INFERNO - CANTO VIII
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Io dico,
seguitando, ch’assai prima che noi fossimo al piè de l’alta torre,
li occhi nostri n’andar suso a la cima 3
per due fiammette che i vedemmo porre, e un’altra da lungi render
cenno, tanto ch’a pena il potea l’occhio tòrre. 6
I due non sono neanche arrivati
ai piedi della torre che ecco apparirvi in cima
due fiammette e subito
dopo da lungi
una terza come a rispondererle, assai viva. E
io mi volsi al mar di tutto ’l senno; dissi: "Questo che dice? e che
risponde quell’altro foco? e chi son quei che ’l fenno?". 9
Ed
elli a me: "Su per le sucide onde già scorgere puoi quello che
s’aspetta, se ’l fummo del pantan nol ti nasconde". 12
Il Discepolo ne chiede ragione e
il Maestro gli spiega che la risposta sta arrivando
per le sudice onde.
Corda non pinse mai da sé saetta che sì corresse via per l’aere
snella, com’io vidi una nave piccioletta 15
venir per l’acqua
verso noi in quella, sotto ’l governo d’un sol galeoto, che
gridava: "Or se' giunta, anima fella!". 18
Infatti velocissima arriva una
piccola barca il cui nocchiero minaccia il nuovo arrivato, chiamandolo
anima fella,
anima malvagia. "Flegïàs, Flegïàs, tu gridi a
vòto", disse lo mio segnore, "a questa volta: più non ci avrai che
sol passando il loto". 21
Ma la Guida rimprovera il guardiano degli iracondi il cui nome
e` Flegias: i nuovi arrivati sono suoi ospiti solo per il passaggio
della palude. Qual è colui che grande inganno
ascolta che li sia fatto, e poi se ne rammarca, fecesi Flegïàs ne
l’ira accolta. 24 E
Flegias (= ardo -per la rabbia), come uno che e` stato ingannato, se ne
rammarica e in lui si accresce l’ira. Gia` le tre fiammelle, segnali di
domanda e risposta avevano messo in guardia i custodi della
torre-citta`che hanno inviato il loro emissario, questo demone, in cui
si fondono, in
contrasto, il fuoco (arde) e l’acqua (naviga per
la palude), ma l’ira e` proprio un vizio composto da ‘fiammelle’ che
si rispondono all’inizio e che poi vengono
trasformate in acqua-fuoco: passione (acqua) e rabbia (fuoco) che
insieme montano sempre di piu` fino a scoppiare in furia distruttrice.
Purtroppo anche la ragione, nell’individuo che ha ceduto all’ira che si
e` scatenata, solo fino ad un certo punto riesce a controllare la
situazione. Lo duca mio discese ne la barca,
e poi mi fece intrare appresso lui; e sol quand’io fui dentro parve
carca. 27
Tosto che ’l duca e io nel legno fui, segando se ne
va l’antica prora de l’acqua più che non suol con altrui. 30
Ma sia pure
controvoglia, Flegias accetta i due nella sua barca e li traghetta. Mal
sopportando il maggior peso della ‘barca’, il veicolo dell’astrale reso
piu` pesante dalla ‘coscienza viva’ del Discepolo.
Mentre noi corravam la morta gora, dinanzi mi si fece un
pien di fango, e disse: "Chi se’ tu che vieni anzi ora?". 33
E
io a lui: "S’i’ vegno, non rimango; ma tu chi se’, che sì se’ fatto
brutto?". Rispuose: "Vedi che son un che piango". 36
E io a
lui: "Con piangere e con lutto, spirito maladetto, ti rimani;
ch’i’ ti conosco, ancor sie lordo tutto". 39
Abbiamo qui un scontro
particolarmente vivace tra il Viandante e un dannato, suo concittadino,
un certo iroso, soprannominato Filippo (= amante del cavallo) Argenti
(=d’argento) perché ferrava il suo cavallo con l’argento, la cui
famiglia, si dice, avrebbe acquistato la messa al bando casa di Dante in
esilio. Potremmo, interiorizzando questo personaggio, riconoscere in lui
l’ira dello stesso Viandante che usa il suo ‘cavallo’, simbolo di
potenza, agilita`e forza, per vanita` e ed inutile esibizionismo, e
cosi` facendo, depaupera prima, e assorbe poi, la ‘casa’, il ‘luogo’ in
cui le energie andrebbero custodite. Pertanto l’atteggiamento verso tale
personaggio e` ora di
disprezzo
e respingimento totale.
