PURGATORIO - CANTO X
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Poi fummo dentro al soglio de la
porta che ’l
mal amor de l’anime disusa,
perché fa parer dritta la via torta, 3
sonando la senti’
esser richiusa;
e s’io avesse li occhi vòlti ad essa,
qual fora stata al fallo degna scusa? 6
Appena giunto al di la` della porta,
che il cattivo amore (di se`, l’egoismo) apre raramente, perché fa
sembrare giusto cio` che e` errato, il Nostro ode il suono della sua
chiusura; e certamente non ci sarebbe nessuna scusa se (disubbidendo
all’Angelo
Guardiano), si
voltasse indietro.
Il rumore della porta che si chiude
alle spalle senza che ci si volga indietro, come prescritto dal
Guardiano, termina definitivamente il periodo in cui si e`
Viandanti-spettatori degli eventi.
Infatti
all’inferno erano ‘gli altri’ ad essere condannati’; nell’antipurgatorio
erano ‘gli altri’ a dover aspettare; e la loro sofferenza ha insegnato
cio` che non va fatto. Si puo` e si deve imparare dall’esperienza altrui
e, ovviamente, non e` necessario morire bruciati per sapere che il fuoco
scotta o diventare tossico-dipendenti per sapere
che la droga
avvelena, ma per gli errori che ci sono propri, quelli che facciamo
continuamente, dobbiamo sempre pagare le conseguenze personalmente. Per
il Discepolo sul Sentiero da questo momento in poi
la purificazione
deve avvenire
in prima persona. Le
sette ‘P’ incise dalla spada dell’Angelo sulla fronte sono quelle
relative ai peccati del momento, alle tendenze
negative radicate
nell’anima, quelle che devono essere ‘lavate’ ad una ad una, perché
si possa
guadagnare
l’esperienza del Divino.
Noi salavam per una pietra fessa,
che si moveva e d’una e d’altra parte,
sì come l’onda che fugge e s’appressa. 9
"Qui si conviene
usare un poco d’arte",
cominciò ’l duca mio, "in accostarsi
or quinci, or quindi al lato che si
parte". 12
I due Viandanti salgono ora per una roccia
spaccata, (disegnata) a curve come le onde del mare, che vanno avanti e
indietro. La Guida consiglia: “Conviene fare attenzione, accostandoci un
po` da una parte, un po` dall’altra, al lato che rientra (evitando le
sporgenze)”.
La purificazione intesa come
trasmutazione e recupero di energia negativa in
positiva e`
un’operazione faticosa e ignota al neofita. La Ragione (Virgilio),
non ha piu` la
funzione che aveva nella contemplazione del ‘Male’ infernale,
senza speranza, in
cui l’energia era irrecuperabile e andava definitivamente perduta; qui
ora tutto e` molto piu` ‘sottile’, piu` malleabile e incerto. La Ragione
deve saper cogliere i momenti giusti, le sfumature giuste e
interpretare
i segnali che vengono
dal ‘luogo’ stesso per permettere alla personalita` di avanzare sul
Sentiero. E questo
fece i nostri passi scarsi,
tanto che pria lo scemo de la luna
rigiunse al letto suo per ricorcarsi, 15
che noi fossimo fuor
di quella cruna;
ma quando fummo liberi e aperti
sù dove il monte in dietro si rauna, 18
ïo stancato e
amendue incerti
di nostra via, restammo in su un piano
solingo più che strade per diserti. 21
La difficolta` del
cammino rallenta la velocita` dei Viandanti; la luna e` tramontata
quando essi giungono fuori da quella roccia, all’aperto, dove la
montagna si restringe in alto (sono le dieci e mezza del mattino); il
Nostro e` stanco; i due si fermano in un pianoro deserto, incerti sulla
via da prendere.
