PARADISO - CANTO II
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d’ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca, 3
tornate a riveder li
vostri liti:
non vi mettete in pelago, ché forse,
perdendo me, rimarreste smarriti. 6
di iniziare a descrivere il Paradiso,
il Nostro mette in guardia coloro che sono
in piccioletta barca,
vale a dire che non hanno la preparazione adeguata, affinché desistano
dal seguirlo, per evitare di perdersi dietro alla sua ‘nave’ (poesia)
che procede cantando, e li scoraggia, invitandoli a tornare indietro.
"La
Primavera porta avanti l'Opera.
Nei primi giorni, è necessario alzarsi di
gran mattino e guardare se la vigna è in fiore.
Perché se l'ascesi non comincia dalla
giovinezza è difficile pervenire alla perfezione”. Così è detto nel
libro
“La
Grande Opera”
di Grillot de Givry (v. nostra riduzione
teatrale in
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).
Per non avere un’inutile
piccioletta barca
ma una nave adeguata a seguire il Nostro nel grande mare della sua
poesia, che tratta di filosofia, teologia e mistica, bisogna aver
‘portato avanti l’Opera’ ma se non lo si è fatto già dalla prima
giovinezza è quasi impossibile giungere ad avere la ‘nave’ necessaria
all’impresa.
L’acqua ch’io prendo già mai non si
corse; Minerva
spira, e conducemi Appollo,
e nove Muse mi dimostran l’Orse. 9
Voialtri pochi che
drizzaste il collo
per tempo al pan de li angeli, del quale
vivesi qui ma non sen vien satollo, 12
metter potete ben
per l’alto sale
vostro navigio, servando mio solco
dinanzi a l’acqua che ritorna equale. 15
che egli affronta non è mai stato
trattato prima: in lui
Minerva
(=Atena, la dea della saggezza uscita in armi dal cranio di Zeus) re-spira;
lo guida
Apollo
(=il dio radioso della luce e dell’arte) e le
Muse
(= le dee della montagna, del monte Elicona,
una delle due cime del Parnaso, v. canto I) gli mostrano
l’Orse,
gli indicano le Stelle. Ma quei pochi che hanno rivolto i loro studi
al pane degli angeli,
cioè alla sapienza divina di cui ci
si nutre, senza mai saziarsene, nel regno dello Spirito, possono
agevolmente affrontare
l’alto sale
(l’alto mare) di tali temi, andando dietro alla sua
scia (nel
solco
già tracciato) prima che l’acqua si richiuda (nel momento favorevole).
Chi
come il Nostro racchiude in sé il respiro della Saggezza (Minerva),
la luce radiosa dell’arte (Apollo)
e la conoscenza delle Stelle (Muse),
cioè si è nutrito del
pane
degli angeli,
può affrontare l’alto
sale, il mare, ma
anche la pietanza ‘saporita, sostanziosa’, che egli offre a chi è in
grado di stargli dietro.
Que’ glorïosi che passaro al Colco
non s’ammiraron come voi farete,
quando Iasón vider fatto bifolco. 18
La concreata e
perpetüa sete
del deïforme regno cen portava
veloci quasi come ’l ciel vedete. 21
Argonauti che andarono in cerca del
vello d’oro nella Colchide (v. in
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teatro mitologico ‘Il Vello d’oro’ e
relativa interpretazione cabalistica) non si stupirono a vedere l’eroe
Iason
(= Giasone = che guarisce), il loro capo, farsi contadino (dovette
aggiogare due tori che spiravano fuoco ed arare con essi un campo)
quanto i lettori ora a vedere il Nostro (che poeta, tratta di teologia).
Ed intanto egli prosegue il racconto: la sete perenne e innata del
Divino porta velocissimi lui e Beatrice verso l’alto.
Dante,
Discepolo sul Sentiero, ormai divenuto Iniziato
(ma rimanendo sempre Discepolo sul
Sentiero, perché finché si è vivi si è sempre ‘Discepoli sul Sentiero’)
con il compito ricevuto da Beatrice,
l’Io Sono, la Coscienza Daath di passare ad altri ciò ha imparato, (v.
