PURGATORIO - CANTO XVI
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Buio d’inferno e di notte privata
d’ogne pianeto, sotto pover cielo,
quant’esser può di nuvol tenebrata, 3
non fece al viso mio
sì grosso velo
come quel fummo ch’ivi ci coperse,
né a sentir di così aspro pelo, 6
che l’occhio stare
aperto non sofferse;
onde la scorta mia saputa e fida
mi s’accostò e l’omero m’offerse. 9
Una oscurita` infernale e una notte
priva di stelle, sotto un cielo oscurato da nubi, non hanno fatto mai
tanto
velo
(copertura) sul volto del Nostro come quel fumo cosi` aspro che avvolge
ora i due Viandanti (sono giunti sulla terza cornice del Purgatorio),
tanto che Dante non riesce a tenere gli occhi aperti e si accosta alla
Guida, sapiente e fidata, che gli offre la spalla.
Sì come cieco va dietro a sua guida
per non smarrirsi e per non dar di cozzo
in cosa che ’l molesti, o forse ancida, 12
m’andava io per
l’aere amaro e sozzo,
ascoltando il mio duca che diceva
pur: "Guarda che da me tu non sia mozzo". 15
Come un
cieco va dietro alla sua guida per non smarrirsi e non urtare in
qualcosa che lo danneggi o addirittura lo uccida, cosi` il Discepolo va
per quella nebbia acre e sporca dietro al Maestro che intanto gli dice:
"Guarda che da me tu non sia mozzo”
.
Per la legge del contrappasso, gli
irosi, che si lasciarono offuscare dai fumi dell’ira ora sono immersi in
un infernale fumo acre. Nella Bhagavad Gita (v. ns/ interpretazione
cabalistica in
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Testi sacri) ad
Arjuna, Discepolo sul Sentiero, il Maestro Krisna dice che l’ira e` cio`
che spinge al peccato, ‘perché tutto divora malefica, e perché nel mondo
essa e` l’avversario’. (canto III v. 37) e gia` (nel canto II v. 62-64)
aveva spiegato cosi` l’origine dell’ira: ‘Nell’uomo che di continuo
pensa agli oggetti dei sensi sorge l’attrazione per essi;
dall’attrazione e` prodotto il desiderio e dal desiderio insoddisfatto
nasce l’ira. Dall’ira procede la mancanza di discernimento, dalla
mancanza di discernimento la confusione della memoria; dalla confusione
della memoria la perdita del raziocinio e dalla perdita del raziocinio
l’uomo e` rovinato’. Se dunque i fumi dell’ira fanno perdere il
raziocinio e il discernimento, e` giusto che Virgilio (la Ragione)
raccomandi a Dante (la personalita`):
"Guarda che da me tu non sia mozzo”
(= sta bene attento a non staccarti da me, qualora dovessi trovarti nei
fumi dell’ira).
Io sentia voci, e ciascuna pareva
pregar per pace e per misericordia
l’Agnel di Dio che le peccata leva. 18
Pur ’Agnus Dei’ eran
le loro essordia;
una parola in tutte era e un modo,
sì che parea tra esse ogne concordia. 21
Nel frattempo egli sente
delle voci che sembrano pregare l’Agnello
di Dio ‘che
toglie i peccati dal mondo’ (Giovanni. 1, 29 e Isaia 53, 4-7). Le loro
preghiere iniziano tutte con
Agnus Dei
e mantengono sempre l’unisono, mostrando cosi` la loro totale armonia.