Da la sua sponda, ove confina il
vano, al piè
de l’alta ripa che pur sale,
misurrebbe in tre volte un corpo umano; 24
e quanto l’occhio
mio potea trar d’ale,
or dal sinistro e or dal destro fianco,
questa cornice mi parea cotale. 27
Al Nostro l’ampiezza della cornice
(su cui procedono) dalla parte del
vuoto fino alla
parete, ad occhio, guardando sia a destra che a sinistra, sembra circa
di tre volte l’altezza di un uomo (vale a dire di circa m. 5).
La larghezza del sentiero di tre
volte l’altezza di un uomo suggerisce qui l’identificazione dei tre
corpi inferiori con lo stesso Sentiero: essi vengono a corrispondere
alla Via, essi sono
mezzo e fine di
Vita, sandalo di
supporto della Coscienza, roccia (Pietra) su cui il Se` edifica il suo
Albero Reintegrativo (per la simbologia del 5, numero dell’Archetipo
dell’Iniziato, rimandiamo alla Lezione spettacolo n. 5 in
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Là sù non eran mossi i piè nostri
anco, quand’io
conobbi quella ripa intorno
che dritto di salita aveva manco, 30
esser di marmo
candido e addorno
d’intagli sì, che non pur Policleto,
ma la natura lì avrebbe scorno. 33
I
due sono ancora fermi quando Dante si accorge che la parete intorno, che
sale fino
alla seconda cornice,
e` di marmo bianchissimo, tutta scolpita a bassorilievi (talmente
perfetti) che neppure
Policleto
(= molto glorioso; maestro scultore greco del sec. V a. C.) o la stessa
Natura (copia imperfetta dell’Idea divina) potrebbero mai uguagliarli.
L’angel che venne in terra col decreto
de la molt’anni lagrimata pace,
ch’aperse il ciel del suo lungo divieto, 36
dinanzi a noi pareva
sì verace
quivi intagliato in un atto soave,
che non sembiava imagine che tace. 39
(Ecco la descrizione del
primo bassorilievo): vi compare l’Angelo (Gabriele) che scese in terra
per annunciare quella pace tanto sospirata che riapri` le porte del
Cielo, chiuse (a causa della caduta dei progenitori); la sua immagine e`
tanto perfetta da sembrare parlante. Giurato si
saria ch’el dicesse ’Ave!’;
perché iv’era imaginata quella
ch’ad aprir l’alto amor volse la chiave; 42
e avea in atto
impressa esta favella
’Ecce ancilla Deï’, propriamente
come figura in cera si suggella. 45
Si giurerebbe che
pronunci “Ave” perché vicino a lui e` raffigurata Colei che ha schiuso
l’uscio alla discesa del Sommo Amore, in atto di rispondere: “Ecco
l’ancella del Signore” (Lc. 1, 26-38), come fosse stampato nella cera.
Per l’interpretazione cab. dell’episodio evangelico della
nascita di Gesu` rimandiamo al ns/ ‘Commento al Vangelo di Matteo’ cap.1
vv.18-25 in
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Testi sacri.
"Non tener pur ad un loco la mente",
disse ’l dolce maestro, che m’avea
da quella parte onde ’l cuore ha la gente. 48
Per ch’i’ mi mossi
col viso, e vedea
di retro da Maria, da quella costa
onde m’era colui che mi movea, 51
un’altra storia ne
la roccia imposta;
per ch’io varcai Virgilio,
e fe’ mi presso,
acciò che fosse a li occhi miei disposta. 54
Il Maestro, che tiene il Discepolo
dalla parte del cuore, intanto lo sollecita: “Non fissare la tua
attenzione su un sola cosa”. Allora Dante guarda oltre la scultura
dell’Annuncio a Maria, verso il punto dove si trova Virgilio, e
scorgendo un altro bassorilievo, sorpassa la Guida per vederlo meglio.