Purgatorio canto XXXIII, vv. 52-54) si paragona qui a
Jasone,
il guaritore, capace di conquistare l’‘oro’, eroe celeste e ardito
seminatore della terra; egli dunque compie il Viaggio non più solo per
se stesso, ma come ‘Guaritore’ (Salvatore) dell’umanità, perché si è
‘posto a Servizio’.
Beatrice in suso, e io in lei guardava;
e forse in tanto in quanto un quadrel posa
e vola e da la noce si dischiava, 24
giunto mi vidi ove
mirabil cosa
mi torse il viso a sé; e però quella
cui non potea mia cura essere ascosa, 27
volta ver’ me, sì
lieta come bella,
"Drizza la mente in Dio grata", mi disse,
"che n’ ha congiunti con la prima stella". 30
guarda in su e Dante guarda in lei e,
nel tempo in cui una freccia è posta (nell’arco) e lanciata egli si
avvede di essere giunto in un luogo che subito desta in lui gran
meraviglia; ed ecco che Colei a cui non può nascondere nulla gli dice
lieta e bella:
“Rivolgiti al Signore con gratitudine perché ci ha fatto giungere sulla
prima stella”.
Dal Paradiso terrestre, fuoco di
Briah (mentale) e Terra di Atziluth (Causale) in volo estatico,
l’Iniziato (Dante = che ha perseverato), guidato dalla Coscienza
Cristica giunge, attraverso l’aria e il fuoco del Malkuth di Atziluth
(l’intuizione) sulla
prima stella,
su Yesod (Luna), di Atziluth, la prima tappa del regno Causale (v.
Albero cabalistico del Paradiso), ed è subito esortato a drizzare
la mente in Dio grata
(da radice indoeuropea ‘gwere’ = cantare inni di lode). L’infinita
gratitudine, riconoscimento dell’infinito beneficio ricevuto, che è uno
dei motivi ricorrenti di tutta la cantica, è il sentimento-amorevole che
parte dal cuore (Tiphereth) e fiorisce nella gola (Chesed) con l’inno di
lode e le parole di ringraziamento.
Parev’a me che nube ne coprisse
lucida, spessa, solida e pulita,
quasi adamante che lo sol ferisse. 33
Per entro sé
l’etterna margarita
ne ricevette, com’acqua recepe
raggio di luce permanendo unita. 36
Discepolo sembra di essere ricoperto
da una nube lucida, spessa, solida e pulita, simile ad un diamante
colpito dal sole. L’eterna
margarita
(dal greco ‘margarites’ =perla) accoglie lui e Beatrice come l’acqua che
riceve un raggio di luce pur restando unita.
Nella Kabbalah la Sephirah Yesod (=
il Fondamento) che corrisponde alla Luna, la Perla che accoglie ora
Dante, è detta ‘l’Intelligenza Pura’, essa trasmette tutta l’energia
delle Sephiroth superiori alla Sephirah
Malkuth
(il Regno). L’esperienza spirituale che le compete è ‘la visione del
meccanismo dell’Universo’; il nome Divino a lei attribuito è: ‘Shaddai
El Chai’, L’Onnipotente Dio Vivente; ricordiamo che il Signore ha detto
a Mosé che con tale Nome si è
manifestato
ad Abramo, Isacco e Giacobbe… (Esodo 6,3).
S’io era
corpo, e qui non si concepe
com’una dimensione altra patio,
ch’esser convien se corpo in corpo repe, 39
accender ne dovria
più il disio
di veder quella essenza in che si vede
come nostra natura e Dio s’unio. 42
io ero col corpo fisico, e sulla
terra non si concepisce come una dimensione possa riceverne un’altra, il
che avviene se un corpo entra in un altro, ciò dovrebbe suscitare ancora
di più il desiderio di conoscere quell’Essenza (del Cristo) in cui la
natura umana e la Divina sono unite.
