INFERNO - CANTO XVI
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Già era in loco onde s’udia ’l
rimbombo de
l’acqua che cadea ne l’altro giro,
simile a quel che l’arnie fanno rombo, 3
quando tre ombre
insieme si partiro,
correndo, d’una torma che passava
sotto la pioggia de l’aspro martiro. 6
Procedendo
lungo
l’argine,
il Nostro e la sua
Guida arrivano
in un punto
dove gia` si sente il
rombo,
simile
al
ronzio delle
api
vicino
all’alveare,
del fiume Flegetonte
che si precipita
nel
girone successivo, ed
ecco
che, da una schiera
di dannati
che
corrono
sotto
la pioggia
di
fuoco, si staccano
tre
ombre.
Venian ver’ noi, e ciascuna gridava:
"Sòstati tu ch’a l’abito ne sembri
essere alcun di nostra terra prava". 9
Ahimè, che piaghe
vidi ne’ lor membri,
ricenti e vecchie, da le fiamme incese!
Ancor men duol pur ch’i’ me ne rimembri. 12
Le tre
ombre
si
dirigono verso i due viandanti
gridando:
“ Fermati, tu che
dal vestito sembri un
abitante
della nostra citta`
malvagia” . Al vedere
le
piaghe
vecchie
e
recenti
del fuoco sui loro
corpi,
e ad udire
il loro richiamo,
la compassione
assale
il Pellegrino.
A le lor grida il mio dottor s’attese;
volse ’l viso ver’ me, e "Or aspetta",
disse, "a costor si vuole esser cortese. 15
E
se non fosse il foco che saetta
la natura del loco, i’ dicerei
che meglio stesse a te che a lor la
fretta". 18
La Guida interviene
per
consigliare
di fermasi e di
ascoltare
perché
con
costor
bisogna
esser
cortese.
E se non fosse per il
fuoco che l’impedisce , sarebbe
opportuno
andar
loro incontro.
Ricominciar, come
noi restammo, ei
l’antico verso; e quando a noi fuor giunti,
fenno una rota di sé tutti e trei. 21
Qual sogliono i
campion far nudi e unti,
avvisando lor presa e lor vantaggio,
prima che sien tra lor battuti e punti, 24
così rotando, ciascuno il visaggio
drizzava a me, sì che ’n contraro il collo
faceva ai piè continüo vïaggio. 27
Cosi` Dante
e Virgilio
si sono fermati,
allora
i tre ricominciano
a lamentarsi,
poi, giunti vicino
ai due,
si dispongono in
cerchio , ruotando
come
i lottatori
che
cercano
le
giuste
‘prese’ di
combattimento , quindi
ciascuno
volge
la testa verso
il Pellegrino, pur
continuando
a camminare
(non possono
fermarsi, come gia` detto
da Brunetto Latini
nel canto
XV
vv. 37-39).
E "Se miseria d’esto loco sollo
rende in dispetto noi e nostri prieghi",
cominciò l’uno, "e ’l tinto aspetto e
brollo, 30
la fama nostra il tuo animo pieghi
a dirne chi tu se’, che i vivi piedi
così sicuro per lo ’nferno freghi. 33
E uno dei tre inizia
a parlare: “Se la
miseria di questo
luogo sabbioso
e se il volto senza
pelle
e annerito
non ci rende
a te spregevoli ,
almeno
valga la nostra fama
terrena
a convincerti:
orsu` dicci
chi sei tu che, ancor
a vivo, vai cosi` sicuro
per quest’inferno…”
Questi, l’orme di
cui pestar mi vedi,
tutto che nudo e dipelato vada,
fu di grado maggior che tu non credi: 36
nepote fu de la
buona Gualdrada;
Guido Guerra ebbe nome, e in sua vita
fece col senno assai e con la spada. 39
L’altro, ch’appresso
me la rena trita,
è Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce
nel mondo sù dovria esser gradita. 42
E io, che posto son
con loro in croce,
Iacopo Rusticucci fui, e certo
la fiera moglie più ch’altro mi nuoce". 45
L’interlocutore
poi
fa
le
presentazioni:
“Questo
di cui mi vedi
calpestare
le
orme, benche` nudo
e ustionato
fu di condizione
assai
elevata:
nipote
della
buona Gualdrada
(=
druda= amata; Gual=
Walter
= (dal) capo
dell’esercito),
si chiamo`
Guido
(= uomo silvestre)
Guerra
(di lotta),
fu saggio e valoroso
in battaglia.
