PARADISO - CANTO XXXII
Affetto al suo
piacer, quel contemplante
Cerchiamo di visualizzare la ‘Candida Rosa’ come un
anfiteatro a tronco di cono, tenendo presente che è composto da più di
mille
soglie (= gradini, v. Paradiso canto
XXX, v. 113;
mille
è il numero della perfezione); questo anfiteatro contiene in sé un
muro (= che
avvolge), un piano verticale che non separa, ma che ‘avvolge’,
congiunge, unisce, le due ‘fedi’: questo piano è ‘la Venuta’ del Cristo,
un evento (vortice) cosmico che ha creato la Rosa nel momento in cui
Egli è salito in Cielo; la sua simmetria e perfezione, nel procedere
della descrizione, prende corpo e si palesa. Ricordiamo però che
questa ‘Corolla’, la Candida Rosa, dal nostro punto di vista
interiorizzato, è la Sephirah Kether (la Corona) del piano Spirituale
Atzilutico di Dante e che tutti i personaggi non sono che sue componenti
spirituali e che ‘la Venuta del Cristo’, l’evento Cristico, è la
fioritura del suo centro Coscienziale (Daath), e può essere omologato
nell’Albero della Candida Rosa alla colonna centrale dell’Equilibrio; i
beati della Fede nel Cristo venturo, alla colonna sinistra, quelli del
Cristo venuto, alla colonna di destra. Fatta questa premessa, ecco che i
personaggi nominati, vengono ad assumere un ruolo particolare in
relazione al significato dei loro nome. Facciamo corrispondere
Maria
(= l’Amata, ma anche goccia di mare, Acqua infinita) a Binah (la
Comprensione); Eva (= la madre dei viventi, ma anche la responsabile
della caduta) a Geburah (la Forza);
Rachel
(la mite),
Sarra (la
principessa),
Rebecca (che
unisce),
Iudìt (l’onorata) e
Ruth (l’amica), e tutte le altre ebree, a Hod (lo Splendore).
Dalla parte opposta della colonna di sinistra
dell’Albero della Rosa c’è ovviamente la colonna di destra:
Giovanni
(=
Grazia del Signore) che facciamo corrispondere a Chockmah (la Sapienza);
Francesco (il libero) a Chesed (la
Giustizia) e
Benedetto (= che
benedice)
e
Augustino (=
l’onorato) e tutti gli altri a scendere, a Netzach (la Vittoria).
Ben te ne puoi
accorger per li volti
La colonna di destra
e la colonna di sinistra dell’Albero della Rosa dantesco sono destinate
ad essere in perfetto equilibrio (con lo stesso ‘numero’ di beati); e se
ancora questo non si è verificato,
ciò è dovuto al fatto che
Dante è ancora vivo; alla fine dei
tempi (del suo tempo), accadrà. Un altro piano, oltre a quello
verticale, interseca a metà il tronco di cono che è la Rosa, un piano
orizzontale, che separa gli ‘adulti’ dai ‘bambini’, da coloro che nella
loro vita non sono giunti all’età della ragione. Possiamo attribuire a
questa parte inferiore della ‘Corolla’ le Sephiroth Yesod e Malkuth a
completamento dell’Albero. Il piano orizzontale che, con quello
verticale, forma la Croce all’interno della Rosa, potrebbe simboleggiare
il Servizio. E allora gli ‘adulti’ della parte superiore sarebbero le
‘energie spirituali’ messe a Servizio del prossimo durante la vita (o le
vite). Ma come interiorizzare i bambini ‘innocenti’ della parte
inferiore della Rosa?
Possiamo considerarli energie
spirituali non sviluppate, rimaste latenti nell’animo del Nostro prima e
dopo il maturare della sua Coscienza Cristica. ‘Possibilità’ non
attuate, non per sua volontà, ma per lo svolgersi degli eventi, (che
avrebbe sviluppato se avesse potuto sposare Beatrice, se non avesse
partecipato alla vita pubblica di Firenze e non si fosse inimicati tanti
Fiorentini, se non l’avessero condannato all’esilio, se... se... ecc..). La domanda non formulata di Dante è questa:
perché i bambini, salvati non per proprio merito, non sono situati tutti
sullo stesso ‘gradino’ della Rosa? E ecco che egli ‘si’ risponde, per
mezzo di s. Bernardo: il loro grado di Grazia è diverso perché così
vuole il Signore.
