PARADISO - CANTO XXVIII
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Poscia che
’ncontro a la vita presente
d’i miseri mortali aperse ’l
vero
quella che ’mparadisa la mia mente, 3
come in lo specchio fiamma di doppiero
vede colui che se n’alluma
retro,
prima che l’abbia in vista o in
pensiero, 6
e
sé rivolge per veder se ’l vetro
li dice il vero, e vede
ch’el s’accorda
con esso come nota con suo
metro; 9
così la mia memoria si ricorda
ch’io feci riguardando ne’
belli occhi
onde a pigliarmi fece Amor la
corda. 12
(Beatrice), colei che
rende beata la mente, ha rivelato al Nostro la verità sui poveri
(peccatori) mortali (canto XXVII vv. 121-141), e Dante ora riguardandoLa
nei begli occhi, con i quali fu catturato da Amore, fa come quello che,
vedendo allo specchio la fiamma di una torcia che gli sta alle spalle,
si volge indietro per controllarne la realtà, e scopre che essa è
identica all’immagine, come una nota alla sua misura.
E com’ io
mi rivolsi e furon tocchi
li miei da ciò che pare in
quel volume,
quandunque nel suo giro ben
s’adocchi, 15
un
punto vidi che raggiava lume
acuto sì, che ’l viso
ch’elli affoca
chiuder conviensi per lo forte
acume; 18
e
quale stella par quinci più poca,
parrebbe luna, locata con
esso
come stella con stella si collòca. 21
Avendo notato
(negli occhi di Beatrice) un Punto luminosissimo, Dante dunque si volge
indietro e vede un Punto piccolissimo, ma così accecante che è costretto
a chiudere gli occhi; Esso è tanto piccolo che la stella più piccola a
paragone sembrerebbe una luna.
Il Nostro che nel canto precedente ha
visto salire nell’Empireo gli spiriti trionfanti come in una nevicata
all’insù; che ha poi guardato negli occhi della sua Donna ed è stato
rapito dal Suo sguardo nel nono cielo, Cristallino o Primo Mobile (che
abbiamo fatto corrispondere alla Sephirah Superna Chockmah = Sapienza),
ecco che ora, dopo
averlo visto negli occhi di Beatrice, scorge in questo cielo
infinitamente grande, perché il più ampio rispetto agli altri otto che
circondano la terra e il Purgatorio, un Punto
acuto
(dal latino ‘acutus’ = aguzzo, pungente)
infinitamente piccolo, che è il Principio dell’Essere. Con questa
descrizione e con quelle che seguono sui cerchi di luce che Gli ruotano
intorno, egli tenta di farci intuire il concetto della ‘coniunctio
oppositorum’ in cui gli opposti riescono ad armonizzare e ad unificarsi
in Ciò che in termini umani è impensabile.
Forse cotanto quanto pare
appresso
alo cigner la luce che ’l dipigne
quando ’l vapor che ’l porta
più è spesso, 24
distante intorno al punto un cerchio d’igne
si girava sì ratto, ch’avria
vinto
quel moto che più tosto il mondo
cigne; 27
e
questo era d’un altro circumcinto,
e quel dal terzo, e ’l terzo
poi dal quarto,
dal quinto il quarto, e poi
dal sesto il quinto. 30
Un cerchio di fuoco,
simile all’alone che circonda un astro quando c’è la nebbia, gira
intorno a quel Punto tanto veloce da superare il movimento del Primo
Mobile, poi intorno ad esso gira un secondo cerchio, e poi un terzo, e
poi un quarto, un quinto e un sesto.
Sopra
seguiva il settimo sì sparto
già di larghezza, che ’l
messo di Iuno
intero a contenerlo sarebbe arto. 33.
Così l’ottavo e ’l nono; e
chiascheduno
più tardo si movea, secondo ch’era
in numero distante più da
l’uno; 36
e
quello avea la fiamma più sincera
cui men distava la favilla
pura,
credo, però che più di lei
s’invera. 39
Al di sopra del sesto vi è un settimo
cerchio, ma così ampio che il messaggero di
Iuno
(= di Giunone, cioè Iride, l’Arcobaleno) non potrebbe contenerlo. Poi vi
è un ottavo e un nono cerchio; man mano i cerchi si allontanano dal
primo sono più ampi, ma più lenti e meno luminosi, perché più distanti
dalla Vera Luce, dalla
favilla pura.