Lì si vedrà ciò che tenem per fede,
non dimostrato, ma fia per sé noto
a guisa del ver primo che l’uom crede. 45
Io rispuosi:
"Madonna, sì devoto
com’esser posso più, ringrazio lui
lo qual dal mortal mondo m’ ha remoto. 48
nell’Essenza Cristica, vedremo quello
che crediamo per fede, non dimostrato, ma comprensibile come ciò in cui
si crede perché innato. Intanto il Nostro risponde all’invito di
Beatrice: “Mia Signora, con la massima devozione ringrazio Colui che mi
ha allontanato dal
mortal
mondo
(del peccato)…”
Con lo sviluppo o fioritura del
centro Daath, il centro Cristico, l’Iniziato ha la diretta conoscenza
della duplice natura dell’uomo (“Voi siete dèi” - dal vangelo di
Giovanni 10,34 - citazione del Salmo 81,6) ma per poter giungere a tanto
deve diventare
remoto
del
mortal mondo,
come Dante.
Ma ditemi: che son li segni bui
di questo corpo, che là giuso in terra
fan di Cain favoleggiare altrui?". 51
Ella sorrise
alquanto, e poi "S’elli erra
l’oppinïon", mi disse, "d’i mortali
dove chiave di senso non diserra, 54
certo non ti dovrien
punger li strali
d’ammirazione omai, poi dietro ai sensi
vedi che la ragione ha corte l’ali. 57
Ma spiegatemi che cosa sono le
macchie scure su questo astro (la Luna) che sulla Terra fanno raccontare
agli uomini la favola di Caino” (Si credeva che nelle macchie lunari si
potesse scorgere l’ombra del primo omicida condannato a portare in
eterno un fascio di spine -cfr. inf. XX, v. 126). Beatrice sorride e poi
gli risponde:
“L’opinione dei mortali che non si basa sulla conoscenza commette
errori, e tu non te ne dovresti più meravigliare, perché già sai che la
ragione che segue i sensi non va lontano…”
Le macchie della Luna (per noi solo
zone d’ombra dovute ad avvallamenti della sua superficie) vengono
definite da Dante
segni bui
a cui la credenza popolare assegna un significato negativo, ma Beatrice
sorride di tale credenza e la bolla come una opinione
errata, perché
basata sui sensi: gli occhi vedono ‘ombre’ e l’immaginazione inventa
realtà che non esistono.
Ma dimmi quel che tu da te ne pensi
E io: "Ciò che n’appar qua sù diverso
credo che fanno i corpi rari e densi". 60
Ed ella: "Certo
assai vedrai sommerso
nel falso il creder tuo, se bene ascolti
l’argomentar ch’io li farò avverso. 63
Piuttosto dimmi il tuo pensiero al
riguardo”. E Dante a Lei: “Io credo sia la diversa densità dei corpi a
far apparire a noi sulla terra (tale fenomeno)” e Lei: “Ascoltandomi,
subito capirai che la tua opinione è totalmente sbagliata…”
La spera ottava vi
dimostra molti
lumi, li quali e nel quale e nel quanto
notar si posson di diversi volti. 66
Se raro e denso ciò
facesser tanto,
una sola virtù sarebbe in tutti,
più e men distributa e altrettanto. 69
L’ottavo cielo (delle Stelle fisse)
mostra molte stelle di diverso aspetto qualitativo e quantitativo. Se
dipendesse solo dalla densità, in tutte ci sarebbe una sola
virtù
(qualità) in differente quantità…”
Virtù diverse esser convegnon frutti
di princìpi formali, e quei, for ch’uno,
seguiterieno a tua ragion distrutti. 72
Ancor, se raro fosse
di quel bruno
cagion che tu dimandi, o d’oltre in parte
fora di sua materia sì digiuno 75
esto pianeto, o, sì
come comparte
lo grasso e ’l magro un corpo, così questo
nel suo volume cangerebbe carte. 78
Ma le differenti
virtù
(qualità delle stelle) derivano da diversi
principi che, secondo il tuo ragionamento, sarebbero annullati tutti
all’infuori di uno. Inoltre se la rarefazione fosse la causa delle
macchie, avremo due possibilità; la prima: la rarefazione si estende da
una parte all’altra nel pianeta (formando dei buchi); la seconda: la
rarefazione interessa solo alcuni strati, e allora il pianeta sarebbe
fatto a fogli (come un libro) …”
Se ’l primo fosse, fora manifesto
ne l’eclissi del sol, per trasparere
lo lume come in altro raro ingesto. 81
