INFERNO - CANTO IX
Dall’Edizione integrale a cura di Pietro Cataldi e Romano
Luperini ed. Le Monnier Scuola Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Quel color che viltà di fuor mi pinse veggendo il duca mio
tornare in volta, più tosto dentro il suo novo ristrinse. 3
Attento si fermò com’uom ch’ascolta; ché l’occhio nol potea menare a
lunga per l’aere nero e per la nebbia folta. 6
"Pur a noi
converrà vincer la punga", cominciò el, "se non ... Tal ne s’offerse.
Oh quanto tarda a me ch’altri qui giunga!". 9
Il pallore del Discepolo fa ricacciare indietro quello del
Maestro, che si guarda intorno, per quanto e` possibile in
quell’oscurita`, e che, mentre perplesso riflette sul da farsi, invoca
aiuto da Chi
ha permesso il Viaggio…La Ragione di fronte ad
uno ostacolo per lei insormontabile deve solo concentrarsi e aspettare.
I’ vidi ben sì com’ei ricoperse lo cominciar con l’altro che poi
venne, che fur parole a le prime diverse; 12
ma nondimen paura
il suo dir dienne, perch’io traeva la parola tronca forse a
peggior sentenzia che non tenne. 15 L’attimo di
esitazione e le parole insicure della Guida turbano il Viandante che
cerca di distrarsi con una domanda. "In questo fondo de la trista conca discende mai alcun
del primo grado, che sol per pena ha la speranza cionca?". 18
Questa question fec’io; e quei "Di rado incontra", mi rispuose, "che
di noi faccia il cammino alcun per qual io vado. 21
la domanda e` pertinente: “Dal Limbo, dove la pena e` solo la
non-speranza, scende mai nessuno giu` da basso?” La risposta e`
semplice: “Assai di rado”.
Ver è ch’altra fïata
qua giù fui, congiurato da quella Eritón cruda che richiamava
l’ombre a’ corpi sui. 24
Di poco era di me la carne nuda,
ch’ella mi fece intrar dentr’a quel muro, per trarne un spirto del
cerchio di Giuda. 27
Quell’è ’l più basso loco e ’l più oscuro,
e ’l più lontan dal ciel che tutto gira: ben so ’l cammin; però ti fa
sicuro. 30
Questa palude che ’l gran puzzo spira cigne
dintorno la città dolente, u’ non potemo intrare omai sanz’ira". 33
Ma poi la Guida narra che gia un’altra volta e`
sceso giu` da basso, evocato da Eritone, una strega capace di richiamare
i morti nel loro corpo; era deceduto da poco e dovette scendere fino nel
nono cerchio di Giuda (= illustre al bianco, oscuro al nero), per trarne
un traditore… egli conosce bene la via, che dunque il Discepolo resti
tranquillo, entreranno nella citta` dolorosa magari con la forza. Quando
la ragione viene
messa a servizio della magia nera (Eritone = che
e` in lite con la terra) puo` raggiungere le zone estreme dell’albero
nero e da li`, purtroppo, trarre le peggiori forze, ma anche dalle
esperienze piu` negative, pagandone il prezzo, si puo` imparare, se non
altro a conoscerne i rischi e pericoli. La discesa agli inferi diventa
costruttiva quando non e` compiuta per il gusto di assaporare il male e
sguazzarci, ma solo per imparare a conoscere se stessi e purificarsi.
E altro disse, ma non l’ ho a mente; però che l’occhio m’avea tutto
tratto ver’ l’alta torre a la cima rovente, 36
dove in un
punto furon dritte ratto tre furïe infernal di sangue tinte, che
membra feminine avieno e atto, 39
e con idre verdissime eran
cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, onde le fiere tempie
erano avvinte. 42 La Guida spiega anche altro,
ma il Discepolo ne dimentica l’argomento, attratto
dalla torre infernale su cui compaiono le
orribili Furie, tinte di sangue e con le sembianze di donne, circondate
da serpenti acquatici e con le teste piene di serpentelli cornuti.
E quei, che ben conobbe le meschine de la regina de l’etterno pianto,
"Guarda", mi disse, "le feroci Erine. 45 Il
Maestro riconosce in esse le schiave della regina dei morti, le
feroci Erinni (= le colleriche) e ne illustra i
nomi e le caratteristiche.
