PARADISO - CANTO XXXI
In forma
dunque di candida rosa
La
Candida (dal latino
‘candeo’ = rilucente come un ferro infuocato)
Rosa (da radice
sanscrita ‘vardh-as’ = germogliare) è la protagonista di questo canto,
andiamo a scoprirne la simbologia. Dal ‘Floriario’ di A. Cattabiani ed.
Mondadori
sintetizziamo:
‘La struttura concentrica della rosa evoca l’idea della ruota, l’eterno
ciclo di vita-morte-vita... l’oculo a raggiera aperto nelle facciate
delle chiese medievali, detto rosone, con in genere il Cristo o la
Vergine al centro, è chiamato anche ‘rota’ e simboleggia l’Uno, da cui
traggono origine il cosmo e il tempo... Il turbine dei petali verso il
centro del bocciolo, quasi sfere concentriche rotanti, è un’immagine
della manifestazione dell’Uno che si dispiega negli Archetipi... Il
poeta sufi Gialal ad-Din Rumi (1207-1273) così scrive della rosa: “Ogni
rosa pregna d’intenso profumo, narra, quella rosa, i segreti del
Tutto”...Le rose sono il simbolo delle lingue di fuoco con cui lo
Spirito Santo si manifestò agli Apostoli; un tempo, alla Pentecoste,
durante la Messa, si facevano piovere rose sui fedeli; per questo tale
festività era chiamata anche Pasqua rosa o rosata... Al Cristo è invece
omologata La rosa d’oro in relazione a quanto dice Isaia (11,1)...
Il beato
cardinale Newman (1801-1890) nella sua ‘Riflessione sul mese di maggio
dedicato alla Vergine Maria’ scrive:
Il profeta
Isaia (11,1)
dice: «Spunterà
un virgulto dalla radice di Jesse, un fiore sboccerà dalla sua radice»
. Chi può essere questo «fiore» se non il nostro Salvatore? E chi sarà
il «virgulto», il vago stelo, il tronco, la pianta da cui sboccia il
«fiore» se non Maria, Madre del Signore, Madre di Dio?
Infatti nelle litanie la Vergine è detta la ‘Rosa Mystica’. Sembra
inoltre che s. Bernardo di Chiaravalle (che Dante incontrerà tra poco)
abbia detto: ‘Eva spina, Maria rosa’ riassumendo quanto già scritto da
Sedulio (poeta cristiano del V secolo): “... Così dalla stirpe di Eva
uscì Maria tutta santa e la nuova vergine riparò l’errore della prima.
Dalla Giudea spuntò Maria come dalle spine la Rosa”. E’ in onore della
Rosa-Maria che dal sec. XII si è iniziato a ‘recitare il rosario’ (da
rosaio), che vuol dire costruire simbolicamente un rosaio in onore della
Rosa-Vergine Maria’...
Come già detto nel canto precedente immaginare la
Rosa dei beati in un ‘Luogo’ in cui ci sia un
disopra e un ‘disotto’,
cioè un Alto e un basso, è impossibile perché questo Luogo è un
Non-Luogo: ricordiamo che Dante guidato dalla sua Beatrice ha raggiunto
ora l’Empireo, il Paradiso vero e proprio,
che possiamo considerare il decimo cielo, che contiene in realtà tutti
gli altri e che abbiamo fatto corrispondere alla Sephirah Kether, la
Corona (v. canto XXX vv. 38-45), ma questa Rosa, ‘Corolla fiorita’ piena
di Vita, di tripudio, di Luce non è ancora la Meta, ma solo una
preparazione a Quella; e ancora, pur nella visione beatifica, nel Nostro
persiste il ricordo della terra, della miseria umana soggetta alla
procella
(alla sofferenza).
Elice
(=
spirale) era una ninfa che, sedotta da Zeus, gli generò un figlio,
Arcade; Era, gelosa, li tramutò in orsi, Artemide li colpì con i suoi
dardi, ma Zeus li pose in cielo: lei come Orsa Maggiore, il figlio come
Orsa Minore o costellazione di Boote.
Fiorenza
(Firenze, la corrotta)
torna (ancora! E nell’Empireo!) col suo doloroso ricordo ad amareggiare
l’animo del Discepolo sul Sentiero; per fortuna è l’ultima volta (nel
poema) e forse quella ‘voglia’ (libito)
di
non
udire vuole essere solo
il desiderio di
non udirsi
più inveire contro la propria città. Perdonare significa anche
dimenticare, se non si dimentica non si è perdonato. Come ci si può
presentare dinanzi al Signore senza aver perdonato? (Matteo 5, 23-24:
‘Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo
fratello ha qualcosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all’altare
e va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il
tuo dono’).
