PURGATORIO - CANTO XI
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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“O Padre nostro, che ne’ cieli stai,
non circunscritto, ma per più amore
ch’ai primi effetti di là sù tu hai, 3
laudato sia ’l tuo
nome e ’l tuo valore
da ogne creatura, com’è degno
di render grazie al tuo dolce vapore. 6
“Padre nostro che sei nel cielo, non
certo perché limitato, ma perché li` sei piu` vicino alle tue prime
emanazioni, sia santificato il tuo Valore (Il Potere, il Padre), il tuo
Nome (la Sapienza, il Figlio) e da ogni creatura, come e` giusto, si
renda grazie al tuo Spirito (Santo,
l’Amore): Potere,
Sapienza e Amore
sono le tre Persone
della Trinita`. (v. in
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la ns/ riduzione teatrale
del’Autosacramental di Calderon de la Barca e relativo commento). Vegna ver’
noi la pace del tuo regno,
ché noi ad essa non potem da noi,
s’ella non vien, con tutto nostro ingegno. 9
Come del suo voler
li angeli tuoi
fan sacrificio a te, cantando osanna,
così facciano li uomini de’ suoi. 12
Possa giungere fino a
noi la Pace del tuo regno, a cui noi non possiamo arrivare da soli, con
tutta la nostra intelligenza, se essa non scende verso di noi. Come gli
angeli sacrificano a Te la loro volonta` lodandoti, cosi` possano fare
anche gli uomini.
Dà oggi a noi la cotidiana manna,
sanza la qual per questo aspro diserto
a retro va chi più di gir s’affanna. 15
E come noi lo mal
ch’avem sofferto
perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
benigno, e non guardar lo nostro merto. 18
Dacci il cibo quotidiano
(come desti la manna agli ebrei nel deserto Es. 16, 14-16), perché senza
di esso (senza la tua Grazia) non possiamo avanzare nel deserto
dell’esperienza umana. E come noi perdoniamo il male subito, Tu,
benevolo, perdonaci, senza tener conto del nostro scarso merito.
Nostra virtù che di legger s’adona,
non spermentar con l’antico avversaro,
ma libera da lui che sì la sprona. 21
Quest’ultima
preghiera, segnor caro,
già non si fa per noi, ché non bisogna,
ma per color che dietro a noi restaro". 24
Non mettere alla prova
con l’avversario antico (il serpente) la nostra virtu`
che di legger s’adona
(= che si fiacca con poco, debole), ma liberaci da quello, che sempre ci
insidia. Quest’ultima preghiera non e` per noi, Amato Signore, che non
ne abbiamo bisogno, ma per quelli che sono ancora vivi.”
Il ‘Padre Nostro’ e` la preghiera, qui ampliata e arricchita di
elementi di particolare umilta` perché messa in bocca ai superbi,
insegnataci da Gesu` in Mt. 6, 6-15 ; (v. ‘Commento al vangelo di
Matteo’ in
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Testi sacri).
La preghiera in
genere e` legata alla Sephirah Daath; pregare, elevare l’animo al
Signore, e` percorrere il sentiero centrale dell’Albero; e se la
preghiera e` consapevole e totalmente centrata, come quella di Gesu`
(dell’Io Sono), non puo` che portare alla realizzazione della Coscienza.
Essa deve essere elaborata nel silenzio (esterno) e nel segreto
(interno); cio` che e` ‘se-creto’ e` atto interiorizzato, distillato dal
se` interiore, e deve essere essenziale, e diretto al Padre Celeste
(Kether). Il Padre Nostro
e` ovviamente il Kether, (il Figlio e` Daath); Egli e`
ne’ Cieli,
in Atziluth (nel Mondo dello Spirito) e comprende in Se` le Sephiroth
Chockmah (= la Saggezza), principio maschile, e Binah (= la
Comprensione), principio femminile; Egli e` la Presenza o Assoluto o
Tao; la santificazione del Suo Nome riguarda la sacralizzazione delle
lettere del Nome Santo, scritte tutte sull’Albero e sui suoi Sentieri; ‘venga
ver noi la Pace del
tuo Regno’:
e` la trasformazione della Gerusalemme terrestre (Malkuth, il Regno, la
personalita`), nella Gerusalemme Celeste, in cui l’umanita`sara`
reintegrata, con
l’attuazione del
Piano originario.
Come del suo voler gli angeli tuoi…
ecc.: e` il ‘come
in cielo cosi` in terra’: che il basso sia vera specchiatura dell’alto,
cosicche` la creatura divenga tutt’Uno col suo Creatore.