Quest’è Megera dal sinistro canto; quella che piange dal destro è
Aletto; Tesifón è nel mezzo"; e tacque a tanto. 48
A
sinistra c’e` Megera (= l’invidiosa), la perfida, che
prende la vita; a destra
Aletto (= che non ha e non da` requie), che
reca guerra; in mezzo c’e`
Tesifon
(= Tisifone), portatrice di malattie contagiose ed epidemie. Anche i
compiti delle tre Furie nella triplice divisione rispecchiano al nero le
tre colonne dell’albero capovolto Megera a sinistra il prendere, a
destra Aletto il dare al centro Tisifone, lo squilibrio delle due.
Con l’unghie si fendea ciascuna il petto; battiensi a palme e
gridavan sì alto, ch’i’ mi strinsi al poeta per sospetto. 51
"Vegna Medusa: sì ’l farem di smalto", dicevan tutte riguardando in
giuso; "mal non vengiammo in Tesëo l’assalto". 54
Le tre furie si lacerano il petto, si percuotono con le palme e
urlano, tanto da atterrire, guardando giu`, l’intruso: “Venga
Medusa
e lo impietriremo! Avremmo dovuto punire cosi`
l’assalto di Teseo (= il legislatore) quando tento` di rapire la nostra
regina".
"Volgiti ’n dietro e tien lo viso chiuso; ché se ’l Gorgón si mostra
e tu ’l vedessi, nulla sarebbe di tornar mai suso". 57
Così
disse ’l maestro; ed elli stessi mi volse, e non si tenne a le mie
mani, che con le sue ancor non mi chiudessi. 60
Appena le Erinni nominano la Gorgone il maestro fa voltare il
Discepolo,
gli fa coprire il volto con le mani e ci pone
sopra le sue a sigillarne la non-vista. O voi ch'avete li 'ntelletti sani, mirate la dottrina che
s'asconde sotto 'l velame de li versi strani. 63
Chi ha orecchie per udire intenda: qui c’e` un mistero che solo
chi ha
l’intelletto sano (chi ha
sviluppato l’intuizione) puo`
comprendere: le Furie rappresentano il rimorso per i vizi delle tre
colonne, rimorso che vorrebbe paralizzare il peccatore per mezzo della
disperazione (la Medusa); la Ragione
permette di sperimentare il rimorso (guardare le
Erinni), ma non di giungere all’indifferenza (la Gorgone) che segue la
disperazione e che procurerebbe solo altro male.
E già venìa su per
le torbide onde un fracasso d’un suon, pien di spavento, per cui
tremavano amendue le sponde, 66
non altrimenti fatto che d’un
vento impetüoso per li avversi ardori, che fier la selva e
sanz’alcun rattento 69
li rami schianta, abbatte e porta fori;
dinanzi polveroso va superbo, e fa fuggir le fiere e li pastori. 72
Ma ecco che sulle torbide acque arriva ‘Qualcuno’
preceduto da un suono assordante, come quando un vento impetuoso si
abbatte su un bosco e fa fuggire tutti, animali e pastori.
Li occhi mi sciolse e disse: "Or drizza il nerbo del viso su per
quella schiuma antica per indi ove quel fummo è più acerbo". 75
Come le rane innanzi a la nimica biscia per l’acqua si dileguan
tutte, fin ch’a la terra ciascuna s’abbica, 78
vid’io più di
mille anime distrutte fuggir così dinanzi ad un ch’al passo
passava Stige con le piante asciutte. 81 Il
Maestro libera gli occhi del Discepolo e lo esorta a guardare il fiume
infernale, ed egli puo` cosi`vedere i tantissimi dannati li` immersi,
fuggire come rane quando passa il serpente nemico: Qualcuno arriva
camminando sulle acque dello Stige (il fiume dell’odio).
Dal volto rimovea quell’aere grasso, menando la sinistra innanzi
spesso; e sol di quell’angoscia parea lasso. 84
Il nuovo arrivato sembra infastidito solo dall’atmosfera pesante
che rimuove dal volto col gesto…
Ben m’accorsi ch’elli era da ciel messo, e volsimi al maestro; e quei
fé segno ch’i’ stessi queto ed inchinassi ad esso. 87
Il Discepolo s’avvede subito che ‘Quello’ e` un angelo
(messaggero) inviato dal Cielo e la Guida gli fa cenno di star quieto e
di inchinarsi.