L’altro che mi segue
è
Tegghiaio
(=
che copre, protegge),
Aldobrandi
(= dalla saggia
spada)
il cui consiglio
i Fiorentini
avrebbe
dovuto
seguire
di piu`. Infine ci
sono io, che soffro con loro, fui
Iacopo
(= che
tallona,
che diventa
primo)
Rusticucci
(= (nei) campi -di
battaglia-), e devo
il mio vizio,
in gran parte,
alla
scontrosita` di mia
moglie.”
I nomi dei tre personaggi sono
tutti
relativi
alla sephirah
Geburah
(quella della
‘caduta’
o rottura dei vasi)
e
il
vizio
che li condanna
e` ‘giustificato’
da
Iacopo
Rusticucci
come
un ‘difetto della
moglie’ … I rapporti
omosessuali sono
dovuti
alla incapacita`
dell’individuo
di
costruire
un rapporto
d’amore
costruttivo
con il sesso opposto,
e corrisponde,
nell’albero
cabalistico,
alla
incomunicabilita`
delle
due
colonne
dell’albero
tra loro. (v. ns/
Commento
alla
Genesi cap. 19 in
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Testi Sacri.
Chesed –Geburah ,
Netzach –Hod
sono le coppie
di sephiroth
nel corpo
centrale
dell’Albero,
che
debbono
avere tra loro
rapporti
reciproci
ed interagenti ,
quando
questo non avviene
per
un volontario
rifiuto (o
incapacita`)
di una colonna
dell’Albero
di
collaborare
con l’altra,
si produce
il peccato
di ‘sodomia’
(rapporti
interni
irregolari
all’interno di una
sola colonna), e l’impossibilita` di creare
‘figli’, cioe` di
sviluppare
la colonna
centrale,
quella della
Reintegrazione.
S’i’ fossi
stato dal foco coperto,
gittato mi sarei tra lor di sotto,
e credo che ’l dottor l’avria sofferto; 48
ma perch’io mi sarei
brusciato e cotto,
vinse paura la mia buona voglia
che di loro abbracciar mi facea ghiotto. 51
Se il Pellegrino
fosse a riparo
dalla
pioggia
di fuoco, si
getterebbe
giu` dall’argine
per abbracciare
quegli
illustri personaggi,
e sicuramente
la sua Guida lo
permetterebbe,
ma il timore
di ustionarsi
lo trattiene,
vincendo
il suo ardente
desiderio
di farlo.
Poi cominciai: "Non
dispetto, ma doglia
la vostra condizion dentro mi fisse,
tanta che tardi tutta si dispoglia, 54
tosto che questo mio
segnor mi disse
parole per le quali i’ mi pensai
che qual voi siete, tal gente venisse. 57
Poi, risponendo
alla loro richiesta,
cosi’ parla
il Discepolo:
“Non il disprezzo,
ma un gran dolore
ha suscitato
in me la vostra
condizione,
allorche`
il mio Maestro
vi ha indicato
come
anime
insigni,
quali voi siete…” Di vostra
terra sono, e sempre mai
l’ovra di voi e li onorati nomi
con affezion ritrassi e ascoltai. 60
Lascio lo fele e vo
per dolci pomi
promessi a me per lo verace duca;
ma ’nfino al centro pria convien ch’i’
tomi". 63
“… Sono di Firenze, ed ho sempre
ascoltato
(parlare)
di voi e delle
vostre opere
con grande
ammirazione.
Ora lascio
il fiele (del
peccato)
e vado verso i dolci
frutti (della
grazia),
a me promessi
dalla mia Guida, ma
prima debbo
visitare tutto
l’inferno”.
"Se lungamente l’anima conduca
le membra tue", rispuose quelli ancora,
"e se la fama tua dopo te luca, 66
cortesia e valor dì
se dimora ne
la nostra città sì come suole,
o se del tutto se n’è gita fora; 69
ché Guiglielmo
Borsiere, il qual si duole
con noi per poco e va là coi compagni,
assai ne cruccia con le sue parole". 72
E Iacopo
a lui: “Che tu possa
vivere a lungo
ed essere famoso nel
mondo!
Ma dicci se e` vero
quello che
Guiglielmo
(= che vuole
e protegge)
Borsiere
(=
che tiene la borsa, ricco),
da poco
giunto
qui va dicendo
con nostro gran
dispiacere , cioe` che
valore e cortesia
sono scomparsi
da
Firenze”.
