INFERNO - CANTO IV
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
www.taote.it
www.taozen.it
www.teatrometafisico.it
Ruppemi l’alto sonno ne la testa un greve truono, sì ch’io mi
riscossi come persona ch’è per forza desta; 3
e l’occhio
riposato intorno mossi, dritto levato, e fiso riguardai per
conoscer lo loco dov’io fossi. 6
Vero è che ’n su la proda mi
trovai de la valle d’abisso dolorosa che ’ntrono accoglie
d’infiniti guai. 9
Oscura e profonda era e nebulosa tanto che, per ficcar lo viso a
fondo, io non vi discernea alcuna cosa. 12
Lasciato il vestibolo, attraversato
nel sonno l’Acheronte (probabilmente per evitare
la sofferenza del ‘passaggio’), Guida e Discepolo giungono dinanzi al
primo girone dell’inferno,
valle dell’abisso dolorosa
(= buca senza fondo della sofferenza e dei
lamenti), dove non e` possibile
distinguere alcunche`. La mancanza di luce e` il
motivo per cui nell’abisso dell’albero nero non ci si vede, ma anche e
soprattutto perché
la ‘vista’e il ‘discernere’ sono qualita`
Daatiche, coscienziali, e qui nessuno ne ` provvisto. "Or discendiam qua giù nel cieco mondo", cominciò il
poeta tutto smorto. "Io sarò primo, e tu sarai secondo". 15
E
io, che del color mi fui accorto, dissi: "Come verrò, se tu paventi
che suoli al mio dubbiare esser conforto?". 18
La ragione, il Maestro, da` il via per iniziare la discesa e da` anche
l’ordine del cammino: prima la Guida, poi l’Allievo, ma il pallore del
suo volto turba quest’ultimo che teme
di non avere
conforto
(= aiuto) nel momento del
dubbiare
(= dell’incertezza) se anche la sua ragione vacilla per paura.
Ed elli a me:
"L’angoscia de le genti che son qua giù, nel viso mi dipigne
quella pietà che tu per tema senti. 21 Non e` la
paura che fa impallidire il Maestro, ma la pieta` per l’angoscia di
quelli che si trovano in quel luogo di pena. Andiam, ché la via lunga ne sospigne". Così si mise e
così mi fé intrare nel primo cerchio che l’abisso cigne. 24
Ma bisogna andare, cosi` i due entrano nel primo
girone infernale.
Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che
di sospiri che l’aura etterna facevan tremare; 27
ciò avvenia
di duol sanza martìri, ch’avean le turbe, ch’eran molte e grandi,
d’infanti e di femmine e di viri. 30 Qui il
Viandante avverte non pianti ma sofferenze senza tormenti, e sospiri
prodotti da uomini, donne, bambini.
Lo buon maestro a me: "Tu non dimandi che spiriti son questi che tu
vedi? Or vo’ che sappi, innanzi che più andi, 33
ch’ei non
peccaro; e s’elli hanno mercedi, non basta, perché non ebber
battesmo, ch’è porta de la fede che tu credi; 36
e
s’e’ furon dinanzi al cristianesmo, non adorar debitamente a Dio:
e di questi cotai son io medesmo. 39
Il Maestro spiega che quelli sono coloro che vissero senza
essere stati
battezzati
e che lui stesso, vissuto prima di Cristo, fa parte
di quella schiera: egli non adoro` nel modo giusto la Divinita`.