Da` oggi a noi la cotidiana manna
e` la domanda della materia prima, ‘la pietra di qualita`, i preziosi
‘talenti’ indispensabili per la realizzazione dell’Opera,
e come noi lo male … perdoniamo,
Tu perdona benigno:
e` la richiesta di equilibrio tra le colonne dell’Albero, perché ogni
squilibrio crea disordine e solo il perdono permette il vero azzeramento
dei debiti tra ‘dare e avere’, tra le due colonne della Grazia e della
Severita`. Non sperimentar …
con l’antico avversaro:
rendi la nostra mente (il serpente) docile alla Tua Volonta` cosicche`
non sia un’insidia ma un Tuo strumento; e quest’ultima preghiera e` per
color che
dietro a noi restaro:
per quella parte di noi che non ha ancora compreso e accettato il vero
scopo dell’incarnazione.
Così a sé e noi buona ramogna
quell’ombre orando, andavan sotto ’l pondo,
simile a quel che talvolta si sogna, 27
disparmente
angosciate tutte a tondo
e lasse su per la prima cornice,
purgando la caligine del mondo. 30
Cosi` pregando i
penitenti augurano
buona ramogna ( =
dal celtico ‘ra’ = andare e ‘moigheanar’ = felice = buon viaggio) a se
stessi ed ai Viandanti, e intanto vanno, estenuati, sotto il peso, (con
l’oppressione) che si prova a volte sognando (negli incubi), girando
intorno alla prima cornice, e purificandosi dalla impurezza mondana.
Se di là sempre ben
per noi si dice,
di qua che dire e far per lor si puote
da quei c’ hanno al voler buona radice? 33
Ben si de’ loro atar
lavar le note
che portar quinci, sì che, mondi e lievi,
possano uscire a le stellate ruote. 36
Se di la` (nel mondo dei
morti) si prega per noi vivi, che cosa possono fare di qua coloro che
hanno buona volonta`? Di certo aiutarli a lavare quelle colpe che li
hanno condotti nel purgatorio, cosi` che poi, mondati, possano salire in
cielo.
Quando l’umanita` comprendera` di
essere una sola famiglia e si comportera` come tale, in modo che ognuno
si adoperi per il bene altrui, cosi` che
il bene di tutti
diventi il bene di ciascuno, allora si avra` il paradiso in terra.
Nell’Albero cabalistico allorche` le varie sephiroth
‘lavorano’ per il
bene delle altre si raggiunge quell’equilibrio che permette la fioritura
della sephirah Daath, la Coscienza e con Essa la possibilita` di
crescere spiritualmente cioe` di fare ‘anima’ o ‘indiarsi’, in quanto
‘l’avversario’ nella societa` e nell’individuo e` solo uno: l’egoismo.
Se il fisico pensa solo a godere, l’astrale solo a provare passioni e il
mentale solo ad acquisire nozioni, il risultato sara` malattia e vizio,
ma se i piani inferiori fisico, astrale e mentale si mettono a servizio
del piano
spirituale, questo si
prendera` cura di loro nel modo migliore; perché, per la legge della
Promessa Messianica, quando il merito sale, la Grazia scende.
"Deh, se giustizia e
pietà vi disgrievi
tosto, sì che possiate muover l’ala,
che secondo il disio vostro vi lievi, 39
mostrate da qual
mano inver’ la scala
si va più corto; e se c’è più d’un varco,
quel ne ’nsegnate che men erto cala; 42
ché questi che vien
meco, per lo ’ncarco
de la carne d’Adamo onde si veste,
al montar sù, contra sua voglia, è parco". 45
Virgilio cosi` si
rivolge al gruppo di penitenti: “Che la giustizia e la pieta` vi
liberino al piu` presto dai pesi, e che possiate volare al cielo secondo
il vostro desiderio; ma mostrateci dove e` la via per salire (alla
seconda cornice) e se c’e` piu` di un passaggio, indicateci quello meno
faticoso, perché il Pellegrino che e` con me, essendo ancora rivestito
del corpo di
Adamo
(di carne), sale assai lentamente, pure
contro il suo volere.