"Quei sono spirti, maestro, ch’i’ odo?",
diss’io. Ed elli a me: "Tu vero apprendi,
e d’iracundia van solvendo il nodo". 24
"Or tu chi se’ che
’l nostro fummo fendi,
e di noi parli pur come se tue
partissi ancor lo tempo per calendi?". 27
Così per una voce detto fue;
onde ’l maestro mio disse: "Rispondi,
e domanda se quinci si va sùe". 30
Dante allora chiede:
“Maestro, quelli che odo sono i penitenti?” e Lui: “Quello che dici e`
corretto, e stanno purificandosi del peccato dell’ira”. Intanto si ode
una voce: “Chi sei tu che stai con noi nella nebbia e parli come se
ancora pensassi al tempo diviso in mesi (come se fossi vivo)?” E
Virgilio: “Rispondi, e domanda se questa e` la strada per salire” E io: "O
creatura che ti mondi
per tornar bella a colui che ti fece,
maraviglia udirai, se mi secondi". 33
"Io ti seguiterò
quanto mi lece",
rispuose; "e se veder fummo non lascia,
l’udir ci terrà giunti in quella vece". 36
E Dante allora: O anima
che ti purifichi per tornare monda da Chi ti ha creato, se mi assecondi,
udrai cose che ti stupiranno”. E quello: “Ti seguiro` per quel che
posso, e se il fumo non permette di vederci, l’udito ci fara` stare
insieme”.
Allora incominciai:
"Con quella fascia
che la morte dissolve men vo suso,
e venni qui per l’infernale ambascia. 39
E se Dio m’ ha in
sua grazia rinchiuso,
tanto che vuol ch’i’ veggia la sua corte
per modo tutto fuor del moderno uso, 42
non mi celar chi
fosti anzi la morte,
ma dilmi, e dimmi s’i’ vo bene al varco;
e tue parole fier le nostre scorte". 45
E Dante a lui: “Salgo
(il monte) con quel rivestimento (il corpo) che la morte dissolve; son
giunto fin qui attraverso le sofferenze dell’inferno. E se il Signore,
per sua grazia, mi ha concesso di accedere al suo Regno in una maniera
del tutto straordinaria, non mi nascondere chi fosti prima di morire;
dimmelo, e dimmi anche se questa e` la strada giusta per salire, che` le
tue parole ci faranno da guida”.
"Lombardo fui, e fu’ chiamato Marco;
del mondo seppi, e quel valore amai
al quale ha or ciascun disteso l’arco. 48
Per montar sù
dirittamente vai".
Così rispuose, e soggiunse: "I’ ti prego
che per me prieghi quando sù sarai". 51
E quello spirito cosi`
risponde: “Il mio nome era
Marco
(marziano, da Marte)
Lombardo
( = forte, uomo gagliardo) pratico delle cose mondane (uomo di corte,
contemporaneo del conte Ugolino) amai quei valori ai quali oggi tutti
hanno rinunciato. Per salire, vai diritto. Ti prego di pregare per me,
quando sarai in Cielo”.
Qui i penitenti, come abbiamo gia`
detto, espiano il peccato dell’ira; questo vizio, insieme alla crudelta`
e alla violenza, e` inerente alla qelipah scoria della sephirah Geburah,
la Forza, la cui virtu` e` la mitezza, (come gia` visto nel canto
precedente ,vv. 85-114), ma anche il coraggio, il vigore, la
perseveranza. Geburah e`soprattutto
il Chirurgo Celeste,
l’Uccisore del drago; la Frusta per cio` che e` inutile, egoistico,
pigro, disonesto ecc.; Il dio relativo a Geburah e` Marte, il dio della
spada che con severita` converte l’energia erroneamente qualificata in
energia ‘pura’ avendo la funzione di riportare l’ordine dove si e`
creato disordine, e di ‘rettificare’ cio` che si e` ‘distorto’. Difatti
in questa cornice il Nostro
incontra
Marco
(= marziano)
Lombardo
(forte) che gli da` la ‘dritta’ per ‘salire il monte: ‘Per
montar sù dirittamente vai’.
(cfr. in
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‘Mumonkan’,
7mo*Koan
e relativo commento:
Mumon : Un monaco
chiese ad una vecchia: "Che strada devo prendere per andare sul Monte
Gotai?" La vecchia rispose: "Vai sempre diritto" Quando il monaco ebbe
fatto pochi passi essa osservo`: "Sembra un bravo monaco, ma anche lui
va fuori strada in questo modo").
