PARADISO - CANTO XVII

 
Interpretazione cabalistica di Franca Vascellari
www.taote.it
www.taozen.it
www.teatrometafisico.it

 

 

Qual venne a Climenè, per accertarsi
di ciò ch’avëa incontro a sé udito,
quei ch’ancor fa li padri ai figli scarsi; 3

tal era io, e tal era sentito
e da Beatrice e da la santa lampa
che pria per me avea mutato sito. 6
Come Fetonte (il mito è già ricordato in Inferno XVII, vv. 106-108: figlio del Sole (Apollo) chiese al padre di guidare il suo carro, ma incapace di governarlo fu fulminato da Zeus prima che bruciasse la terra) andò dalla madre Climene (dal greco ‘clio’, = che ode) per sapere per certo se era vero ciò che aveva udito (che Apollo non era suo padre), e la sua triste storia ha reso i padri restii ad accontentare i figli, allo stesso modo Dante è desideroso di conoscere la verità su di sé, e così lo sentono sia Beatrice che lo splendente beato Cacciaguida, che gli si è fatto incontro.

 

Voler conoscere le proprie origini (da dove si viene) è giusto, come è giusto sapere quale sia il proprio compito (dove si va), ma poi occorre armarsi di modestia e buon senso per agire correttamente. Fetonte (dal greco ‘faeto’ = splendo), benché figlio del Sole e di chi ‘ascolta’, ha peccato di orgoglio e inesperienza: avrebbe dovuto accontentarsi del suo splendore e non cimentarsi in ciò che non gli competeva; Dante (= colui che persevera) invece, seguendo i consigli della sua Guida alla caccia dell’Oro (di Cacciaguida) saprà fare buon uso delle informazioni ricevute su ciò che l’aspetta e su quello che le sue potenzialità gli permettono di realizzare.
Per che mia donna «Manda fuor la vampa
del tuo disio», mi disse, «sì ch’ella esca
segnata bene de la interna stampa: 9

non perché nostra conoscenza cresca
per tuo parlare, ma perché t’ausi
a dir la sete, sì che l’uom ti mesca». 12
Per cui Beatrice gli dice: “Esprimi il fuoco del tuo desiderio affinché si manifesti nella pienezza del tuo sentimento: non perché noi possiamo comprenderti meglio, ma perché ti abitui a mostrare la tua sete di conoscenza e così ti si possa dissetare.”

 

In pratica l’intuizione, Beatrice, sta dicendo alla personalità: domanda ciò che desideri sapere, cioè fai chiarezza nelle tue idee e su ciò che vuoi veramente conoscere e le risposte ti verranno dalla tua saggezza antica, dall’avo Cacciaguida, (il Chockmah di Geburah, v. attribuzione cabalistica del personaggio nel canto XV, vv. 142-148).
«O cara piota mia che sì t’insusi,
che, come veggion le terrene menti
non capere in trïangol due ottusi,  15

così vedi le cose contingenti
anzi che sieno in sé, mirando il punto
a cui tutti li tempi son presenti;  18
 E Dante all’avo: “O mia cara radice, tu sei così elevato che, come la mente umana sa che due angoli ottusi (che sommati danno più di 180°) non possono stare in un triangolo (la cui somma degli angoli interni è 180°), conosci i fatti contingenti (che possono accadere oppure no) prima che avvengano guardandoli nell’eterno presente...”
mentre ch’io era a
Virgilio congiunto
su per lo monte che l’anime cura
e discendendo nel mondo defunto, 21

dette mi fuor di mia vita futura
parole gravi, avvegna ch’io mi senta
ben tetragono ai colpi di ventura; 24

per che la voglia mia saria contenta
d’intender qual fortuna mi s’appressa:
ché saetta previsa vien più lenta». 27
“... mentre salivo con Virgilio il monte che purifica le anime (il Purgatorio) e mentre scendevo nel mondo dei morti (l’Inferno), mi furono fatte pesanti profezie e, benché io mi senta solido (tetragono = come un cubo) contro i colpi della sfortuna, pure vorrei conoscere ciò che mi riserba la sorte: perché una freccia (che colpisce), se prevista è meno dannosa”.