Uno
intendëa, e altro mi rispuose:
il Discepolo sul Sentiero, incantato dalla visione
celestiale della Luce di Kether, dopo averLa ammirata ed essersene per
così dire nutrito, si volge alla Guida per spiegazioni, ma
Beatrice
non c’è più. Come già nel Paradiso terrestre
Virgilio, la ragione, aveva lasciato il posto ad una guida più idonea,
ed era stato sostituito da Beatrice, la facoltà intuitiva e
coscienziale, ora
per
l’Esperienza Ultima, anche questa facoltà deve essere messa da parte e
ad essa deve subentrare una qualità ancora più sottile: la facoltà
contemplativa, della non-Mente. Questa facoltà è impersonata da un
sene
(= vecchio)
vestito con la stola
bianca di gloria, pieno di letizia, pio e tenero padre (ricordiamo che
uno dei Nomi attribuito a Kether è: ‘Antico degli Antichi’ o ‘Antico dei
giorni’).
La
Beatrice celeste di
Dante, avendo adempiuto il suo compito, riprende ora il suo posto
all’interno della Corona. Nell’Albero di Kether il ‘terzo cerchio’ a
partire dall’Alto, cioè il terzo posto, dopo Chokmah e Binah dovrebbe
essere proprio quello di Daath, la Sephirah che abbiamo sempre omologata
a Beatrice, la facoltà intuitiva e coscienziale dell’Iniziato. Ma la
‘Candida Rosa’ è un Albero molto particolare, ha più di
mille
soglie
(= gradini, cerchi; v. Paradiso canto XXX v.113) e nel prossimo canto
avremo una spiegazione molto dettagliata della sua struttura. Tutti noi
abbiamo la nostra ‘Beatrice’ in Kether, ma siamo in grado di farla
scendere sulla terra per ‘salvarci’? Per poterlo fare dobbiamo aver
risvegliato la nostra ‘Beatrice’ (o il nostro ‘Beatore’) nel mondo
fisico (Assiah), nell’astrale (Yetzirah) e nel mentale (Briah), e allora
forse saremo in grado, dopo essere discesi nel nostro ‘inferno’ e aver
risalito il monte del Purgatorio, di visitare i nostri dieci cieli, le
dieci Sephiroth del Piano Spirituale, di Atziluth. Ogni Sephirah
del Kether di Atziluth ovvero dell’Adam Qadmon (v. canto precedente vv.
34-45) ha la sua corrispondenza nel Kether di ogni Sephirah di ogni
piano e realizzare il Kether di una Sephirah, permette la fioritura di
tutto l’Albero (‘un fiore ed è tutto fiorito’). Il maestro di Zen Zenkei
dice a proposito della illuminazione ricevuta con la soluzione del
problema posto da un ‘Koan’
(= una domanda su un problema che non ammette una soluzione
intellettuale; la domanda è tale da scioccare l'intelletto e la risposta
non ha un rapporto logico con la domanda):
“Se ti apri un varco in un koan, in un attimo capisci centinaia e
migliaia di koan... E` come tagliare una matassa di filo: un taglio ed è
tutta tagliata”. (v. in
www.teatrometafisico.it
copioni
la ns/ riduzione teatrale del ‘Mumonkan’ di Zenkei Shibayama ed.
Ubaldini)
Così orai;
e quella, sì lontana Il Montanari
a proposito di questi versi dice: ‘Qui veramente Dante ha mantenuto la
promessa fatta nell’ultimo capitolo della ‘Vita Nova’ di dire di lei
‘quello che no fu mai detto d’alcuna’: ha portato al culmine la sua
glorificazione... a lei riconosce di dovere la propria libertà
spirituale, la propria ascesa, ogni disposizione al bene maturata nello
straordinario viaggio, ogni conquista spirituale raggiunta: Beatrice ora
può solo aiutarlo a mantenere tali magnifici doni: e il sorriso e lo
sguardo lontanissimo e insieme vicinissimo, di un’intimità imperterrita
che non cede a distanza e spazio, è la più alta e insieme più umana
glorificazione che Dante abbia immaginato in onore di Beatrice’
(citazione riportata da Domenico Muggia in ‘Nuove tavole dantesche –
Paradiso’ ed. Cetim Bresso (Mi). Dal nostro punto di vista
interiorizzato, la Beatrice celeste che riprende il suo posto nella
Sephirah Kether (Corona), nella Corolla della Candida Rosa, come ‘Donna
interiore’ dell’Iniziato assume su di sè anche il ruolo della Sephirah
Binah (la Grande Madre) dell’Albero di Kether; a Lei come tale (a
Beatrice come a Maria) è rivolta la richiesta più toccante: ‘prega per
noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte’.