Ahi quanto mi parea pien di disdegno! Venne a la porta e con una
verghetta l’aperse, che non v’ebbe alcun ritegno. 90
"O
cacciati del ciel, gente dispetta", cominciò elli in su l’orribil
soglia, "ond’esta oltracotanza in voi s’alletta? 93
Perché
recalcitrate a quella voglia a cui non puote il fin mai esser mozzo,
e che più volte v’ ha cresciuta doglia? 96
Che
giova ne le fata dar di cozzo? Cerbero vostro, se ben vi ricorda,
ne porta ancor pelato il mento e ’l gozzo". 99
La Potenza celeste apre la porta di Dite semplicemente con un tocco di
verghetta
(bacchetta) e intanto rimprovera aspramenti i demoni per la loro
superbia che li fa opporre alla Volonta` divina; inoltre ricorda loro
che lo stesso Cerbero (= che divora i cuori) conserva
ancora le tracce della
sua punizione sul mento e sulla gola.
Poi si rivolse per la strada lorda, e non fé motto a noi, ma fé
sembiante d’omo cui altra cura stringa e morda 102
che quella
di colui che li è davante; e noi movemmo i piedi inver’ la terra,
sicuri appresso le parole sante. 105 E l’Angelo
se ne va senza aggiungere altro, senza degnare di uno sguardo il
Pellegrino e la sua Guida, sdegnoso forse per la loro poca fede… i due
proseguono il Viaggio. La Grazia Divina, l’Angelo sceso dal Cielo per
aiutare il Discepolo in difficolta` non puo` interagire con la
personalita` e la Ragione non ancora purificati, la sua Luce li
danneggerebbe, deve solo far loro superare il momento di stasi, e
permettere loro di avanzare sul Sentiero…
Dentro li ’ntrammo sanz’alcuna guerra; e io, ch’avea di riguardar
disio la condizion che tal fortezza serra, 108
com’io fui
dentro, l’occhio intorno invio: e veggio ad ogne man grande campagna,
piena di duolo e di tormento rio. 111 La porta
spalancata ora permette l’ingresso in uno spazio pieno di dolore e di
tormento. Sì
come ad Arli, ove Rodano stagna, sì com’a Pola, presso del Carnaro
ch’Italia chiude e suoi termini bagna, 114
fanno i sepulcri
tutt’il loco varo, così facevan quivi d’ogne parte, salvo che ’l
modo v’era più amaro; 117
ché tra li avelli fiamme erano sparte,
per le quali eran sì del tutto accesi, che ferro più non chiede
verun’arte. 120 Come i
sepulcri
che si vedono ad Arles, dove sfocia il Rodano e a Pola dove finisce il
Carnaro, confine naturale dell’Italia, rendono
varo
il loco,
cosi` avviene qui, ma in modo assai piu` doloroso, perché le fiamme
arroventano le tombe in modo terribile. Perché la sequenza di questi
quattro nomi: Arles (= luogo presso lo stagno); Rodano (= rosso); Pola
(= polline); Carnaro (mare pieno di isole), legati ai
sepulcri (dove si onorano i morti) che rendono
‘varo’ (= vario, ma anche storto) il ‘loco’? Perché la situazione ha
delle analogie: qui, nello stagno
infernale, col rosso del fuoco, i cattivi semi,
i dannati, sono come isole nel mare del male, e mentre li` i sepolcri
rendono il luogo ‘vario’, qui lo rendono
varo,‘storto’,
e il modo e`
assai piu`
amaro perché arroventati.
Tutti li lor coperchi eran sospesi, e fuor n’uscivan sì duri
lamenti, che ben parean di miseri e d’offesi. 123
E io:
"Maestro, quai son quelle genti che, seppellite dentro da
quell’arche, si fan sentir coi sospiri dolenti?". 126
Da quei coperchi di fuoco escono lamenti cosi`tremendi, che il
Discepolo
chiede chi siano coloro e perché si trovino li`.
E quelli a me: "Qui son li eresïarche con lor seguaci, d’ogne setta,
e molto più che non credi son le tombe carche. 129
Simile qui
con simile è sepolto, e i monimenti son più e men caldi". E poi
ch’a la man destra si fu vòlto, 132
passammo tra i martìri e li
alti spaldi.
Il Maestro gli spiega che li` sono puniti gli eresiarchi, i
fondatori delle varie eresie e i loro seguaci,
condannati alle fiamme piu` o meno violente; poi
si volge a destra e insieme proseguono il cammino.
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