INFERNO - CANTO VII
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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"Pape Satàn, pape Satàn aleppe!", cominciò Pluto con la voce
chioccia; e quel savio gentil, che tutto seppe, 3
disse per
confortarmi: "Non ti noccia la tua paura; ché, poder ch’elli abbia,
non ci torrà lo scender questa roccia". 6
L’incontro con il guardiano del quarto girone, Plutone, che
pronuncia una misteriosa frase, spaventa alquanto il Discepolo.
"Pape Satàn, pape Satàn aleppe!" ‘chioccia’
Pluto, ma sono poi cosi` misteriose queste
parole?
Alcuni, facendole derivare dal latino, le hanno
tradotte in: “Il padre Satana, il padre Satana
(e`) alipede!”; altri, facendole derivare dal
francese, in: “Non pace, non pace (qui), alla spada!”; altri, facendole
derivare addirittura dall’arabo, in: “(E`) la porta di Satana, (e`) la
porta di Satana, vattene!”
Ma non occorre andare tanto lontano,
Pape
somiglia molto al ‘Papa’, il‘Pontifex’, il ‘Ponte’, l’Archetipo relativo
alla quinta cinerah della Kabbalah;
Satan
significa l’Avversario, il nemico, l’Archetipo relativo alla
quindicesima cinerah;
ale-ppe puo` voler
dire
mettere piede; quindi Satana
e` colui che fa da ‘ponte’ tra due mondi
differenti, quello fisico, dove si sviluppa ogni vizio e quello
astro-mentale, dove i vizi, per mezzo dell’Avversario, mettono piede,
cosificano... e diventano ‘inferno’ (cfr. ns/ interpretazione
della caduta di Adamo in Commento alla Genesi
cap. 3 in
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testi sacri. In ogni modo la Guida tranquillizza il Discepolo e
lo rassicura, la sua discesa agli inferi non sara` ostacolata da Pluto
(= ricchezza), dal demone che governa chi ha usato male la sua
ricchezza, perché lui anche da questo vizio non ha nulla da temere.
Poi si rivolse a quella ’nfiata labbia,
e disse: "Taci, maladetto lupo! consuma dentro te con la tua
rabbia. 9 Se Cerbero
era un tricefalo ‘cane’, Pluto e` un ‘lupo’. La simbologia del lupo e`
generalmente negativa, nella tradizione ebraico-cristiana esso e`
omologato alla distruzione (Ger. 5,6), ai guadagni disonesti e allo
spargimento di sangue (Ez. 22,27), nel Nuovo Testamento il lupo e`
identificato con i cattivi, che distruggono le greggi (Mt. 10,16), e con
la crudelta`, l’astuzia, l’eresia, la rabbia, ecc. Anche il quarto
guardiano viene zittito dalla Guida. Non è
sanza cagion l’andare al cupo: vuolsi ne l’alto, là dove Michele
fé la vendetta del superbo strupo". 12
Quali dal vento le
gonfiate vele caggiono avvolte, poi che l’alber fiacca, tal cadde
a terra la fiera crudele. 15
Questa volta la Guida non solo
fa tacere il demone spiegandogli che il viaggio del Pellegrino e` voluto
dal cielo, ma nomina anche il ‘nemico’ numero uno di tutti i demoni,
Michele (= Forza del Signore, oppure: chi e` come il Signore?), a solo
sentire quel nome Pluto, la fiera crudele,
cade a terra. Anche qui e` suggerita una tecnica protettiva. L’avarizia
e la prodigalita` sono i vizi che formano la qelipah opposta alla
sephirah Hod (= Splendore) di cui e` protettore l’Arcangelo Michele, il
solo nominare tale Potenza rafforza il Discepolo sul Sentiero in un
momento di tentazione e pericolo. Così
scendemmo ne la quarta lacca, pigliando più de la dolente ripa che
’l mal de l’universo tutto insacca. 18
Ahi giustizia di Dio!
tante chi stipa nove travaglie e pene quant’io viddi? e perché
nostra colpa sì ne scipa? 21
Intanto i due scendono nel
quarto cerchio, avanzando nella valle, ricettacolo del male…a vedere
tanta sofferenza il Discepolo invoca la giustizia divina, chiedendole
perché mai la nostra ‘colpa’ possa ‘sciuparci’, rovinarci cosi`.
