INFERNO - CANTO XV
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Ora cen porta l’un de’ duri margini;
e ’l fummo del ruscel di sopra aduggia,
sì che dal foco salva l’acqua e li argini. 3
Maestro e Discepolo
continuano
il viaggio
procedendo
lungo
una delle
rive di pietra:
il vapore,
o meglio la nebbia,
che si leva dal fiume
protegge
gli argini e l’acqua
dalla
pioggia
di fuoco.
Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,
temendo ’l fiotto che ’nver’ lor s’avventa,
fanno lo schermo perché ’l mar si fuggia; 6
e quali Padoan lungo
la Brenta, per
difender lor ville e lor castelli,
anzi che Carentana il caldo senta: 9
a tale imagine eran
fatti quelli,
tutto che né sì alti né sì grossi,
qual che si fosse, lo maestro félli. 12
Come i
Fiamminghi
(popolo del fuoco)
nella
zona
tra
Guizzante
(Wissant = terra
del (pesce)
guizzante)
e
Bruggia
(Bruges = terra degli
arbusti selvatici)
fanno le dighe
per
tener
lontano
il mare
che si avventa contro
di loro,
e come
i
Padoan
(
abitanti
di
Padova, citta` del
fiume, -pad= pat=bad= bagnata-)
erigono
argini
lungo
il
Brenta
(=vaso, contenitore
di acqua)
per difendere
le loro ville e i
loro castelli dalle inondazioni,
prima che
arrivi il caldo
(aria) nella
Carentana
(in Carinzia,
allo sciogliersi
delle
nevi, in primavera) ,
allo stesso modo sono
stati
costruiti
gli argini
(un po` sollevati)
del fiume infero dal suo ingegnere,
(mente,
potenza
angelica ).
La duplice
similitudine
suscita
una visione di
alacrita` e
cura
in cui si mescolano
i 4
elementi , fuoco,
terra, acqua
ed
aria
per
l’edificazione
di
qualcosa
di utile
e protettivo,
a dimostrare,
ancora una volta,
che
anche
il ‘luogo’
della
punizione
sottosta` a
regole
ben precise,
come
tutto cio` che
proviene
dall’Alto . Solo la
‘correzione’ del disordine
e della
disarmonia
permette
il ritorno
all’ordine
e all’ armonia,
ed e` cio` che sta
operando su di se` il Viandante
col suo Viaggio
interiore;
il detto
ermetico
infatti
dice:
“Visita
interiora
terrae,
rectificando
invenies
occultum lapidem,
veram medicinam”.
Già eravam da la selva rimossi tanto,
ch’i’ non avrei visto dov’era, perch’io in dietro rivolto mi
fossi, 15
quando incontrammo d’anime una schiera che venian
lungo l’argine, e ciascuna ci riguardava come suol da sera 18
guardare uno altro sotto nuova luna; e sì ver’ noi aguzzavan le
ciglia come ’l vecchio sartor fa ne la cruna. 21
Ed il Nostro continua
la descrizione
del suo Pellegrinaggio.
Lui e il Maestro si sono gia` allontanati
dalla ‘selva’ (dei suicidi)
tanto
che,
anche
se si voltassero,
non
la vedrebbero
piu`, quand’ecco
che incontrano
una
schiera
di anime
che
procedono
lungo
l’argine
e che li scrutano
come
chi
cerca di vedere
di notte
senza
luna
o come
un vecchio sarto che vuole infilare
l’ago… Così
adocchiato da cotal famiglia, fui conosciuto da un, che mi prese
per lo lembo e gridò: "Qual maraviglia!". 24
E io, quando ’l suo
braccio a me distese, ficcaï li occhi per lo cotto aspetto, sì che
’l viso abbrusciato non difese 27
la conoscenza süa al mio
’ntelletto; e chinando la mano a la sua faccia, rispuosi: "Siete
voi qui, ser Brunetto?". 30
Scrutato
in tal modo
da quel gruppo,
Dante
viene riconosciuto
da uno
che
lo prende
per
il lembo
(della veste)
e grida: “Che
meraviglia!”
Allora il Pellegrino, al tocco
di quello, fissa i suoi occhi
sul viso bruciato
e riesce
a riconoscerne
il volto, e, quasi accarezzandolo
con la mano , esclama:
“Siete voi qui, ser
Brunetto?”
E quelli: "O figliuol mio, non ti dispiaccia se
Brunetto Latino un poco teco ritorna ’n dietro e lascia andar la
traccia". 33 E
quello:
“O
mio figliolo, spero non ti dispiaccia se
Brunetto Latino
rimane
indietro
con te, e lascia un poco
la schiera”.
E` costui Brunetto
Latini, fiorentino, guelfo,
filosofo e letterato;
e` stato insegnante
di Dante;
(Bruno = scuro, da brennen
= brucia-re(to)
dal fuoco (brun); Latini = dei latini = da lato
= nascosto, dei nascosti).