La donna mia, che mi vedëa
in cura
forte sospeso, disse: «Da quel punto
depende il cielo e tutta la
natura. 42
Mira quel cerchio che più li è congiunto;
e sappi che ’l suo muovere è
sì tosto
per l’affocato amore ond’ elli è
punto». 45
Beatrice vedendo il suo Discepolo
tutto assorto e dubbioso gli dice: “Da quel Punto dipende il Cielo e
tutta la Natura. Guarda il cerchio che Gli è più vicino; il suo
movimento è così veloce perché è provocato dall’Amore ardente”.
A buon motivo Dante è
sospeso in cura forte:
come comprendere l’inintelligibile? Ed ecco che l’Intuizione lo
soccorre, spiegandogli che
il
cielo e tutta la natura,
cioè ‘tutto’, ma proprio ‘tutto’ dipende da quel
Punto:
che
la
creazione dipende dall’Amore
affocato per ‘Quello’
che muove (punge) il primo cerchio di luce.
E io a lei: «Se ’l mondo fosse posto
con l’ordine ch’io veggio in
quelle rote,
sazio m’avrebbe ciò che m’è
proposto; 48
ma
nel mondo sensibile si puote
veder le volte tanto più
divine,
quant’ elle son dal centro più
remote. 51
Onde, se ’l mio disir dee aver fine
in questo miro e angelico
templo
che solo amore e luce ha per
confine, 54
udir convienmi ancor come l’essemplo
e l’essemplare non vanno
d’un modo,
ché io per me indarno a ciò
contemplo». 57
E Dante a Lei: “Se nel mondo ci
fosse lo stesso ordinamento che vedo qui, sarei soddisfatto di ciò che
ho appreso, ma nel mondo sensibile si possono vedere i cieli tanto più
veloci quanto più sono distanti dal centro (la terra). Per cui se il mio
desiderio (di conoscenza) deve essere appagato in questo mirabile Tempio
tutto di luce e amore (l’Empireo), occorre che io ascolti ancora
(istruzioni) sul perché modello e copia non sono simili: da solo non ci
arrivo”.
Il Discepolo
ha notato che la copia (il mondo sensibile) e il modello (mondo
spirituale) non si comportano allo stesso modo e vuole capire il perché.
«Se
li tuoi diti non sono a tal nodo
sufficïenti, non è
maraviglia:
tanto, per non tentare, è fatto
sodo!». 60
Così la donna mia; poi disse: «Piglia
quel ch’io ti dicerò, se
vuo’ saziarti;
e intorno da esso t’assottiglia. 63
Li
cerchi corporai sono ampi e arti
secondo il più e ’l men de
la virtute
che si distende per tutte lor
parti. 66
E la sua Donna a lui: “Se le tue dita
non sono capaci di sciogliere questo nodo non deve meravigliarti: il
nodo è diventato così stretto perchè nessuno ha tentato di scioglierlo!
Ma ascolta ciò che ti dico e meditaci su. I cieli materiali sono più o
meno ampi a causa del differente grado di virtù che li pervade...”
I cieli più vicini alla terra sono più
lenti e meno ampi perché più lontani dall’Empireo dove risiede la
Divinità con la Sua Corte. Ma i concetti di ‘lontano’ e ‘vicino’,
‘lento’ e ‘veloce’ sono relativi allo spazio-tempo e poiché l’Empireo è
fuori dello spazio-tempo, questi termini vanno intesi simbolicamente,
come ‘aiuti’, ‘spinte’, per farci intuire quello che altrimenti sarebbe
per noi inintelligibile.
Riportiamo
qui la definizione di ‘simbolo’ di Henry Corbin (‘L’immaginazione
creatrice’ pag. 15 ed. La Terza): ‘Il ‘simbolo’ annuncia un livello di
coscienza ‘altro’ rispetto all’evidenza razionale; esso è la cifra di un
mistero, il solo modo di esprimere ciò che non può essere appreso
altrimenti; esso non è mai spiegato una volta per tutte...’.