Allor distese al legno ambo le mani; per che ’l maestro accorto lo
sospinse, dicendo: "Via costà con li altri cani!". 42
Soprattutto e` la ragione che
deve scacciare l’ira vanagloriosa che si vanta di se`, come bene fa qui
il Maestro. Lo collo poi con le braccia mi
cinse; basciommi ’l volto e disse: "Alma sdegnosa, benedetta colei
che ’n te s’incinse! 45
Con esuberante affetto (con un bacio)
la Guida incoraggia il Discepolo e ne bene-dice
colei che lo genero`, la madre. Ricordiamo che la Madre nell’Albero
cabalistico corrisponde alla stessa sephirah Geburah, la cui virtu` e`
la mansuetudine, l’opposto del vizio dell’ira.
Quei fu al mondo persona orgogliosa; bontà non è che sua memoria
fregi: così s’è l’ombra sua qui furïosa. 48
Quanti si tegnon
or là sù gran regi che qui staranno come porci in brago, di sé
lasciando orribili dispregi!". 51
L’orgoglio di coloro che non
seppero produrre il Bene,
ma solo il male, genera l’ira che li riduce come
porci
nel fango. I porci per la tradizione ebraico-cristiana
rappresenta il massimo dell’impurita` (Lv. 11,
7-9
e Lc. 15, 15) e anche il ‘luogo’, la sede congrua in cui
i demoni desiderano essere mandati quando sono scacciati dal Cristo,
dall’Io Sono (Mt. 8, 28-32), inoltre sono anche simbolo di ghiottoneria
e sensualita`, i vizi dei gironi precedenti.
E io: "Maestro, molto sarei vago di vederlo attuffare in questa
broda prima che noi uscissimo del lago". 54
Ed elli a me:
"Avante che la proda ti si lasci veder, tu sarai sazio: di tal
disïo convien che tu goda". 57
Ma tanto e` il disprezzo e la
repulsione del Discepolo per ‘quel nemico’ da chiedere per lui ulteriori
sofferenze e punizioni. Dopo ciò poco vid’io
quello strazio far di costui a le fangose genti, che Dio ancor ne
lodo e ne ringrazio. 60
Tutti gridavano: "A Filippo Argenti!";
e ’l fiorentino spirito bizzarro in sé medesmo si volvea co’
denti. 63 E tutte le
altre fangose genti
della palude danno addosso a ‘quel dannato’ e
lui stesso si dilania co’ denti...:
l’auto punizione delle energie erroneamente qualificate e` la massima
‘vendetta’ (= rivendicazione) del Discepolo su se stesso.
Quivi il lasciammo, che più non ne narro; ma ne l’orecchie mi
percosse un duolo, per ch’io avante l’occhio intento sbarro. 66
Lo buon maestro disse: "Omai, figliuolo, s’appressa la città c’
ha nome Dite, coi gravi cittadin, col grande stuolo". 69
Un fulgore colpisce l’occhio
dell’Allievo
a cui la Guida annuncia
che sono giunti alle mura di una
citta`infera ricolma di abitanti colpevoli e di
demoni in gran numero, chiamata Dite,
(= l’altro signore, l’Avversario) dal nome dell’oppositore per
eccellenza. E io: "Maestro, già le sue
meschite là entro certe ne la valle cerno, vermiglie come se di
foco uscite 72
fossero". Ed ei mi disse: "Il foco etterno
ch’entro l’affoca le dimostra rosse, come tu vedi in questo basso
inferno". 75
Noi pur giugnemmo dentro a l’alte fosse che
vallan quella terra sconsolata: le mura mi parean che ferro fosse. 78
Ecco la descrizione
della citta`infernale: e` composta di torri rosse, come uscite dal
fuoco; da basso, dal fossato, le mura sembrano di ferro; insomma
Dite
appare come una
citta`
di ferro e fuoco (cioe` da mettere a ferro e fuoco, vale a dire da
distruggere e bruciare con la spada della Verita` e il Fuoco della
purificazione). Non sanza prima far grande
aggirata, venimmo in parte dove il nocchier forte "Usciteci",
gridò: "qui è l’intrata". 81
Io vidi più di mille in su le porte
da ciel piovuti, che stizzosamente dicean: "Chi è costui che sanza
morte 84
va per lo regno de la morta gente?". E ’l savio mio
maestro fece segno di voler lor parlar segretamente. 87
Appena giunti all’ingresso, i
nuovi arrivati vengono interpellati dai demoni di Dite “Chi e` questo
vivo? E che viene a fare qui?” e il Maestro fa
segno di voler lor
parlar segretamente.
