INFERNO - CANTO XXVIII
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Chi poria mai pur con parole sciolte
dicer del sangue e de le piaghe a pieno
ch’i’ ora vidi, per narrar più volte? 3
Ogne lingua per
certo verria meno
per lo nostro sermone e per la mente
c’ hanno a tanto comprender poco seno. 6
Il Pellegrino, giunto alla nona
bolgia dell’ottavo cerchio ci confida che mai nessuno, neanche ripetendo
tante volte il suo racconto, potrebbe mai narrare a pieno, neppure in
prosa, tutto il sangue e le piaghe che vi si vedono. Ogni lingua
verrebbe meno, perché mente e lingua hanno poco potere per comprendere
una cosa cosi` enorme.
S’el s’aunasse ancor tutta la gente
che già, in su la fortunata terra
di Puglia, fu del suo sangue dolente 9
per li Troiani e per
la lunga guerra
che de l’anella fé sì alte spoglie,
come Livïo scrive, che non erra, 12
con quella che
sentio di colpi doglie
per contastare a Ruberto Guiscardo;
e l’altra il cui ossame ancor s’accoglie 15
a Ceperan, là dove
fu bugiardo
ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,
dove sanz’arme vinse il vecchio Alardo; 18
e qual forato suo
membro e qual mozzo
mostrasse, d’aequar sarebbe nulla
il modo de la nona bolgia sozzo. 21
Se si radunasse tutta la
gente che ha versato il sangue nella terra di
Puglia (= terra
degli Japigi, abitanti al di la` dell’Adriatico, ma anche da ‘Apluvia’,
terra senza piogge) per opera dei discendenti dei
Troiani
(dei Romani, nella guerra Punica) in cui fu raccolto (dai Cartaginesi,
216 a. C.) un gran bottino di anelli, come narrato da Livio (lo
storico), e si aggiungesse la gente
morta
per contrastare
Roberto il Guiscardo
( = l’illustre scaltro, il normanno
che scaccio` i Saraceni dalla Puglia nel 1046) e la gente morta a
Ceperan
(terra dei Ceperani)
e a
Tagliacozzo
(terra delle pietre tagliate)
dove il vecchio
Alardo
(= nobile, consigliere di Carlo D’Angio`) vinse senza combattere (nel
1268), anche se tutti questi morti mostrassero tutti insieme le loro
mutilazioni, non darebbero l’idea della nausenate situazione della nona
bolgia.
Il peccato dei dannati di questa
bolgia, dei ‘seminatori
discordie’(creatori
di scandali o scismi) riceve la sua punizione
con ferite e
mutilazioni come detto in Mt. 18, 8 -9: “Se la tua mano o il tuo piede
e` occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te…E se il tuo
occhio ti e` occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te…”
(v. in
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testi sacri ns/ interpretazione
cabalistica del Vangelo di Matteo). Nei sogni le amputazioni
rappresentano il desiderio inconscio di togliere da se` ‘parti’
fisiche
che corrispondono a
qualita` psichiche (astro-mentali) corrotte, relative ai centri
(sephiroth della Kabbalah) che li governano: braccio destro: Chesed
(Giustizia), vizio: ipocrisia; braccio sinistro: Geburah (Forza), vizio:
crudelta`; gamba destra: Netzach (Vittoria), vizio: impudicizia; gamba
sinistra: Hod (Splendore), vizio: disonesta`. Ferite e lacerazioni nel
capo e nel corpo sono relative al centro Tiphereth (Bellezza), vizio:
orgoglio; quelle al basso ventre al centro Yesod (Fondamento), vizio:
pigrizia. Questi danneggiamenti della ‘persona’, della ‘maschera fisica’
vogliono farci mettere l’attenzione su particolari difetti da correggere
o meglio da eliminare drasticamente. Il ‘sogno dantesco’ ci riesce
egregiamente anche se in modo alquanto raccapricciante.
Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com’io vidi un, così non si pertugia,
rotto dal mento infin dove si trulla. 24
Tra le gambe
pendevan le minugia;
la corata pareva e ’l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia. 27
Il Viandante vede un
dannato spaccato dal mento fino al basso ventre come una
veggia (botte)
che ha perso una doga mediana o del fondo. Tra le gambe gli pendono le
budella e lo stomaco…
Mentre che tutto in lui veder m'attacco,
guardommi e con le man s'aperse il petto,
dicendo: "Or vedi com'io mi dilacco! 30
vedi come storpiato
è Mäometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
fesso nel volto dal mento al ciuffetto. 33
Mentre lo osserva
attento, quello lo guarda e dice: “Vedi come sono squarciato! Vedi come
e` storpiato
Maometto
(= dall’arabo
Muhammad: al bianco:
il piu` lodato, al nero: il piu` biasimato)! Davanti a me se ne va
gemendo
Ali`
(= al bianco: il superiore, al nero: l’inferiore) spaccato nel volto dal
mento alla cima dei capelli…”
Nel medioevo Maometto fu considerato
uno scismatico.