Come fa l’onda là sovra Cariddi, che si
frange con quella in cui s’intoppa, così convien che qui la gente
riddi. 24
Qui vid’i’ gente più ch’altrove troppa, e d’una
parte e d’altra, con grand’urli, voltando pesi per forza di poppa. 27
Percotëansi ’ncontro; e poscia pur lì si rivolgea ciascun,
voltando a retro, gridando: "Perché tieni?" e "Perché burli?". 30
I prodighi e gli avari percorrono i due
semicerchi del girone spingendo col petto degli enormi massi e quando si
scontrano si azzuffano e si insultano rimproverandosi reciprocamente i
loro vizi, gridando gli uni: “perché trattieni il denaro?” e gli
altri:“perché lo sperperi?”. Essi sono paragonati a alle onde di
Cariddi
(= vortice, voragine), il mostro descritto da Omero nell’Odissea (v. ns/
interpretazione cabalistica in
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miti) che si scontrano e s’infrangono con altre
onde di verso opposto in un’inutile e
vano spreco di energie. Le ricchezze materiali
dovrebbero esser messe a servizio della crescita spirituale, quando
invece vengono prostituite o per avarizia, o per prodigalita` a
vantaggio del proprio egoismo, esse diventano ‘pesi
enormi da spingere per forza di poppa.
Così tornavan per lo cerchio tetro da ogne mano a l’opposito punto,
gridandosi anche loro ontoso metro; 33
poi si volgea ciascun,
quand’era giunto, per lo suo mezzo cerchio a l’altra giostra. E
io, ch’avea lo cor quasi compunto, 36
dissi: "Maestro mio, or mi
dimostra che gente è questa, e se tutti fuor cherci questi
chercuti a la sinistra nostra". 39
Dare
e prendere e sono due azioni interagenti e complementari che
corrispondono alle due colonne dell’Albero; il ‘dare’ puo` essere
riportato
alla colonna di destra, della Grazia di Chokmah, il
‘prendere’ alla colonna di sinistra della Severita`, di Binah, esse
debbono equilibrarsi al centro, nella colonna della Mitezza,
dell’Equilibrio, se cio` non avviene l’Albero risulta squilibrato e
malato e si capovolge. Nell’albero nero le due colonne si azzuffano e si
rinfacciano a vicenda i loro errori senza integrarsi e collaborare. Poi
il Discepolo nota che molti dannati hanno la chierica e chiede di loro.
Ed elli a me: "Tutti quanti fuor guerci sì de la mente in la vita
primaia, che con misura nullo spendio ferci. 42
Assai la voce
lor chiaro l’abbaia, quando vegnono a’ due punti del cerchio dove
colpa contraria li dispaia. 45
Questi fuor cherci, che non han
coperchio piloso al capo, e papi e cardinali, in cui usa avarizia
il suo soperchio". 48
Il Maestro risponde che tutti coloro che si trovano li`,si sono
resi tanto ciechi da non vedere la giusta misura nella spesa (nel
dare-prendere). L’avidita` e` un vizio che si sviluppa facilmente negli
ecclesiastici, cardinali e papi che, per il loro ufficio, vengono spesso
a contatto con ingenti ricchezze, ed essi, invece di ‘passarle’ e fare
da ponte (Pontifex), trattengono per se` quanto piu` e` loro possibile.
Tentiamo di interiorizzare questo concetto: il nostro ‘sacerdote
interiore’ e` quella parte di noi che una volta sviluppata, ottenuta la
chierica, simbolo della consacrazione alla Sephirah Kether (= Corona),
all’Assoluto, dovrebbe saper far sacra ogni azione, ogni sentimento,
ogni pensiero, cioe` le ricchezze della sua vita…se non lo fa e le
capovolge a vantaggio dell’ego,
perde se stessa
e trasforma in sassi pesanti le sue possibilita`
di elevazione.