Questo non è: però è
da vedere de
l’altro; e s’elli avvien ch’io l’altro cassi,
falsificato fia lo tuo parere. 84
Nel primo caso, durante l’eclissi, la
luce del sole dovrebbe passare attraverso i buchi, ma ciò non si
verifica; allora esaminiamo l’altro caso, e se anche questo viene
confutato, allora la tua opinione risulterà errata…”
S’elli è che questo raro non trapassi,
esser conviene un termine da onde
lo suo contrario più passar non lassi; 87
e indi l’altrui
raggio si rifonde
così come color torna per vetro
lo qual di retro a sé piombo nasconde. 90
Se la rarefazione non passa da parte
a parte ci deve essere un punto in cui la luce si ferma e viene riflessa
come succede con lo specchio…”
Or dirai tu ch’el si dimostra tetro
ivi lo raggio più che in altre parti,
per esser lì refratto più a retro. 93
Da questa instanza
può deliberarti
esperïenza, se già mai la provi,
ch’esser suol fonte ai rivi di vostr’arti. 96
Ora tu obietterai che il raggio
appare più scuro perché proviene da un punto più interno; di questa
obiezione puoi liberarti, se vorrai farlo, con uno dei vostri
esperimenti scientifici…”
Tre specchi prenderai; e i due rimovi
da te d’un modo, e l’altro, più rimosso,
tr’ambo li primi li occhi tuoi ritrovi. 99
Rivolto ad essi, fa
che dopo il dosso
ti stea un lume che i tre specchi accenda
e torni a te da tutti ripercosso. 102
Prendi tre specchi e mettine due alla
stessa distanza da te, l’altro più lontano in mezzo agli altri due.
Rivolto verso di loro, fa che una luce alle tue spalle li illumini e
riflessa, torni a te…”
Ben che nel quanto tanto non si stenda
la vista più lontana, lì vedrai
come convien ch’igualmente risplenda. 105
Or, come ai colpi de
li caldi rai
de la neve riman nudo il suggetto
e dal colore e dal freddo primai, 108
così rimaso te ne
l’intelletto
voglio informar di luce sì vivace,
che ti tremolerà nel suo aspetto. 111
Benché l’immagine riflessa dallo
specchio più lontano sia più piccola, qualitativamente la luce riflessa
ha la stessa intensità degli altri due specchi più vicini. Ed ora,
poiché la tua mente ha lasciato l’errore come la neve che sotto i raggi
del sole (divenendo acqua) perde il candore e il freddo, adesso io
voglio illuminarti tanto da farti risplendere…”
Dentro dal ciel de la divina pace
si gira un corpo ne la cui virtute
l’esser di tutto suo contento giace. 114
Lo ciel seguente, c’
ha tante vedute,
quell’esser parte per diverse essenze,
da lui distratte e da lui contenute. 117
All’interno del cielo della Pace
divina (Empireo, cielo immobile) gira una sfera (nono cielo, detto Primo
Mobile) che dà vita a tutto ciò che contiene. Il cielo successivo
(l’ottavo cielo, delle stelle fisse) distribuisce quella vita (alle
stelle) in diverse essenze, suddivise e contenute in lui…”
Li altri giron per varie differenze
le distinzion che dentro da sé hanno
dispongono a lor fini e lor semenze. 120
Questi organi del
mondo così vanno,
come tu vedi omai, di grado in grado,
che di sù prendono e di sotto fanno. 123
Gli altri cieli, attraverso varie
differenze, indirizzano le proprie diversità ai loro fini e ai loro
influssi. Come puoi vedere questi organi (dell’universo) di grado in
grado sono passivi rispetto all’alto e attivi rispetto al basso…”
La descrizione dei rapporti tra i
vari cieli e la loro gerarchia a scendere (di
sù prendono e di sotto fanno)
ricorda proprio il glifo cabalistico: in Atziluth, il mondo Archetipale
o Causale, che corrisponde al Paradiso dantesco,
le
dieci Sante Sephiroth,
si manifestano
attraverso i Santi Nomi e
procedono l’
una dall’altra per ‘Emanazioni’ così da Kether (la Corona) emana Chokmah
(la Saggezza), da Chokmah emana Binah (la Comprensione), da Binah emana
Daath (la Coscienza), ecc. ed ogni Sephirah
risulta
passiva rispetto alla precedente e attiva rispetto alla seguente.