 

Dopo aver riconosciuto all’avo suo (Chockmah di Geburah di Atziluth) la sua natura divina e quindi la sua capacità di vedere nell’eterno presente gli avvenimenti contingenti del futuro, la personalità gli chiede conferma di quello che, visitando i suoi mondi interiori (Inferno, Purgatorio e Paradiso) ha già intravisto e che gli accadrà negli anni a venire; seppure si tratta di un futuro doloroso, vuole conoscerlo per essere pronto a viverlo nel modo migliore.
Così diss’ io a quella luce stessa
che pria m’avea parlato; e come volle
Beatrice, fu la mia voglia confessa. 30

Né per ambage, in che la gente folle
già s’inviscava pria che fosse anciso
l’Agnel di Dio che le peccata tolle, 33

ma per chiare parole e con preciso
latin rispuose quello amor paterno,
chiuso e parvente del suo proprio riso: 36
Questa, secondo il volere di Beatrice, la richiesta che il Nostro rivolge all’avo beato che gli ha parlato. E quell’amore paterno, nascosto e insieme mostrato dalla sua luce gioiosa, non risponde con frasi oscure, quelle (degli oracoli) che facevano confondere i pagani prima della venuta dell’Agnello Divino, che ha tolto il peccato, ma risponde con parole chiare e precise:

 

Il Nostro fa un’attenta distinzione tra quello che per oracolo si può conoscere prima della ‘venuta del Cristo’ e quello che si può conoscere dopo. Il Cristo, l’Agnel di Dio, toglie il peccato (= inciampo, difetto del piede) dal mondo, toglie quindi ‘l’errore’; quello che si può sapere dopo la sua venuta non è più svelato con ambage (= oscuro giro di parole), che irretisce e nasconde il vero significato, ma è chiaro e preciso; ciò vuol dire che quando nella personalità si è sviluppato il centro Cristico, l’Io Sono, Daath, la Coscienza, le intuizioni che giungono dal Piano Spirituale (Atzilutico) non arrivano più oscurate, ma limpide ed intellegibili.
«La contingenza, che fuor del quaderno
de la vostra matera non si stende,
tutta è dipinta nel cospetto etterno; 39

necessità però quindi non prende
se non come dal viso in che si specchia
nave che per torrente giù discende. 42
“Gli avvenimenti contingenti, che esistono solo nel mondo materiale, sono tutti scritti nella Mente eterna; ma non sono da Essa necessitati, come non è influenzata la navigazione di una nave da uno che la vede andare e nei cui occhi essa si specchia...”

 

Ancora una volta Dante mette in risalto il libero arbitrio umano (su tale argomento v. Purgatorio canto XVI e ns/ relativo commento) per cui la Mente eterna, pur tutto conoscendo, non influenza la libera scelta della sua creatura, ma la lascia libera di agire secondo la sua volontà, perché questo è il Suo dono divino per l’uomo...
Da indi, sì come viene ad orecchia
dolce armonia da organo, mi viene
a vista il tempo che ti s’apparecchia. 45

Qual si partio Ipolito d’Atene
per la spietata e perfida noverca,
tal di Fiorenza partir ti convene. 48
“... Dalla Mente eterna, come una dolce musica da un organo, mi giunge la visione del tuo futuro. Come Ipolito (= domatore di cavalli) d’Atene, fu costretto all’esilio (dal padre Teseo, re di Atene), perché calunniato dalla matrigna da lui respinta, così tu dovrai partire da Fiorenza...”

 

Siamo così giunti alla profezia dell’esilio del Nostro, non più un accenno come nei canti dell’Inferno X (Farinata degli Uberti, vv. 79-81) e XV (Brunetto Latini, vv. 61-72) o nei canti del Purgatorio VIII (Corrado Malaspina, vv. 133-139) e XI (Oderisi da Gubbio, vv. 139-141), ma un vaticinio preciso: dovrai di Fiorenza partir (= separarti dalla tua città), per la spietata perfidia dei tuoi concittadini.  Dante si trovava a Roma come ambasciatore quando fu condannato (con due condanne, del 27 gennaio e del 10 marzo nel 1302) in contumacia, al rogo e alla distruzione delle case; non tornò più in Firenze e morì esule a Ravenna nel 1321.

