PURGATORIO - CANTO XVII
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
www.taote.it
www.taozen.it
www.teatrometafisico.it
Ricorditi, lettor, se mai ne l’alpe
ti colse nebbia per la qual vedessi
non altrimenti che per pelle talpe, 3
come, quando i
vapori umidi e spessi
a diradar cominciansi, la spera
del sol debilemente entra per essi; 6
e fia la tua imagine
leggera in
giugnere a veder com’io rividi
lo sole in pria, che già nel corcar era. 9
Come quando si è colti dalla nebbia
in montagna e sembra quasi di essere diventati ciechi come
talpe, ma poi ad un
certo punto, il vapore comincia a diradare e la luce del sole inizia a
penetrarlo, allo stesso modo, e il lettore può immaginarlo, il Nostro
rivede (nel fumo che avvolge gli iracondi),
il sole, ormai al
tramonto.
Sì, pareggiando i miei co’ passi fidi
del mio maestro, usci’ fuor di tal nube
ai raggi morti già ne’ bassi lidi. 12
O imaginativa che ne
rube talvolta
sì di fuor, ch’om non s’accorge
perché dintorno suonin mille tube, 15
chi move te, se ’l
senso non ti porge?
Moveti lume che nel ciel s’informa,
per sé o per voler che giù lo scorge. 18
Il Discepolo, accordando
il passo a quello della Guida, esce dalla nube verso i raggi solari, già
spenti nella zona più bassa. O immaginativa,
a volte ci afferri
così tanto che non ci si accorge di niente; anche se intorno suonano
mille trombe, chi ti muove, se non sono i sensi a sollecitarti? (Certo)
ti muove la Luce, che nasce nel Cielo da Se stessa o dalla Volontà (del
Signore) che la guida verso il basso (per arricchire la creazione).
De l’empiezza di lei che mutò forma
ne l’uccel ch’a cantar più si diletta,
ne l’imagine mia apparve l’orma; 21
e qui fu la mia
mente sì ristretta
dentro da sé, che di fuor non venìa
cosa che fosse allor da lei ricetta. 24
Nell’immaginazione di
Dante appare la visione dell’empietà di colei che fu mutata in usignolo,
l’uccello più canterino; (è Procne; per vendicarsi del tradimento del
marito Tereo, re di Tracia, che aveva sedotto la cognata Filomena, gli
cucinò la carne del loro figlio; per far cessare la catena di vendette,
gli dei trasformarono i tre in uccelli); la mente del Nostro viene così
catturata dalla visione, da non poter recepire altro stimolo esterno.
Poi piovve dentro a l’alta fantasia
un crucifisso, dispettoso e fero
ne la sua vista, e cotal si moria; 27
intorno ad esso era
il grande Assüero,
Estèr sua sposa e ’l giusto Mardoceo,
che fu al dire e al far così intero. 30
Poi nella mente di Dante
‘piove’ un‘altra visione: vede un uomo appeso al palo (è Aman, primo
ministro del re, che, irato contro l’ebreo Mardocheo che non si
inchinava al suo passaggio, aveva fatto decretare lo sterminio dei
Giudei; era stato poi denunciato dalla regina e condannato a morte);
intorno a lui è il re persiano Assuero, la sua sposa, la regina Ester, e
Mardocheo, suo zio, il giusto, retto nel parlare e nell’agire (la storia
è narrata nella Bibbia - v. in
www.taozen.it
appuntamenti ‘Ester’ e ns/ relativa
interpretazione
cabalistica).
E come questa imagine rompeo
sé per sé stessa, a guisa d’una bulla
cui manca l’acqua sotto qual si feo, 33
surse in mia visïone
una fanciulla
piangendo forte, e dicea: "O regina,
perché per ira hai voluto esser nulla? 36
Ancisa t’ hai per
non perder Lavina;
or m’ hai perduta! Io son essa che lutto,
madre, a la tua pria ch’a l’altrui ruina". 39
Non appena la seconda
visione svanisce dalla mente del Discepolo, come una bolla a cui manca
l’acqua che l’ha formata, ecco apparire una terza visione: è una
fanciulla che piange la morte della madre dicendo: “O regina perché per
rabbia ti sei annientata? Ti uccidesti per non perdere
Lavinia
(= pallida, lunare), e ora mi hai perduta! O madre, ora sono io ad
essere in lutto per la tua rovina, che precede quella degli altri.