Il nome
del personaggio
sintetizza
gia` il vizio
che gli e` proprio
e la relativa
punizione;
eppure,
come
per il peccato
di Paolo e Francesca
di adulterio (canto V),
e per quello
di Pier della Vigna
di suicidio
(canto XIII), l’atteggiamento
di Dante
e` malinconico
e
affettuoso
e,
si potrebbe
dire, sulle prime , stranamente
‘comprensivo’. I’
dissi lui: "Quanto posso, ven preco; e se volete che con voi
m’asseggia, faròl, se piace a costui che vo seco". 36
Il Vian-dante
a lui: “ Per quanto
posso, ve ne prego;
e se volete
che mi fermi, lo faro`,
se lo permette
la mia Guida”. "O
figliuol", disse, "qual di questa greggia s’arresta punto, giace poi
cent’anni sanz’arrostarsi quando ’l foco il feggia. 39
Però va
oltre: i’ ti verrò a’ panni; e poi rigiugnerò la mia masnada, che
va piangendo i suoi etterni danni". 42
E quello:
“ No, figliolo, perché
chi di noi si ferma, per cento
anni
poi
dovra` giacere
senza
potersi riparare
dalla
pioggia
di fuoco. Va avanti, io ti staro` accanto,
e poi raggiungero` gli
altri
dannati".… Io non
osava scender de la strada per andar par di lui; ma ’l capo chino
tenea com’uom che reverente vada. 45
El cominciò: "Qual fortuna o destino
anzi l’ultimo dì qua giù ti mena? e chi è questi che mostra ’l
cammino?". 48 Dante
non osa lasciare
il sentiero
(riparato
dalla nebbia)
per scendere
nel sabbione,
e va, a capo
chino, come
uno che
cammini
rispettosamente,
accanto
al suo ex
maestro
che
gli chiede: “Come mai , da vivo,
sei giunto fin qui, e chi e` la tua Guida?”
"Là sù di sopra, in la vita serena", rispuos’io lui, "mi smarri’ in
una valle, avanti che l’età mia fosse piena. 51
Pur ier
mattina le volsi le spalle: questi m’apparve, tornand’ïo in quella,
e reducemi a ca per questo calle". 54
Dante
cosi` risponde: “Non avevo
raggiunto
ancora
l’eta` ‘piena’
(i 40 anni) quando mi smarrii
in una
valle
(nella selva)… li` ieri mattina
mi apparve
questa
Guida che
ora mi conduce
per
questo Sentiero”. Ed
elli a me: "Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorïoso
porto, se ben m’accorsi ne la vita bella; 57
e s’io non fossi
sì per tempo morto, veggendo il cielo a te così benigno, dato
t’avrei a l’opera conforto. 60
E Brunetto
a lui: “Se tu segui la tua
stella
cioe` il destino
tracciato
per te dall’astrologia,
non puoi
fallire,
raggiungerai
la gloria, se ho ben inteso tale scienza, da
vivo. Peccato che io sia morto troppo presto, altrimenti
ti
avrei
aiutato
di piu` (nella tua carriera di letterato)!
‘La Stella’ o ‘I Sette Sigilli’ e` uno dei
22
Sentieri
(cineroth)
della Kabbalah
e piu` propriamente
il
17esimo
Sentiero
o Archetipo
che
riguarda
‘il bagaglio’
astro-mentale
relativo
ad una nascita
o incarnazione
che ‘inclina’
la personalita`
verso determinati
comportamenti,
facilitando
od
ostacolando
il cammino
verso
la Reintegrazione.
Questo
Sentiero
e` chiamato
dei ‘I Sette Sigilli’
perché
percorrerlo
significa
‘aprire
i sigilli’ del
percorso
individuale
e quindi
conoscere
le proprie
potenzialita`
karmiche
per
poterle
sviluppare
ed insieme
correggere
se
e quando
vanno
corrette.