Maggior bontà vuol far
maggior salute;
maggior salute maggior corpo
cape,
s’elli ha le parti igualmente
compiute. 69
Dunque costui che tutto quanto rape
l’altro universo seco,
corrisponde
al cerchio che più ama e che più
sape: 72
per
che, se tu a la virtù circonde
la tua misura, non a la
parvenza
de le sustanze che t’appaion
tonde, 75
tu
vederai mirabil consequenza
di maggio a più e di minore
a meno,
in ciascun cielo, a süa
intelligenza». 78
“...Maggior Virtù (di
esercitare influssi) opera maggior influssi positivi, maggior ampiezza
se il corpo è perfetto, vuol dire maggior virtù. Perciò questo cielo (il
Primo Mobile) che fa muovere tutto l’universo, corrisponde al cerchio
che più ama e che è più sapiente (essendo il più vicino alla Divinità);
quindi se tu consideri la (sua) Virtù e non la grandezza apparente,
vedrai la corrispondenza in ogni cielo da maggiore a maggiore e da
minore a minore a seconda dell’intelligenza (maggiore o minore per
Virtù).”
l’Intuizione
(Betrice) cerca di far capire alla personalità (Dante) che ciò che vede
ora nel nono cielo sono le luci delle gerarchie angeliche, che
influenzano i vari cieli sottostanti e sono tanto più veloci e potenti
quanto più sono vicini al Punto luminosissimo centrale. Tuttavia Quel
Punto, che è infinitamente piccolo, è in realtà anche infinitamente
grande, per cui le luci a Lui più vicine, più veloci e più potenti (che
più amano e perciò sono più sapienti e più Gli somigliano), sono insieme
le più piccole e le più grandi, in un Mondo Spirituale, Atzilutico,
fuori del tempo e dello spazio.
Come rimane splendido e
sereno
l’emisperio de l’aere, quando soffia
Borea da quella guancia ond’
è più leno, 81
per
che si purga e risolve la roffia
che pria turbava, sì che ’l
ciel ne ride
con le bellezze d’ogne sua
paroffia; 84
così fec’ïo, poi che mi provide
la donna mia del suo
risponder chiaro,
e come stella in cielo il
ver si vide. 87
Come l’aere rimane limpido e sereno quando
Borea
(= dal greco ‘boo’ = schiamazzo e ‘reo’ = scorro), il vento maestrale,
soffia dalla parte dove è più mite, per cui le nuvole che prima lo
turbavano, spariscono, ed esso appare splendente in ogni sua parte (paroffia
= parrocchia = settore), così fa Dante alle chiare parole della sua
Signora, che gli hanno mostrato il vero (chiaro) come una stella in
cielo.
Quello che si comprende intuitivamente non
necessita di astrusi ragionamenti o di dimostrazioni infarcite di parole
complicate, lo si vede nella Verità; e allora la mente appare come
l’emisperio dell’aere
splendido e sereno
dopo che il vento (una forza purificatrice) ha spazzato via le nubi (i
pensieri inutili).
E poi che le parole sue
restaro,
non altrimenti ferro disfavilla
che bolle, come i cerchi
sfavillaro. 90
L’incendio suo seguiva ogne scintilla;
ed eran tante, che ’l numero
loro
più che ’l doppiar de li scacchi
s’inmilla. 93
Io sentiva
osannar di coro in coro
al punto fisso che li tiene
a li ubi,
e terrà sempre, ne’ quai sempre
fuoro. 96
Quando Beatrice cessa di
parlare, i cerchi di luce mandano faville come il ferro incandescente.
Ogni scintilla (ogni angelo) segue il suo cerchio e sono tante (migliaia
di migliaia): il numero che si ottiene raddoppiando progressivamenti un
numero per ognuna delle (64) caselle di una scacchiera. Dante ode il
canto di ‘Osanna’ ( = dall’ebraico ‘hoshi’ah-nna’ = salvaci) risuonare
di coro in coro verso il Punto (di luce) che da sempre e per sempre li
avvince là (per Amore).
Agli
sfavillanti cerchi di luce del nono cielo o Primo Mobile, possiamo far
corrispondere le varie Sephiroth dell’Albero della Sephirah Chockmah, la
Sapienza, del Piano Atzilutico dantesco. Il numero di queste luci
(angeli) un multiplo (migliaia di migliaia) di 64, ci riporta ai 64
esagrammi del testo taoista I King (King = Libro, I = Mutamenti; v. in
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I King e Kabbalah) in un’esplosione di Alberi Archetipali nelle loro
illimitate sfaccettature; e tutte queste infinite luci glorificano con
il loro ‘Osanna’ il ‘Punto luminosissimo’, la Scintilla Divina in Dante.