E io a lui: "Per fede mi ti lego
di far ciò che mi chiedi; ma io scoppio
dentro ad un dubbio, s'io non me ne spiego.54
Prima era scempio, e
ora è fatto doppio
ne la sentenza tua, che mi fa certo
qui, e altrove, quello ov’io l’accoppio. 57
E il Viandante a lui: “Per la fede mi
impegno a fare cio` che chiedi. Ma ho un dubbio (nel cuore) e scoppio se
non me lo levo. Prima era semplice, ora, per cio` che hai detto, e`
doppio e mi conferma quello che penso...”
Lo mondo è ben così tutto diserto
d’ogne virtute, come tu mi sone,
e di malizia gravido e coverto; 60
ma priego che
m’addite la cagione,
sì ch’i’ la veggia e ch’i’ la mostri altrui;
ché nel cielo uno, e un qua giù la pone". 63
“…Che il mondo sia tutto
pieno di cattiveria e vizi e privo di ogni virtu`, come tu dici, e`
sicuro; ma ti prego, spiegamene la causa, cosi` che io la comprenda e la
mostri agli altri; perché alcuni dicono che dipende dagli astri, altri
dall’uomo”.
Alto sospir, che duolo strinse in "uhi!",
mise fuor prima; e poi cominciò: "Frate,
lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui. 66
Voi che vivete ogne
cagion recate
pur suso al cielo, pur come se tutto
movesse seco di necessitate. 69
Marco
prima sospira, poi geme: “Ohime`, fratello, il mondo fisico e` cieco e
tu vieni proprio da quello. I viventi attribuiscono ogni causa al cielo,
come se tutto fosse ‘necessitato’ (scritto)…”
Se così fosse, in voi fora distrutto
libero arbitrio, e non fora giustizia
per ben letizia, e per male aver lutto. 72
Lo cielo i vostri
movimenti inizia;
non dico tutti, ma, posto ch’i’ ’l dica,
lume v'è dato a bene e a malizia, 75
e libero voler; che,
se fatica ne
le prime battaglie col ciel dura,
poi vince tutto, se ben si notrica. 78
“…Se cosi` fosse non ci
sarebbe il libero arbitrio, e non sarebbe giusto avere il premio per
aver agito bene e la condanna per aver agito male. Il cielo, gli astri,
all’inizio, regolano le vostre inclinazioni, non dico tutte, ma se anche
cosi` fosse, con la volonta` vi e` data la possibilita` di scegliere tra
bene e male, e se in principio la scelta e` difficile, quando (la
volonta`) e` ben educata, essa vince (il male)…”
Eccoci dunque a trattare un tema su
cui si potrebbe discutere all’infinito: il libero arbitrio. Il Nostro
affronta qui uno dei temi fondamentali della questione esistenziale:
siamo noi a decidere del nostro destino o no? Dal ‘Dizionario della
lingua italiana’ di G. Devoto
e G. C.Oli
ricaviamo la
definizione: ‘l’arbitrio e` la facolta` di scelta nel giudicare e
nell’operare da parte del soggetto’, e ‘l’arbitrio’ e` ‘libero’ quando
il soggetto puo` esercitare ‘liberamente’ la sua scelta. Normalmente
quando si viene al mondo (e non si ha memoria di vite precedenti) non si
sceglie ne` il luogo dove si nasce, ne` il sesso, ne` la famiglia e (di
conseguenza) ne` l’educazione, ne` l’istruzione che si ricevera`; pero`
gia` con l’eta` della ‘ragione’ si e` in grado di scegliere tra ‘bene’ e
‘male’ per esempio se ubbidire o disobbedire ai genitori e ai maestri
ecc.. Man mano che gli anni passano le possibilita` di scelta aumentano,
ma sono sempre limitate dalle condizioni iniziali (luogo, sesso,
famiglia, ecc.) e dai concetti di bene e male acquisiti col crescere in
‘quella’ famiglia e in ‘quell’ambiente’ (scuola, amici, cinema,
televisione, ecc.) e soprattutto dal carattere che il soggetto intanto
si e` formato
con le sue
inclinazioni, la sua volonta` e la sua coscienza. A questo punto le
‘libere scelte’ che sono quindi ‘relative’ a
quanto detto sopra,
potranno essere liberamente effettuate in conseguenza a cio` che il
