PARADISO - CANTO XXIX
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Quando
ambedue li figli di Latona,
coperti del Montone e de la
Libra,
fanno de l’orizzonte insieme zona, 3
quant’ è dal punto che ’l cenìt inlibra
infin che l’uno e l’altro da
quel cinto,
cambiando l’emisperio, si dilibra, 6
tanto, col volto di riso dipinto,
si tacque Bëatrice,
riguardando
fiso nel punto che m’avëa vinto. 9
Quando i due
figli (Apollo, Sole e Diana, Luna) di
Latona (= dal greco
‘latin’ essere nascosto), congiunti rispettivamente al segno del
Montone
(Ariete) e della
Libra
(Bilancia) si trovano insieme sulla linea dell’orizzonte, per quanto
tempo‘l
cenit
(lo zenit =
dall’arabo ‘samt’ = la direzione in alto) li mantiene in equilibrio,
finché cambiano emisfero (l’uno per tramontare e l’altra per
sorgere), per lo stesso tempo (un attimo)
Beatrice
tace, guardando fisso il Punto che ha abbagliato il suo Discepolo.
In questi versi
il Nostro ci offre un insegnamento relativo ‘ai figli di
Latona’
quindi
‘nascosto’, ‘se-creto’ (dal latino ‘secernere’ = estratto dal Sé) molto
simile a quello suggerito nello Vijnanabhairava (testo dello shivaismo
tantrico): quando i figli di
Latona (Sole e Luna),
che possiamo omologare al respiro che entra e quello che esce
(inspirazione ed espirazione), sono in perfetto equilibrio, proprio in
quell’attimo in cui stanno per mutarsi l’uno nell’altra (uno sorge e
l’altro tramonta), ‘Lì’,
Beatrice
(l’Intuizione) guardi fisso il Punto che abbaglia.
Riportiamo
qui le tecniche dello ‘Vijnanabhairava’ citato
(v.ns/ riduzione teatrale in
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copioni):
‘1-
O Radiosa, questa
esperienza può aleggiare tra due respiri, dopo che il respiro è entrato
giù e prima che fuoriesca su. Nel cuore è lo stato Onnicomprensivo. 2-
Quando il respiro
cambia direzione, nella svolta, sii Conspevole, lì Realizza. 3-
Nel momento in cui il
respiro si fa sottile, e il pensiero sospende il suo divenire, si invera
l'Attimo. 4- Quando il soffio vitale è trattenuto all'andata o al
ritorno, lì sei Pacificata’.....
Poi
cominciò: «Io dico, e non dimando,
quel che tu vuoli udir,
perch’ io l’ho visto
là ’ve s’appunta ogne ubi e
ogne quando. 12
Non
per aver a sé di bene acquisto,
ch’esser non può, ma perché
suo splendore
potesse, risplendendo, dir
"Subsisto", 15
in
sua etternità di tempo fore,
fuor d’ogne altro
comprender, come i piacque,
s’aperse in nuovi amor
l’etterno amore. 18
E poi inizia a
dire: “Io rispondo alle tue domande senza chiederti ciò che vuoi sapere,
perché lo leggo Là dove sorgono il dove e il quando. Nella Sua eternità,
fuori del tempo e dello spazio, e non per acquisire maggior bene, che
non è possibile, l’Amore eterno emanò altri amori (le gerarchie
angeliche), a Suo piacimento, affinché il Suo splendore, risplendendo,
potesse dire ‘Subsisto
(= esisto)’...”
Né prima quasi torpente si
giacque;
ché né prima né poscia procedette
lo discorrer di Dio sovra
quest’ acque. 21
Forma e materia, congiunte e purette,
usciro ad esser che non avia
fallo,
come d’arco tricordo tre saette. 24
E
come in vetro, in ambra o in cristallo
raggio resplende sì, che dal
venire
a l’esser tutto non è intervallo, 27
così ’l triforme effetto del suo sire
ne l’esser suo raggiò
insieme tutto
sanza distinzïone in essordire. 30
“...E non è che (Egli, l’eterno Amore) all’inizio fosse
torpente (=assopito),
perché la Sua creazione (lo
discorrer... sovra quest’acque
v. in
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Testi sacri ‘Commento alla Genesi 1, 1-26) non ebbe né un prima né un
dopo. Forma pura (Chockmah, Principio maschile, che dà origine alla
colonna della Grazia), Materia pura (Binah, Principio femminile, che dà
origine alla colonna della Severità) e la loro congiunzione (che forma
la colonna dell’Equilibrio) furono emanate senza difetti, come tre
frecce da un arco con tre corde (cfr. pure in
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Testi sacri ns/
‘Commento alla Bhagavad Gita’ 9, 10 e 14, 3-4). E come nel vetro,
nell’ambra e nel cristallo un raggio di luce entra e esce risplendente
senza intervallo di tempo, così l’effetto triplice del Signore esplose
tutto insieme nel suo esordire (nella discesa della Shekinah nelle tre
colonne dell’Albero)...”
