INFERNO - CANTO III
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
www.taote.it
www.taozen.it
www.teatrometafisico.it
’Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno
dolore, per me si va tra la perduta gente. 3
Giustizia mosse
il mio alto fattore; fecemi la divina podestate, la somma sapïenza
e ’l primo amore. 6
Dinanzi a me non fuor cose create se non
etterne, e io etterno duro. Lasciate ogne speranza, voi
ch’intrate’. 9
Queste parole di colore oscuro vid’ïo scritte
al sommo d’una porta; per ch’io: "Maestro, il senso lor m’è duro". 12
L’iscrizione sulla porta dell’Inferno e` terribile: Il Viandante
sta varcando la soglia del regno dei vizi, la porta che conduce alla
citta` o meglio alle citta` del dolore, della sofferenza, della
perdizione. Perché esiste l’inferno? Per opera di giustizia, di quel
Potere, Sapienza e Amore che tutto fece. E poiche` tutto il creato e`
stato fatto fuori dal tempo, anche questa porta e` senza tempo. Chi
entra per tale porta perda la speranza di tornare indietro. Il Viandante
chiede alla sua guida il senso della scritta il cui significato gli
appare duro (crudele). Quando si opera al nero si
costruisce l’albero nero. L’energia concessa dalla Vita Universale per
l’edificazione dell’Albero bianco delle Sephiroth, l’Albero che permette
la Reintegrazione, una volta che e` stata capovolta non puo` tornare
indietro da sola. L’energia negativamente qualificata (al nero) si
struttura in qelipoth (bucce, scorie) che la trattengono e, assumendo la
forma di demoni, tormentano la personalita` che li ha creati,
richiedendo sempre maggior energia. Solo chi si fa Viandante guidato
dalla ragione, inviata dalla ragione celeste, puo` permettersi di
visitare il proprio inferno interiore e uscirne indenne... Ed elli a me, come persona accorta: "Qui si convien
lasciare ogne sospetto; ogne viltà convien che qui sia morta. 15
Noi siam venuti al loco ov’i’ t’ ho detto che tu vedrai le genti
dolorose c’ hanno perduto il ben de l’intelletto". 18
E poi
che la sua mano a la mia puose con lieto volto, ond’io mi confortai,
mi mise dentro a le segrete cose. 21 La risposta
e` confortante e accompagnata da un incoraggiamento affettivo, il
Maestro prende
per mano il Discepolo e gli spiega che per poter
percorrere il Sentiero bisogna lasciare ogni vilta` e gli ricorda di
averlo avvertito della difficolta` del percorso. Qui essi stanno per
incontrare quelli
che
hanno perduto il ben de
l’intelletto cioe` coloro che non possono piu`
‘intuire’ (= penetrare le cose dello Spirito) e quindi sono condannati
alla perdizione, alla disintegrazione. Mentre il Nostro, il Discepolo
sta per ‘essere messo’
dentro le secrete cose, cioe`sta per essere
guidato alla conoscenza di quello che e` ‘secreto’ (= se- creto, da
secernere) emesso dal Se`. Quivi sospiri, pianti e alti guai risonavan per l’aere
sanza stelle, per ch’io al cominciar ne lagrimai. 24
Diverse
lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d’ira, voci
alte e fioche, e suon di man con elle 27
facevano un tumulto, il
qual s’aggira sempre in quell’aura sanza tempo tinta, come la rena
quando turbo spira. 30 Inizia la descrizione
dell’atmosfera infernale: buio, rumori di pianti, imprecazioni, ira,
dolore; il sentire questi suoni sgradevoli provoca subito il pianto di
compassione del Viandante e la sua curiosita`, egli vuol sapere.
E io ch’avea d’error la testa cinta, dissi: "Maestro, che è quel
ch’i’ odo? e che gent’è che par nel duol sì vinta?". 33
Ed
elli a me: "Questo misero modo tegnon l’anime triste di coloro che
visser sanza ’nfamia e sanza lodo. 36 Chi sono
costoro? Sono gli ignavi, coloro che pur non avendo fatto nulla di male
non hanno tuttavia fatto niente di bene. cfr. Mt. 25, 14-30 in cui viene
detto che il servo che conserva il talento ricevuto dal padrone ‘sotto
terra’ senza farlo fruttare viene ‘gettato fuori nelle tenebre; la`
sara` pianto e stridor di denti’. Le energie elargita alla personalita`
per la Reintegrazione non possono assolutamente essere capovolte di
valenza e usate per alimentare i vizi, ma nemmeno essere tenute li`
senza ‘rendere al Padrone almeno gli interessi’….
Mischiate sono a quel cattivo coro de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro. 39
Caccianli
i ciel per non esser men belli, né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli". 42 Le
energie della personalita` non utilizzate per il Bene vanno ad
accrescere le energie negative collettive (inconscio negativo) in quanto
tutto cio` che e`
per se` (egoico) e`gia` albero nero.