Le lor parole, che rendero a queste
che dette avea colui cu’ io seguiva,
non fur da cui venisser manifeste; 48
ma fu detto: "A man
destra per la riva
con noi venite, e troverete il passo
possibile a salir persona viva. 51
E
s’io non fossi impedito dal sasso
che la cervice mia superba doma,
onde portar convienmi il viso basso, 54
cotesti, ch’ancor
vive e non si noma,
guardere’ io, per veder s’i’ ’l conosco,
e per farlo pietoso a questa soma. 57
Alla richiesta della Guida cosi`
risponde uno dei penitenti, ma avendo tutti la testa abbassata, non si
sa chi: “Venite con noi a destra, lungo la parete, e troverete il
passaggio adatto ad un vivo. E se non fossi ostacolato dal sasso che
tiene bassa la mia testa superba, per la quale e ` bene che tenga il
volto in giu`, io potrei guardare questo vivente, che non dice il suo
nome, per vedere se lo conosco e suscitargli pieta` per la mia
condizione…”
Io fui latino e nato d’un gran Tosco:
Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre;
non so se ’l nome suo già mai fu vosco. 60
L’antico sangue e
l’opere leggiadre
d’i miei maggior mi fer sì arrogante,
che, non pensando a la comune madre, 63
ogn’uomo ebbi in
despetto tanto avante,
ch’io ne mori’, come i Sanesi sanno,
e sallo in Campagnatico ogne fante. 66
“…Io sono nato in
Italia, figlio di un grande della Toscana, mio padre fu
Guglielmo
(= protetto dall’elmo della volonta`)
Aldobrandesco
(= protetto dalla spada), non so se ne conoscete la fama. La nobilta`
della stirpe e le imprese di valore degli antenati mi resero cosi`
orgoglioso che, non pensando alla comune umana origine, disprezzai tutti
gli altri uomini, come sanno bene i
Sanesi
( = gli abitanti di Siena) e persino i bimbi
di
Campagnatico
(il suo feudo)…”
Io sono Omberto; e non pur a me danno
superbia fa, ché tutti miei consorti
ha ella tratti seco nel malanno. 69
E qui convien ch’io
questo peso porti
per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia,
poi ch’io nol fe’ tra ’ vivi, qui tra ’
morti". 72
“…Io sono
Omberto
(= Umberto = splendido gigante; ghibellino, morto nel 1259 combattendo
contro Siena); E la mia superbia non danneggio` solo me, ma tutti i miei
parenti. E` per causa sua che porto questo peso, non fui umile da vivo,
lo debbo essere ora tra i morti, fino al termine del mio debito con la
Giustizia.”
Alla richiesta fatta dalla ‘Ragione’
di mostrare la via per salire il monte e proseguire il Viaggio, qualcuno
risponde che occorre andare a
man destra
(proseguire in senso orario, perché quello e` il senso dell’avanzare, e
anche che ‘occorre lavorare sulla mano destra’, cioe` sulla colonna di
destra dell’Albero. A dare il suggerimento sulla ‘via’ e`
Omberto,
‘splendido gigante’, figlio di
Guglielmo Adobrandesco,
generato ‘dalla protezione della spada e dell’elmo’ che alterna ancora
residue tracce di ‘orgoglio’ a sprazzi di ‘modestia’; e` costui il primo
dei penitenti in cui il Discepolo sul Sentiero si specchia in questa
cornice,
Omberto
per il suo nome, puo` essere omologato alla sephirah Geburah (la Forza)
che deve sviluppare in se` la virtu` dell’Umilta`, relativa alla
sephirah Tiphereth (Bellezza) senza la quale non si sale al secondo
girone.
Ascoltando chinai in
giù la faccia;
e un di lor, non questi che parlava,
si torse sotto il peso che li ’mpaccia, 75
e videmi e conobbemi
e chiamava,
tenendo li occhi con fatica fisi
a me che tutto chin con loro andava. 78
"Oh!", diss’io lui, "non se’ tu Oderisi,
l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte
ch’alluminar chiamata è in Parisi?". 81
Il Nostro, umiliandosi,
ascolta a testa bassa, quand’ecco che un altro, non
Omberto,
torcendosi sotto il peso che lo grava, lo riconosce e lo chiama,
tenendogli addosso gli occhi. Mentre va col gruppo, anche
Dante e` tutto chino,
e chiede: “Oh! Non sei tu
Oderisi
(= ricco), l’onore d’Agobbio
(di Gubbio, da Iguvium = casa di Giove; morto nel 1299) e l’onore di
quell’arte che a
Parisi
(= Parigi) si chiama
alluminar (= dal
francese enluminer = della miniatura, ma anche l’arte di ‘illuminare’,
cioe` di ‘dare la luce al quadro’)?”