Concreato fu ordine e
costrutto
a le sustanze; e quelle furon cima
nel mondo in che puro atto
fu produtto; 33
pura potenza tenne la parte ima;
nel mezzo strinse potenza
con atto
tal vime, che già mai non si
divima. 36
“... Insieme
alle
sustanze
(= alle gerarchie angeliche) furono creati ordine e struttura; in cima
alla creazione fu posto il
puro
atto (il mondo
Spirituale, le potenze angeliche dell’Empireo) in basso la
pura potenza
(il mondo materiale, fisico); in mezzo ai due furono posti i cieli,
unione indissolubile di
atto
e potenza.
La creazione
del mondo descritta dal Nostro ricalca proprio la struttura dell’Albero:
in alto il mondo Spirituale di Atziluth, in basso il mondo fisico di
Assiah, in mezzo i due mondi indissolubilmente legati di Briah (mentale)
e Yetzirah (astrale).
Ieronimo vi scrisse lungo
tratto
di secoli de li angeli creati
anzi che l’altro mondo fosse
fatto; 39
ma
questo vero è scritto in molti lati
da li scrittor de lo Spirito
Santo,
e tu te n’avvedrai se bene
agguati; 42
e
anche la ragione il vede alquanto,
che non concederebbe che ’
motori
sanza sua perfezion fosser
cotanto. 45
“...S.
Ieronimo
(= Nome sacro; s. Girolamo 347-420) scrisse che gli angeli furono creati
molto tempo prima del mondo, ma è scritto in molti testi ispirati dallo
Spirito Santo e tu puoi ben capirlo, e la ragione lo condivide, che non
sarebbe stato possibile lasciare i
motori senza la loro
perfezione
(l’attuazione, cioè i cieli da muovere)...”
Voler
inquadrare la Creazione divina in un ‘tempo-spazio’ che mantenga il
nostro concetto di ‘tempo-spazio’ è alquanto utopistico; nella Genesi
(idem) è detto che il Signore fece la Creazione in ‘sei giorni’, e non
si parla di Gerarchie angeliche (delle Sue Emanazioni, che di Lui fanno
parte); nella Bhagavad Gita (canto VIII, vv. 17-18) è detto: ‘Quelli che
conoscono il Giorno di Brahma, che ha la durata di mille Yuga
(lunghissimo periodo di tempo) e la notte di Brahma, che dura mille
Yuga, conoscono il Giorno e la Notte. Al venire del Giorno tutte le cose
manifeste emanano dall’Immanifesto; al sopraggiungere della Notte si
dissolvono in Quello stesso, chiamato il Non-manifesto’. Sia i ‘sei
giorni biblici’ che il ‘Giorno di Brahma’ vanno certamente intesi in
senso simbolico (per la definizione di ‘simbolo’ v. ns/ commento
Paradiso canto XXVIII, vv. 58-66), ma poiché, nella discesa della
Shekinah, il Piano Atzilutico precede gli altri, allora in un certo qual
senso, appunto ‘simbolico’, si può parlare di un ‘prima e un dopo’.
Or sai tu dove e quando
questi amori
furon creati e come: sì che spenti
nel tuo disïo già son tre
ardori. 48
Né
giugneriesi, numerando, al venti
sì tosto, come de li angeli
parte
turbò il suggetto d’i vostri
alimenti. 51
“...Ora tu
sai come, quando e dove questi
amori
(le gerarchie angeliche) furono create, quindi a tre delle tue domande è
stata data risposta. Ma subito dopo la creazione, e tu (in quello spazio
di tempo) non giungeresti a contare sino al numero venti, una parte
degli angeli (si ribellò), sconvolgendo ciò che sta sotto agli elementi
(la Terra)...”
