PARADISO - CANTO XXX
Forse
semilia miglia di lontano
Ancora
una volta è suggerita l’ora ‘giusta’ per conoscere o meglio per ‘vedere’
l’Empireo, il nostro decimo cielo, la componente spirituale più alta
dell’animo, il Sé:
un’ora prima dell’alba,
quando ‘la terra fa l’ombra orizzontale’, cioè quando l’ombra non si
erge a mettere in pericolo l’aspirazione verso il Divino, quando la luce
dorata del Sole oscura tutte le notturne luci minori, le stelle, vale a
dire quando anche quelle che sembrano qualità spirituali eccellenti (le
gerarchie angeliche che abbiamo fatto corrispondere
alla Sephirah
Chockmah, la Sapienza, v. canto XXVII vv. 97-111) svaniscono perché
appare il Punto luminosissimo che è il Principio di tutto: la Sephirah
Kether, la Corona. Ma la visione di questa Sephirah
(Kether) supera di gran lunga tutte le capacità umane del Discepolo sul
Sentiero, solo uno slancio d’amore incondizionato e un’ulteriore
concentrazione su Beatrice, l’Intuizione, specchiatura di Quel
Principio, permette di cercare una qualche possibilità di contatto. Se quanto
infino a qui di lei si dice Quando le
parole non son più adeguate a descrivere l’Indescrivibile l’unica
possibilità che rimane è quella di dire che non ci sono parole, e che
quello che viene detto non è ciò che dovrebbe essere detto. La scuola di
religione induista ‘l’Advaita (= non duale) Vedanta (= scopo ultimo
della Conoscenza)’, per definire la Realtà dice ‘neti-neti’ (= non
questo-non questo), per dire ‘Altro’. Quando le
parole sono terminate, quando anche la descrizione ‘negativa’ (non è
questo, non è questo) ha svolto il suo compito non resta che il
silenzio.
Qui
vederai l’una e l’altra milizia
Ma ancora il Nostro non ha terminato la
sua Commedia e quindi riprende a far descrivere il Paradiso a Beatrice,
la bellezza di Lei è indescrivibile, ma le sue parole sono ancora
necessarie al compimento dell’Opera. Abbiamo già detto che possiamo far
corrispondere l’Empireo alla Sephirah Kether della Kabbalah. Kether
significa la Corona, e Kether di Atziluth è la ‘Corona metafisica’
dell’Adam Qadmon, l’Uomo Primigenio Archetipico. Per alcuni cabalisti
Kether, essendo ‘oltre’ la testa fa già parte dell’ En Sof (= Uno
Infinito o Nulla Infinito) e quindi di Kether non si dovrebbe poter dire
nulla; per altri (quelli che non considerano Daath come una Sephirah) è
la prima Sephirah. In entrambi i casi ‘la Corona’ è il simbolo dell’
Assoluto Potere e Gloria della Divinità, chiamata anche l’Intelligenza
Nascosta ‘Temirah Dekol Temirin’ (= la più Nascosta di tutte le cose
nascoste) e anche ‘Un Oceano creativo di Nulla’. Ecco altri Nomi di
Kether: Antico degli Antichi, Antico dei Giorni, il Punto Primordiale,
il Punto dentro il Circolo, Lux Occulta, Lux interna, Egli, ecc.
Riportiamo qui, tratta da ‘Kabbalah’ di Gabriella Samuel ed. Oscar
Mondadori, anche una breve definizione dell’ Adam Qadmon: “L’espressione
‘Adam Qadmon’ viene usata per simboleggiare il Corpo di D*o; il suo
significato è ‘Uomo Primordiale’ ed è una metafora ‘degli Attributi
divini’; è composto dalle dieci Sephiroth (Chokmah, Binah, Daath,
Chesed, Geburah, Tiphereth, Netzach, Hod, Yesod e Malkuth). In seguito
allo Tzim-Tzum (il processo della Creazione), la prima emanazione fu
l’‘Adam Qadmon’, il Regno della chiarezza e della Luce luminosa; tale
Mondo è così sublime da risultare completamente inseparabile dall’En Sof
(il Nulla Infinito) da cui emanano tutte le Sephiroth; questo Quinto
Mondo (dopo i quattro mondi: fisico, astrale, mentale e spirituale),
viene indicato come ‘Kether Eljon’ (Corona Suprema)”.