Se ‘i bambini’ per noi rappresentano le
energie spirituali inutilizzate, alla fine della vita viene loro
attribuito un diverso ‘gradino’ di felicità perché semplicemente sono
figli di ‘Qualità’ o ‘Potenze’ diverse: il Sé, l’Io Sono, il Signore ha
emanato la creazione secondo un certo ordine, che è quello delle
Sephiroth dell’Albero e alcune Sephiroth (Qualità, Potenze, Virtù,
ecc..)
sono a Lui più vicine, altre più
lontane, intendendo sempre ‘vicine e lontane’ come aggettivi relativi ad
uno spazio simbolico, cioè ad uno spazio non-spazio. Se consideriamo la
creazione un meraviglioso quadro del Signore e i vari colori come
Sue
‘Qualità’, ogni pennellata sarà diversa: ad una toccherà lasciare sulla
‘tela’ un colore più luminoso, ad un’altra un colore meno luminoso... ma
alla fine pennelli e colori non protesteranno, saranno invece felici di
aver contribuito al quadro (Paradiso). Ma se il pennello, è stato dotato
di libero arbitrio, può a volte mettersi a disegnare per conto suo, e
allora il colore della pennellata può venire meno ‘bene’ e non rendere
l’idea del Pittore; probabilmente quel pennello o verrà sottoposto ad un
trattamento di rieducazione (purificato in Purgatorio), oppure, se non è
recuperabile, gettato via (posto nell’inferno)...e
riciclato,
e la sua pennellata cancellata.
Dunque, sanza
mercé di lor costume,
Riguarda omai ne
la faccia che a Cristo
Il diverso trattamento dei ‘bambini innocenti’
(delle energie spirituali non utilizzate), cioè le ‘condizioni’
necessarie per la loro salvezza (all’inizio dei tempi, dopo Abramo, e
dopo Cristo), dipendono dal grado di responsabilità del Discepolo sul
Sentiero: all’inizio della Ricerca tutto è facile, egli non è tanto
responsabile: i bambini si salvano quasi tutti; dopo Abramo (quando si è
preso contatto con il proprio Sé) occorre che i ‘figli maschi’ siano
circoncisi, cioè che ogni principio attivo, creativo, per essere
salvato, venga dedicato a Lui (v. Genesi cap.17 sulla Circoncisione;
idem), e già la responsabilità del Discepolo è aumentata; infine quando
poi egli ha sviluppato Daath, cioè quando ha realizzato il Cristo
interiore, essendo diventato del tutto responsabile, deve sempre
‘battezzare’ subito ‘i suoi bambini’, maschi e femmine (attivi e
passivi) in Cristo; così, se le loro potenzialità non arrivano a
compimento (se muoiono prima di passare dalla potenza all’atto), la loro
energia non va sprecata, ma si conserva in ‘Paradiso’, nel Kether di
Atziluth.
Ora la Guida ultima, s. Bernardo, la facoltà
contemplativa, per la scena finale della ‘Comedia’, per la visione
beatifica del Signore, invita il Discepolo-Iniziato a
riguardare
ne la faccia
che al Cristo più somiglia, a immergersi
nella Regina del Cielo, a concentrarsi su Binah, la Comprensione, la
Grande Madre, a diventare tutta ricettività, tutto ‘vuoto’, per
accogliere la Grazia Suprema.
Rispuose a la
divina cantilena
Così ricorsi
ancora a la dottrina
Nel canto XXIII, 91-111 del Paradiso, nel cielo
delle Stelle fisse il Discepolo ha già potuto assistere al trionfo del
Cristo e la sua
mente tra quelle dape
(vivande)
fatta più grande, di se stessa è
uscìta; ha poi assistito al trionfo di
Maria circondata dalla luce dell’Angelo,
però
non hanno avuto
gli occhi suoi
potenza di
seguitar la coronata fiamma
che si è
levata
appresso sua semenza ... perché quelle
visioni erano solo la preparazione all’esperienza mistica che ora lo
attende, ma adesso egli è ‘quasi’ pronto, le vibrazioni del suo spirito
sono state accelerate (innalzate) ai massimi livelli possibili per una
creatura umana e tra poco potrà
‘vedere’ la Gloria del Signore senza
esserne incenerito. A questo proposito ci torna in mente e la
raccontiamo come ce la ricordiamo, una storia tratta dal Talmud
Babilonese, Testo sacro, composto tra il II sec. a. C. e il V sec. d.