E quella che vedëa i pensier
dubi
ne la mia mente, disse: «I cerchi
primi
t’hanno mostrato Serafi e Cherubi. 99
Così veloci seguono i suoi vimi,
per somigliarsi al punto
quanto ponno;
e posson quanto a veder son
soblimi. 102
Quelli altri amori che ’ntorno li vonno,
si chiaman Troni del divino
aspetto,
per che ’l primo ternaro
terminonno; 105
e
dei saper che tutti hanno diletto
quanto la sua veduta si
profonda
nel vero in che si queta ogne
intelletto. 108
E
Colei che vede ogni pensiero e dubbio nella mente dell’Amato gli dice:
“I primi cerchi (del nono e ottavo cielo) sono quelli dei
Serafini
(= dall’ebraico ‘seraph = risplendere) e dei
Cherubini (=
dall’ebraico ‘kerub’ = principe), essi seguono velocissimi l’Oggetto a
cui sono legati per Amore
(vimi
dal latino vimen = giunco, legame), per somigliarGli quanto più possono;
e possono tanto quanto sono sublimi a vedersi. Quegli altri amori che
girano a loro intorno (del settimo cielo) dall’aspetto divino, sono
chiamati
Troni
(= dal sanscrito dharana = sostegno) e terminano la prima terna (il
primo triplice ordine); devi sapere che la loro beatitudine è
proporzionale alla visione che hanno della Verità in cui ogni intelletto
si placa...
Le Gerarchie Angeliche della prima terna che
Beatrice nomina sono quelle relative al nono cielo, dei
Serafini (i
Risplendenti), che governano la Sephirah Chockmah (la Sapienza); quelle
relative all’ottavo cielo, dei
Cherubini (i Principi),
che governano la Sephirah Binah (la Comprensione); quelle relative al
settimo cielo, dei
Troni
(i Sostegni), che governano la Sephirah Daath. Ricordiamo (v. canto XXVI
commento ai vv. 124-132) che nell’Albero ‘Chockmah – Binah – Daath’
formano il triangolo Superno, spirituale, riguardante le forze creative.
Quinci si può veder come si
fonda
l’esser beato ne l’atto che vede,
non in quel ch’ama, che
poscia seconda; 111
e
del vedere è misura mercede,
che grazia partorisce e
buona voglia:
così di grado in grado si
procede. 114
“... Da ciò che ho detto puoi
dedurre che la beatitudine dipende dal ‘vedere’ e non dall’ ‘amare’, che
viene secondo; e la visione è in proporzione al merito che deriva dalla
grazia e dalla buona volontà e così si procede di grado in grado...”
Beatrice poi specifica che la beatitudine ha il suo
fondamento nell’atto
che vede, vale a dire
che essa ha la sua sede in Daath, e non in
quel ch’ama cioè non in
Tiphereth, perché questa Sephirah viene ‘dopo’, infatti Tiphereth fa
parte della secondo triangolo dell’Albero.
L’altro ternaro, che così
germoglia
in questa primavera sempiterna
che notturno Arïete non
dispoglia, 117
perpetüalemente ’Osanna’ sberna
con tre melode, che suonano
in tree
ordini di letizia onde s’interna. 120
In
essa gerarcia son l’altre dee:
prima Dominazioni, e poi
Virtudi;
l’ordine terzo di Podestadi èe. 123
“...La seconda terna che germoglia in questa eterna primavera, che non
conosce autunno (sulla terra in autunno la costellazione dell’Ariete
si vede di notte), canta in perpetuo ‘Osanna’
(= salvaci) con tre melodie che risuonano nei tre ordini di cui è
composta: Dominazioni
(dal latino ‘dominus’ = signore),
Virtudi
(dal latino ‘virtus’ = valore),
Podestadi
(= dal latino ‘potestas’ = potere) gerarchie angeliche del sesto, quinto
e quarto cielo...”
Le Gerarchie Angeliche della seconda terna che
Beatrice nomina sono quelle relative al sesto cielo, delle
Dominazioni
(le Signorie), che governano la Sephirah Chesed (la Giustizia); quelle
relative al quinto cielo, delle
Virtù
(le Valorose), che governano la Sephirah Geburah (la Forza); quelle
relative al quarto cielo, delle
Podestati (le Potenti),
che governano la Sephirah Tiphereth (la Bellezza). Ricordiamo che
nell’Albero ‘Chesed – Geburah – Tiphereth’ formano il triangolo etico,
mentale, riguardante le forze governative.