E
io: "Maestro, tra questi cotali dovre’ io ben riconoscere alcuni
che furo immondi di cotesti mali". 51
Ed elli a me: "Vano
pensiero aduni: la sconoscente vita che i fé sozzi, ad ogne
conoscenza or li fa bruni. 54
Come invano si puo` pensare di
ri-conoscere
questi personaggi che
hanno condotto una vita
sconoscente, cosi` il
nostro sacerdote interiore, oscurando la sua ‘funzione sacra’, cioe`
dissacrandola, non e` piu` riconoscibile come sacerdote, ma diventa
‘ombra’. In etterno verranno a li due cozzi:
questi resurgeranno del sepulcro col pugno chiuso, e questi coi crin
mozzi. 57
Mal dare e mal tener lo mondo pulcro ha tolto loro,
e posti a questa zuffa: qual ella sia, parole non ci appulcro. 60
Ma e` assolutamente inutile
continuare a parlare di costoro che hanno rinunciato alla celeste divina
Bellezza (= Tiphereth) per non sapere ne` dare ne` prendere giustamente.
Ad essi verranno, alla fine dei tempi, ‘chiusi i pugni’ o ‘mozzati i
crini’, cioe` tolte definitivamente tutte le energie.
Or puoi, figliuol, veder la corta buffa d’i ben che son commessi a la
fortuna, per che l’umana gente si rabuffa; 63
ché tutto l’oro
ch’è sotto la luna e che già fu, di quest’anime stanche non
poterebbe farne posare una". 66
Tutto l’oro del mondo non puo`
dare pace a quest’anime stanche;
da cio` si puo` comprendere quanto scarso sia il valore delle ricchezze
materiali affidate alla ‘fortuna’ per le quali gli uomini si
accapigliano. "Maestro mio", diss’io, "or mi
dì anche: questa fortuna di che tu mi tocche, che è, che i ben del
mondo ha sì tra branche?". 69
Poiche` il Maestro ha nominato
la ‘fortuna’ il Discepolo chiede delucidazioni al riguardo.
E quelli a me: "Oh creature sciocche, quanta ignoranza è quella che
v’offende! Or vo’ che tu mia sentenza ne ’mbocche. 72
Colui lo
cui saver tutto trascende, fece li cieli e diè lor chi conduce sì,
ch’ogne parte ad ogne parte splende, 75
distribuendo igualmente
la luce.
La Mente inizia a rispondere
dicendo che e` l’ignoranza a offendere la comprensione degli uomini. Il
Creatore che e` somma Sapienza fece i cieli i mondi di Atziluth, di
Briah, di Yetzirah, e diede loro delle ‘guide’ (Arcangeli e angeli) che
distribuissero equamente la luce. Similemente
a li splendor mondani ordinò general ministra e duce 78
che
permutasse a tempo li ben vani di gente in gente e d’uno in altro
sangue, oltre la difension d’i senni umani; 81
per ch’una
gente impera e l’altra langue, seguendo lo giudicio di costei, che
è occulto come in erba l’angue. 84
Per il mondo fisico ed i beni
terreni (Assiah) nomino` una ‘ministra’ e reggitrice che e` appunto la
‘Fortuna’ una ‘Potenza’ che distribuisce le ricchezze e gli onori e li
sposta da popolo a popolo, da stirpe a stirpe, secondo un criterio che
e` nascosto come un serpente nell’erba.