Era intagliato lì nel marmo stesso
lo carro e ’ buoi, traendo l’arca santa,
per che si teme officio non commesso. 57
Dinanzi parea gente;
e tutta quanta,
partita in sette cori, a’ due mie’ sensi
faceva dir l’un ’No’, l’altro ’Sì, canta’. 60
Similemente
al fummo de li ’ncensi
che v’era imaginato, li occhi e ’l naso
e al sì e al no discordi fensi. 63
La seconda scultura raffigura il trasporto su carri e buoi
dell’Arca del Signore, la cui vista ci ricorda che bisogna temere di
assumere incarichi per i quali non si e` qualificati.
Il re Davide aveva ordinato di
spostare l’Arca dalla casa di Abinadab alla cittadella di Sion; il
sacerdote Uzza, avendola vista barcollare, temendo che cadesse, fece per
sorreggerla e cadde fulminato dal Signore, per aver osato fare cio` che
non gli toccava - v. 2Samuele 6, 6-7 e 1Cronache 13, 7-11; cfr. Bhagavad
Gita canto III v. 35: “Meglio il proprio dovere benche` imperfettamente
compiuto, che il dovere di un altro bene eseguito…il dovere di un altro
e` pieno di perigli”
e relativa ns/ inter.
cab. in
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Testi sacri). Davanti si vedono, divisi in sette cori, gruppi di
persone, e sono tanto veri che il Nostro si chiede se stiano realmente
cantando o no. Lo stesso avviene per il fumo dell’incenso li`
raffigurato: profuma o no?
Lì precedeva al benedetto vaso,
trescando alzato, l’umile salmista,
e più e men che re era in quel caso. 66
Di contra, effigïata
ad una vista
d’un gran palazzo, Micòl ammirava
sì come donna dispettosa e trista. 69
Continua la descrizione
del bassorilievo: dinanzi al
benedetto vaso
(l’Arca) l’umile
salmista
(Davide),
avanza, danzando con
la veste alzata, divenendo cosi` piu` (per l’umilta`) e meno (per la
dignita`) di un re. Di fronte a lui e` raffigurata, affacciata alla
finestra del palazzo reale, sua moglie Micol (= forza del Signore),
figlia del re Saul, mentre lo giudica, sdegnosa e sprezzante (2Samuele
6, 16
e 1Cronache 15, 29). I’ mossi i
piè del loco dov’io stava,
per avvisar da presso un’altra istoria,
che di dietro a Micòl mi biancheggiava. 72
Quiv’era storïata
l’alta gloria
del roman principato, il cui valore
mosse Gregorio a la sua gran vittoria; 75
i’ dico di Traiano
imperadore; e
una vedovella li era al freno,
di lagrime atteggiata e di dolore. 78
Intorno a lui parea calcato e pieno
di cavalieri, e l’aguglie ne l’oro
sovr’essi in vista al vento si movieno. 81
Dante fa ancora qualche passo per
ammirare una terza scultura, successiva a quella in cui e` raffigurata
Micol.
Vi e` descritta la gloria dell’imperatore romano il cui valore indusse
il papa
Gregorio
(= desto; 590-604) a pregare per lui e a strapparlo alla perdizione: lo
resuscito` e lo battezzo`, benche` morto da 5 secoli; e` la gloria di
Traiano
(= che trascina; imperatore dal 98 al 117 d. C.); vicino alle sue redini
c’e` una povera vedova che lo prega piangendo di farle giustizia.
Intorno a lui c’e` folla e cavalieri e sopra aquile d’oro che sembrano
muoversi al vento.
