INFERNO - CANTO XVII
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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"Ecco la fiera con la coda
aguzza, che passa i monti e rompe i muri e l'armi! Ecco colei che
tutto 'l mondo appuzza!". 3
Sì cominciò lo mio duca a parlarmi;
e accennolle che venisse a proda, vicino al fin d’i passeggiati
marmi. 6 Cosi` la Guida descrive il nuovo
arrivato, il custode
dell’ottavo
cerchio,
mentre
gli fa cenno
di avvicinarsi
al termine
dell’argine:
“Ecco
la fiera dalla coda
aguzza,
che trapassa
terra, mura e armi, colei
che
ammorba
tutto il mondo”.
E quella sozza imagine di froda sen venne, e arrivò la testa e ’l
busto, ma ’n su la riva non trasse la coda. 9
La faccia sua
era faccia d’uom giusto, tanto benigna avea di fuor la pelle, e
d’un serpente tutto l’altro fusto; 12
due branche avea pilose
insin l’ascelle; lo dosso e ’l petto e ambedue le coste dipinti
avea di nodi e di rotelle. 15 Il mostruoso
essere,
sozza imagine di froda,
si
avvicina alla
riva e vi appoggia
la testa e il busto, lasciando
la coda nel fiume.
Ha
il viso d’uomo
giusto, due zampe
artigliate
pelose
fino alle
ascelle,
il resto di serpente:
la schiena,
il petto
e i fianchi
coperti
di
nodi e rotelle
(come i rospi e i rettili) .
Con più color, sommesse e sovraposte non fer mai drappi Tartari né
Turchi, né fuor tai tele per Aragne imposte. 18
Come talvolta
stanno a riva i burchi, che parte sono in acqua e parte in terra,
e come là tra li Tedeschi lurchi 21
lo bivero s’assetta a far sua
guerra, così la fiera pessima si stava su l’orlo ch’è di pietra e
’l sabbion serra. 24 Ne` i
Tartari
(= i terribili)
ne` i
Turchi
(= i forti) produssero mai
tessuti piu` colorati, intrecciati
o in rilievo, ne`
Aragne
(Aracne, trasformata in ragno
da Atena
per la sua presunzione)
compose
mai
tele simili.
Come
a volte le barche
restano
sul bagnasciuga,
e come
fra gli intemperanti
Tedeschi
(=
popolani)
sta
lo bivero (il
castoro)
quando
va a caccia di pesci,
cosi` sull’orlo
di pietra
che
circonda
il sabbione
sta quella
bestiaccia .
E` costui, come
gia` detto
in precedenza,
il gigante Gerione, che significa ‘l’uomo
piu` forte’ o anche
‘fulmine’, o ‘dalla voce potente’(nella
mitologia
greca
viene ucciso da Eracle
nella
decima
fatica
(v. www.taote.it
miti),
perché
nutre
i suoi buoi con carne
umana).
Nel
vano tutta sua coda guizzava, torcendo in sù la venenosa forca
ch’a guisa di scorpion la punta armava. 27
Lo duca disse: "Or
convien che si torca la nostra via un poco insino a quella bestia
malvagia che colà si corca". 30 La coda
della mostruosa bestia guizza
nel vuoto torcendo in su` la velenosa
forbice, simile
a quella
dello scorpione , che ne arma la punta. La Guida
al Discepolo: “Ci
conviene
deviare
un poco il cammino
e arrivare
la` dove
si trova quella
bestia
malvagia”
Però scendemmo a la destra mammella, e diece passi femmo in su lo
stremo, per ben cessar la rena e la fiammella. 33
E quando noi
a lei venuti semo, poco più oltre veggio in su la rena gente seder
propinqua al loco scemo. 36 Quindi
i due scendono
verso destra,
facendo
alcuni
passi sull’orlo
per evitare
il fuoco e la sabbia ardente. Giunti vicini
alla
bestia,
Dante
scorge, sedute
vicino al burrone,
alcune
anime.
Quivi ’l maestro "Acciò che tutta piena esperïenza d’esto giron
porti", mi disse, "va, e vedi la lor mena. 39
Li tuoi
ragionamenti sian là corti; mentre che torni, parlerò con questa,
che ne conceda i suoi omeri forti". 42 Il
Maestro
consiglia
il Discepolo
di andare
ad interrogare
anche
quei
dannati
per
avere
piena
esperienza
del
girone visitato;
gli raccomanda
di essere breve, intanto
lui chiede ra` alla
bestia
di concedere
loro un passaggio
sul groppone.