E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
fuor vivi, e però son fessi così. 36
“…Tutti quelli che vedi
qui sono stati da vivi seminatori di
scandalo
(divisione in campo laico) e di
scisma
(divisione in campo religioso), per questo sono cosi` ridotti…”
Un diavolo è qua dietro che n’accisma
sì crudelmente, al taglio de la spada
rimettendo ciascun di questa risma, 39
quand’avem volta la
dolente strada;
però che le ferite son richiuse
prima ch’altri dinanzi li rivada. 42
Ma tu chi se’ che ’n su lo scoglio
muse, forse
per indugiar d’ire a la pena
ch’è giudicata in su le tue accuse?". 45
“…Qui dietro c’e` un
diavolo
(= avversario) che ci fa crudelmente a brani, sottoponendo ognuno di noi
ad un nuovo taglio della spada, perché dopo ogni giro le ferite si
rimarginano prima che gli passiamo davanti. Ma tu chi sei, che stai li`
sulla roccia? Perché esiti ad andare alla
pena
(condanna) che ti e` stata assegnata secondo i tuoi peccati?…”
Interiorizziamo,
ponendoli sull’Albero cabalistico, i due personaggi danteschi di
‘Maometto’ (= il piu` lodato) e di ‘Ali`’ (= il piu` alto): essi
dovrebbero, per l’essenza dei loro nomi, rappresentare la sintesi della
colonna centrale, sbocciando nella Coscienza, Daath,
che e`
la qualita`
unificante di tutte le virtu` della personalita`; ma avendo capovolta la
loro energia, essi
hanno ‘diviso’ la
loro unita`originaria, creando ‘altro’, piu` esattamente l’opposto
di ‘lode’
e ‘altezza’;
avrebbero dovuto costruire ‘anima’, hanno costruito biasimo e infer(n)o.
Dietro di loro c’e` un
diavolo
(da ‘dia-ballo’, un ostacolo, l’avversario) che con la spada (simbolo di
Giustizia) ripropone in loro, per contrappasso,
la lacerazione (li
spacca, li fende, li
spezza): chi fu causa
di divisione, viene continuamente diviso.
"Né morte ’l giunse ancor, né colpa ’l mena",
rispuose ’l mio maestro, "a tormentarlo;
ma per dar lui esperïenza piena, 48
a me, che morto son,
convien menarlo
per lo ’nferno qua giù di giro in giro;
e quest’è ver così com’io ti parlo". 51
Il Maestro cosi`
risponde al dannato: “Ne` la morte lo ha ancora preso, ne` la colpa lo
porta a questa condanna; ma (si trova qui) per conoscere l’inferno ed
io, che sono morto, ho l’incarico di guidarlo girone dopo girone; questa
e` la verita`, cosi` come te la dico.”
Più fuor di cento che, quando l’udiro,
s’arrestaron nel fosso a riguardarmi
per maraviglia, oblïando il martiro. 54
"Or dì a fra Dolcin
dunque che s’armi,
tu che forse vedra’ il sole in breve,
s’ello non vuol qui tosto seguitarmi, 57
sì di vivanda, che
stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch’altrimenti acquistar non saria leve". 60
Poi
che l’un piè per girsene sospese,
Mäometto mi disse esta parola;
indi a partirsi in terra lo distese. 63
Sono piu` di cento a bloccarsi nella
fossa, per guardare il Discepolo, meravigliati, dimenticando il
tormento. …“Allora, tu che stai per tornare dove c’e` il sole, di` a
fra’ Dolcino
(= mite, che tenta di riportare la Chiesa alla purezza e alla poverta`)
che, se non vuole raggiungermi presto qui, faccia riserva di
vettovaglie, altrimenti la fame e il freddo lo costringeranno ad
arrendersi al vescovo di Novara (che lo condannera` con i suoi al rogo)”
Queste parole dice Maometto prima di allontanarsi, poi va.