"La gente nuova e i
sùbiti guadagni
orgoglio e dismisura han generata,
Fiorenza, in te, sì che tu già ten
piagni". 75
Così
gridai con la faccia levata;
e i tre, che ciò inteser per risposta,
guardar l’un l’altro com’al ver si guata. 78
Dante , alzato il viso,
risponde
con un’apostrofe
alla sua citta`: “O
Firenze,
i nuovi arrivati e
gli arricchiti
ti hanno
riempito
d’orgoglio
e gia` te
ne lamenti”.
A queste
parole
i tre si guardano
l’un l’altro come
chi ha capito
la verita`.
"Se l’altre volte sì
poco ti costa",
rispuoser tutti, "il satisfare altrui,
felice te se sì parli a tua posta! 81
Però, se campi
d’esti luoghi bui
e torni a riveder le belle stelle,
quando ti gioverà dicere "I’ fui", 84
fa che di noi a la
gente favelle".
Indi rupper la rota, e a fuggirsi
ali sembiar le gambe loro isnelle. 87
I tre rispondono: “Beato
te
che puoi
dire quello
che vuoi e soddisfare
cosi` (il nostro)
desiderio.
Tu se uscirai
da questo buio
a riveder le stelle,
potrai
proclamare
positivamente: ‘ci
sono stato’; allora, fa in modo di parlare
anche
di noi
ai
vivi”. Poi, rotto il
cerchio,
i tre fuggono
per riprendere
il loro posto nella
schiera come se avessero le ali (ai piedi).
Questi
illustri personaggi,
‘grandi’ pur nella
loro
infelice
e miserevole
situazione,
riconoscono
nel Pellegrino,
nel Ricercatore,
due pregi
fondamentali:
la liberta` di parola
e l’autorita`
che
acquisisce
chi
riesce
a visitare
il suo inferno
interiore; solo questi puo` recuperare
cio` che
di ‘valido’ e`
rimasto anche
in chi ha agito
male.
Infatti
essi subito dopo
lo pregano
di
favellare
(nella radice
di ‘favella’
ritroviamo
la parola ‘fama’ che
deriva
dal sanscrito
bha-mi
= io splendo
e dal greco
phemi = io parlo)
di loro, cioe` di
illustrare
i loro meriti,
affinche`
nel
ricordo
(= re-cordo =
ri-metto
nel cuore,
nel recupero)
delle
buone
imprese
compiute,
possano in qualche
modo
riscattarsi
e acquisire
merito
nei tempi
a venire
(sono passati sette
secoli
e ancora
ne parliamo…).
Un amen non saria possuto dirsi
tosto così com’e’ fuoro spariti;
per ch’al maestro parve di partirsi. 90
Io lo seguiva, e
poco eravam iti,
che ’l suon de l’acqua n’era sì vicino,
che per parlar saremmo a pena uditi. 93
I tre si dileguano
nel tempo
di un ‘amen’
e Guida e Discepolo
riprendono il
viaggio,
avvicinandosi sempre
piu` al punto
in cui il fiume
assorda
col suo precipitare
in basso.
Come quel fiume c’ ha proprio cammino
prima dal Monte Viso ’nver’ levante,
da la sinistra costa d’Apennino, 96
che si chiama
Acquacheta suso, avante
che si divalli giù nel basso letto,
e a Forlì di quel nome è vacante, 99
rimbomba là sovra
San Benedetto
de l’Alpe per cadere ad una scesa
ove dovea per mille esser recetto; 102
così, giù d’una ripa
discoscesa,
trovammo risonar quell’acqua tinta,
sì che ’n poc’ora avria l’orecchia
offesa. 105
I due Viandanti
arrivano
dunque
al punto in cui il
Flegetonte
colpisce
violentemente
le
orecchie
rimbombando
come
la cascata di quel
fiume che
nasce
prima del
Monte Viso
( del monte
ben visibile)
dalla parte sinistra
dell’Appennino
(= da penn = alto
monte ) e che sopra
a San Benedetto
(luogo detto
bene)
dell’Alpe
(= da penna = punta)
si chiama
Acquacheta
(acqua tranquilla )
ma
poi, cambia
nome , (diviene
Montone = che monta), e prima di arrivare
a
Forli`
(citta` del forum
Livii, della gente
Livia = pallida,
lunare, dispersiva),
cade
con un solo salto,
invece di espandersi
in mille
rivoli.