(Lavinia, figlia del re Latino e della regina Amata, era stata promessa
prima a Turno, poi ad Enea; nella guerra tra Latini e Troiani, morto
Turno, la regina, che lo aveva favorito, per non voler accettare come
genero Enea, si uccise. - v. in
www.teatrometafisico.it
la riduzione teatrale ‘Eneide’ e relativa interpretazione
cabalistica-).
Le tre visioni di Dante con i tre
esempi di ira punita in Progne, Aman e Amata ci illustrano tre diverse
specchiature
del vizio dell’ira:
quella di Progne (= che conosce prima), irata perché tradita, che uccide
il figlioletto e lo dà in pasto al marito e viene trasformata in uccello
(Dante dice
ne l’uccel ch’a cantar più si diletta,
ma la mitologia parla di ‘rondine’, infatti la rondine ‘conosce prima’
che sta per arrivare la primavera e lo annuncia col suo apparire): è
l’ira che deriva dalla condanna di un atto di ‘lussuria’. Quella di Aman
(= uomo di pace al bianco, di guerra al nero) che, irato per non essere
ossequiato, vuole sterminare un popolo, e che viene appeso al palo che
aveva destinato al suo
nemico Mardocheo
(Dante dice
crocifisso,
in Ester 7, 9 è detto ‘impiccato’): è l’ira che deriva da un atto di
superbia. Quella della regina Amata ( =che è amata al bianco, che è
odiata al nero), che, irata per dover accettare un genero troiano, Enea,
si uccide: è l’ira che deriva dal razzismo e dalla gelosia della propria
terra. Se dovessimo collocare questi tre personaggi sull’albero
capovolto di Geburah, dovremmo porre la sposa del re Latino (nascosto),
Amata, sul fisico (Assiah); Progne sull’astrale, (Yetzirah) capovolto, e
Aman sul mentale (Briah) capovolto. Ma l’ira ha tante sfaccettature,
eccone alcune già con i sinonimi: collera, furia, furore, rabbia,
indignazione,
stizza, aggressività,
astio, sdegno,
ecc..;
e non compete solo
l’albero nero, perché in effetti col termine ‘sdegno’ veniamo a
considerare l’ira non più un vizio, ma al contrario, quasi una virtu` e
ci vengono in mente due passi della Bibbia, il primo è quello di Mosè
che, disceso dal monte Sinai con le tavole della Legge ricevute dal
Signore, trova il suo popolo mentre sta adorando il vitello d’oro:
‘…Quando si fu avvicinato all’accampamento vide il vitello e le danze.
Allora l’ira di Mosè si accese; egli scagliò via le tavole spezzandole
ai piedi della montagna. Poi afferrò il vitello che avevano fatto, lo
bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la
polvere nell’acqua e la fece trangugiare agli Israeliti’ (Esodo 32,
19-20; v. in
www.teatrometafisico.it
‘Mosè’ e relativa interpretazione
cabalistica); il secondo (nei vangeli) è la cacciata dei mercanti dal
Tempio (Mt. 21, 12-13: ‘Gesù entrò poi nel Tempio e scacciò tutti quelli
che vi trovò a comprare e a vendere; rovesciò i tavoli dei cambiavalute
e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: < La Scrittura dice:
‘La mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne fate una
spelonca di ladri’> (v. in
www.taozen.it
Testi sacri ‘Commento al vangelo di Matteo’) In entrambi questi
episodi l’ira è quella che fa giustizia e riporta l’ordine dove era
disordine: non è vizio ma è la Frusta di Geburah in azione (v. commento
al canto XVI vv. 46-51).