Vostro saver non ha contasto a lei: questa provede, giudica, e
persegue suo regno come il loro li altri dèi. 87
Le sue
permutazion non hanno triegue: necessità la fa esser veloce; sì
spesso vien chi vicenda consegue. 90
Quest’è colei ch’è tanto
posta in croce pur da color che le dovrien dar lode, dandole
biasmo a torto e mala voce; 93
ma ella s’è beata e ciò non ode:
con l’altre prime creature lieta volve sua spera e beata si gode. 96
Le volonta` degli
uomini non possono contrastarla; essa, malgrado i loro giudizi o
critiche, provvede, giudica e persegue
i suoi scopi, indisturbata, come fanno gli altri ministri o angeli nelle
loro sfere di competenza. Chi e`, dunque, la ‘Fortuna’? E` l’Archetipo
che corrisponde alla decima cinerah della Kabbalah. La Fortuna (= da
fortunus = casuale, da fortuitus = fortuito, da fortus = destino) e`
anche detta ‘Ruota del divenire’
o ‘Ruota del destino’ a volte favorevole a volte
sfavorevole, la cui ‘Potenza’ di rotazione corrisponde alla vita stessa
dell’individuo, che puo` usare il suo libero arbitrio, pero` deve
sottostare alle influenze planetarie e ai debiti karmici, regolati dal
Destino. Or discendiamo omai a maggior pieta;
già ogne stella cade che saliva quand’io mi mossi, e ’l troppo star
si vieta". 99 Ma
bisogna continuare la discesa, che il tempo stringe.
Noi ricidemmo il cerchio a l’altra riva sovr’una fonte che bolle e
riversa per un fossato che da lei deriva. 102
L’acqua era buia
assai più che persa; e noi, in compagnia de l’onde bige, intrammo
giù per una via diversa. 105
Attraversato il quarto cerchio,
passato un fossato pieno d’acqua scura, i due scendono per una via
malagevole piu` in basso. In la palude va c’
ha nome Stige questo tristo ruscel, quand’è disceso al piè de le
maligne piagge grige. 108
Quest’acqua scura confluendo da
basso, confluisce nella palude detta Stige (da stigeo = pavento, aborro,
odio). Tutte le acque infere, dell’astrale negativo (Yetzirah nero) il
cui elemento e` appunto l’acqua, non possono che produrre il
‘sentimento’ che compete loro, cioe` l’odio.
E io, che di mirare stava inteso, vidi genti fangose in quel
pantano, ignude tutte, con sembiante offeso. 111
Queste si
percotean non pur con mano, ma con la testa e col petto e coi piedi,
troncandosi co’ denti a brano a brano. 114
Lo spettacolo che si presenta
ora al Discepolo e` orrendo: nel pantano i dannati, tutti nudi si
percuotono e si dilaniano a vicenda. Lo buon
maestro disse: "Figlio, or vedi l’anime di color cui vinse l’ira;
e anche vo’ che tu per certo credi 117
che sotto l’acqua è gente
che sospira, e fanno pullular quest’acqua al summo, come l’occhio
ti dice, u’ che s’aggira. 120
Fitti
nel limo dicon: "Tristi fummo ne l'aere dolce che dal sol s'allegra,
portando dentro accidïoso fummo: 123
or ci attristiam ne la
belletta negra". Quest’inno si gorgoglian ne la strozza, ché dir
nol posson con parola integra". 126
Giunti nel quinto cerchio, il
Maestro spiega al Discepolo che nella palude dello Stige, in superficie
si azzuffano tra loro gli irosi, quelli che diedero sfogo alla loro ira
con la violenza; invece coperti dal fango dello stesso Stige
ce ne sono altri che lo fanno ribollire senza
riuscire ad esprimersi, sono quelli che covarono la loro ira e la
trasformarono in odio sotterraneo. Viene qui messo in evidenza che
l’ira, il vizio che costruisce la
qelipah che si oppone alla sephirah Geburah (=
la Forza) produce odio (Stige) sia
attivo (quando e` manifestato, espresso) che
passivo (quando e` covato, compresso) ma in entrambi i casi esso e`
melma, veleno, morte. (cfr. Bhagavad Gita, canto III, 37: Disse il
Signore: E` il desiderio, e` l’ira che tutto divora malefica, sappi che
questo e` nel mondo l’avversario. E ancora canto XVI, 21: “Triplice e`
la porta dell’inferno che distrugge l’anima: la concupiscenza, l’ira e
similmente l’avidita`, percio` l’uomo abbandoni questa triade”).
Così girammo de la lorda pozza
grand’arco, tra la ripa secca e ’l mézzo, con li occhi vòlti a chi
del fango ingozza. 129
Venimmo al piè d’una torre al da sezzo.
Poi, lasciata
la lorda pozza
Viandante e Guida giungono ‘da ultimo’ ad una Torre.
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