Nell’albero di questa bolgia il
dannato ( relativo alla qelipah della colonna centrale, Tiphereth)
stranamente vuole ‘avvertire’
fra` Dolcino
(il mite, che corrisponde al centro Geburah, la Forza) di ‘proteggersi
dalla fame e dal freddo’ con speciale riserva di energia (vettovaglie)
per non fare la sua stessa fine (finire all’inferno). Ma il suo non e`
un avvertimento, ma una previsione: in un albero di generale ‘divisione’
tutti sono coinvolti e
fra` Dolcino
finisce al rogo sulla terra e, probabilmente poi, nella nona bolgia
all’inferno.
Un altro, che forata avea la gola
e tronco ’l naso infin sotto le ciglia,
e non avea mai ch’una orecchia sola, 66
ristato a riguardar
per maraviglia
con li altri, innanzi a li altri aprì la
canna, ch’era
di fuor d’ogne parte vermiglia, 69
e disse: "O tu cui
colpa non condanna
e cu’ io vidi in su terra latina,
se troppa simiglianza non m’inganna, 72
rimembriti di Pier
da Medicina,
se mai torni a veder lo dolce piano
che da Vercelli a Marcabò dichina. 75
Un altro dannato che ha la gola
forata e il naso mozzato fino alle sopracciglia e un solo orecchio, che
si e` fermato con gli altri a guardare per la meraviglia, apre la
trachea tutta insanguinata e dice: “O tu che non hai colpa da scontare,
se la somiglianza non m’inganna, mi sembra di averti visto in terra
latina,
ricordati (di me), sono
Pier da Medicina
(= pietra che dovrebbe curare al bianco, che fa ammalare al nero) se mai
torni a vedere la dolce terra che da
Vercelli
(= ‘ver’= importante, ‘cellae’= dimora)
porta a
Marcabo`(‘marc’=
limite, ‘bo’ = essere): se mai torni sul ‘luogo’ dove l’esistenza ha
come limite il corpo,
fa sapere…” E fa sapere
a’ due miglior da Fano,
a messer Guido e anco ad Angiolello,
che, se l’antiveder qui non è vano, 78
gittati saran fuor
di lor vasello
e mazzerati presso a la Cattolica
per tradimento d’un tiranno fello. 81
Tra l’isola di Cipri
e di Maiolica
non vide mai sì gran fallo Nettuno,
non da pirate, non da gente argolica. 84
“…Fa` sapere ai due
nobili di
Fano
(= fascia), messer
Guido
(= uomo di selva) e
Angiolello
(= messaggero) che, se il prevedere di qui e` veritiero, saranno gettati
fuori della loro nave e uccisi presso
Cattolica
( citta` di tutti) per la vilta` del signore di Rimini, il giovane dei
Malatesta (inf. XXVII, v. 46 ss.). Il dio del mare
Nettuno
( che lava, dal greco ‘nipto`’,lavare) non ha mai visto simile
tradimento tra le isole di
Cipri
(= Cipro, l’aspra) e di
Maiolica
(= Maiorca, la maggiore, ma anche terra per vasi), ne` da parte di
pirati, ne` di greci….”
Quel traditor che vede pur con l’uno,
e tien la terra che tale qui meco
vorrebbe di vedere esser digiuno, 87
farà venirli a
parlamento seco;
poi farà sì, ch’al vento di Focara
non sarà lor mestier voto né preco". 90
“…Quel traditore,
(Malatestino)
cieco di un
occhio, signore di quella terra (Rimini) che un dannato qui a me vicino
(Curione) vorrebbe non aver mai conosciuta, li invitera` a trattare con
lui e poi li fara` annegare, cosi` non dovranno pregare e far voti per
la salvezza quando si troveranno nei pressi di
Focara
(= braciere, dove la navigazione e` tanto pericolosa)…”
Troviamo in questa bolgia un altro
dannato che apparentemente ‘si preoccupa’ della salute di due vivi, e`
Pier da Medicina
(= pietra che qui ha portato malattia). Il suo nome lo fa corrispondere
alla qelipah (scoria) relativa alla sephirah Malkuth (= Regno). Egli
vorrebbe avvertire,
Guido
(= uomo di selva) sempre relativo al Malkuth, e
Angiolello
(messaggero), relativo a Yesod, di
Fano
(della fascia piu` terrestre) della morte per acqua gia` preparata per
loro dal riminese Malatestino (dalla cattiva testa) nei presso della
citta`Cattolica
(citta` base di tutto l’albero) ma ovviamente non ci riesce
perché, per la sua
qualita` di ‘portatore di malattia’, non puo` che
annunciare disgrazia,
come il dannato che ha parlato prima di lui (il piu` vituperato).