Così
ancor su per la strema testa di quel settimo cerchio tutto solo
andai, dove sedea la gente mesta. 45
Per li occhi fora scoppiava
lor duolo; di qua, di là soccorrien con le mani quando a’ vapori,
e quando al caldo suolo: 48
non altrimenti fan di state i cani
or col ceffo or col piè, quando son morsi o da pulci o da mosche o da
tafani. 51 Dante
allora va, tutto solo, lungo il bordo
di quel
settimo
cerchio, dove e` seduta quella
gente
mesta
a cui il dolore
sgorga dagli
occhi,
piangente.
I miseri cercano
di ripararsi
dalla pioggia
di fuoco e dalla sabbia
ardente
con le mani,
invano, come
fanno i cani
d’estate
che scacciano
con il muso o la zampa
le pulci
o le mosche
o i tafani che
li tormentano.
Poi che nel viso a certi li occhi porsi, ne’ quali ’l doloroso foco
casca, non ne conobbi alcun; ma io m’accorsi 54
che dal collo
a ciascun pendea una tasca ch’avea certo colore e certo segno, e
quindi par che ’l loro occhio si pasca. 57 Dante
scruta
attentamente
i visi dei dannati, ma non ne riconosce
nessuno;
s’avvede pero` che
al collo di ognuno
di loro e` appesa una
tasca
, una borsa
colorata
e con su un disegno
preciso,
sul quale
i loro occhi si posano di continuo.
E com’io riguardando tra lor vegno, in una borsa gialla vidi azzurro
che d’un leone avea faccia e contegno. 60 Allora
anche
il Viandante
fissa i suoi occhi sulle
borse
e vede
su una di quelle,
gialla,
un leone
azzurro. E` lo stemma della
famiglia
guelfa
fiorentina
degli
usurai Gianfigliazzi
(= figli di Giovanni;
al bianco:
figli della grazia
divina,
al nero: figli del castigo
divino).
Poi, procedendo di mio
sguardo il curro, vidine un’altra come sangue rossa, mostrando
un’oca bianca più che burro. 63 Il Viandante
fissa ora lo sguardo su una borsa
rosso sangue
col
disegno
di un’oca
bianca.
E` lo stemma
della
famiglia ghibellina
fiorentina
degli
usurai Ubriachi (= ebbri).
E un che d’una scrofa azzurra e grossa segnato avea lo suo sacchetto
bianco, mi disse: "Che fai tu in questa fossa? 66
Or te ne
va; e perché se’ vivo anco, sappi che ’l mio vicin Vitalïano
sederà qui dal mio sinistro fianco. 69
Con questi Fiorentin son
padoano: spesse fïate mi ’ntronan li orecchi gridando: "Vegna ’l
cavalier sovrano, 72
che recherà la tasca con tre becchi!"".
Qui distorse la bocca e di fuor trasse la lingua, come bue che ’l
naso lecchi. 75 Poi un dannato
che
ha la borsa bianca
con su disegnata una scrofa azzurra , stemma
della famiglia degli usurai Scrovegni
(= vengono e tagliano), chiede
a Dante: “ Che
ci fai in questa
fossa?
Vattene, tu che sei ancora vivo. Sappi che tra
poco
verra` a sedere
accanto
a me
Vitaliano del
Dente , padovano;
al bianco:
masticante
vita; al nero: masticante
morte). Io sono di Padova in mezzo a costoro che
sono fiorentini, essi aspettano
l’arrivo del
cavalier
sovrano,
che
al collo portera` la borsa
con i tre becchi
. Trattasi di Giovanni dei Buiamonti
(= castigo
divino,
che spegne la luce
sui monti) considerato
il re degli
usurai. Detto
questo,
il dannato mostra la lingua come fa il bue che
si lecca
il naso.
Gli animali nominati
in questi versi che descrivono gli usurai e la
loro pena
sono il leone, l’oca, la scrofa ed i becchi. Il leone
di solito ha un significato
solare e positivo, ma nel cristianesimo
puo` rappresentare
il
diavolo
che cerca
prede
da divorare;
a volte le sue mascelle spalancate
sono
omologate
alle
porte
dell’inferno.
L’oca
nel medioevo
veniva associata
alle streghe , in quanto
poteva trasportarle
al sabba
(incontro con i diavoli). La scrofa, come tutti
i suini,
e` animale
impuro
per gli ebrei
(Lv. 11, 6-8), e per i cristiani
e` spesso identificato
con
satana
o con ‘il luogo’
dei demoni (Mt. 8, 30-32). I becchi (capri o
satiri) sono considerati
dagli
ebrei simbolo
di idolatria
(Lv. 17, 7) e per i cristiani
indicano
lussuria,
lascivia
e piu` propriamente
i dannati.