Come si frange il sonno ove di butto
nova luce percuote il viso chiuso, che fratto guizza pria che muoia
tutto; 42
così l’imaginar mio cadde giuso tosto che lume il
volto mi percosse, maggior assai che quel ch’è in nostro uso. 45
La terza visione
svanisce dalla mente di Dante quando una luce abbagliante, molto più
forte delle luci abituali gli colpisce il viso, così come il sonno
si interrompe e guizza prima di svanire del
tutto, quando una luce illumina il viso di un addormentato.
I’ mi volgea per veder ov’io fosse, quando una voce disse "Qui si
monta", che da ogne altro intento mi rimosse; 48
e fece la mia
voglia tanto pronta di riguardar chi era che parlava, che mai non
posa, se non si raffronta. 51
Ma
come al sol che nostra vista grava e per soverchio sua figura vela,
così la mia virtù quivi mancava. 54
Egli sta per voltarsi per
cercare di capire dove si trova, quando una voce dice: “Qui si sale”,
allora dimentico d’ogni altra cosa, desidera sapere chi ha parlato, un
desiderio che non si appaga se non si esaudisce. Ma la vista manca al
Nostro come quando si guarda il sole e la sua troppa luce ce lo
nasconde. "Questo è divino spirito, che ne la
via da ir sù ne drizza sanza prego, e col suo lume sé medesmo
cela. 57
Sì fa con noi, come l’uom si fa sego; ché quale
aspetta prego e l’uopo vede, malignamente già si mette al nego. 60
Or accordiamo a tanto invito il piede; procacciam di salir pria
che s’abbui, ché poi non si poria, se ’l dì non riede". 63
E la Guida al
Discepolo: “Questo è un angelo; senza che noi lo preghiamo ci insegna
come salire e con la sua luce si nasconde a noi. Egli (altruisticamente)
si comporta con noi come l’uomo fa con se stesso; (ma) l’uomo ( assai
spesso) vede il bisogno altrui, aspetta di essere pregato, per poi
malignamente
rifiutare il favore. Ora accordiamo il passo
all’invito; saliamo prima che diventi buio, ché dopo non si può, fino al
nuovo giorno”. Così disse il mio duca, e io
con lui volgemmo i nostri passi ad una scala; e tosto ch’io al
primo grado fui, 66
senti’ mi presso quasi un muover d’ala e
ventarmi nel viso e dir: ’Beati pacifici, che son sanz’ira mala!’. 69
Allora i due iniziano a salire una
scala, appena sul primo gradino Dante avverte sul viso il vento dell’ala
dell’angelo (che gli cancella la terza P) e ode la sua voce dire: “Beati
i pacifici che sono senza l’ira malvagia” (che corrisponde alla settima
beatitudine di Matteo 5, 9: ‘Beati gli operatori di pace, perché saranno
chiamati figli di Dio’, v. in
www.taozen.it
Testi sacri ‘Commento
al vangelo di Matteo’)
Già eran sovra noi tanto levati li ultimi raggi che la notte segue,
che le stelle apparivan da più lati. 72
’O virtù mia, perché sì
ti dilegue?’, fra me stesso dicea, ché mi sentiva la possa de le
gambe posta in triegue. 75
La
luce del sole è quasi svanita, sta per calare la notte, e già appaiono
numerose stelle; Dante, che sente il vigore delle gambe venir meno si
chiede: “O mia forza, perché ti dilegui così?”
Noi eravam dove più non saliva la
scala sù, ed eravamo affissi, pur come nave ch’a la piaggia
arriva. 78
E io attesi un poco, s’io udissi alcuna cosa nel
novo girone; poi mi volsi al maestro mio, e dissi: 81
"Dolce
mio padre, dì, quale offensione si purga qui nel giro dove semo?