soggetto giudica Bene o male, per se`e per gli altri. Se il soggetto e`
ben inclinato e in famiglia e a scuola e` stato educato secondo una
morale ‘buona’, fara` scelte prevalentemente ‘buone’, altrimenti saranno
scelte prevalentemente ‘non buone’. Nel primo caso si avra` un soggetto
che l’I King, il testo taoista cinese (ed. Astrolabio pag. 601-602),
definisce ‘nobile’:
“Il nobile acquieta la sua persona prima di mettersi in moto. Egli si
raccoglie nella mente prima di mettersi a parlare. Egli non e`
strisciante nei suoi rapporti verso l’alto, non e` presuntuoso nei suoi
rapporti verso coloro che stanno in basso… ecc.”. Nel secondo caso si
avra` un soggetto che l’I King definisce ‘ignobile’: “L’ignobile non si
vergogna della durezza di cuore e non rifugge dall’ingiustizia. Dove non
vede accenno di vantaggio che lo alletti egli non si muove. Se non lo si
intimidisce egli non si emenda… ecc..” (id. pag. 599). Ma ‘quanto’ e`
dunque il soggetto responsabile delle sue scelte di Bene o male? Sara`
relativo al suo grado di ‘nobilta`’ cioe` al grado di sviluppo
coscienziale. Piu` il soggetto e` evoluto spiritualmente, piu` ha
‘libero arbitrio’, piu` ha ‘libero arbitrio’, piu` e` responsabile verso
la Vita e il Se`. Ricordiamo inoltre che ogni ‘scelta’, a qualunque
livello (v. Archetipo n.6 ‘Il Bivio’ in
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Archetipi),
implica una serie di
conseguenze determinanti a causa delle quali, dopo la scelta iniziale,
non c’e` piu` tanto da scegliere, e che quasi mai il tornare indietro
per cambiare strada facilita il raggiungimento di una meta, perché
spesso si e` persa l’occasione. Ma e` indubbio che se ci si accorge di
aver preso il sentiero sbagliato e` giusto correggere l’errore. L’ideale
sarebbe che ogni soggetto, possedendo buone inclinazioni e avendo
ricevuto buona educazione, sviluppasse un buon carattere e un buon grado
di coscienza, che riuscisse poi
a conoscere il vero
scopo della sua vita, cioe` quale e` il ‘proprio dovere’, relativo alla
sua incarnazione,
e liberamente
cercasse di compierlo al meglio: v. Bhagavad Gita canto III, v. 35:
‘Meglio il proprio
dovere benche` imperfettamente compiuto che il dovere di un altro ben
eseguito’, sempre tenendo presente che al termine dell’incarnazione si
dovra` rendere conto dei ‘talenti ricevuti’ al momento della nascita…(v.
Matteo 25, 14-30 e relativa ns/ interpretazione cabalistica in
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testi sacri – Commento al vangelo di Matteo). A maggior
forza e a miglior natura
liberi soggiacete; e quella cria
la mente in voi, che ’l ciel non ha in sua
cura. 81
Però, se ’l mondo presente disvia,
in voi è la cagione, in voi si cheggia;
e io te ne sarò or vera spia. 84
“…Voi uomini, essendo
liberi, soggiacete ad una Forza maggiore ed ad una Natura migliore di
quella del cielo (degli astri); e` quella Divina, che ha creato la
vostra mente, che non e` soggetta all’influsso astrologico. Percio` se
il mondo di oggi si
disvia
(devia) la causa e` in voi, li` la si cerchi; ed ora te ne daro` la
prova…”
Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia, 87
l’anima semplicetta
che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volontier torna a ciò che la trastulla. 90
“…L’anima ignara e
semplice, appena esce dalle mani del suo Fattore, che se ne compiace
prima che esista, e` come un bambina che ride e piange infantilmente, ma
essendo stata creata dal Signore, che e` Bene e Letizia, e` attratta da
cio` che la diletta...”