Tuttavia
sempre
bisogna
ricordare
che gli ‘Astri inclinano,
ma
non determinano’. Ma
quello ingrato popolo maligno che discese di Fiesole ab antico, e
tiene ancor del monte e del macigno, 63
ti si farà, per tuo ben
far, nimico; ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi si disconvien
fruttare al dolce fico. 66
E ancora
l’ex
maestro
seguita:
“Ma
i Fiorentini
che discendono
dai
Fiesolani , montanari
‘duri’ (di comprendonio e di cuore)
diverranno
tuoi
nemici
a causa
della tua onesta`, ed e` giusto
che sia cosi`, perché
non conviene
al dolce
fico
fruttificare
in mezzo
agli aspri
sorbi….” Vecchia fama
nel mondo li chiama orbi; gent’è avara, invidiosa e superba: dai
lor costumi fa che tu ti forbi. 69
La tua fortuna tanto onor ti
serba, che l’una parte e l’altra avranno fame di te; ma lungi fia
dal becco l’erba. 72
“…Sono conosciuti , i Fiorentini,
per la loro cecita`, sono avari, invidiosi e
superbi; tienti
lontano
dai loro vizi. La tua sorte
ti riserva tale onore:
le due parti
(i Bianchi e i Neri) vorranno
divorarti, ma stia lontana l’erba
dal becco
!…”
Come gia` detto da Ciacco
nel canto VI, Firenze
e` una citta` ricolma
di invidia, superbia,
avarizia,
(in essa ci sono solamente
due giusti), ma qui Brunetto
aggiunge
che
i Fiorentini
sono anche
orbi,
cioe` privi della
vista,
e poiche` ‘l’occhio’
simboleggia
la Coscienza
(terzo occhio
= sviluppo del centro
Daatico),
essi sono esclusivamente
relativi
all’albero
capovolto;
e non solo,
essi vengono
assimilati
al becco
(= caprone) che nella tradizione
giudaico-cristiana simboleggia
il
diavolo, la lussuria e l’idolatria .
Faccian le bestie fiesolane strame di lor medesme, e non tocchin la
pianta, s’alcuna surge ancora in lor letame, 75
in cui riviva la sementa santa di
que’ Roman che vi rimaser quando fu fatto il nido di malizia
tanta". 78 “… Che le
bestie fiesolane , cioe` i Fiorentini,
facciano
foraggio
di se stessi e non tocchino
la pianta
(Dante , cioe` colui
che
da`, che dona)
in cui rivive il seme
nobile
della
romanita`
rimasto
in quel
covo
di malizia”.
"Se fosse tutto pieno il mio dimando", rispuos’io lui, "voi non
sareste ancora de l’umana natura posto in bando; 81
ché ’n la
mente m’è fitta, e or m’accora, la cara e buona imagine paterna di
voi quando nel mondo ad ora ad ora 84
m’insegnavate come l’uom
s’etterna: e quant’io l’abbia in grado, mentr’io vivo convien che
ne la mia lingua si scerna. 87
A lui
il Discepolo:
“ Se il mio desiderio fosse esaudito,
voi non sareste
dimenticato
dagli uomini, perché
nella mia
memoria
e` impressa
la vostra amorevole
figura paterna
che
mi insegnava
come
diventare
celebre
(con l’arte poetica), e` percio` doveroso
che
io provi quanto
il vostro ricordo mi sia caro”.
Dante
dimostra
qui di aver sviluppato
una qualita` assai rara nel nostro mondo:
la riconoscenza.
Si dice
che la gratitudine
sia una delle
qualita`
dei grandi Maestri,
perché
unisce
amore
e umilta` e riconosce
il valore dell’Altro
senza
invidie
o gelosie. Il saper
dare, il donare
non egoico,
senza aspettarsi
il contraccambio,
e` difficile
quanto
il saper
ricevere , il prendere
non egoico,
cioe` riuscendo a non sentirsi
umiliati
e quindi
spinti a ‘vendicare’ prima o poi l’umiliazione
subita,
cosa che nei beneficati, salvo
eccezioni,
succede
regolarmente.
Quanto sia difficile ‘dare’ e ‘ricevere’
impersonalmente
ci viene
assai bene
illustrato
dal Maestro
Nisargadatta Maharaj
(Bombay 1897-1981) nel suo “Io sono Quello”
ed. Reprint
in cui dice: “…Se davvero vuoi aiutare
qualcuno,
stanne
lontano”.
Ma chi, potendolo
fare, sa resistere
alla tentazione
di
‘beneficare’
qualcuno
che
ama?
Se ne pentira`, ovviamente,
ma avra` imparato
sicuramente
qualcosa! Ciò che
narrate di mio corso scrivo, e serbolo a chiosar con altro testo a
donna che saprà, s’a lei arrivo. 90
Tanto vogl’io che vi sia
manifesto, pur che mia coscïenza non mi garra, ch’a la Fortuna,
come vuol, son presto. 93
Non è nuova a li orecchi miei tal arra:
però giri Fortuna la sua rota come le piace, e ’l villan la sua
marra". 96 “Cio`
che
mi predite
del mio futuro, lo imprimo
(nella memoria)
e lo conservo con l’altra
profezia (di Farinata
canto
X
vv. 130-132) che mi verra` spiegata
da una donna
(Beatrice)
quando
saro` riuscito
ad arrivare
a lei. Sono pronto
a subire la mia sorte, perché
ho la coscienza tranquilla.
So bene
che la Fortuna gira la sua Ruota
a suo piacere, come
il contadino
la
sua zappa”.