C.:
‘Quattro rabbini vollero entrare nel Pardes
(Paradiso). Il primo entrò, guardò e morì. Il secondo entrò, guardò e
impazzì. Il terzo entrò, dubitò e fu scacciato. Gli angeli cercarono di
respingere anche il quarto, ma il Santo, che sia Benedetto in eterno,
disse: “Questo è degno di disporre della mia Gloria” così quello entrò
in pace ed uscì in pace’. Naturalmente i 4 rabbini possono essere messi
in relazione con i 4 piani dell’Albero: il primo è manchevole sul
fisico; il secondo sull’astrale, il terzo sul mentale; il quarto è
completo
sui 4 piani, (e quindi ‘giusto’ riguardo al ‘merito’), ma per entrare
nel Pardes è indispensabile la Grazia e occorre essere pronti a
riceverLa. Dante è ‘quasi’ pronto, ma non del tutto, perché ancora
domanda spiegazioni: ora vuol conoscere chi è l’angelo
innamorato sì che par di foco.
l’ Angelo che
distende le
sue ali dinanzi alla Regina è
l’Arcangelo Gabriele (= fortezza del Signore), dell’Annunciazione,
incaricato di portare la palma (simbolo di vittoria) a Maria e di
comunicarle di essere la prescelta tra tutte le donne (Luca 1, 26-38).
La sua funzione è stata quella di annunciare alla Vergine la nascita del
Cristo secondo la profezia di Isaia (7,14) ‘...Ecco la vergine concepirà
e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele (= il Signore è con
noi)’.
Nella
nostra interpretazione interiorizzata ‘Gabriele’ appare alla natura
umana, che è tornata ‘vergine’, che è rinata in purezza e che è divenuta
capace di generare non più figli, ma il Figlio, per annunciarle la
nascita della Coscienza Daatica; ora però per l’Iniziato non è più il
tempo dell’Annunciazione, ma il tempo della Glorificazione. Allora il
distendere
le ali
di Gabriele dinanzi a Maria acquista un significato di riverente
sottomissione, di donazione senza riserve, di amore per Lei che si
tramuta in
foco. L’Arcangelo
Gabriele, fortezza del Signore, come personaggio interiorizzato di Dante
‘distendendo le ali’ dinanzi alla sua Grande Madre (Binah) gli
conferisce come ultimo ‘Guardiano della Soglia’ l’ultimo lasciapassare
per la Conoscenza Suprema.
Ma vieni omai con
li occhi sì com’ io
Ancora s. Bernardo (la
facoltà contemplativa del Nostro) lo esorta a conoscere più in
profondità la sua ‘Corolla’, la ‘Coppa’ che contiene il Punto
(l’Assoluto) e descrivendola ne mette in risalto le ‘radici’ che come
nell’eterno Asvattha (v. in
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Testi sacri commento alla Bhagavad Gita canto XV v. 1) sono in alto;
‘Adamo’ (questo nome nella Kabbalah a volte viene usato per indicare la
scintilla divina nell’essere umano, il soffio vitale a lui concesso
direttamente dal Signore) e ‘Pietro’: la ‘Pietra’ (per il significato di
questo termine v. ns/ commento Purgatorio canto XXXI vv. 112-117
e Paradiso canto XXI vv.121-123); in
‘Adamo-Pietro’ è compendiato tutto l’Iter iniziatico dell’uomo.
S. Bernardo nomina ancora 4 personaggi che, per
così dire, arricchiscono le ‘radici’ Adamo e Pietro (stanno loro vicino
e di fronte) e sono: Giovanni, il veggente, Mosè, il condottiero,
Anna,
la pietà e Lucia, la luce. Se
l’‘Adamo-Pietro’ rappresenta l’Iter iniziatico, Giovanni, Mosè, Anna e
Lucia ne sono la ‘ricchezza’, e sono le doti indispensabili che il
Discepolo deve possedere cioè: la lungimiranza (Giovanni),
l’autocontrollo (Mosè), la pietà (Anna) e la chiarezza (Lucia). “... Ma per essere
certi che tu, battendo da solo le tue ali, non ti allontani invece di
avvicinarti (alla Meta), pregando la Grazia, conviene che tu chieda
aiuto a Chi sola può soccorrerti (la Vergine); mi seguirai con la tua
devozione, cosicché il tuo cuore non si allontani dalle mie parole di
preghiera. E cominciò questa santa supplica: (v. canto XXXIII).
E’ giunto il momento tanto atteso: il Discepolo ora
è davvero pronto per la ‘Suprema Visione’ di cui nulla si può dire;
‘esperienza sovrannaturale, sovrasensibile ed extraintellettuale’ (così
la definisce il Battaglia). E s. Bernardo, il
contemplante, (la
facoltà contemplativa di Dante) gli offre un ultimo supporto, la
santa
orazione alla Regina, alla Grande Madre,
Binah. Binah deriva dalla parola ebraica ‘bein’, che significa ‘in
mezzo, tra’. Solo attraverso di Lei si giunge al Padre. E’ quello che ci
verrà insegnato nel modo più poeticamente sublime nel prossimo canto. |