Come
sùbito lampo che discetti
Ritroviamo qui l’eco della esperienza paolina (Atti
degli Apostoli 22, 6-11): ‘Mentre ero in viaggio e mi avvicinavo a
Damasco, verso mezzogiorno, all’improvviso una gran luce dal cielo
rifulse
attorno a me, caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: Saulo,
Saulo, perché mi perseguiti? Risposi: Chi sei, o Signore? Mi disse: Io
sono Gesù il Nazareno che tu perseguiti... ecc.. E poiché non ci vedevo
più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei
compagni giunsi a Damasco...ecc..’
‘Per far disposto a sua fiamma il candelo’:
questo bellissimo verso dantesco mostra la generosità senza limiti della
Grazia divina che ‘Si’ dona alla creatura adeguandola a Sé. Ed ecco il
salto di qualità: il Discepolo era cieco per la troppa Luce, ma ora,
‘registrato’ opportunamente, può ‘vedere’ l’Empireo e nell’Empireo, nel
Luogo della non-Mente, in Kether. ‘Luci e
fiori’ sono gli angeli e i beati che risiedono nell’Empireo e sono così
descritti per poter essere ‘indicati’ in qualche modo. Come descrivere
altrimenti la ‘Bellezza non-Bellezza’? Una prima
visione dell’Empireo è già stata concessa al Discepolo, ma non è ancora
completa, è solo approssimativa, perché la Sua vera Conoscenza deve
avvenire per gradi, infatti alla vista deve seguire l’assunzione di quel
Fiume divino, di quell’Acqua di Vita, a cui egli deve dissetarsi. Cfr.
in
www.taozen.it
Testi sacri ‘Commento al vangelo di Giovanni’, l’episodio dell’incontro
di Gesù con la Samaritana al pozzo di Giacobbe (Gv. 4, 14): ‘... chi
beve dell’Acqua che Io gli darò, non avrà più sete, anzi, l’Acqua che Io
gli darò diventerà in lui sorgente di Acqua che zampilla per la Vita
eterna’.
Gli
umbriferi
(dal sanscrito ‘abhra’ = nube, velo e dal latino ‘fero’ = porto)
prefazi
(dal latino ‘prae fari’ = detto prima), le attenuate anticipazioni,
adombrano le verità (le luci) che ancora il Discepolo non è in grado di
sostenere; come abbiamo già detto, la visione dell’Empireo gli è
concessa gradualmente, per adeguare le vibrazioni del suo animo a quelle
sublimi del Luogo
non-Luogo.
La similitudine col neonato affamato rende bene
l’imperioso bisogno del Nostro di ‘bere’ l’Acqua di Luce che (lo)
immeglia,
che lo rende migliore; difatti egli si
china
(= s’inchina reverente) alla Fonte e ne ‘beve’ con gli occhi (e con
tutto se stesso) ed ecco la divina Visione si trasforma: non più Fiume
di Luce (che si snoda in lunghezza, in divenire), ma Lago di Luce, di
forma ‘circolare’, che rappresenta ‘l’Essere’, il che ci ricorda uno dei
Nomi di Kether: ‘il Punto dentro il Circolo’. Riportiamo qui alcuni commenti che
dimostrano quanto il Nostro tale grazia l’abbia ricevuta davvero:
“Nessuno aveva fatto sentire il divino con tale trionfo di luce, con
tale estatico incanto pur nella lucidità del linguaggio” (Maggini).