E io: "Maestro, che è tanto greve a lor che lamentar li fa sì
forte?". Rispuose: "Dicerolti molto breve. 45
Questi non hanno
speranza di morte, e la lor cieca vita è tanto bassa, che
’nvidïosi son d’ogne altra sorte. 48
Fama di loro il mondo esser
non lassa; misericordia e giustizia li sdegna: non ragioniam di
lor, ma guarda e passa". 51 Il Maestro rifiuta
anche di ‘ragionare’, di discutere di questi dannati perché sdegnati sia
dalla giustizia che dalla misericordia. Ricordiamo che ‘Misericordia’ e
‘Giustizia’ sono gli appellativi delle due colonne dell’Albero
cabalistico, la destra della Misericordia e la sinistra della Giustizia,
entrambe le colonne ‘sdegnano’, rifiutano questo vizio, quindi deve
appartenere alla colonna centrale. L’ignavia,
(= la non attivita`) cioe` l’accidia,
e` il meno grave dei vizi capitali, ma pur
sempre vizio e puo` essere comodamente omologata alla qelipah relativa
allo Yesod (=Fondamento) nero, poiche` chi ‘non agisce’ non sale
l’Albero bianco, ma nemmeno scende nella parte inferiore dell’albero
nero, rimane nel vestibolo.
E io, che riguardai, vidi una ’nsegna che girando correva tanto
ratta, che d’ogne posa mi parea indegna; 54
e dietro le venìa
sì lunga tratta di gente, ch’i’ non averei creduto che morte tanta
n’avesse disfatta. 57 E` questa una punizione
per contrasto. Chi non ha avuto ideali e non ha mai fatto delle scelte
ne` in bene ne` in male, ma ha oziato per tutta la vita e ignorato i
propri doveri, e` condannato a seguire un’insegna …d’ogne posa indegna (=
immeritevole), un qualcosa di vacuo e irraggiungibile;
e tanta e` la gente che le corre
dietro da far sembrare l’ignavia il peccato piu` diffuso sulla terra.
Considerando questi primi personaggi incontrati come burattini interiori
dello stesso Sognatore-Viandante-Discepolo possiamo dire che egli si
rimprovera di non aver fatto abbastanza nella sua vita e di dolersene
assai.
Poscia
ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto. 60 I
personaggi storici attribuiti a questi versetti sembrano essere tre:
Celestino V o Ponzio Pilato od Esau`; ma ogni volta che un discepolo sul
Sentiero, timoroso delle difficolta` o della fatica o distratto da altri
interessi, per ignavia rifiuta di percorrere la Via della Reintegrazione
diventa un Celestino V, o un Ponzio Pilato o un Esau`. Incontanente intesi e certo fui che questa era la setta
d’i cattivi, a Dio spiacenti e a’ nemici sui. 63
Questi sciaurati, che mai non fur vivi, erano ignudi e
stimolati molto da mosconi e da vespe ch’eran ivi. 66
Elle
rigavan lor di sangue il volto, che, mischiato di lagrime, a’ lor
piedi da fastidiosi vermi era ricolto. 69
Qui il Discepolo ‘intende’ e ‘diviene certo’ della natura del
peccato dell’ignavia e della punizione che ne e` la conseguenza diretta,
inclusi mosconi, vespe e vermi, e va oltre. (cfr. in Es. 8, 12-20 la
terza e quarta piaga d’Egitto e ns/ commento in
www.teatrometafisico.it
sceneggiature bibliche, Mose`1).
E poi ch’a riguardar
oltre mi diedi, vidi genti a la riva d’un gran fiume; per ch’io
dissi: "Maestro, or mi concedi 72
ch’i’ sappia quali sono, e qual
costume le fa di trapassar parer sì pronte, com’i’ discerno per lo
fioco lume". 75 Ora l’attenzione del Discepolo
viene attratta da altro: c’e` un fiume e tanta gente ansiosa di
passarlo. Vuole sapere chi sono e perché sembrano cosi` desiderosi di
passare oltre…
Ed elli a me: "Le cose ti fier conte quando noi fermerem li nostri
passi su la trista riviera d’Acheronte". 78
Allor con li occhi
vergognosi e bassi, temendo no ’l mio dir li fosse grave, infino
al fiume del parlar mi trassi. 81 Ma la
curiosita` viene frenata dalla risposta del Maestro: sapra` al momento
opportuno;
l’Allievo mortificato tace. Ricordiamo qui i 4
verbi che
debbono regolare la vita del Discepolo sul Sentiero:
conoscere, osare, fare e tacere. Il fiume Acheronte
(acos = dolore, reo = scorro) e` il fiume della
sofferenza, dinanzi ad essa fare silenzio e` il modo migliore per
apprenderne il significato piu` interiore.
Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: "Guai a voi, anime prave! 84
Non isperate mai veder lo
cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne,
in caldo e ’n gelo. 87 E` questo il primo
guardiano che il Viandante incontra nell’inferno. E` Caronte. (cfr.