E` qui nominato un altro Archetipo
o Sentiero
(cinerah) della Kabbalah:
il numero 10,
‘la Ruota della Fortuna’;
e` il Sentiero delle
possibilita`, dell’alternanza,
delle
probabilita`,
dei
ritmi, delle
fluttuazioni.
Percorrerlo
significa
imparare
a conoscere
la legge
del pendolo
quella
che
insegna: “Nessun
piano
cui non segua un declivio,
nessun’andata
a cui non segua
il ritorno” …I King esagramma 11 “la Pace”,
variante
n. 3 ( v. ns/
I King e Kabbalah
in
www.taozen.it
I Ching e musica)
Lo mio maestro allora in su la gota
destra si volse in dietro e riguardommi;
poi disse: "Bene ascolta chi la nota". 99
Né per tanto di men
parlando vommi con ser Brunetto, e dimando chi sono li suoi
compagni più noti e più sommi. 102
Allora Virgilio,
il Maestro, voltandosi
verso il Discepolo
cosi` commenta:
“ Ascolta correttamente
chi annota
cio` che
ascolta”. E intanto
Dante
continua a parla re con
ser Brunetto
e gli domanda
i nomi dei ‘compagni’ piu` autorevoli.
E` qui offerto dalla Guida un
ulteriore
insegnamento
esoterico:
per imparare,
quando si e` sul Sentiero:
ascoltare
e quindi
‘accogliere’
quel che si ascolta senza
pregiudizi
o preconcetti.
Ricordiamo
la prima delle 101 Storie Zen
“Una tazza di te`”
(v. ns/ commento
in
www.taozen.it
appuntamenti);
poi, quando si e` ‘ascoltato’
con
attenzione
e
sincerita`,
la nostra
razionalita` ,
la
mente
in contatto
con
la nostra componente
piu` spirituale,
l’Io Sono, Daath, ci permettera` di
selezionare
cio` che
vogliamo
veramente
accettare
di quello
che
abbiamo ascoltato
e
farlo nostro, allora dall’insegnamento,
come
da un seme, nascera`
una pianta,
che
a sua volta potra` offrire ad altri
fiori e frutti…
Ed elli a me: "Saper d’alcuno è buono; de li altri fia laudabile
tacerci, ché ’l tempo saria corto a tanto suono. 105
In somma
sappi che tutti fur cherci e litterati grandi e di gran fama, d’un
peccato medesmo al mondo lerci. 108
Alle domanda di Dante
ser Brunetto
cosi`
risponde: “ E` opportuno
sapere di qualcuno,
d’altri e` meglio
tacere,
che
il tempo e` poco. In sintesi sappi che
tanti furono gente
di chiesa, e letterati,
tutti sodomiti”.
Priscian sen va con quella turba grama, e Francesco d’Accorso anche;
e vedervi, s’avessi avuto di tal tigna brama, 111
colui potei
che dal servo de’ servi fu trasmutato d’Arno in Bacchiglione, dove
lasciò li mal protesi nervi. 114
“… Con la
misera
schiera
va Prisciano
(=antico)
grammatico, (IV sec. A.C.) e
Francesco d’Accorso
(= libero, che
accorre) , maestro
della scuola giuridica
e Andrea
dei Mozzi (= forte tra i mutilati), vescovo,
trasferito d’Arno
(=cavo), da Firenze,
in Bacchiglione
(= stupido, infantile), a Vicenza, dove
mori`…”
Tutti i significati dei nomi citati
possono essere riportati al vizio che
compete
questo
girone;
si puo` notare
che
proprio
nelle
categorie
degli
insegnanti
e dei religiosi
si annidano
i vizi
della sodomia,
pedofilia ecc., tali
vizi sono
facilitati
ma resi ancor
piu`esecrabili
dalla
posizione
autorevole
di chi
ne
e` affetto,
ma
la condanna
dantesca
e` totale
e
implacabile. Di più direi; ma
’l venire e ’l sermone più lungo esser non può, però ch’i’ veggio
là surger nuovo fummo del sabbione. 117
Gente vien con la quale
esser non deggio. Sieti raccomandato il mio Tesoro, nel qual io
vivo ancora, e più non cheggio". 120
Poi si rivolse, e parve di
coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna; e
parve di costoro 123
quelli che vince, non colui che perde.
“…. Vorrei dire di piu` ma
debbo
andare, perché
dalla polvere
sollevata
vedo che
sta per
sopraggiunge
un’altra
schiera
che non
e` la mia. Ti
raccomando i l mio
Tesoro
la mia opera
letteraria,
i miei
libri, (Tresor e
il Tesoretto) …”
Cosi` termina
l’incontro
con ser
Brunetto
che si volta e si
mette, velocissimo,
a correre per
raggiungere
il suo gruppo:
sembrando
quasi
il vincitore del
drappo verde al palio podistico
di Verona.
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