Perché, segretamente,
ci chiediamo? Probabilmente
perché essendo i demoni piu` di mille
(numero ad alto potenziale) potrebbero assorbire l’energia del Discepolo
ancora debole; il ‘segreto’, il silenzio, invece lo proteggerebbe da
essi, mentre la Ragione, da sola, ‘pura’, potrebbe cosi` esaminare
(colloquiare con) il male. Allor chiusero un
poco il gran disdegno e disser: "Vien tu solo, e quei sen vada che
sì ardito intrò per questo regno. 90
Sol si ritorni per la folle strada: pruovi, se sa; ché tu qui
rimarrai, che li ha’ iscorta sì buia contrada". 93
La richiesta e` accettata a
patto che il Visitatore inopportuno se ne torni indietro e la Guida
rimanga in ostaggio. Pensa, lettor, se io mi
sconfortai nel suon de le parole maladette, ché non credetti
ritornarci mai. 96
"O caro duca mio, che più di sette volte m’
hai sicurtà renduta e tratto d’alto periglio che ’ncontra mi
stette, 99
non mi lasciar", diss’io, "così disfatto; e se ’l
passar più oltre ci è negato, ritroviam l’orme nostre insieme
ratto". 102 Dobbiamo
immaginare alle parole
di quei maledetti ‘lo sconforto’
del Discepolo, timoroso di non poter tornare dalla coscienza di sogno
(yetziratica), alla coscienza assianica, sulla terra. Ed ecco che si
rivolge alla Guida che per gia` sette volte
(un ciclo completo)
l’ha rassicurato nell’insicurezza e protetto nei pericoli:
e`disposto a tornare indietro se non e` possibile procedere.
E quel segnor che lì m’avea menato, mi disse: "Non
temer; ché ’l nostro passo non ci può tòrre alcun: da tal n’è
dato. 105
Ma qui m’attendi, e lo spirito lasso conforta e ciba
di speranza buona, ch’i’ non ti lascerò nel mondo basso". 108
La Ragione lo conforta:
il loro viaggio non puo` essere impedito, essendo concesso dall’alto.
Che il Discepolo rimanga calmo e aspetti, non sara` abbandonato in
quell’inferno. Compito della Ragione e` sempre quello di ragionare
spassionatamente, frenando ansie
e timori. Così sen
va, e quivi m’abbandona lo dolce padre, e io rimagno in forse, che
sì e no nel capo mi tenciona. 111
Udir non potti quello ch’a lor
porse; ma ei non stette là con essi guari, che ciascun dentro a
pruova si ricorse. 114
Chiuser le porte que’ nostri
avversari nel petto al mio segnor, che fuor rimase e rivolsesi a
me con passi rari. 117
Speranza e smarrimento si alternano nell’animo del Discepolo;
dopo poco i diavoli rientrano nelle mura di corsa, chiudendo la porta in
faccia alla Guida che torna indietro a passi lenti: non e` col
ragionamento che si entra in una citta` di mille demoni. Ci vuole
‘altro’. Li occhi a la terra e le ciglia avea
rase d’ogne baldanza, e dicea ne’ sospiri: "Chi m' ha negate le
dolenti case!". 120 E
a me disse: "Tu, perch’io m’adiri, non sbigottir, ch’io vincerò la
prova, qual ch’a la difension dentro s’aggiri. 123
La Guida, la Ragione, deve
rendersi conto della sua impotenza di fronte ad un nemico tanto potente
e tanto corazzato e, dopo che umilmente ne ha preso atto, rassicurare
ancora una volta chi gli si e` affidato. Supereranno la
prova in qualche modo.
Questa lor tracotanza non è nova; ché già l’usaro a men segreta
porta, la qual sanza serrame ancor si trova. 126
Sovr’essa
vedestù la scritta morta: e già di qua da lei discende l’erta,
passando per li cerchi sanza scorta, 129
tal che per lui ne fia
la terra aperta".
Gia` in precedenza i demoni superbi tentarono inutilmente di
ostacolare l’ingresso del Cristo glorioso nel regno infero, e da allora
la porta dell’inferno, quella stessa porta su cui si trova l’iscrizione
mortale “Per me si va
nella citta` dolente… ecc.
Lasciate ogne speranza voi ch’entrate”
rimase sempre aperta. Attraverso
di essa ora sta arrivando Qualcuno che spalanchera` le mura di Dite al
Viandante e gli consentira` di proseguire il Viaggio. La Ragione in
momento di stallo o di sconfitta deve cedere il passo a Chi e` piu` di
lei.
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