Eneide VI, 298-304 e ns/ interpretazione cabalistica in
www.taote.it
miti).
Caronte (=da chero = godo, ma anche da Charun = morte – essendo nella
religione etrusca lo spirito della morte che accompagna l’anima
nell’aldila`) sembra gioire dell’arrivo dei nuovi ospiti e anche della
sofferenze dei dannati, ai quali toglie ogni speranza per l’eternita`.
E tu che se’ costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti".
Ma poi che vide ch’io non mi partiva, 90
disse: "Per altra via,
per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare: più lieve
legno convien che ti porti". 93 Ma il Viandante
che gli si presenta ora per passare il fiume non e` un’anima prava
(pravu = deforme), marcia, bensi` un’anima viva, piena di vita, sana, e
quindi destinata ad altro luogo; tutto cio` e` irritante per lui.
E ’l duca lui: "Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si
puote ciò che si vuole, e più non dimandare". 96
Ma Virgilio, la Guida, lo zittisce, forte del Potere che tutto
puo`. Ogni regola ha la sua eccezione, anche l’inferno, poi del demone
viene data una descrizione particolareggiata.
Quinci fuor
quete le lanose gote al nocchier de la livida palude, che ’ntorno
a li occhi avea di fiamme rote. 99
Ma quell’anime, ch’eran lasse
e nude, cangiar colore e dibattero i denti, ratto che ’nteser le
parole crude. 102 Calmato il guardiano, ecco che
l’attenzione del Viandante e` attratta dalle anime dei dannati: il suo
compito ora e` proprio quello di studiarle, entrare nella loro
psicologia per imparare ad evitare cio` che le ha condotte alla
perdizione.
Bestemmiavano Dio e lor parenti, l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo
e ’l seme di lor semenza e di lor nascimenti. 105
Poi si
ritrasser tutte quante insieme, forte piangendo, a la riva malvagia
ch’attende ciascun uom che Dio non teme. 108 Le
bestemmie, le maledizioni accrescono il male la` dove esso si aggrega e
allo stesso tempo creano maggior sofferenza a chi le proferisce. Il male
e la sofferenza sono generati dal non ‘temere’ Il Signore, cioe` dal non
riconoscerLo
e amarLo come Signore e Unico Vero Dio (Dt.
6,4-5). Caron
dimonio, con occhi di bragia loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s'adagia. 111 Le
energie capovolte di valenza che non vollero sottostare alla disciplina
ragionata del dovere e delle virtu` ora debbono subire la disciplina
demoniaca che le governa coll’occhio di fuoco o col colpo di remo, cioe`
con la violenza e il dolore.
Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che
’l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, 114
similemente
il mal seme d’Adamo gittansi di quel lito ad una ad una, per cenni
come augel per suo richiamo. 117
Così sen vanno su per l’onda
bruna, e avanti che sien di là discese, anche di qua nuova schiera
s’auna. 120 I gruppi di anime che passano il
fiume sulla barca di Caronte sono paragonate a foglie ingiallite portate
via dal vento ad un ramo secco. Di loro resta meno che nulla.
"Figliuol mio", disse 'l maestro cortese, "quelli che muoion ne l'ira
di Dio tutti convegnon qui d'ogne paese; 123
e pronti sono a
trapassar lo rio, ché la divina giustizia li sprona, sì che la
tema si volve in disio. 126 ‘L’ira
di Dio’ puo` essere considerata un’espressione
molto forte e contraddittoria, l’ira e` un vizio e non certo attributo
divino, ma se per
ira di Dio intendiamo quel castigo in cui
si incorre quando si agisce fuori della Sua Legge, al di fuori del suo
Ordine, avendo usato la Vita per la morte spirituale, allora l’ira non
e` di Dio, ma della creazione tutta che si ribella e aggredisce chi ha
prodotto il male e il disordine, e la sofferenza
ne
e` la naturale conseguenza. L’inferno e` la
condizione astro-mentale dell’albero capovolto in cui la personalita`
‘si’ precipita allorche` diventa desiderosa di giustizia.
Quinci non passa mai anima buona; e però, se Caron di te si lagna,
ben puoi sapere omai che ’l suo dir suona". 129
Cio` che e` Bene non fa parte del mondo delle tenebre e il suo guardiano
fa il suo dovere a voler tener lontano quello non gli appartiene.
Finito questo, la buia campagna tremò sì forte, che de lo spavento
la mente di sudore ancor mi bagna. 132
La terra lagrimosa diede
vento, che balenò una luce vermiglia la qual mi vinse ciascun
sentimento; 135
e caddi come l’uom cui sonno piglia.
Un terremoto segue l’ultima spiegazione
del Maestro, e il passaggio dell’Acheronte avviene in modo misterioso,
il Discepolo perde conoscenza, o meglio, cambia sogno.
|