"Frate", diss’elli, "più ridon le
carte che
pennelleggia Franco Bolognese;
l’onore è tutto or suo, e mio in parte. 84
Ben non sare’ io
stato sì cortese
mentre ch’io vissi, per lo gran disio
de l’eccellenza ove mio core intese. 87
E quello risponde: “Fratello, l’arte
di
Franco
(= libero)
Bolognese
(= prezioso; forse allievo di Oderisi) risplende piu` della mia. Ora
l’onore e` suo, ed io vengo dopo. Ma in vita non sarei stato cosi`
modesto, per il gran desiderio di primeggiare a cui ero tutto teso…”
Di tal superbia qui
si paga il fio;
e ancor non sarei qui, se non fosse
che, possendo peccar, mi volsi a Dio. 90
Oh vana gloria de
l'umane posse!
com' poco verde in su la cima dura,
se non è giunta da l'etati grosse! 93
“…Di quella superbia qui
sto pagando il castigo; e non sarei nemmeno qui (ma
nell’antipurgatorio), se non mi fossi pentito prima dell’ultim’ora. O
gloria effimera del potere umano! Quanto dura poco, se non e` seguita da
tempi barbari (oscuri, non raffinati)!…”
Credette Cimabue ne la pittura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
sì che la fama di colui è scura. 96
Così ha tolto l’uno
a l’altro Guido
la gloria de la lingua; e forse è nato
chi l’uno e l’altro caccerà del nido. 99
“…Nella pittura
Cimabue
(= corna di bue, luna; 1272-1302) credette di primeggiare, ora
Giotto
(= Ambrogio = immortale, che dura nel tempo; 1267-1337) e` piu` famoso
di lui,
e la fama di
Cimabue
e` oscurata. Allo stesso modo
Guido
(= uomo di selva; Cavalcanti= di coloro che posseggono il cavallo;
1255-1300, protagonista con Dante dello Stilnuovo) ha tolto la gloria
della lingua all’altro
Guido
(Guinizzelli= dei piccoli Guidi;1235-1276, iniziatore dello stilnovismo)
e forse e` nato gia` chi li superera` entrambi (Dante stesso; e poi un
altro superera` anche lui..ecc.)…”
Il secondo penitente che fa da
specchio al Nostro e`
Oderisi
d’Agobbio,
(ricco, della casa di Giove; relativo al sephirah Chesed = Giustizia)
famoso per l’arte del ‘dare la luce’ ai quadri, ma ora utile per
illuminare Dante (= colui che persevera) su cio` che bisogna conoscere
della superbia per cancellarla.
Franco Bolognese
(la preziosa liberta`, relativa alla sephirah Daath) e` senza dubbio
piu` grande di lui, perché Daath e` maggiore di Chesed.
Ora egli e` modesto,
ma la modestia non va rimandata al futuro, va praticata in vita, cioe`
giorno per giorno, nel qui e ora. Come
nell’arte pittorica,
Cimabue,
(= cio`che e` lunare), effimero, relativa alla sephirah Yesod
(Fondamento), viene superato da
Giotto
(= cio` che dura nel tempo, solare)
relativo alla
sephirah Tiphereth (Bellezza), allo stesso modo nell’arte poetica
Guido
(= l’uomo di selva) Cavalcanti (= che possiede il cavallo, simbolo
solare, di saggezza, e di qualita` profetiche e magiche) relativo alla
sephirah Tiphereth, supera il Guido precedente, piu` modesto
(Guinizzelli = dei piccoli uomini di selva, terrestre), relativo al
Malkuth. Non è il
mondan romore altro ch’un fiato
di vento,
ch’or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perché muta lato. 102
Che voce avrai tu
più, se vecchia scindi
da te la carne, che se fossi morto
anzi che tu lasciassi il ’pappo’ e ’l
’dindi’, 105
pria che passin mill’anni? ch’è più corto
spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia
al cerchio che più tardi in cielo è
torto. 108
“…La fama del mondo non e` altro che un
soffio di vento che proviene ora da una parte ora da un’altra e cambia
nome perché cambia direzione. Se muori da vecchio o da bambino, che
ancora balbetta parole come
pappo
(= cibo) o
dindi
(= soldi), chi mai se ne ricordera` dopo mille anni? E mille anni per
l’Eternita` sono come un batter di ciglia rispetto al tempo di
rivoluzione delle stelle fisse (calcolato in 36.000 anni)...” (Cfr.
Qoelet 1, 11: “Non resta piu` ricordo degli antichi, ma neppure di
coloro che saranno si conservera` memoria presso coloro che verranno in
seguito”).