Di picciol bene in pria sente sapore;
quivi s’inganna, e dietro ad esso corre,
se guida o fren non torce suo amore. 93
Onde convenne legge
per fren porre;
convenne rege aver, che discernesse
de la vera cittade almen la torre. 96
“…Dapprima assapora i
beni materiali, e li scambia per veri beni, e li insegue, se non e`
guidata e frenata nelle sue scelte. Per porre un freno alle scelte
sbagliate fu data la legge e un re che riuscisse a vedere della vera
Citta` (quella Divina) almeno la torre (la Giustizia)...” Le leggi
son, ma chi pon mano ad esse?
Nullo, però che 'l pastor che procede,
rugumar può, ma non ha l'unghie fesse; 99
per che la gente,
che sua guida vede
pur a quel ben fedire ond’ella è ghiotta,
di quel si pasce, e più oltre non chiede. 102
“…Le leggi ci sono, ma
chi le applica? Nessuno, perché il
pastore
(il Papa = che dovrebbe occuparsi solo del potere spirituale) puo`
ruminar
(ruminare= rimasticare) le Scritture, ma non avendo (come l’animale puro
Dt. 14, 1-8) l’unghia fessa
(come l’Imperatore =
potere temporale, che distingue il Bene dal male) non sa distingue i
‘poteri’ (spirituale e temporale), per cui i fedeli che vedono la loro
guida, il
pastore,
tendere solo a quei beni (materiali) di cui sono ghiotti, si nutrono di
quelli e non vedono altro…”
Nelle varie ‘funzioni’ attribuite ai
ns/
personaggi interiori
servitore/funzionario di provincia (= fisico); funzionario di
citta`/ministro (= astrale);
re/saggio (= mentale)
corrispondenti alle 6 linee dell’esagramma dell’I King sull’Albero
cabalistico (v. ns/ interpretazione dell’Esagramma in
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I King e Kabbalah),
il re (o imperatore) corrisponde alla mente razionale, alla Ragione che
deve governare il Regno (la personalita`), e il saggio, (o
papa), al mentale
superiore, l’Intuizione; e` lei, l’Intuizione, che
deve consigliare per
il Bene la Ragione, ma senza ‘macchiarsi i guanti’ (v. ns/ lezione
spettacolo sull’ Archetipo n. 5, ‘il Papa’ in
www.teatrometafisico.it).
Se l’intuizione si ‘sporca i guanti’ seguendo gli interessi materiali,
non e` piu` intuizione, ma diventa furbizia, astuzia, egoismo, insomma
‘altro’ dall’intuizione,
e conduce il Regno,
la personalita` dritta
dritta nel caos.
Ben puoi veder che la mala condotta
è la cagion che ’l mondo ha fatto reo,
e non natura che ’n voi sia corrotta. 105
Soleva Roma, che ’l
buon mondo feo,
due soli aver, che l’una e l’altra strada
facean vedere, e del mondo e di Deo. 108
“…Vedi bene che e` la
cattiva condotta (la scelta sbagliata) che ha reso il mondo malvagio e
non che la Natura si sia corrotta in voi. Soleva
Roma
(I’Impero Romano)
che ha ben
governato, avere due luci che permettevano di illuminare i due poteri
mondano (temporale) e Divino (spirituale)…”
L’un l’altro ha spento; ed è giunta la spada
col pasturale, e l’un con l’altro insieme
per viva forza mal convien che vada; 111
però che, giunti,
l’un l’altro non teme:
se non mi credi, pon mente a la spiga,
ch’ogn’erba si conosce per lo seme. 114
“… I due poteri si sono
estinti l’uno con l’altro; la spada (simbolo del potere temporale) si e`
congiunta col pastorale (simbolo del potere spirituale) e i due poteri,
uniti a forza, creano danno; perché congiunti non si temono
reciprocamente: se non mi credi, pensa alle conseguenze di cio`: ogni