Ma cerchiamo di interiorizzare
il significato
del vizio
dell’usura.
Nell’albero
cabalistico
capovolto si puo` parlare
di ‘usura’, cioe` di un ‘profitto esagerato
su un prestito’
allorche` una
qelipah
(potenza negativa, scoria, demonio)
offre alla personalita`
la felicita`terrena
(bellezza,
denaro, potere )
in cambio
dell’anima.
Questo
e` quanto, in altre
parole,
avviene
nel mito di Faust: ‘un prestito’ irrisorio
legato
all’effimera
soddisfazione
terrena
dei sensi, a fronte di un ‘bene’ inestimabile
quale
il soffio vitale
dono
dello
Spirito.
(v. ns/ interpretazione
cabalistica
del film “La bellezza
del
diavolo”
in
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cineforum
o
del “Faust
di Goethe”
in
www.taote.it
teatro).
L’irriverente
‘boccaccia’ o ‘linguaccia’
che
termina
il maldicente
discorso
dell’usuraio
della famiglia
degli
Scrovegni
dovrebbe
essere cio` che ogni sensato Viandante sul
Sentiero
riserva
ai suoi demoni
interiori
allorche` hanno
l’ardire
di proporgli
l’indegno
contratto…
E io, temendo no ’l più star crucciasse lui che di poco star m’avea
’mmonito, torna’ mi in dietro da l’anime lasse. 78
Dante, temendo di essersi trattenuto troppo,
e di contrariare
percio` la sua Guida,
lascia gli usurai e torna da Virgilio.
Trova’ il duca mio ch’era salito già su la groppa del fiero animale,
e disse a me: "Or sie forte e ardito. 81
Omai si scende per sì
fatte scale; monta dinanzi, ch’i’ voglio esser mezzo, sì che la
coda non possa far male". 84 Il Discepolo trova
il Maestro gia` in groppa
alla fiera bestiaccia
e, visto che con quella
possono
ora scendere
da basso, e`da lui
invitato
a salirgli
con coraggio
davanti , in modo
da ter lontana, affinche` non possa nuocergli,
la coda
a tenaglia,
da scorpione.
Qual è colui che sì
presso ha ’l riprezzo de la quartana, c’ ha già l’unghie smorte, e
triema tutto pur guardando ’l rezzo, 87
tal divenn’io a le parole
porte; ma vergogna mi fé le sue minacce, che innanzi a buon segnor
fa servo forte. 90 Come
colui
che rabbrividisce
per la febbre alta e trema e ha le unghie
smorte
al solo vedere
un luogo freddo, cosi` si sente
il Discepolo,
ma si trattiene
dalla
vergogna, come
fa un servo davanti al suo signore.
I’ m’assettai in su
quelle spallacce; sì volli dir, ma la voce non venne com’io
credetti: ’Fa che tu m’abbracce’. 93
Ma esso, ch’altra volta mi
sovvenne ad altro forse, tosto ch’i’ montai con le braccia
m’avvinse e mi sostenne; 96
e disse: "Gerïon, moviti omai: le
rote larghe, e lo scender sia poco; pensa la nova soma che tu
hai". 99 Dante
sale dunque sulle spalle
della
bestia;
vorrebbe
chiedere
alla sua Guida di tenerlo
‘abbracciato’,
ma
la voce, per la paura,
non gli viene. Tuttavia Virgilio, come
gia` capitato
altre
volte, gli legge
nel pensiero
e lo sostiene
affettuosamente.
Poi da` il via per la partenza
a Gerione raccomandandogli
di fare giri larghi e di andare
piano, pensando
alla responsabilita` dell’insolito
peso
che
porta. Come la navicella esce di loco in dietro in dietro, sì
quindi si tolse; e poi ch’al tutto si sentì a gioco, 102
là
’v’era ’l petto, la coda rivolse, e quella tesa, come anguilla,
mosse, e con le branche l’aere a sé raccolse. 105
Come una piccola nave
arretra
lentamente
per uscire dal porto, cosi` fa Gerione ; poi,
una volta
fuori, a suo agio, fa testa-coda , agitando
questa
come un’anguilla
e con le zampe
raccoglie
l’aria
sotto
di se` e scende.