E la
regina del cielo, ond’ ïo ardo
In questo canto (vv. 32-33) viene nominata prima
Elice
che è l’Orsa Maggiore, e
suo
figlio che è l’Orsa
minore, ed ora il
fedel
Bernardo, il cui nome
significa orso coraggioso. Andiamo allora a dare un’occhiata alla
simbologia dell’‘orso’: J.C. Cooper nel suo ‘Dizionario degli
animali mitologici e
simbolici’ ed. Neri Pozza, ci dice che l’orso è un animale sacro,
sovrano degli animali, istruttore degli sciamani; esso rappresenta le
potenze soprannaturali, la forza, la resistenza e, in quanto associato
al miele, la dolcezza della verità; in Lapponia e in Siberia viene
chiamato ‘il Vecchio’, ‘il Nonno’, il ‘Figlio del Capo’, è collegato al
culto dei defunti e considerato non un animale, ma una reincarnazione
della persona; in Giappone viene omologato alla benevolenza e alla
saggezza, in Cina al coraggio e al vigore; anticamente nei paesi nordici
all’inizio della primavera si celebrava la rinascita della natura con la
danza ‘dell’orsa’, simbolo dell’amore materno e del rinnovamento della
vita, perchè tale animale alla fine del letargo esce all’aperto con i
cuccioli già nati.
Bernardo
è dunque l’Orsa-o dantesco, e rappresenta il suo ‘Antico dei giorni’ che
solo, attraverso la ‘Contemplazione’, conduce alla Visione del Signore;
in Lui si raccoglie ogni esperienza contemplativa della vita (o delle
vite) passate che abbia prodotto ‘Oro’ (miele), Saggezza, Verità,
Rinnovamento. Egli sa che per giungere alla Visione dell’Assoluto
bisogna chiedere la grazia alla ‘Madre’, alla Grande Madre (Binah), cioè
diventare come Lei tutta Comprensione, tutta Ricettività, come lo è
stata Maria la Madre del Cristo.
La
Veronica (= dal greco
‘ferenice’ = portatrice di vittoria; ma anche ‘vera icon’ = immagine
vera) è un ‘velo’ conservato nella Basilica di s. Pietro in Roma. Una
delle tante leggende al riguardo dice che Veronica, una donna, forse
l’emoroissa guarita (v. vangelo di Matteo 9, 20-22), incontrò Gesù sulla
salita del Calvario e Gli asciugò il sudore con quel panno; la reliquia
fu poi portata a Roma per ordine di Tiberio (42 a. C. – 37 d. C.)
gravemente ammalato, che ne fu risanato. ‘Contemplare’
significa fissare il contenuto del pensiero (astraendosi dal mondo
circostante) in una visione interiore, in una meditazione (G. Devoto e
G. C. Oli); e anche: fissare tanto il pensiero nelle cose divine che non
si curi altro nel mondo, e quelle sole ci siano di consolazione e
diletto; e ancora: sollevare lo sguardo e il pensiero verso una cosa,
che desti meraviglia o riverenza e affissarcisi con atto prolungato e
intenso (www.etimo.it
).
Bernardo,
facoltà contemplativa del Discepolo, racchiude in sè tutte queste
definizioni, egli è l’ultimo maestro, l’ultima guida, l’ultimo supporto
per giungere alla Meta, e occorre ancora seguire i suoi consigli, dopo
di lui ci sarà solo il Silenzio.
Io levai
li occhi; e come da mattina
La ‘contemplazione’ si realizza nella Comprensione
(Maria), ‘fissando lo sguardo sempre più in sù’, questo è l’insegnamento
di
Bernardo,
l’Antico: essere totalmente ricettivi andando ‘Oltre’.
E come
quivi ove s’aspetta il temo
Vidi a lor
giochi quivi e a lor canti
Lì ai loro giochi e canti Dante vede gioire Quella
Bellezza (Maria) che è motivo di letizia per tutti i beati. Se egli
avesse tanta dovizia di parole quanta ne è possibile immaginare, non
oserebbe tentare di descrivere neanche una piccolissima parte di quella
meraviglia. Allorché
Bernardo vede gli occhi
del Discepolo fissi in Quella Luce, vi rivolge anche i suoi e con tale
amore da rendere quelli di Dante ancora più desiderosi di rimirarLa.
La Regina del Cielo, Binah di Kether, Maria (= l’amata dal Signore) è descritta come una oriafiamma, emblema di Pace in cui fuoco (Amore) e oro (Sapienza) risplendono; è circondata da più di mille angeli festanti (mille è il numero della perfezione, relativo al Cristo) che giocano e cantano la sua Magnificenza; quando finalmente gli occhi del Discepolo si fissano in Lei la Contemplazione ha inizio. |