 

Che cosa significa nel nostro linguaggio interiorizzato lasciare la propria terra e andare in esilio?  Come già detto in precedenza nel ns/ commento (v. Inf. canto X, vv. 73-84) andare in esilio può essere il modo migliore per imparare quello che deve essere imparato. Significa anche rinunciare ad un bene immediato (sicurezza, abitudini, serenità) nella prospettiva di un maggiore bene futuro.  Ecco alcuni esempi di esilio narrati nella Bibbia: In Genesi cap. 12-13 è detto: ‘Il Signore disse ad Abram: <Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome, e diventerai una benedizione>. Allora Abram partì come gli aveva ordinato il Signore ... Venne una carestia nel paese e Abram scese in Egitto... ecc... Dall’Egitto Abram ritornò nel Negheb con la moglie e tutti i suoi averi... Abram era molto ricco in bestiame, argento e oro’.  E nel cap. 26 è detto: ‘Venne una carestia nel paese...e Isacco andò a Gerar presso Abimelech, re dei Filistei...Isacco fece una semina in quel paese e raccolse quell’anno il centuplo. Il Signore infatti lo aveva benedetto. E l’uomo divenne ricco e crebbe tanto in ricchezze fino a diventare ricchissimo...intanto Abimelech da Gerar era andato da lui... : <Abbiamo visto che il Signore è con te e abbiamo detto: vi sia un giuramento tra noi, tra noi e te, e concludiamo un’alleanza con te ...> Allora (Isacco) imbandì loro un convito e mangiarono e bevvero’. E ancora nei cap. 27-28, dopo che Isacco ha dato la sua benedizione a Giacobbe secondogenito, invece che ad Esaù, primogenito: ‘...Ma furono riferite a Rebecca le parole di Esaù, suo figlio maggiore, ed essa mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: < Esaù tuo fratello vuol vendicarsi di te uccidendoti...su, fuggi a Carran da mio fratello Labano. Rimarrai con lui qualche tempo finché l’ira di tuo fratello si sarà placata...Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran’. E nel cap. 37, Giuseppe, figlio prediletto di Giacobbe, viene prima gettato dai fratelli invidiosi in una cisterna e poi: ‘...passarono alcuni mercanti madianiti; essi tirarono su ed estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento vendettero Giuseppe agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto.’ Abbiamo riportato qui questi 4 esempi di patriarchi esiliati (più o meno volontariamente) per ribadire che l’esilio, anche se doloroso e sofferto, nella storia dell’Iniziato o Discepolo sul Sentiero è pressoché d’obbligo, e per l’interpretazione cabalistica di questi brani di Genesi rimandiamo al ns/ ‘Commento alla Genesi’ in www.taozen.it Testi sacri.
Questo si vuole e questo già si cerca,
e tosto verrà fatto a chi ciò pensa
là dove Cristo tutto dì si merca. 51

La colpa seguirà la parte offensa
in grido, come suol; ma la vendetta
fia testimonio al ver che la dispensa. 54

Tu lascerai ogne cosa diletta
più caramente; e questo è quello strale
che l’arco de lo essilio pria saetta. 57
“... Questa è la volontà di quelli che fanno ‘mercato’ della religione (la Curia Romana) e tra breve il loro desiderio sarà realizzato. La colpa poi, come al solito verrà data alla parte sconfitta, ma la verità si paleserà con la punizione dei veri colpevoli. Tu dovrai lasciare ogni cosa cara, e questa è la prima sofferenza dell’esilio...”
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e 'l salir per l'altrui scale. 60