Riguarda bene omai sì com’io vado
per questo loco al vero che disiri,
sì che poi sappi sol tener lo guado. 126
Lo moto e la virtù
d’i santi giri,
come dal fabbro l’arte del martello,
da’ beati motor convien che spiri; 129
e ’l ciel cui tanti
lumi fanno bello,
de la mente profonda che lui volve
prende l’image e fassene suggello. 132
Ora osserva come io arrivo alla
verità a cui aspiri, così poi saprai farlo da te. Il moto e la virtù
delle sante sfere deriva dai
motori beati
(dagli angeli che operano nel Primo Mobile) come l’arte del martello
deriva dal fabbro. E il cielo che è abbellito da tante stelle (l’ottavo)
riceve l’impronta dall’alta intelligenza angelica che lo fa muovere e se
ne fa sigillo (per i cieli sottostanti)…”
E come l’alma dentro a vostra polve
per differenti membra e conformate
a diverse potenze si risolve, 135
così l’intelligenza
sua bontate
multiplicata per le stelle spiega,
girando sé sovra sua unitate. 138
E come l’anima dentro i vostri corpi
si manifesta in membra diverse adatte a facoltà diverse, così
l’intelligenza angelica (che muove le stelle) dispiega attraverso di
esse la sua bontà, pur
girando nella
propria sostanziale unità…”
Virtù diversa fa diversa lega
col prezïoso corpo ch’ella avviva,
nel qual, sì come vita in voi, si lega. 141
Per la natura lieta
onde deriva,
la virtù mista per lo corpo luce
come letizia per pupilla viva. 144
Le diverse virtù angeliche che si
trasfondono
nei cieli si
mescolano in modo diverso con la materia a cui danno vita, così come la
vita si trasfonde nel corpo umano. A causa della felicità da cui deriva,
la virtù mescolata alla stella riluce come la gioia in un occhio
luminoso…”
Da essa vien ciò che da luce a luce
par differente, non da denso e raro;
essa è formal principio che produce, 147
conforme a sua
bontà, lo turbo e ’l chiaro".
“…Da questa influenza (spirituale) e
non da densità o rarefazione deriva la differenza tra stella e stella.
Questa è la causa che, a seconda della sua potenza, produce l’oscurità e
la luminosità…”
La
questione delle macchie lunari è tutta basata su questo dilemma: se la
qualità è riducibile o no alla quantità (come si avrebbe se la maggior o
minore densità producesse la differenza nelle apparenze).
Beatrice
spiega al suo Fedele che la diversa luminosità deriva da Virtù
Essenziali, da Influssi qualitativamente diversi e che le macchie non
hanno una causa ‘fisica’ ma spirituale.
Viene qui messo in evidenza che (come
il vero Potere e il vero Amore) la vera Sapienza
proviene
dall’Alto, dal Piano Divino (Atzilutico) e che tentare di giungere alla
conoscenza partendo dalla materia, come fa la scienza umana, è assai
faticoso e spesso conduce all’errore.
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