Come già detto in precedenza
nell’Antico Testamento non si narra della ‘caduta degli angeli’ e si
parla poco anche dell’Avversario (o serpente, o Satana, o diavolo); v.
in Genesi 3, 1: ‘Il serpente era la più astuta di tutte le bestie
selvatiche...’ (idem); in Giobbe 1, 6 e ss. (v. in
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copioni ns/ relativa riduzione teatrale e interpretazione cabalistica):
‘Un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi davanti al Signore e
anche Satana andò in mezzo a loro...’; nella Sapienza 2, 24 (v. in
www.taote.it/Saggi
ns/relativo
commento): ‘Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo’
ecc.; e da questi testi opportunamente interpretati si evince che
‘l’Avversario’ è stato introdotto nella creatura proprio dal Creatore
come strumento di crescita e di evoluzione. Se si accetta la teoria
cabalistica che la ‘caduta’ o rottura dei vasi (shevirah) si è
verificata nella sephirah Geburah (la Forza) a livello del ‘mentale
razionale’ che, avendo ricevuto il ‘libero arbitrio’, per orgoglio può
opporre l’io egoico al Sé (all’Io Sono), allora la cosiddetta
‘ribellione’ può essere considerata solo un fatto personale,
interiorizzato, che riguarda ognuno di noi singolarmente. Tuttavia,
essendo l’uomo un essere sociale, e l’insieme di tanti uomini formando
una folla, quando tanti ‘io egoici’ (cioè tanti diavoli singoli) si
uniscono nel tempo (secoli e millenni), aggregando le forze dei piani
sottili (astro-mentali), allora essi formano davvero quelle ‘potenze
demoniache’ di livello planetario ‘ribelli’ che debbono essere
combattute da altrettante Potenze Angeliche.
L’altra rimase, e cominciò
quest’ arte
che tu discerni, con tanto diletto,
che mai da circüir non si
diparte. 54
Principio del cader fu il maladetto
superbir di colui che tu
vedesti
da tutti i pesi del mondo
costretto. 57
“...L’altra parte (degli angeli)
rimase (obbediente) e iniziò l’arte di far ruotare i cieli e (l’ha
fatto) con tale gioia che non ha più smesso. La causa della caduta fu il
maledetto orgoglio (hybris) di colui (Lucifero) che tu hai visto
(nell’inferno) confitto al centro della terra, dove convergono tutti i
pesi...”
Pure se
abbiamo fatto fiorire le Sephiroth dell’Albero bianco, al centro della
nostra Terra interiore c’è sempre un ‘Lucifero’ pronto a risollevare la
testa se il nostro Arcangelo Michele interiore non gli tiene il piede
sul collo e la Spada di luce puntata alla gola...
Quelli che vedi qui furon
modesti
a riconoscer sé da la bontate
che li avea fatti a tanto
intender presti: 60
per
che le viste lor furo essaltate
con grazia illuminante e con
lor merto,
sì c’hanno ferma e piena
volontate; 63
e
non voglio che dubbi, ma sia certo,
che ricever la grazia è
meritorio
secondo che l’affetto l’è aperto. 66
“... Quegli (angeli) che
vedi qui (Dante si trova nel nono cielo, Cristallino o Primo Mobile, a
cui abbiamo attribuito la Sephirah Chockmah, la Sapienza, v. canto XXVII
vv. 97-102), umilmente riconobbero di essere stati creati dalla Bontà
che li aveva resi tanto intelligenti e la loro mente fu esaltata dalla
Grazia illuminante e dal merito, per cui hanno ferma e piena volontà; e
non dubitare, è sicuro che la Grazia dona il merito in proporzione
all’amore che riceve...”
Le Gerarchie
Angeliche che governano i nove cieli descritti nel Paradiso di Dante
sono relative alle Sephiroth del suo Albero, quelle che egli ha portato
umilmente, con il merito, dalla Potenza all’ Atto, Esse sono illuminate
dalla Grazia divina e proporzionate al suo amore (di una esistenza o di
più esistenze) per il Signore...
