendo
l’incontro
con i demoni
davanti
alla porta
di Dite
(in cui dovette
intervenire
l’angelo
del Cielo - canto
IX, vv. 76-105),
chi e` quel grande
che giace,
sprezzando
l’ incendio,
che
par
quasi che non lo
tormenti?”
E quel medesmo, che si fu accorto
ch’io domandava il mio duca di lui,
gridò: "Qual io fui vivo, tal son morto. 51
Se Giove stanchi ’l
suo fabbro da cui
crucciato prese la folgore aguta
onde l’ultimo dì percosso fui; 54
o s’elli stanchi li
altri a muta a muta
in Mongibello a la focina negra,
chiamando "Buon Vulcano, aiuta, aiuta!", 57
sì com’el fece a la
pugna di Flegra,
e me saetti con tutta sua forza:
non ne potrebbe aver vendetta allegra". 60
Virgilio non fa in tempo
a rispondere , perché
il peccatore
stesso interviene
gridando
che, quale
fu in vita,
bestemmiatore
(= che ingiuria
il Signore e cio` che
e` Sacro),
tale e` in morte.
Sempre
ribelle
a
Giove
che lo colpi`
mortalmente
nella battaglia
di
Flegra
(= che arde) senza
avere il piacere
della
vendetta
(= di umiliarlo).
Non e` stato
domato
neppure
dai
fulmini
fabbricati
da
Vulcano
e dagli
altri (ciclopi)
nella
fucina del
Mongibello
.
E` qui ritratto
il bestemmiatore
‘massimo’, cioe`
colui
che si e` ribellato
a
Giove
(= il cielo, l’aria) quindi
alla
sephirah
Chesed
(= la Giustizia)
che
pure
l’ha colpito
a morte
con i suoi fulmini
(col fuoco di Briah) di
Vulcano
( = Velkanos , dio
cretese
del fuoco) fabbricati
nella
fucina del
Mongibello
(= il monte
Jebel = il monte
piu` grande,
nella terra di Briah)
nella battaglia
di
Flegra
(= che arde,
nell’astrale
del piano briatico)
e che ancora,
e con protervia,
qui, al Cielo
non si sottomette.. .
Allora il duca mio parlò di forza
tanto, ch’i’ non l’avea sì forte udito:
"O Capaneo, in ciò che non s’ammorza 63
la tua superbia, se’
tu più punito;
nullo martiro, fuor che la tua rabbia,
sarebbe al tuo furor dolor compito". 66
A quelle parole
la Guida risponde con
grande sdegno, come
mai si era espressa
prima: “ O
Capaneo
la tua maggior
punizione
consiste
nella tua superbia
che
non cessa; solo la
tua rabbia
e` tormento adeguato
alla tua follia!”
Poi si
rivolse a me con miglior labbia,
dicendo: "Quei fu l’un d’i sette regi
ch’assiser Tebe; ed ebbe e par ch’elli
abbia 69
Dio in disdegno, e poco par che ’l pregi;
ma, com’io dissi lui, li suoi dispetti
sono al suo petto assai debiti fregi. 72
Poi la Guida
spiega pacatamente
al Discepolo
che
Capaneo
(= guidatore) , fu
uno dei sette
re che
durante
la lotta
fra Eteocle
e Polinice
(v. ns/ int.
cabalistica
di
‘Antigone
di Sofocle’ in
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)
assediarono
la
citta` di Tebe
( = Ta-Ipet
= del tempio);
allora
egli
ebbe la Divinita` in
disprezzo
ed ancora
continua,
e la sua superbia
gli e` adeguato
ornamento.
Si ricorda
Capaneo
come
l’inventore
delle
scale
d’assedio
che, penetrato
nella
citta` sacra
lancio` terribili
insulti ai suoi dei
protettori
e a Giove, che
l’anniento` con un fulmine. Si puo` ritrovare raffigurato questo
mito
nell’Archetipo
n. 16, corrispondente
alla
cinerah
(= sentiero)
n. 16, della Kabbalah
detto
‘la Torre’ o ‘la
Frusta’ o la ‘Folgore’, Archetipo
che fotografa
bene
cio` che
merita chi osa
ingiuriare
o profanare
il Sacro.