E quel che più ti graverà le spalle,
sarà la compagnia malvagia e scempia
con la qual tu cadrai in questa valle; 63

che tutta ingrata, tutta matta ed empia
si farà contr’ a te; ma, poco appresso,
ella, non tu, n’avrà rossa la tempia. 66
“... Tu proverai quanto sia sgradevole il pane elemosinato, e come sia faticoso salire e scendere per le scale delle abitazioni altrui (cfr. Luca 9, 57-62: ‘... Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo’). Ma quello che ti peserà di più sarà la compagnia malvagia e stolta dei compagni d’esilio: pazzi e ingrati li avrai tutti contro, ma loro, non tu, soffriranno per la sconfitta (esiliato insieme ai Guelfi Bianchi che tentarono più volte senza successo di fare azioni militari, Dante dapprima vi partecipò, ma in seguito si rifiutò di partecipare alla ‘infausta battaglia di Lastra’, e fu considerato da loro traditore)...”

 

Andare in ‘esilio’ comporta tre genere di sacrifici; sul piano fisico: dover accettare il pane altrui e l’alloggio altrui; sul piano astrale, dei sentimenti: doversi staccare dai luoghi amati e dagli affetti di parenti e amici; sul piano mentale: dover subire la compagnia cattiva e stupida di altri esiliati con cui non si ha nulla da spartire. L’esiliato acquisisce così le virtù dell’umiltà, del distacco e della tolleranza. Il suo ‘Sacrificio’ (Archetipo n. 12) sui tre piani fisico, astrale e mentale sviluppa il centro Tiphereth dei tre piani e prepara, aldilà delle sventure e sofferenze, l’Iniziato alla sua missione: completare lo sviluppo del centro Daath, dell’Io Sono, del Cristo, e divenire un novello Salvatore del Mondo, novello Enea, novello Paolo, ecc.
Di sua bestialitate il suo processo
farà la prova; sì ch’a te fia bello
averti fatta parte per te stesso. 69

Lo primo tuo refugio e ’l primo ostello
sarà la cortesia del gran Lombardo
che ’n su la scala porta il santo uccello; 72

ch’in te avrà sì benigno riguardo,
che del fare e del chieder, tra voi due,
fia primo quel che tra li altri è più tardo. 75
“ ... Darà prova della stupidità dei tuoi compagni d’esilio il loro comportamento: sarà onorevole per te non aver partecipato alle loro azioni. Il tuo primo rifugio e la tua prima dimora sarà la casa del cortese Lombardo (= uomo gagliardo; Bartolomeo della Scala, signore di Verona, che ospitò Dante tra la fine del 1303 e l’inizio del 1304, e morì pochi mesi dopo) che ha sullo stemma una scala con sopra un’aquila; egli sarà con te così benevolo che ti offrirà (l’ospitalità) ancor prima che tu la chieda...”

Con lui vedrai colui che ’mpresso fue,
nascendo, sì da questa stella forte,
che notabili fier l’opere sue. 78

Non se ne son le genti ancora accorte
per la novella età, ché pur nove anni
son queste rote intorno di lui torte; 81

ma pria che ’l Guasco l’alto Arrigo inganni,
parran faville de la sua virtute
in non curar d’argento né d’affanni. 84
“... Con lui vedrai il fratello minore (Cangrande = il cane è simbolo di fedeltà, vigilanza e nobiltà), così benedetto da questo Cielo (di Marte) che le sue imprese saranno assai notevoli. Non è stato ancora notato per la sua giovane età, ha solo 9 anni (il viaggio di Dante si svolge nel 1300) ma prima che il Guasco (papa Clemente V) inganni il grande Arrigo (= capo; Enrico VII: il papa prima lo invitò a scendere in Italia e poi gli mise contro le città guelfe); mostrerà il suo valore, senza badare a fatiche e ricchezze. (Cangrande nel 1311 era già attivamente favorevole alla causa imperiale, ma morì giovane, nel 1329)...”
Le sue magnificenze conosciute
saranno ancora, sì che ’ suoi nemici
non ne potran tener le lingue mute. 87

A lui t’aspetta e a’ suoi benefici;
per lui fia trasmutata molta gente,
cambiando condizion ricchi e mendici; 90

e portera’ne scritto ne la mente
di lui, e nol dirai»; e disse cose
incredibili a quei che fier presente. 93
“... Le sue virtù saranno riconosciute ed i suoi nemici non potranno tacerle. Abbi fiducia in lui e nella sua generosità; egli cambierà molta gente, ricchi e poveri; lo ricorderai ma senza parlarne.” Poi Cacciaguida su di lui dice altre cose, cose che stupiranno anche coloro che ne saranno partecipi.