Nettuno
(che purifica) dio dell’acqua, del mondo astrale, mai assistette a tanto
tradimento tra
Cipro
(l’isola aspra) e
Maiolica
(la terra dei vasi) cioe`nel ‘mare’ Mediterraneo. Quanto di male
nell’albero nero si verifica nei 2 piani bassi Malkuth-Yesod (Assiah,
fisico) e Hod-Netzach-Tiphereth (Yetzirah, astrale), e` terribile, ma
dipende tutto dal capovolgimento della ‘testa’(Briah, mentale), e il
pericoloso vento di
Focara
(prodotto del fuoco
mentale) li trova gia` annegati nelle
acque
delle loro passioni…
E io a lui:
"Dimostrami e dichiara,
se vuo’ ch’i’ porti sù di te novella,
chi è colui da la veduta amara". 93
Allor puose la mano
a la mascella
d’un suo compagno e la bocca li aperse,
gridando: "Questi è desso, e non favella. 96
Questi, scacciato,
il dubitar sommerse
in Cesare, affermando che ’l fornito
sempre con danno l’attender sofferse". 99
E Dante a lui: “ Se vuoi
che riferisca questa notizia, fammi conoscere quello che ha visto la
citta` (Rimini) suo malgrado”. Allora Pier da Medicina pone la sua mano
sulla mascella d’un compagno e gli apre la bocca gridando: “(Curione )
e` questo, ma non puo` parlare (nelle sue condizioni); costui, esiliato,
dicendo che ‘se uno e` pronto, aspettare lo danneggia’, scaccio` i dubbi
di
Cesare
(che diede inizio cosi` alla guerra civile con Pompeo, nel 49 a. C.). Oh quanto mi
pareva sbigottito
con la lingua tagliata ne la strozza
Curïo, ch’a dir fu così ardito! 102
E un ch’avea l’una e
l’altra man mozza,
levando i moncherin per l’aura fosca,
sì che ’l sangue facea la faccia sozza, 105
gridò: "Ricordera’
ti anche del Mosca,
che disse, lasso!, ’Capo ha cosa fatta’,
che fu mal seme per la gente tosca". 108
Oh, quanto sembra
confuso ora
Curio
(Curione, da ‘curia’ = co-viria, che riunisce gli uomini al bianco, che
li divide al nero) con la lingua tagliata, lui che era stato cosi`
ardito (nell’incoraggiare Cesare a passare il Rubicone, nei pressi di
Rimini)! E un altro dannato che ha entrambe le mani mozzate, alzando in
alto i moncherini e imbrattandosi di sangue il viso, dice: “Ricordati
anche (di me), del
Mosca
(= che da` noia), che, disgraziato, dissi: ‘Cosa fatta, capo ha’, causa
di gran dolore per la gente toscana
(fu l’inizio delle
discordie in Firenze)”.
Le ferite di altri due dannati di
Curione
(= che disperde) che ha la lingua tagliata, e di
Mosca
(fastidio) che ha la mani tagliate, e quindi i moncherini, ci riportano
ancora ai centri capovolti dell’albero cabalistico di questa bolgia,
relativi a quelle specifiche parti del corpo: la lingua alla
impossibilita` di parlare, di esprimere la ‘parola’ (Chesed capovolto) e
le mani tagliate alle facolta` proprie delle mani (prendere, dare)
inibite (Hod capovolto); se poi ricordiamo che nei ‘sogni’ ogni dito
della mano e` relativo ad una facolta` possiamo anche specificare: il
pollice e` relativo all’amore, tagliato indica odio; l’indice e`
relativo alla creativitita`, tagliato indica sterilita`; il medio e`
relativo alle possibilita`, tagliato indica totale chiusura; l’anulare
e` relativo alla spiritualita`, tagliato indica materialismo; il mignolo
e` relativo all’intelligenza pratica, tagliato indica stupidita`. Il
taglio delle due mani produce l’inaridimento di tutto l’albero difatti: E io li
aggiunsi: "E morte di tua schiatta";
per ch’elli, accumulando duol con duolo,
sen gio come persona trista e matta. 111
Ma io rimasi a
riguardar lo stuolo,
e vidi cosa ch’io avrei paura,
sanza più prova, di contarla solo; 114
se non che coscïenza
m'assicura, la
buona compagnia che l'uom francheggia
sotto l'asbergo del sentirsi pura. 117
E il Viandante aggiunge:
“Fu anche la causa della rovina della tua famiglia” (i suoi vennero
cacciati da Firenze). Per cui quello, sommando dolore a dolore, se ne va
come un matto disperato. Il Discepolo rimane a guardare quella schiera
di dannati e vede cio` che avrebbe paura a raccontare da solo e senza
prove, se non avesse la protezione della coscienza che essendo
pura,
lo incoraggia a farlo.