Or mi vien dietro, e guarda che non metti,
ancor, li piedi ne la rena arsiccia;
ma sempre al bosco tien li piedi stretti". 75
Tacendo divenimmo là
’ve spiccia
fuor de la selva un picciol fiumicello,
lo cui rossore ancor mi raccapriccia. 78
E ancora il Maestro
raccomanda
al Discepolo
di seguirlo
e di rimanere
vicino al limite
del bosco evitando
la sabbia
ardente.
Cosi` i due arrivano
dinanzi
ad un fiume di un
raccapricciante
color sangue. Quale del
Bulicame esce ruscello
che parton poi tra lor le peccatrici,
tal per la rena giù sen giva quello. 81
Lo fondo suo e ambo
le pendici
fatt’era ’n pietra, e ’ margini dallato;
per ch’io m’accorsi che ’l passo era lici. 84
Come dal
lago
Bulicame
(= dove l’acqua
ribolle )
esce un (piccolo)
ruscello
che le prostitute
si dividono
(per lavarsi), cosi`
scendeva
quel rigagnolo,
con il fondo
e i margini
di pietra,
facilitando
il guado.
"Tra tutto l’altro ch’i’ t’ ho dimostrato,
poscia che noi intrammo per la porta
lo cui sogliare a nessuno è negato, 87
cosa non fu da li
tuoi occhi scorta
notabile com’è ’l presente rio,
che sovra sé tutte fiammelle ammorta". 90
Queste
parole fuor del duca mio;
per ch’io ’l pregai che mi largisse ’l pasto
di cui largito m’avëa il disio. 93
Ed il Maestro
continua
ad
istruire
il suo Discepolo: “
Tra tutto cio` che
ti ho mostrato
da quando abbiamo
varcato
la soglia
del mondo
infero, che non e`
vietata
a nessuno, niente
e` cosi` notevole
come
questo
ruscello
la cui nebbia
smorza tutte
le fiamme”.
Dante
allora
lo prega
di continuare
ad offrirgli il
pasto,
l’insegnamento ,
avendone
suscitato in lui il
desiderio.
"In mezzo mar siede un paese guasto",
diss’elli allora, "che s’appella Creta,
sotto ’l cui rege fu già ’l mondo casto. 96
Una montagna v’è che
già fu lieta
d’acqua e di fronde, che si chiamò Ida;
or è diserta come cosa vieta. 99
E il Maestro
continua:
“In
mezzo
al mare
(Mediterraneo)
c’e` un’isola,
ora in rovina,
governata
nell’eta` dell’oro
da un re divino (
Saturno) il suo nome
e`
Creta
(di
carne). In essa c’e` una monte
ricco
d’acque
e
d’alberi, chiamato
Ida”.
Rëa la scelse già
per cuna fida
del suo figliuolo, e per celarlo meglio,
quando piangea, vi facea far le grida. 102
Dentro dal monte sta
dritto un gran veglio,
che tien volte le spalle inver’ Dammiata
e Roma guarda come süo speglio. 105
“…La dea Rea (la
Signora, sposa di Saturno) sul monte Ida (selva) nascose
il figlio Giove per
sottrarlo
al padre
(che
divorava tutti i suoi
nati sapendo
che
uno di loro l’avrebbe
spodestato) ; sullo stesso monte
si trova
dritto
un
gran
veglio
(vecchio)
che volge le spalle
verso Damietta
(ad oriente)
e guarda
verso Roma ( ad
occidente)
come
ad uno specchio”.
La sua testa è di fin oro formata,
e puro argento son le braccia e ’l petto,
poi è di rame infino a la forcata; 108
da indi in giuso è
tutto ferro eletto,
salvo che ’l destro piede è terra cotta;
e sta ’n su quel, più che ’n su l’altro,
eretto. 111
“… Il vecchio ha la testa d’oro, le braccia e
il petto
d’argento, il bacino
di rame
e le gambe
e il piede sinistro
di ferro, il piede
destro di terracotta
e si regge su
quet’ultimo.”
Ciascuna parte, fuor che l’oro, è rotta
d’una fessura che lagrime goccia,
le quali, accolte, fóran quella grotta. 114
Lor
corso in questa valle si diroccia;
fanno Acheronte, Stige e Flegetonta;
poi sen van giù per questa stretta
doccia, 117
infin,
là ove più non si dismonta,
fanno Cocito; e qual sia quello stagno
tu lo vedrai, però qui non si conta". 120
“…Ogni sua parte, esclusa la testa,
e` spaccata
e
‘piange’
lacrime
che,
raccogliendosi,
e penetrando
il terreno , scendono
di roccia in roccia
fino a formare
l’Acheronte
(= corrente del
dolore), lo Stige (= tristezza)
e il Flagetonte (= il
bollore)
e infine il Cocito (=
il lutto, il pianto)
di cui ti parlero`
in seguito”.