 

L’esilio dell’Iniziato fin dal principio sarà mitigato dall’accoglienza benevola e generosa del cortese Lombardo (uomo gagliardo, relativo alla sephirah Geburah) che ha nello stemma la scala (simbolo di ascesa) con in cima l’aquila (simbolo di potere spirituale e temporale) e della sua famiglia: in particolare del giovane Cangrande (grande nelle doti di fedeltà, vigilanza e nobiltà); quello che manca al Discepolo sul Sentiero nella propria ‘terra’, in ‘casa’, lo trova ‘fuori’ nella terra altrui (in un’altra religione, in un testo sacro mai studiato prima, frequentando persone nuove, che mai avrebbe avvicinato se non fosse uscito dalle sue abitudini, affezioni, sicurezze, ecc.): forza, volontà di innalzamento, potenza, fedeltà, vigilanza e nobiltà ecc.. Da queste esperienze ‘esterne’ gli potranno derivare mutamenti di energie e risultati  incredibili, veramente inaspettati.
Poi giunse: «Figlio, queste son le chiose
di quel che ti fu detto; ecco le ’nsidie
che dietro a pochi giri son nascose. 96

Non vo’ però ch’a’ tuoi vicini invidie,
poscia che s’infutura la tua vita
vie più là che ’l punir di lor perfidie». 99
Quindi aggiunge: “Figlio, ecco le spiegazioni delle profezie che hai udito; ecco i pericoli dei prossimi anni. Ma non voglio che provi rancore per i tuoi concittadini, perché tu sei destinato a ben altro che a punire la loro cattiveria”.

 

Nell’ottavo capitolo dei ‘Promessi sposi’ (v. in www.taozen.it/saggi/sposi.htm ) Alessandro Manzoni, narrando l’involontario esilio dei protagonisti, dopo aver descritto ‘l’addio ai monti sorgenti dall’acque’ di Lucia, ci dice: “Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande”. Ma ‘la gioia più grande’ di cui parla il Manzoni la si può sperimentare solo se ‘l’esilio’ è affrontato con umiltà, distacco e tolleranza e soprattutto senza rancore o odio.
Poi che, tacendo, si mostrò spedita
l’anima santa di metter la trama
in quella tela ch’io le porsi ordita, 102

io cominciai, come colui che brama,
dubitando, consiglio da persona
che vede e vuol dirittamente e ama: 105
Poiché l’anima santa dell’avo tacendo si mostra disposta a mettere la trama nella tela di cui il Nostro ha tessuto l’ordito, ecco che questo comincia a chiedergli, come colui che nel dubbio domanda a chi vede saggio e ben disposto (amorevole):

 

E’ qui data, arricchita da un’immagine, una regola fondamentale per chi cerca consigli su come procedere sul Sentiero: scegliere una persona amorevole e saggia con cui si abbia affinità di sentimento e pensiero, con la quale cioè sia possibile costruire ‘una buona tela’ in cui l’ordito e la trama formino un tessuto compatto, robusto e utile.
«Ben veggio, padre mio, sì come sprona
lo tempo verso me, per colpo darmi
tal, ch’è più grave a chi più s’abbandona; 108

per che di provedenza è buon ch’io m’armi,
sì che, se loco m’è tolto più caro,
io non perdessi li altri per miei carmi. 111
“Padre mio, io capisco che il tempo sta per infliggermi uno di quei colpi che diventano più pesanti se uno si abbatte; perciò è opportuno che io divenga previdente; cosicché, quando sarò esiliato, io non perda la possibilità di essere ospitato a causa dei miei versi...”
Giù per lo mondo sanza fine amaro,
e per lo monte del cui bel cacume
li occhi de la mia donna mi levaro,  114

e poscia per lo ciel, di lume in lume,
ho io appreso quel che s’io ridico,
a molti fia sapor di forte agrume; 117

e s’io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico». 120
“...Giù nel mondo dell’amarezza senza fine e su per il monte dal bel cacume (= dal sanscrito ‘kakud’ = cima) dal quale mi innalzarono gli occhi della mia donna (Signora), e poi (ancora) su per il Paradiso, di cielo in cielo, ho saputo cose che, se le ripeto, susciteranno in molti una forte ira; e se (per convenienza) taccio la verità, temo di perdere la stima dei posteri”.