Colui che del cammin sì poco piglia
dinanzi a me, Toscana sonò tutta;
e ora a pena in Siena sen pispiglia, 111
ond’era sire quando
fu distrutta
la rabbia fiorentina, che superba
fu a quel tempo sì com’ora è putta. 114
La vostra nominanza
è color d’erba,
che viene e va, e quei la discolora
per cui ella esce de la terra acerba". 117
“…(Per esempio): tutta
la Toscana parlo` di quello che avanza ora lentissimo davanti a me, che
adesso e` appena ricordato solo in Siena, citta` di cui fu signore,
quando fu distrutto l’orgoglio fiorentino, della citta` a quel tempo
superba, ed ora corrotta. La fama mondana e` come il colore dell’erba,
(dura una stagione) e ingiallisce ad opera di quello stesso (il sole)
che la fa nascere”.
Cfr. “Vanita` delle vanita`, dice Qoelet (= colui che parla
nell’assemblea), vanita` delle vanita`, tutto e` vanita` (Qo. 1,2).
“Ma io non ho mai perduto il senso
che qualcosa vive e perdura oltre questo eterno fluire”
(da: -Jung foglie
d’album-
Ed. Vivarium pag.
137)
E io a lui: "Tuo vero dir m’incora
bona umiltà, e gran tumor m’appiani;
ma chi è quei di cui tu parlavi ora?". 120
"Quelli è",
rispuose, "Provenzan Salvani;
ed è qui perché fu presuntüoso
a recar Siena tutta a le sue mani. 123
Ito è così e va,
sanza riposo,
poi che morì; cotal moneta rende
a sodisfar chi è di là troppo oso". 126
Dante a lui: “Il tuo
discorso verace mi ispira grande umilta` e doma il mio orgoglio; ma chi
e` quello di cui parlavi poc’anzi?” E Oderisi gli risponde: “Quello e`
Provenzan
(= della Provvidenza)
Salvani
(= da Salvatore; ghibellino senese, morto nel 1269); si trova qui perché
volle presuntuosamente conquistare tutta Siena. Da che e` morto va
cosi`(sotto il grave peso), senza mai fermarsi; chi in vita fu tanto
superbo paga con tale moneta (la Giustizia)”.
E io: "Se quello spirito ch’attende,
pria che si penta, l’orlo de la vita,
qua giù dimora e qua sù non ascende, 129
se buona orazïon lui
non aita,
prima che passi tempo quanto visse,
come fu la venuta lui largita?". 132
E Dante: “Come mai, se
e` uno di quelli che ha tardato a pentirsi fino all’ultimo e se non ha
nessuno che prega per lui, gli e` stato concesso di iniziare la
purificazione invece di aspettare nell’antipurgatorio?”
"Quando vivea più glorïoso", disse,
"liberamente nel Campo di Siena,
ogne vergogna diposta, s’affisse; 135
e lì, per trar
l’amico suo di pena,
ch’e’ sostenea ne la prigion di Carlo,
si condusse a tremar per ogne vena. 138
Più non dirò, e
scuro so che parlo;
ma poco tempo andrà, che ’ tuoi vicini
faranno sì che tu potrai chiosarlo. 141
Quest’opera li tolse
quei confini".
E Oderisi risponde: “Nel momento
della sua maggior gloria, superata ogni vergogna, si mise nella piazza
del Campo di Siena a chiedere l’elemosina per salvare un suo caro amico
imprigionato dal re
Carlo
(= libero al bianco, prigioniero al nero;
d’Angio`che aveva
posto su di lui una taglia fortissima, pena la morte; Provenzano si
umilio`, ma riusci` a salvare l’amico). Non dico altro, so di parlare in
modo oscuro (sta profetizzando
l’esilio di Dante):
ma non passera` molto tempo che i tuoi concittadini ti faranno capire
meglio la sua mortificazione. Questo atto di umilta` gli evito`
l’attesa”.
Il terzo personaggio di questo canto
che fa da specchio al Nostro e`
Provenzan Salvani
(salvato dalla Provvidenza) il cui atto altruistico di umilta` per un
amico lo ha reso degno della Clemenza divina;
Provenzan
puo` essere omologato alla sephirah Netzach
(Vittoria) la cui virtu` e` appunto l’altruismo.
Oderisi
(Chesed) e
Provenzan
(Netzach), sono entrambi relativi alla colonna di destra, quella su cui
deve lavorare il Discepolo sul Sentiero a questo punto del viaggio,
secondo le indicazioni ricevute da
Omberto
nei vv. 49-51.
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