“Una delle più alte voci della poesia
della terza cantica...un motivo visivo e figurativo che traduce un
complesso mondo spirituale e religioso” (Getto). “Questo rito di graduali
approssimazioni... è simbolo della faticosa ascensione contemplativa
verso le verità più alte” (Montanari). Il Discepolo
sul Sentiero, vero poeta Iniziato, che ha messo a Servizio il suo genio,
ancora dopo sette secoli ci offre il suo esempio e insegnamento; gliene
siamo grati e nel nostro piccolissimo speriamo di aver contribuito alla
Causa. Siamo giunti così alla descrizione e
visualizzazione della Candida Rosa. Domenico Muggia nella sua nota a
pag. 46 delle ‘Nuove tavole dantesche – Paradiso’ ed. Cetim (Bresso
Milano) dice:
“....Nella tavola si è rinunciato a voler
‘geometrizzare’ ciò che in Dante è rimasto molto più sfumato: l’Empireo
dantesco è
cielo immateriale, fuori del tempo e dello
spazio e sarebbe quindi
non solo inesprimibile (non riproducibile con parole e con figure), ma
addirittura impensabile, inintellegibile, in termini
umani. Rimanendo quindi
assurdo tentar di ottenere una rappresentazione grafica che rispetti una
improponibile prospettiva spaziale, si è adottata la riproduzione che
permette di cogliere con maggior evidenza le corrispondenze tra cori
angelici e cieli. (v. fig. pag. 47 del testo citato: in basso 9 cerchi
concentrici a indicare i cieli con al centro la terra, poi in mezzo alla
pagina la Candida Rosa e in alto altri 9 cerchi concentrici a indicare
le 9 gerarchie angeliche corrispondenti ai vari cieli, con al centro
‘Dio’ unito al cuore della Rosa da una freccia).
Nella nostra
interpretazione cabalistica la Candida Rosa, corrispondendo l’Empireo
alla Sephirah Kether, viene ad essere proprio la ‘Corona’ (il cui
diminutivo ‘Corolla’ si adatta bene alla ‘Rosa’) formata dagli angeli e
dai beati in
bianche stole
disposti ‘Là’ come in un immenso anfiteatro. (v.
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Testi sacri Apocalisse 7, 9 : ‘ ...Tutti stavano in piedi davanti al
trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide e portavano palme
nelle mani’). Quando il Discepolo sul Sentiero, ormai Iniziato, realizza
la fioritura di Kether, la Sephirah corrispondente al centro sopra la
testa (la Corona), può veramente dire: ‘Io e il Padre siamo Uno’
(Giovanni 10, 30), in quanto Kether fa completamente parte della
Divinità, non è accessibile all’uomo che non si sia indiato, perchè sta
‘Oltre’ la persona e la personalità. L’Essenza di Kether è il puro
‘Ratzon’ (= Volontà divina) ed è al disopra delle capacità umane più
spirituali: Saggezza (Chokmah) Comprensione (Binah) e Coscienza (Daath).
Quasi a rallentare l’ascesa mistica del suo Amato
nel cuore della Rosa, Beatrice ora lo invita a guardare un seggio
‘vuoto’ (ovviamente ‘coronato’ – siamo in Kether). E’ il trono destinato
ad
Arrigo
VII. A quale componente interiore di Dante lo possiamo riferire? Al suo
Imperatore (relativo alla Sephirah Chesed), ‘capo di casa’ (Enrico) che,
pur volendo restaurare ‘l’Impero’, il Regno (relativo alla Sephirah
Malkuth), però non ci riesce per la impreparazione dello stesso... Ma
ecco che così dal centro Kether (sopra la testa) siamo ritornati a porre
l’attenzione sul centro Malkuth (alla base, al ‘piede’ della colonna
vertebrale)...
simili
fatti v’ha al fantolino
“...L’assurda avidità degli uomini li rende folli e
simili al pupetto che muore di fame e caccia via la balia. In quel tempo
(quando verrà in Italia Enrico VII), sarà papa colui (Clemente V;
1264-1314) che lo tradirà facendo finta di favorirlo. Ma per poco sarà
mantenuto dal Signore nel suo ufficio; perché sarà precipitato nella
bolgia infernale dei simoniaci facendo così sprofondare ancora più giù
quello di
Alagna
(= di Anagni, Bonifacio VIII, nato e oltraggiato da
Filippo il Bello ad Anagni, in Campania)”. (cfr. inferno canto XIX, vv.
79-87). Il canto XXX di altissima spiritualità
negli ultimi 10 versi ci riporta bruscamente a terra: di nuovo un aspro
rimprovero per la falsità e doppiezza del papa Clemente V, e
un’ulteriore condanna per Bonifacio VIII; non è una dissonanza, ma un
riconoscimento dantesco della sua realtà umana che continuamente frena
ed ostacola l’aspirazione al sovrumano... |