erba si conosce dal frutto (cfr. Matteo 12, 33 e Luca 6, 43-44) In sul paese
ch’Adice e Po riga,
solea valore e cortesia trovarsi,
prima che Federigo avesse briga; 117
or può sicuramente
indi passarsi
per qualunque lasciasse, per vergogna,
di ragionar coi buoni o d’appressarsi. 120
“…Prima della lotte
iniziate dall’Imperatore
Federico
(= potente in pace, al bianco, potente in guerra al nero; II), sulla
terra irrigata dall’Adige e dal Po (la Lombardia) si trovavano valore e
cortesia, ora invece tutto cio` che e` disonesto passa da li`…”
Ben v’èn tre vecchi ancora in cui rampogna
l’antica età la nova, e par lor tardo
che Dio a miglior vita li ripogna: 123
Currado da Palazzo e
’l buon Gherardo
e Guido da Castel, che mei si noma,
francescamente, il semplice Lombardo. 126
Dì oggimai che la
Chiesa di Roma,
per confondere in sé due reggimenti,
cade nel fango, e sé brutta e la soma". 129
“…E` vero, ci sono
ancora tre anziani che rimproverano i nuovi costumi dei giovani, i quali
sperano che il Signore
li chiami presto a
miglior vita; e sono:
Currado
(= audace e saggio)
da
Palazzo e il buon
Gherardo
(= coraggioso) e
Guido
(silvestre)
da
Castel
noto come l’onesto
Lombardo
(=forte) Quindi comprendi come la
Chiesa
di
Roma
(il Papato) confondendo in se` i due poteri, cada nel fango e abbrutisca
se stessa ed i suoi…”
Come gia` notato in altri canti il
Nostro ricorda qui alcuni personaggi il cui nome per il significato
etimologico puo` essere ricondotto alla sephirah di cui si tratta nel
canto stesso, in questo caso Geburah,
confermando
ancora una volta come
il nome proprio di un personaggio racchiuda il suo ‘destino’
come
‘inclinazione’ degli astri (nomen omen = il nome e` un presagio); sta
poi al personaggio (al suo libero arbitrio) volgere il suo
potenziale verso lo
sviluppo positivo, facendo fiorire la sephirah che gli compete (la
virtu`) o alimentando la qelipah (il vizio) che le si oppone.
"O Marco mio", diss’io, "bene
argomenti; e
or discerno perché dal retaggio
li figli di Levì furono essenti. 132
Ma qual Gherardo è
quel che tu per saggio
di’ ch’è rimaso de la gente spenta,
in rimprovèro del secol selvaggio?". 135
E Dante a lui: “ Caro Marco, tu parli
bene; ed ora capisco perché i figli di Levi (la casta sacerdotale degli
ebrei) non potevano ereditare. Ma di quale
Gerardo
parli,
dicendo che e` rimasto come uno degli ultimi esemplari dell’epoca
passata a rimproverare le nuove generazioni?”
"O tuo parlar m’inganna, o el mi tenta",
rispuose a me; "ché, parlandomi tosco,
par che del buon Gherardo nulla senta. 138
Per altro sopranome
io nol conosco,
s’io nol togliessi da sua figlia Gaia.
Dio sia con voi, ché più non vegno vosco. 141
Vedi l’albor che per
lo fummo raia
già biancheggiare, e me convien partirmi
(l’angelo è ivi) prima ch’io li paia". 144
Così tornò, e più
non volle udirmi.
E lui: “O le tue parole non mi sono
chiare o tu vuoi provocarmi, perché, benche` toscano, tu sembri non
conoscere il buon
Gherardo.
Non lo conosco con altro nome. Se non anche come il padre di
Gaia
(= allegra; sua figlia). Che il Signore vi benedica. Non posso
accompagnarvi. Ma nota la Luce che gia` si intravede attraverso la
cortina di fumo, e` l’Angelo (custode della terza cornice) e debbo
lasciarvi prima che mi veda”. Cosi` Marco torna indietro, senza
ascoltare altro.
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