Poscia ne’ due penultimi
tripudi
Principati e Arcangeli si girano;
l’ultimo è tutto d’Angelici
ludi. 126
Questi ordini di sù tutti s’ammirano,
e di giù vincon sì, che
verso Dio
tutti tirati sono e tutti tirano. 129
“...Poi nei due penultimi cerchi danzanti (tripudi,
dal latino ‘tripudium’ = danza a tre tempi) ruotano i
Principati (dal
sanscrito ‘prathamas’ = primo) e gli
Arcangeli (= angeli
superiori); nell’ultimo (cerchio) gioiscono gli
Angeli
(= dal greco ‘angelos’ = messaggero celeste). Tutte queste gerarchie
sono deferenti verso l’alto (inferiori) e riveriti dal basso
(superiori), per cui tutti sono attratti dalla Divinità e tutti attirano
a Lei.
Le Gerarchie Angeliche della terza terna che
Beatrice nomina sono quelle relative al terzo cielo, dei
Principati
(i Primi), che governano la Sephirah Netzach (la
Vittoria); quelle relative al secondo cielo, degli
Arcangeli (i
Superiori), che governano la Sephirah Hod (lo Splendore); infine quelle
relative al primo cielo, degli
Angeli (i Messaggeri),
che governano la Sephirah Yesod (il Fondamento). Ricordiamo che
nell’Albero ‘Netzach –Hod – Yesod’ formano il triangolo onirico,
astrale, riguardante le forze inconsce. Tutte le Gerarchie, come le
Sephioth che governano, sono passive verso l’alto e attive verso il
basso.
E Dïonisio con tanto disio
a contemplar questi ordini
si mise,
che li nomò e distinse com’ io. 132
Ma
Gregorio da lui poi si divise;
onde, sì tosto come li occhi
aperse
in questo ciel, di sé medesmo
rise. 135
E
se tanto secreto ver proferse
mortale in terra, non voglio
ch’ammiri:
ché chi ’l vide qua sù gliel
discoperse 138
con
altro assai del ver di questi giri».
“...
E s. Dionigi (= il gioioso, Areopagita, v. Paradiso canto X vv. 115-117,
considerato autore di un trattato sugli angeli, a lui attribuito
erroneamente) ha contemplato queste Gerarchie con tale desiderio, da
nominarle e distinguerle proprio così.
Poi s. Gregorio (=
sveglio, Magno; 540-604) ha proposto un ordinamento diverso, ma giunto
qui (in Paradiso, vedendo il suo errore) ha certamente sorriso di se
stesso. E non devi meravigliarti se un tale segreto è stato rivelato da
un mortale, perché chi ha visto qui tale ordinamento celeste (s. Paolo:
2 Corinzi 12, 1-5) glielo ha svelato insieme ad altre verità relative a
questi cieli.
Per la
tranquillità nostra e dei nostri 4 lettori diciamo subito che sui nomi e
le attribuzioni delle gerarchie angeliche ai vari cieli, come s.
Gregorio e s. Dionigi, anche i vari Maestri Kabbalisti (e i loro testi)
non dicono proprio le stesse cose. Noi pensiamo semplicemente che ogni
mistico possa sperimentare il suo Mondo Spirituale solo in modo
soggettivo e che possa conoscere della Verità solo quella scintilla che
gli è dato di conoscere in relazione ai suoi limiti umani; perciò la sua
Verità,
pur essendo ‘vera’, è
solo una parziale Verità che pur vissuta, non è che parzialmente e
imperfettamente narrabile a chi non ha avuto esperienze similari, e
siamo convinti che questo valga per i mistici di ogni religione e di
ogni tempo. Riportiamo qui le parole di s. Paolo della Lettera a cui
Dante fa riferimento (2 Cor. 12, 1-5): ‘Bisogna vantarsi? Ma ciò non
conviene! Pur tuttavia verrò alle visioni e alle rivelazioni del
Signore. Conosco un uomo (sta parlando si sé) in Cristo che 14 anni fa –
se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino
al terzo cielo (= Paradiso, dopo l’atmosfera terrestre e il cielo degli
astri). E so che quest’uomo – se con il corpo o senza corpo non lo so,
lo sa Dio – fu rapito in Paradiso e udì parole indicibili che non è
lecito ad alcuno pronunziare. Di lui mi vanterò! Di me stesso invece non
mi vanterò fuorché delle mie debolezze.’
Pe quanto
riguarda la relatività della Verità a livello umano v. in
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cineforum ns/ commento alla commedia di Pirandello: ‘Così è se vi pare’.
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