Omai dintorno a questo
consistorio
puoi contemplare assai, se le parole
mie son ricolte, sanz’ altro
aiutorio. 69
Ma
perché ’n terra per le vostre scole
si legge che l’angelica
natura
è tal, che ’ntende e si ricorda e
vole, 72
ancor dirò, perché tu veggi pura
la verità che là giù si
confonde,
equivocando in sì fatta lettura. 75
“...Ormai, se hai accolto le mie parole, puoi comprendere senza
ulteriore aiuto molte cose di questo
consistorio (= assembea
di santi); ma poiché sulla Terra, nelle scuole, si insegna che nella
natura degli angeli ci sono qualità come intelligenza, memoria e
volontà, dirò altro, affinché tu vegga chiaramente che laggiù si fa
confusione sulla terminologia (usando parole adatte solo alle facoltà
umane).
Queste sustanze, poi che fur
gioconde
de la faccia di Dio, non volser viso
da essa, da cui nulla si
nasconde: 78
però non hanno vedere interciso
da novo obietto, e però non
bisogna
rememorar per concetto diviso; 81
sì
che là giù, non dormendo, si sogna,
credendo e non credendo
dicer vero;
ma ne l’uno è più colpa e più
vergogna. 84
“...Queste
sustanze
(gerarchie angeliche) che gioirono della visione del Signore, non si
allontanarono da Lui, a cui nulla si nasconde: perciò esse non sono
distratte da altro e non hanno bisogno di ricordare; sulla Terra si
sogna anche se non si dorme, cioè si vaneggia, sia credendo di dire il
vero, sia mentendo, nel qual caso c’è più colpa e vergogna...”
Sulla componente Spirituale (Divina) della
personalità, che è formata dalle Sephiroth Chockmah (la Sapienza), Binah
(la Comprensione) e Daath (la Coscienza), cioè sul ‘Triangolo Superno’
dell’Albero, che non può essere coinvolto nella ‘caduta’ perché al di
sopra di essa, non si può dire nulla e quello che viene detto può essere
considerato o
sogno
(vaneggiamento) o addirittura menzogna.
Voi non andate giù per un
sentiero
filosofando: tanto vi trasporta
l’amor de l’apparenza e ’l
suo pensiero! 87
E
ancor questo qua sù si comporta
con men disdegno che quando
è posposta
la divina Scrittura o quando è
torta. 90
“...Gli uomini quando fanno filosofia
non percorrono un sentiero diritto, tanto sono deviati dall’amore e
dalla cura dell’apparenza! E tuttavia questo quassù è considerato meno
grave del trascurare o distorcere la sacra Scrittura...”
‘Filosofare’
vuol dire ‘amare la Sapienza’ (Sophia = Sapienza Divina) e la
‘Filosofia’ non va d’accordo con l’amore per l’apparenza (la vanità).
Tuttavia il culto dell’apparenza, quindi la superficialità, è meno
dannoso del trascurare lo studio del Testo sacro (ignorare Sophia) o del
distorcerne il vero significato.
Non vi si pensa quanto sangue costa
seminarla nel mondo e quanto
piace
chi umilmente con essa s’accosta. 93
Per
apparer ciascun s’ingegna e face
sue invenzioni; e quelle son
trascorse
da’ predicanti e ’l Vangelio si
tace. 96
“... (In Terra) non si pensa al
sangue dei martiri, cioè a quanto sacrificio è costato diffonderla e
quanto piace (al Signore) chi ad essa si accosta con umiltà. Per
apparire, tanti si danno da fare con novità che i predicatori approvano
e intanto il Vangelo non viene divulgato...”
Un dice che la luna si ritorse
ne la passion di Cristo e
s’interpuose,
per che ’l lume del sol giù non si
porse; 99
e
mente, ché la luce si nascose
da sé: però a li Spani e a
l’Indi
come a’ Giudei tale eclissi
rispuose. 102
“...Uno dice che la Luna, durante
la passione del Cristo, tornò indietro e si frappose tra la Terra e il
Sole, cosicché la sua luce non arrivò in basso; ma mente perché
l’eclissi fu vista anche dagli Spagnoli (a ovest, a sinistra), dagli
Indiani (a est, a destra) oltre che dai Giudei (al centro)...”
‘...
Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la
terra...’v. ‘Agonia e morte di Gesù’ in
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Testi
sacri ‘Commento al vangelo di Matteo 27, 46 e ss.). Allorché nella
personalità il Cristo, l’Io Sono, Daath viene ‘crocifisso’, si fa buio e
si oscura tutto l’Albero, non solo una parte di esso: si oscura la
colonna di destra, della Grazia, quella di sinistra della Severità, e
ovviamente quella centrale dell’Equilibrio; chi vuole dimostrare o
racconta altro, o non conosce l’Albero o mente...
Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi
quante sì fatte favole per
anno
in pergamo si gridan quinci e
quindi: 105
sì
che le pecorelle, che non sanno,
tornan del pasco pasciute di
vento,
e non le scusa non veder lo
danno. 108
“...Non ci sono
tanti
Lapi
(= da ‘lapus’, contrazione di Iacopus = protetto dal Signore) e
Bindi
(= da ‘brand’ = spada), nomi comunissimi e quindi assai numerosi in
Fiorenza
(Firenze), quante fole del genere ogni anno vengono scritte e
strombazzate in giro: e così i fedeli (le
pecorelle) che non
sanno, vengono nutriti di vento e non li salva l’ignoranza...”
Abbiamo in
questi versi ancora una invettiva contro i falsi filosofi, i falsi
predicatori e i falsi sacerdoti che sfruttano l’ignoranza del popolo per
vanità e per interesse personale, e che ingannano invece di istruire.
E’questo un ennesimo rimprovero dantesco al proprio ‘Pontifex’
interiore... Neanche nel nono cielo del suo Paradiso Dante riesce a
‘perdonarlo’, cioè a perdonarsi!
Non disse Cristo al suo
primo convento:
’Andate, e predicate al
mondo ciance’;
ma diede lor verace fondamento; 111
e
quel tanto sonò ne le sue guance,
sì ch’a pugnar per accender
la fede
de l’Evangelio fero scudo e
lance. 114
“...Cristo non
disse ai suoi primi discepoli ‘Andate e predicate al mondo frottole’, ma
diede loro un vero insegnamento, e questo tanto risuonò nelle loro
bocche che
l’Evangelio
(= dal greco ‘euangelion’ = buona novella, e in senso figurato ‘verità
inconfutabile’) divenne
scudo
(= da radice indo europea ‘sku’ = coprire, proteggere) e
lancia
(da radice ‘lak’ = lacerare, colpire) nella lotta per accendere la
fede...”
La componente marziana di Dante trasforma il
Vangelo (la Nuova Verità) in arma da guerra (ovviamente santa), ma se il
nemico è l’io egoico allora ben venga lo
scudo
per proteggersi e la
lancia
per colpirlo!
Ora si va con motti e con
iscede
a predicare, e pur che ben si rida,
gonfia il cappuccio e più
non si richiede. 117
Ma
tale uccel nel becchetto s’annida,
che se ’l vulgo il vedesse,
vederebbe
la perdonanza di ch’el si
confida: 120
per
cui tanta stoltezza in terra crebbe,
che, sanza prova d’alcun
testimonio,
ad ogne promession si correrebbe. 123
“...Ora i predicatori vanno a predicare con facezie e
iscede
(= scede = beffe), sciocchezze e purché si rida molto, (la vanità)
gonfia i loro cappucci e non è richiesto altro. Ma nella cima del
cappuccio si annida un tale
uccello
(il diavolo) che se fosse visto dai fedeli, essi capirebbero che razza
di perdono (indulgenze) quelli promettano: sulla terra la stupidità è
tanto cresciuta che si abbocca ad ogni promessa senza testimonianza
(senza approvazione ufficiale della Chiesa)...”
Di
questo ingrassa il porco sant’ Antonio,
e altri assai che sono ancor
più porci,
pagando di moneta sanza conio. 126
Ma
perché siam digressi assai, ritorci
li occhi oramai verso la
dritta strada,
sì che la via col tempo si
raccorci. 129
“...Di questa (ignoranza) ingrassa il porco
di s.
Antonio
(= che combatte)
e molti altri, che sono
ancora più voraci (il santo era raffigurato con un porcellino ai piedi,
simbolo del diavolo, e gli antoniani erano considerati avidi), e che
ripagano (le offerte dei fedeli) con moneta falsa (con false
indulgenze). Ma poiché ci siamo allontanati dal tema, riporta
l’attenzione su quello, cosicchè la via (ancora da percorrere) si misuri
col tempo (rimastoci)...”