Possiamo omologare
questi ‘spiriti’ alle buone azioni (i bambini),
ai
buoni sentimenti (le donne) e ai buoni pensieri (gli
uomini) di chi non ha ancora sviluppato
la Coscienza Cristica. Per tai difetti, non per altro rio, semo perduti, e sol
di tanto offesi che sanza speme vivemo in disio". 42
Costoro dunque soffrono perché vivono nel desiderio di conoscere
Dio, senza speranza di poter esaudire tale anelito. Viene qui enunciata
una ben triste realta`: qualunque buona azione, qualunque buon
sentimento, qualunque buon pensiero non edifica e tantomeno arricchisce
l’Albero bianco se non e` supportato dalla Coscienza del Cristo
interiore, dall’Io Sono, Daath, il Figlio, l’unico ‘Mezzo’ che permette
di adorare nel modo giusto il Signore. (cfr in
www.taozen.it
testi sacri il commento a Gv 15, 1-8 in cui il Cristo dice “Io
Sono la vera vite e il Padre mio e` il Vignaiolo… chi rimane in me e io
in lui fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non
rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca e poi… lo
bruciano”) Gran duol mi prese al cor quando lo ’ntesi, però che
gente di molto valore conobbi che ’n quel limbo eran sospesi. 45
Tutti noi siamo nella situazione
del Viandante che si rammarica per la propria
gente di molto
valore …’n
quel limbo
(= orlo d’inferno)
sospesa …eppure basterebbe metter in
pratica l’insegnamento dato da Khrisna ad Arjuna nella Bhagavad Gita
canto IX, 27-28: “Qualunque cosa tu faccia, qualunque cosa tu offra,
qualunque cosa tu dia, ecc… cio` fa’ o figlio di Kunti, come un’offerta
a Me… in tal modo verrai a Me” in cui viene raccomandato di
‘sacralizzare, (cioe` far sacra, dedicare al Se`) ogni cosa: azione,
sentimento, pensiero per potersi infine identificare con l’Io Sono.
"Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore", comincia’ io per volere esser
certo di quella fede che vince ogne errore: 48
"uscicci mai
alcuno, o per suo merto o per altrui, che poi fosse beato?". E
quei che ’ntese il mio parlar coverto, 51 Alla
domanda del Discepolo se mai sia uscito qualcuno da quel luogo di
dolore, la risposta del Maestro non si fa attendere. rispuose: "Io era nuovo in questo stato, quando ci vidi
venire un possente, con segno di vittoria coronato. 54
Solo chi ha conseguito la corona della Vittoria, cioe` chi
Si e` fatto Re di Se Stesso,
chi ha conosciuto l’Io Sono, la Coscienza, Daath
puo` scendere nell’inferno e liberare
(trasmutare) le energie li’ imprigionate.
Trasseci l’ombra del
primo parente, d’Abèl suo figlio e quella di Noè, di Moïsè legista
e ubidente; 57
Abraàm patrïarca e Davìd re, Israèl con lo
padre e co’ suoi nati e con Rachele, per cui tanto fé, 60
e
altri molti, e feceli beati. E vo’ che sappi che, dinanzi ad essi,
spiriti umani non eran salvati". 63 Abbiamo qui
l’elenco dei ‘grandi’ dell’Antico Testamento ‘recuperati” dal Cristo:
Adamo (= nato dalla terra), Abele (= figlio), Noe` (= consolazione),
Mose` (= salvato dalle acque), Abramo (= padre eccelso), Davide (=
amato), Israele (= che ha combattuto), Rachele (= la mite). Dai
significati di questi nomi possiamo ricavare la Sephiroth che prima
perdute, sono state poi reintegrate da Gersu` Cristo disceso
all’inferno: con Adamo, la terrestrita`, il Malhuth; con Abele, il
figlio, Yesod;
con Noe`, la consolazione, Hod; con Mose`, il
salvato dalle acque ,Tiphereth;
con Davide, l’amato Netzach; con Abramo, il
padre eccelso, Chesed; con Israele, che ha combattuto, con la sua
discendenza e con Rachele, (la mite), Geburah: vale a dire Assiah,
Yetzirah, Briah, cioe` tutto l’albero nero recuperabile.
Non lasciavam l’andar perch’ei dicessi, ma passavam la selva
tuttavia, la selva, dico, di spiriti spessi. 66
Non era lunga
ancor la nostra via di qua dal sonno, quand’io vidi un foco
ch’emisperio di tenebre vincia. 69
Di lungi n’eravamo ancora un
poco, ma non sì ch’io non discernessi in parte ch’orrevol gente
possedea quel loco. 72
Il viaggio prosegue
ed ecco che il Viandante nota
un foco
che dirada un emisferio di tenebre. Dunque
nell’oscurita` infernale c’e` un po` di luce; da questa luce il
Discepolo deduce che quel luogo e` abitato da
orrevol gente,
cioe` da persone degne d’onore.
E subito chiede chi sono.