I significati dei nomi di questi
versi riportano
tutti al
‘cambiamento’
o ‘mutamento’
che
e`
necessario
si verifichi
a questo
punto
nella situazione:
cio` che prima non e`
visibile, si palesa, quello
che
e` quieto
diventa
impetuoso,
quello
che
potrebbe
disperdersi
si unifica. Sono
tutti consigli
per procedere
sul Sentiero:
il Pellegrino
per poter
raggiungere
la
parte
piu` bassa (e quindi
piu` pericolosa
dell’inferno)
deve
puntualizzare,
fare chiarezza in se
stesso, bene-dire,
farsi coraggio
e concentrarsi.
Io avea una corda intorno cinta,
e con essa pensai alcuna volta
prender la lonza a la pelle dipinta. 108
Poscia ch’io l’ebbi tutta da me sciolta,
sì come ’l duca m’avea comandato,
porsila a lui aggroppata e ravvolta. 111
La cintura, che
puo` essere
simbolo di virtu`
(castita` e umilta`)
non era stata
sufficiente
a catturare
la
lonza
a
la pelle dipinta
all’inizio
del Viaggio
del Discepolo
(v. canto I vv.
31-33),
ma qui, sotto la
guida del Maestro
puo` diventare
il ‘mezzo’
per il cambiamento
ora necessario.
Virgilio
comanda
a Dante
di sciogliere
la corda
che gli fa da
cintura,
poi di piegarla e
consegnargliela.
Potrebbe
anche
essere
un invito a
sciogliersi
dalla
paura,
un’esortazione
a ordinare
(piegare)
i
pensieri
e affidarli alla
Ragione.
Ond’ei si volse
inver’ lo destro lato,
e alquanto di lunge da la sponda
la gittò giuso in quell’alto burrato. 114
’E’ pur convien che
novità risponda’,
dicea fra me medesmo, ’al novo cenno
che ’l maestro con l’occhio sì seconda’. 117
Ahi
quanto cauti li uomini esser dienno presso a color che non veggion
pur l'ovra, ma per entro i pensier miran col senno! 120
El
disse a me: "Tosto verrà di sovra
ciò ch’io attendo e che il tuo pensier sogna;
tosto convien ch’al tuo viso si scovra". 123
Virgilio si volge allora verso destra
e getta
la corda
giu` nel burrone,
lontano
dalla sponda, mentre
Dante
si chiede
quale
possa essere il
significato
di tale gesto.
Come si dovrebbe
essere
prudenti
(nel pensare)
quando
si e` accanto
a chi
legge
nel pensiero!
Infatti
la Guida, subito
risponde
cosi`
alla domanda
inespressa : “Sta
gia` salendo
colui
che
io attendo
e che tu stai
immaginando;
tra poco lo vedrai”.
Sempre a quel ver c'
ha faccia di menzogna
de' l'uom chiuder le labbra fin ch'el puote,
però che sanza colpa fa vergogna; 126
ma qui tacer nol
posso; e per le note
di questa comedìa, lettor, ti giuro,
s’elle non sien di lunga grazia vòte, 129
ch’i’ vidi per
quell’ aere grosso e scuro
venir notando una figura in suso,
maravigliosa ad ogne cor sicuro, 132
sì come torna colui
che va giuso
talora a solver l’àncora ch’aggrappa
o scoglio o altro che nel mare è chiuso, 135
che ’n sù si stende
e da piè si rattrappa.
Poi Dante
si rivolge
ai suoi lettori
dicendo
che bisognerebbe
sempre
tacere
quando
il dire
appare
menzogna,
ma non puo` farlo, e
giura
che
e` vero
cio` che
descrive. Il
Viandante
vede
per
quell’aere
grosso e oscuro
una bestia strana,
terribile
all’aspetto
anche
per il cuore
piu` coraggioso,
che sale
verso di lui,
nuotando
nell’aria come
un marinaio
che si da` la spinta
coi piedi per riaffiorare, dopo aver sciolto
l’ancora
impigliata
sul fondo marino”.
La corda -cintura
gettata
nel baratro
dalla Guida
ha costruito
il ponte
che
permette
l’ulteriore
discesa
del
Viandante.
Il custode
dell’ottavo
cerchio, Gerione
( geris=
voce)
e` stato chiamato,
egli sale per aiutare
il Pellegrino
a scendere , ma
questo
lo vedremo
nel prossimo
canto.
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