 

Il dubbio che ora assale il Nostro Discepolo sul Sentiero è facilmente comprensibile. Se egli è destinato ad andare in ‘esilio’ per imparare ciò che gli è necessario alla crescita, come comportarsi quando, avendo visitato la propria interiorità e conosciuto a fondo se stesso, andando ‘fuori’, vedrà tante cose errate contrarie al buon senso o alla Legge che ha conosciuto? Condannare gli errori altrui non causerà ulteriore disarmonia? E tacere non sarà mancare al suo dovere?
La luce in che rideva il mio tesoro
ch’io trovai lì, si fé prima corusca,
quale a raggio di sole specchio d’oro; 123

indi rispuose: «Coscïenza fusca
o de la propria o de l’altrui vergogna
pur sentirà la tua parola brusca. 126

Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua visïon fa manifesta;
e lascia pur grattar dov’ è la rogna. 129
La luce che gode la sua felicità lì, (nel Cielo di Marte, cioè Cacciaguida), prima diventa lampeggiante come uno specchio che rifletta il sole, poi risponde: “Chi ha la coscienza macchiata dalla propria vergogna o da quella degli altri, troverà i tuoi versi sgradevoli. Ma tu, escludi ogni menzogna, narra le tue visioni e lascia che chi ha la rogna si gratti...”

 

Il consiglio che viene ora dato a Dante (=colui che persevera) dal suo Chockmah del Geburah di Atziluth (Cacciaguida, la sua Giuda alla caccia del’Oro filosofico) è: rimossa ogni menzogna, dì quello che devi dire, e lascia che ognuno prenda coscienza dei suoi errori.
Ché se la voce tua sarà molesta
nel primo gusto, vital nodrimento
lascerà poi, quando sarà digesta. 132

Questo tuo grido farà come vento,
che le più alte cime più percuote;
e ciò non fa d’onor poco argomento. 135
“ ... Perchè se le tue parole in principio daranno fastidio, una volta digerite, saranno di nutrimento vitale. I tuoi richiami (dei potenti alla virtù) faranno come il vento che scuote maggiormente le cime più alte; questo ti recherà grande onore...”
Però ti son mostrate in queste rote,
nel monte e ne la valle dolorosa
pur l’anime che son di fama note, 138

che l’animo di quel ch’ode, non posa
né ferma fede per essempro ch’aia
la sua radice incognita e ascosa, 142

né per altro argomento che non paia».
 

“... Per questo motivo nei cieli (in Paradiso), sul monte (sul Purgatorio) e nella valle del dolore (nell’Inferno) ti sono state mostrate solo persone importanti, perché l’attenzione dei tuoi lettori possa essere catturata, il che non avverrebbe se tu trattassi di persone e avvenimenti sconosciuti.”

 

Avendo il Nostro con il suo viaggio nei suoi mondi interiori raggiunto la qualifica di Iniziato (Virgilio gli ha detto nel canto XXVII del Purgatorio vv. 139-142: perch’io te sovra te corono e mitrio), ha anche  assunto il ruolo di guida per l’umanità, di redentore e salvatore, novello Enea e novello Paolo; l’opera sua dovrà essere mezzo di nutrimento spirituale per i suoi lettori contemporanei e anche per i posteri; e i personaggi della sua  ‘Divina Commedia’ dovranno essere personaggi importanti, conosciuti, quelli che la gente comune prende a modello, cosicché i suoi insegnamenti saranno più facilmente ascoltati e assimilati.



Indietro