"O tu ch’onori scïenzïa e arte, questi chi son c’ hanno cotanta
onranza, che dal modo de li altri li diparte?". 75
E quelli a
me: "L’onrata nominanza che di lor suona sù ne la tua vita, grazïa
acquista in ciel che sì li avanza". 78 Ed ecco
la risposta del Maestro: la fama che di loro risuona nel mondo ottiene
dal cielo questo onore che li distingue.
Intanto voce fu per me udita: "Onorate l’altissimo poeta; l’ombra
sua torna, ch’era dipartita". 81
Poi che la voce fu restata e
queta, vidi quattro grand’ombre a noi venire: sembianz’avevan né
trista né lieta. 84
Lo buon
maestro cominciò a dire: "Mira colui con quella spada in mano, che
vien dinanzi ai tre sì come sire: 87
quelli è Omero poeta
sovrano; l’altro è Orazio satiro
che vene;
Ovidio è
’l terzo, e
l’ultimo Lucano. 90
Però
che ciascun meco si convene nel nome che sonò la voce sola,
fannomi onore, e di ciò fanno bene". 93
Al Maestro e al Discepolo si fanno incontro, per accoglierli, quattro grand’ombre, 4
grandi poeti
greco-latini. Dai nomi dei 4 personaggi,
Omero
(pegno, prova),
Orazio
(= osservatore),
Ovidio (= relativo alle pecore e quindi
mite)
Lucano (= luminoso),
ricaviamo le 4 qualita` che accompagnano e
onorano la ragione quando essa istruisce la personalita` nella
conoscenza di se stessa: l’impegno, (provvisto di spada che simboleggia
l’acutezza) l’osservazione, la mitezza, la chiarezza.
Così vid’i’ adunar
la bella scola di quel segnor de l’altissimo canto che sovra li
altri com’aquila vola. 96 Il paragone con l’aquila
rafforza la simbologia di cui sopra, essendo l’aquila anch’essa
rappresentazione della mente, cioe` della ragione e dei suoi attributi. Da ch’ebber ragionato insieme alquanto, volsersi a me
con salutevol cenno, e ’l mio maestro sorrise di tanto; 99
e
più d’onore ancora assai mi fenno, ch’e’ sì mi fecer de la loro
schiera, sì ch’io fui sesto tra cotanto senno. 102
E il Discepolo presentato da tale Guida viene accettato nella
bella scola
del Maestro e reso partecipe di
cotanto senno,
di tanta saggezza.
Così andammo infino a la lumera, parlando cose che ’l tacere è bello,
sì com’era ’l parlar colà dov’era. 105
Quando Maestro e Discepolo sono veramente tali, diventano una
sola cosa, ed infatti ‘questo’ Discepolo e `ammesso a
parlar
di quelle
cose che tacer e`bello cioe` di cio` che
non puo` essere detto.
Venimmo al piè d’un nobile castello, sette volte cerchiato d’alte
mura, difeso intorno d’un bel fiumicello. 108
Questo passammo
come terra dura; per sette porte intrai con questi savi: giugnemmo
in prato di fresca verdura. 111 Il nobile
castello, cinto da sette giri di mura a cui si accede attraverso sette
porte ha la stessa struttura del ‘Castello interiore’ di S. Teresa
d’Avila, ma qui e` un castello senza il suo Signore, senza il suo Re
o Castellano e pertanto se anche le sette mura
con le sette porte corrispondono a sette virtu` quest’ultime conducono
solo ad un prato
di fresca verdura. Genti v’eran con occhi tardi e gravi, di grande
autorità ne’ lor sembianti: parlavan rado, con voci soavi. 114
Traemmoci così da l’un de’ canti, in loco aperto, luminoso e
alto, sì che veder si potien tutti quanti. 117
Colà diritto,
sovra ’l verde smalto, mi fuor mostrati li spiriti magni, che del
vedere in me stesso m’essalto. 120 Nel castello
del Limbo dimorano
li spiriti magni, i ‘grandi’ del passato,
cioe` tutte quelle qualita` che contribuirono allo sviluppo e crescita
dell’umanita`, ma che non tennero conto, perché non Lo conobbero,
dell’Io Sono. Il Viandante sul Sentiero nomina ben 35 personaggi che
uniti ai 4 che li hanno accolti e a Virgilio stesso, formano un totale
di 40 saggi, abitanti del castello. Ricordiamo che il 40 e` il numero
dei giorni della quarantena, e` il numero dei giorni del diluvio
universale (Gn.7,17) il numero degli anni della purificazione nel
deserto del popolo ebreo prima di giungere nella Terra promessa (Dt.