Io vidi certo, e ancor par ch’io ’l veggia,
un busto sanza capo andar sì come
andavan li altri de la trista greggia; 120
e ’l capo tronco
tenea per le chiome,
pesol con mano a guisa di lanterna:
e quel mirava noi e dicea: "Oh me!". 123
Di
sé facea a sé stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due;
com’esser può, quei sa che sì governa. 126
Dante vede camminare, come gli altri
del triste gruppo, il corpo senza testa di un dannato che va, portando
per i capelli il proprio capo troncato come se fosse una lanterna,
costui guarda i Viandanti e dice: “Ahime`” , facendo luce a se stesso;
ed erano due in uno, e uno in due, come cio` possa essere lo sa solo il
Signore.
Quando diritto al
piè del ponte fue,
levò ’l braccio alto con tutta la testa
per appressarne le parole sue, 129
che fuoro: "Or vedi
la pena molesta,
tu che, spirando, vai veggendo i morti:
vedi s’alcuna è grande come questa. 132
E
perché tu di me novella porti,
sappi ch’i’ son Bertram dal Bornio, quelli
che diedi al re giovane i ma’ conforti. 135
Giunto ai piedi del ponte, alza il
braccio con tutta la testa, per avvicinare le sue parole al Pellegrino,
e gli dice: “Tu che che ancora vivo puoi vedere i morti, osserva la mia
terribile pena e giudica se ce ne e` di peggiore…e affinche` tu possa
ricordarmi (al mondo), sappi che io sono
Bertram del Bornio,
che diede al giovane re (Enrico III d’Inghilterra) i cattivi consigli
(lo mise contro il padre, Enrico II).”
Io feci il padre e
’l figlio in sé ribelli;
Achitofèl non fé più d’Absalone
e di Davìd coi malvagi punzelli. 138
Perch’io parti’ così
giunte persone,
partito porto il mio cerebro, lasso!,
dal suo principio ch’è in questo
troncone. 141
Così s’osserva in me lo contrapasso".
“…Io misi il figlio in lotta contro
il padre, come fece
Achitofel
(= il fratello sciocco) con
Absolone
(Assalonne = il padre e` pace al bianco, il padre e` guerra al nero) e
il padre
David
(l’amato) con esortazioni perfide (2Sam. 17,1-3, v. in
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sceneggiature bibliche Davide 2, interpretazione cabalistica).
Poiche` io ho diviso due persone strettamente unite dalla parentela, ora
porto, me infelice, la testa separata dal suo corpo. Cosi` si compie in
me la legge del contrappasso.”
L’ultimo dannato che Il Viandante
incontra nella nona bolgia e`
Bert
(= lucente al bianco, oscurante al nero)
ram
(= ramo, discendenza) dal
Bornio
(= cieco, losco), cioe` uno della discendenza ‘oscurante’ dei ‘ciechi’,
di coloro che non hanno mai ‘veduto’, (conosciuto, il Potere, la
Sapienza, l’Amore, cioe` la Divinita`). La sua condanna consiste
nell’avere continuamente decapitata la testa e nel portarla in giro in
quella fossa, perché, consigliere fraudolento, egli ha messo il figlio
contro il padre (il corpo contro la testa) tagliando e separando cio`
che doveva restare unito. Abbiamo gia` altre volte interpretato
cabalisticamente la de-capitazione (v. in
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cineforum “I dialoghi
delle carmelitane” di Bernanos): li`, nella morte per ghigliottina delle
suore carmelitane (omologate alle Sephiroth) la risalita dell’Albero
bianco passava attraverso il sacrificio e il prosciugamento delle loro
energie, e le loro teste, andando ‘oltre la persona’,
sublimavano
la loro essenza fino al raggiungimento dello ‘0’ Kether (la Corona),
ovvero dell’Assoluto Cosmico; qui, nella discesa all’inferno dell’albero
nero, si perpetua il continuo e ripetitivo taglio della testa
nell’annientamento sterile e raccapricciante della diabolica violenza
senza fine, conseguenza dell’aver proditoriamente disgiunto il midollo
(figlio) dal suo principio (il cervello, il padre) tagliando l’albero
dalle sue radici…
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