Maggior paura non credo che fosse quando Fetonte
abbandonò li freni, per che ’l ciel, come pare ancor, si cosse; 108
né quando Icaro misero le reni sentì spennar per la scaldata
cera, gridando il padre a lui "Mala via tieni!", 111
che fu la
mia, quando vidi ch’i’ era ne l’aere d’ogne parte, e vidi spenta
ogne veduta fuor che de la fera. 114 La paura
provata da Fetonte, il figlio del Sole (poi fulminato
da Zeus), quando
perse il controllo
dei
cavalli
del
padre
e vide
il cielo
(la Via Lattea)
incendiarsi,
o quella
provata
da Icaro
quando senti` sciogliere
la cera
delle
ali
e udi` il padre
(Dedalo)
avvertirlo
del pericolo,
non fu certo superiore
a quella
del Pellegrino
quando,
vedendo
(davanti a se`) solo il mostro, s’accorse
d’essere
proprio sospeso nell’aria .
Ella sen va notando
lenta lenta; rota e discende, ma non me n’accorgo se non che al
viso e di sotto mi venta. 117
Io sentia già da la man destra il
gorgo far sotto noi un orribile scroscio, per che con li occhi ’n
giù la testa sporgo. 120 La bestia
va, nuotando lentamente,
e gira e scende , tanto piano
che
il Viandante si accorge
di calare solo per il vento che lo colpisce
dal basso. Egli ode poi, sulla destra,
lo scroscio
della
cascata
(del Flegetonte)
e
si sporge
per
guardare
in giu`.
Allor fu’ io più timido a lo stoscio, però ch’i’ vidi fuochi e senti’
pianti; ond’io tremando tutto mi raccoscio. 123
E vidi poi,
ché nol vedea davanti, lo scendere e ’l girar per li gran mali che
s’appressavan da diversi canti. 126 Allora viene
assalito dalla paura di scendere,
perché
vede
fuochi e
ode
pianti
; cosi` si rannicchia tutto tremante. E si rende conto della
discesa
spiralata,
avvicinandosi
da diversi lati
alle
atroci sofferenze
(di altri dannati).
Come ’l falcon ch’è stato assai su l’ali, che sanza veder
logoro o uccello fa dire al falconiere "Omè, tu cali!", 129
discende lasso onde si move isnello, per cento rote, e da lunge si
pone dal suo maestro, disdegnoso e fello; 132
così ne puose al
fondo Gerïone al piè al piè de la stagliata rocca, e, discarcate
le nostre persone, 135
si dileguò come da corda cocca.
Come
il falcone
stanco
di cacciare
inutilmente
fa dire
al falconiere: “Ahime`, tu scendi
a vuoto” quando si
posa lontano
dal padrone
sdegnoso e arrabbiato,
senza preda, cosi` si ferma Gerione,
al piede
della roccia
impervia
e, scaricati
i due, se ne va, veloce
come
una saetta.
Come
viene
descritto
al v. 3 e 7, Gerione
e` l'immagine
della
sozza
frode … colei che tutto 'l mondo appuzza:
il viso umano
del giusto,
per ingannare;
il corpo di rettile,
per
sedurre;
la coda dello scorpione per
tradire . Sappiamo
che
parla
con Virgilio,
ma non conosciamo
quello
che
si dicono,
eppure
anche se a malincuore ,
lo vediamo
ubbidire .
Tutti i custodi
dell'inferno,
e questo
come gli altri,
pur nella loro crudelta` e
a volte
insolenza,
sono
a 'servizio'
del
Ricercatore,
ed
e` la 'Ragione'
a chiedere
loro
specificatamente
il genere
di 'servizio'
che
debbono
concedere.
'La Parola d'ordine ' e` ovviamente
il Viaggio stesso, voluto dall'Alto,
non
certo
la curiosita` e
l'autocompiacimento
per
il peccato.
Sguazzare
nella
melma
del
'male'
individuale
e collettivo
porta solo
a maggior
danno
e coinvolgimento,
come
ben
sappiamo
dalla vita
quotidiana... basta guardarsi
intorno!
Ma torniamo al nostro Pellegrino.
L’accurata
descrizione
delle
sensazioni
provate
da Dante
in volo sul mostro Gerione
conferma la reale
esperienza
onirica
da lui vissuta
per
‘diretta
conoscenza’
del
mondo
briatico
(relativo all’elemento
aria)
del mentale
nero, esperienza
che
lo porta
ora sempre
piu` giu`, negli
abissi
dell’ottavo
cerchio,
dove ci descrivera` le
conseguenze
delle
umane
frodi, le
piu` turpi,
quelle
delle
famose ‘malebolge’,
per meditarle
lui stesso e farcele
meditare….
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