Abbiamo
in questo canto
descritta
la stessa statua
apparsa in sogno al
re
Nabucodonosor
in Dn. 2, 31-33 (v.
ns/ interpretazione
cabalistica
di ‘Daniele’
in
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appuntamenti )
ma qui la
statua
del Vecchio
di Creta
(Creta=
carne)
viene
a simboleggiare
non la storia e la
decadenza di una dinastia
di re, ma quella
di tutta
l’umanita`, ( la cui
civilta` sorge
ad oriente
e va verso il
tramonto ad occidente),
nella sua
odissea
attraverso
le quattro
ere o eta`
mitologiche:
dell’oro,
dell’argento,
del bronzo, del
ferro, nel successivo
allontanamento
dalla
Sorgente
divina
della prima
eta` (dell’oro).
(cfr. Tao te Ching cap. XVII: “Nella piu` lontana
antichita` non si
sapeva neppure
che
ci fossero (gli dei)
. Nell’epoca seguente
li si amava e lodava.
Nell’epoca seguente
li si temeva.
Nell’epoca seguente
li si
disprezzava…..”).
L’ultima
eta`, quella
che stiamo
vivendo, e` l’eta`
piu` difficile e sofferta, che
accumula
anche
le lacrime
(le sofferenze)
di quelle
eta` che l’hanno
preceduta,
formando
i ‘fiumi inferi’
individuali
e collettivi,
con tutto
il loro carico
di dolore,
tristezza,
bollore
purificante
e lutto . Ma se
l’umanita` sapra`
recuperare
le
energie
erroneamente
qualificate
in essi disperse
(colate), potra`
costruire
coscientemente
la nuova ‘Eta`
dell’oro’ , allorche` si sara` attuata,
attraverso
Daath, il Cristo,
l’Io Sono,
la ‘riparazione’
o ‘restaurazione’
(tikkun)
della
‘caduta’
o rottura
dei ‘vasi’iniziale.
E io a lui: "Se ’l presente rigagno
si diriva così dal nostro mondo,
perché ci appar pur a questo vivagno?". 123
E il Discepolo:
“Maestro,
se questo ruscello
proviene
dal mondo
fisico, perché
lo vediamo solo ora?” Ed elli a
me: "Tu sai che ’l loco è tondo;
e tutto che tu sie venuto molto,
pur a sinistra, giù calando al fondo, 126
non se’ ancor per
tutto ’l cerchio vòlto;
per che, se cosa n’apparisce nova,
non de’ addur maraviglia al tuo volto". 129
Ed ecco
la risposta: “ Tu sai
che
questo luogo
e` tondo
e, sebbene
calando
verso il basso sempre
a sinistra tu abbia
fatto molta strada,
non hai percorso
ancora
tutto
il cerchio,
quindi
non meravigliarti
di vedere
cose
nuove”.
E io ancor: "Maestro, ove si trova
Flegetonta e Letè? ché de l’un taci,
e l’altro di’ che si fa d’esta piova". 132
Ed ecco
ancora
una
domanda:
“Maestro,
dove si trovano
il Flegetonte
e il Lete?
Che` di uno taci e
dell’altro
mi dici che
proviene
da questa
pioggia?”
"In tutte tue question certo mi piaci",
rispuose, "ma ’l bollor de l’acqua rossa
dovea ben solver l’una che tu faci. 135
Letè vedrai, ma fuor
di questa fossa,
là dove vanno l’anime a lavarsi
quando la colpa pentuta è rimossa". 138
Poi disse: "Omai è
tempo da scostarsi
dal bosco; fa che di retro a me vegne:
li margini fan via, che non son arsi, 141
e sopra loro ogne
vapor si spegne".
Ed ecco la replica:
“Mi
piaci
quando
domandi,
ma
il significato
della
parola , (Flegetonte
significa
bollente) , risponde
gia` ad una
delle
domande.
Il Lete (=
dimenticare)
lo vedrai, ma fuori
dall’inferno,
in purgatorio,
e` la` dove le anime
, dopo essersi purificate, vanno a lavarsi
per
accedere
al Paradiso. Ma ora
andiamo,
vienimi
dietro, sui margini
del ruscello, dove il
fuoco e` spento dalla nebbia...
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