La miserella intra tutti costoro
pareva dir: "Segnor, fammi vendetta
di mio figliuol ch’è morto, ond’io
m’accoro"; 84
ed elli a lei rispondere: "Or aspetta
tanto ch’i’ torni"; e quella: "Segnor mio",
come persona in cui dolor s’affretta, 87
"se tu non torni?";
ed ei: "Chi fia dov’io,
la ti farà"; ed ella: "L’altrui bene
a te che fia, se ’l tuo metti in oblio?"; 90
ond’elli: "Or ti
conforta; ch’ei convene
ch’i’ solva il mio dovere anzi ch’i’ mova:
giustizia vuole e pietà mi ritene". 93
Fra la folla la misera
sembra dire: “Signore, fammi giustizia perché mio figlio e` morto, e per
lui mi addoloro”;
ed egli a lei:
“Aspetta che torni”; e lei, come una che e` spinta dalla sofferenza:
“Mio Signore, e se non torni?”; e lui: “Un altro lo fara` al mio posto”;
e lei ancora: “A che ti servira` la giustizia di un altro se dimentichi
la tua?”; e lui: “Consolati, e` necessario che io adempia il mio dovere
prima della partenza: lo vuole la giustizia, e la pieta`per te
mi trattiene qui”. Colui che
mai non vide cosa nova
produsse esto visibile parlare,
novello a noi perché qui non si trova. 96
Mentr’io mi
dilettava di guardare
l’imagini di tante umilitadi,
e per lo fabbro loro a veder care, 99
"Ecco
di qua, ma fanno i passi radi", mormorava il poeta, "molte genti:
questi ne ’nvïeranno a li alti gradi". 102
Li
occhi miei, ch’a mirare eran contenti per veder novitadi ond’e’ son
vaghi, volgendosi ver’ lui non furon lenti. 105
Il
sommo Creatore, per il Quale non esiste cosa sconosciuta, ha prodotto
queste stupende opere d’arte in cui l’immagine comunica anche i
dialoghi, sconosciute sulla terra. E mentre il Discepolo si diletta
nella loro visione, tanto piu` ammirato, pensando al loro Artefice, il
Maestro mormora: “Ecco venire a passi radi, piano piano gente; saranno
loro a mostrarci il cammino”. Cosi` subito gli occhi di Dante si
rivolgono alla Guida, desiderosi di novita`.
Con la
descrizione di questi bassorilievi ‘parlanti’ il Nostro ha previsto con
qualche secolo di anticipo il cinema sonoro, da sempre in esistenza nel
Mondo delle Idee.
E` indubbio che
le nostre vite non sono altro che films della
‘speciale collezione DVD’ del Se`, che ci concede pure di girarli e di
vederli. Alcuni films sono commedie, altri drammi, tutti i generi di
films possono essere ‘girati’ e ‘visti’ per imparare, ma sapendo che il
male procura sofferenza, e il Bene felicita`, non dovrebbe essere
difficile scegliere quali films girare e vedere nella vita. In questo
decimo canto sono illustrati e animati tre ‘personaggi’, eccezionali
esempi di umilta`: la Vergine Maria, il re Davide, l’imperatore Traiano.
Esempi che debbono insegnare l’umilta` a tre diversi livelli di
coscienza. Il primo esempio mostra la Vergine Maria che accetta la
volonta` del Signore annullando in Lui, volontariamente, ogni propria
egoica volonta`: e` la rappresentazione dell’umilta` mentale. Il secondo
esempio mostra un re, poi rimproverato dalla regina, che con gioia,
cantando e ballando, ‘si scopre come un uomo da nulla’ (Davide danzava
con tutte le forze davanti al Signore: 2 Sam. 6,14) ma ‘lo fa dinanzi al
Signore’ al cui confronto si riconosce ‘nulla’, perché da Lui ha
ricevuto la pienezza del cuore: e` la rappresentazione dell’umilta` nel
piano astrale. Il terzo esempio mostra un imperatore che, sollecitato da
una misera vedova, compie materialmente un atto di giustizia a lei
dovuto: e` la rappresentazione dell’umilta` a livello fisico. Conoscere
l’umilta` sui tre livelli di coscienza, fisico (Assiah), astrale
(Yetzirah), mentale (Briah) significa poterla ri-conoscere per poterla
praticare, cioe` per poter vincere definitivamente il vizio della
superbia. Non vo’
però, lettor, che tu ti smaghi di buon proponimento per udire come
Dio vuol che ’l debito si paghi. 108
Non attender la forma del
martìre: pensa la succession; pensa ch’al peggio oltre la gran
sentenza non può ire. 111
Dante poi si rivolge al lettore esortandolo a non allontanarsi
dai buoni proponimenti sapendo come la Giustizia faccia scontare i
peccati. Lo esorta anche a non fissarsi sulla forma della penitenza:
pensi piuttosto a cio` che la seguira`; e che al massimo la sofferenza
durera` fino al giorno del giudizio universale.