Questa
natura sì oltre s’ingrada
in numero, che mai non fu
loquela
né concetto mortal che tanto
vada; 132
e
se tu guardi quel che si revela
per Danïel, vedrai che ’n
sue migliaia
determinato numero si cela. 135
“... Il numero degli angeli è
talmente grande che non c’è parola o concetto umano per esprimerlo; e se
rileggi con attenzione il libro di
Danïel
(= giudice
divino), vedrai che nelle sue ‘migliaia’ non c’è un numero
determinato...”
Avendo
completato la sua filippica contro i falsi preti e predicatori, Beatrice
ricorda all’amato Discepolo che l’argomento ‘angeli’ non è stato ancora
del tutto svolto, e quindi la sua sete di conoscenza non ancora
appagata. Dante vorrebbe sapere quanti sono gli angeli. Nella
descrizione della ‘Visione dell’Antico dei giorni’ del libro di Daniele
(Dn 7, 9-10; v. in
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appuntamenti ns/ relativa interpretazione cabalistica) è detto: ‘...il
Suo trono era come vampe di fuoco con le ruote come fuoco ardente. Un
fiume di fuoco scendeva dinanzi a Lui, mille migliaia Lo servivano e
diecimila miriadi Lo assistevano...’. Nella Bhagavad Gita canto XI vv.
5-20 (v. in
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testi sacri ns/ relativo commento) è detto: ‘Disse il Signore: “Mira, o
Partha, le centinaia e le migliaia di forme che sono Mie: varie, divine,
multiformi, variopinte... nella Mia forma l’universo intero oggi mira
raccolto... con tutto ciò che in esso ha moto e non ha moto ed ogni
altra cosa che veder tu voglia. Ma con questi occhi tu non puoi vedermi;
Io ti dono l’Occhio divino, mira il divino Mio potere!”... Arjuna disse:
“Nella Tua Forma o Dio, io scorgo tutti gli dei, le svariate moltitudini
di esseri, Brahma seduto sul suo trono di loto, tutti i santi e i
serpenti celestiali. Da ogni lato con infinite forme, innumeri braccia e
ventri e fauci ed occhi io Ti vedo o Dio dell’universo, o Forma
infinita; fine, mezzo e nemmeno principio io in Te non scorgo.... Senza
principio, mezzo o fine, dotato d’infinito potere, d’innumerevoli
braccia, d’occhi che sono la luna e il sole, di una bocca simile a fuoco
divorante, io Ti vedo e il Tuo splendore quest’universo scalda. Poiché
questo spazio tra la terra e il cielo da Te solo è compenetrato e
similmente tutte le regioni; i tre mondi tremano, o Mahatma, nel mirar
questa meravigliosa e terribile Tua Forma.”...ecc..’ Abbiamo riportato
questo brano proprio perchè rende bene l’idea della Forma infinita della
Divinità e dell’infinito numero di esseri (angeli, potenze ecc.) che La
servono; e anche per mettere in evidenza che per poter ‘vedere’
(conoscere, comprendere) tale Forma Divina occorre che il Signore ‘doni
l’Occhio divino’, ossia che, per Grazia, conceda l’apertura (la
fioritura) della Sephirah Daath.
La prima luce, che tutta la
raia,
per tanti modi in essa si recepe,
quanti son li splendori a
chi s’appaia. 138
Onde, però che a l’atto che concepe
segue l’affetto, d’amar la
dolcezza
diversamente in essa ferve e
tepe. 141
Vedi l’eccelso omai e la larghezza
de l’etterno valor, poscia
che tanti
speculi fatti s’ha in che si
spezza, 144
uno
manendo in sé come davanti».
“...La Prima Luce che illumina tutte le
luci, è da queste ricevuta in infiniti modi, come infinito è il loro
numero. Perciò, poiché alla visione segue l’amore, la dolcezza
dell’amore ferve in esse in modo variabile (più o meno intensamente).
Comprendi dunque l’eccellenza e la grandezza del Valore Eterno, che si è
creato tanti specchi in cui si moltiplica, pur restando in Sé sempre
Uno”.
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