8,2), il numero dei giorni di digiuno di Gesu` nel deserto (Mt. 4.2)
ecc. I’ vidi
Eletra con molti compagni, tra ’ quai conobbi Ettòr ed Enea,
Cesare armato con li occhi grifagni. 123
Iniziamo a esaminare i significati dei nomi dei grandi: Eletra (= scintillante),
Ettor
(= forte), Enea (= lodevole),
Cesare
(= caro). Vidi
Cammilla e la Pantasilea; da l’altra parte vidi ’l re Latino che
con Lavina sua figlia sedea. 126 Camilla (=
messaggera),
Pantasilea (= ardita),
Latino
(largo), Lavinia
(= ampia). Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino, Lucrezia, Iulia,
Marzïa e Corniglia; e solo, in parte, vidi ’l Saladino. 129 Bruto
(= pesante)
Lucrezia
(= regina dei boschi),
Iulia (= discendente da Giove),
Marzia
(= dedicata a Marte),
Cornilia (= ornata di corna)
Saladino (= potente).
Poi ch’innalzai un poco più le ciglia, vidi ’l maestro di color che
sanno seder tra filosofica famiglia. 132
Aristototele (= eccellente).
Tutti lo miran, tutti onor li fanno:
quivi vid’ïo Socrate e Platone,
che ’nnanzi a li altri più
presso li stanno; 135
Socrate
(= il salutivo), Platone (= il grande).
Democrito che ’l
mondo a caso pone,
Dïogenès, Anassagora e Tale,
Empedoclès, Eraclito e Zenone; 138
Democrito
(= capo),
Diogene
(= figlio del Signore),
Anassagora (= re delle adunanze),
Tale
(= il germoglio),
Empedocle (= saldo nella gloria),
Eraclito
(= sacro a Era),
Zenone (= discendente da Zeus).
e
vidi il buono accoglitor del quale,
Dïascoride dico;
e vidi Orfeo,
Tulïo e Lino e Seneca morale; 141
Diascoride
(= discendente da Giove);
Orfeo
(= solitario),
Tulio (= bagnato),
Lino (= a rete),
Seneca
(= anziano).
Euclide geomètra
e Tolomeo,
Ipocràte, Avicenna e Galïeno,
Averoìs che ’l
gran comento feo. 144
Euclide(=
inclito), Tolomeo
(= guerriero),
Ipocrate (= cavaliere forte),
Avicenna
(= lottatore),
Galieno (= mite)
Averois (= combattivo come cinghiale). Questi grandi, 35+5= 40 come abbiamo
detto, possono essere omologati, per il significato positivo dei loro
nomi, alle qualita` della personalita`che, di per se` buone, dovrebbero
solo riconoscere in se` la Scintilla Divina, o meglio riconoscersi non
come qualita` buone per se stesse, egoiche, ma come qualita` del Se`, e
di Lui, e in Lui, nel Cristo, vivere e fiorire, tuttavia
non posso farlo perché corrispondono ancora ai
40 gg della quarantena, ai 40 gg del diluvio, ai 40 anni della
purificazione nel deserto, ai 40 gg di digiuno (quaresima) ecc. a tutto
cio` che pre-cede l’evento liberatorio, solare, di rinascita.
Io non posso ritrar di tutti a pieno, però che sì mi caccia il lungo
tema, che molte volte al fatto il dir vien meno. 147
La sesta
compagnia in due si scema: per altra via mi mena il savio duca,
fuor de la queta, ne l’aura che trema. 150
E vegno in parte ove
non è che luca.
Ma
tutto questo va oltrepassato ed ecco che il viaggio dei due deve
continuare ed essi debbono scendere nel fondo dell’abisso, la` dove la
luce non esiste.
|