Io cominciai: "Maestro, quel ch’io veggio muovere a noi, non mi
sembian persone, e non so che, sì nel veder vaneggio". 114
Ed
elli a me: "La grave condizione di lor tormento a terra li
rannicchia, sì che ’ miei occhi pria n’ebber tencione. 117
Ma
guarda fiso là, e disviticchia col viso quel che vien sotto a quei
sassi: già scorger puoi come ciascun si picchia". 120
Poi il Discepolo dice: “Maestro,
cio` che vedo venire verso di noi non mi sembra gente, e non so che cosa
sia, temo di sbagliarmi” E il Maestro a lui: “Anche i miei occhi
all’inizio
hanno esitato. Ma e` la stessa loro pena che li
tiene cosi` rannicchiati. Gurda fisso la` e cerca di distinguere i visi
sotto quei grossi sassi: vedrai che ciascuno fa la sua penitenza”.
O superbi cristian, miseri lassi, che, de la vista de la mente
infermi, fidanza avete ne’ retrosi passi, 123
non v’accorgete
voi che noi siam vermi nati a formar l’angelica farfalla, che vola
a la giustizia sanza schermi? 126
Di
che l’animo vostro in alto galla, poi siete quasi antomata in
difetto, sì come vermo in cui formazion falla? 129
Dante si rivolge poi ai
cristiani superbi, miseri, infelici e malati di mente, dicendo: ‘Credete
di andare avanti (chissa` dove) e invece retrocedete, senza accorgervi
che noi umani siamo come vermi, destinati a volare come farfalle, senza
ostacoli, verso la giustizia. Per quale motivo il vostro animo monta in
superbia se noi siamo imperfetti come quegli esseri in cui lo sviluppo
e` ancora incompleto?’ Come per sostentar
solaio o tetto, per mensola talvolta una figura si vede giugner le
ginocchia al petto, 132
la qual fa del non ver vera rancura
nascere ’n chi la vede; così fatti vid’io color, quando puosi ben
cura. 135
Vero è che più e meno eran contratti secondo
ch’avien più e meno a dosso; e qual più pazïenza avea ne li atti, 138
piangendo parea dicer: ’Più non posso’.
Come a volte si vede per puntello di un
tetto o di un solaio una cariatide che tocca con le ginocchia il petto e
che fa nascere in chi guarda un dolore reale per un dolore che non lo
e`, cosi` il Nostro soffre per quei penitenti. Ed e` pur vero che quelli
sono contratti a seconda del peso che portano, e quello che sembra piu`
paziente, piangendo sembra dire: ‘Non ne posso piu`’.
Per la legge del contrappasso i superbi
sono costretti a tenere bassa la testa sotto il peso di massi piu` o
meno pesanti, a seconda della gravita` del loro peccato. In vita hanno
tenuto alta la testa, credendosi superiori agli altri, ora debbono
inchinarla; cercarono di avanzare sugli altri, ora debbono procedere
assai lentamente; peccarono di presunzione, ora debbono meditare su
scene di umilta`. Il Nostro, che si riconosce a buon motivo superbo,
dopo aver paragonato i cristiani orgogliosi al verme non ancora
farfalla,
soffre della loro sofferenza che e` poi la sua;
l’espressione ‘Piu` non posso’ chiude il canto come a dire
che piu` di quella sofferenza lui stesso, non potrebbe sopportare, ma ci
riesce pensando alla
successione, a cio` che seguira` alla penitenza.
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