Se i piè si stanno, non stea tuo sermone". 84
I due sono giunti al termine
della scala e sono ora fermi, come una nave approdata alla riva. Il
Discepolo attende un poco, ascoltando, per sentire i suoni della nuova
cornice poi chiede: “ Dolce padre, di quale peccato si purgano i
penitenti di questo cerchio? Se i piedi debbono sostare, non si arresti
il tuo insegnamento.” Ed elli a me: "L’amor
del bene, scemo del suo dover, quiritta si ristora; qui si ribatte
il mal tardato remo. 87
Ma perché più aperto intendi ancora,
volgi la mente a me, e prenderai alcun buon frutto di nostra
dimora". 90 E
Virgilio a lui: “ Qui si raddrizza quell’amore per il Bene che è stato
inferiore a quanto avrebbe dovuto (l’accidia, l’indolenza, l’incuria);
qui si ribatte
(si sollecita) il remo pigro. Ma per comprendere meglio, dammi la tua
attenzione, e avrai un buon frutto da questo nostro riposo…”
Il
Discepolo sul Sentiero ha conosciuto già tre cornici del Purgatorio
e la sua fronte si è liberata di tre ‘P’, cioè
ha purificato se stesso da tre tendenze peccaminose, la superbia,
l’invidia, l’ira e intanto è sopraggiunta la notte, il tempo del riposo,
del ripensamento delle riflessioni (cfr. l’immagine dell’esagramma n.
17, il Seguire, in cui è detto: ‘…Così il nobile al tempo del crepuscolo
rincasa, per ristorarsi e riposare’ in
www.taozen.it
‘I King e Kabbalah’)
poi dovrà
affrontare il resto del viaggio, ma intanto il Maestro,
la Ragione, lo sollecita a mettere a
buon frutto
la sosta forzata con insegnamenti che gli chiariscano intellettualmente
i dubbi e gli diano le direttive necessarie a improntare il resto della
sua vita. "Né creator né creatura mai",
cominciò el, "figliuol, fu sanza amore, o naturale o d’animo; e tu ’l
sai. 93
Lo naturale è sempre sanza errore, ma l’altro puote
errar per malo obietto o per troppo o per poco di vigore. 96
‘…Che né il Creatore, né la creatura
furono mai privi d’amore o istintivo o concepito,
e tu lo sai bene. L’amore naturale è sempre
giusto, ma l’altro, quello concepito (che comporta scelta e volontà),
può errare o per cattivo obiettivo
o per troppo poco vigore o per troppo vigore… ”
Perché
Virgilio dice …tu lo
sai?
Perché
nel primo capitolo della Genesi è detto per
ogni cosa creata nei sei giorni della creazione
che: ‘il Signore vide che era cosa buona’; ora, se tutto era buono, e
quindi anche vero e bello, è solo in un secondo momento che subentra il
cattivo, il falso e il brutto, quando cioè la coppia dei progenitori
Adamo-Eva, sollecitata dal serpente,
‘volontariamente sceglie’ di mangiare il frutto
dell’Albero della conoscenza del bene e del male
(v. in
www.taozen.it
Testi sacri ‘Commento
alla Genesi capitolo 3). Virgilio poi dice che l’amore
naturale è sempre sanza errore
e intende per amore naturale l’impulso, l’inclinazione, che muove un
soggetto verso un oggetto, per conoscerlo, per comprenderlo e, come
impulso primordiale, indifferenziato non è né buono, né cattivo, né
soggetto a merito o demerito. Ma quando subentra il libero arbitrio (v.
commento al canto XVI vv. 70-78) allora si deve arrivare ad una scelta
consapevole e deliberata, il cui frutto è l’amore
d’animo o d’elezione,
(cioè concepito) e quindi volto al Bene o al male.
Mentre ch’elli è nel primo ben diretto,
e ne’ secondi sé stesso misura, esser non può cagion di mal
diletto; 99
ma quando al mal si torce, o con più cura o con
men che non dee corre nel bene, contra ’l fattore adovra sua
fattura. 102
Quinci comprender puoi ch’esser convene
amor sementa in voi d’ogne virtute e d’ogne operazion che merta
pene. 105 “…Se la
creatura dirige l’amore verso il Bene Sommo e lo regola nei beni minori
(mondani), non può peccare; ma quando lo volge al male, o lo volge al
bene, ma in forma squilibrata, troppo poco (verso il Sommo Bene) e
troppo verso i beni minori, allora essa va contro il Creatore. Di
conseguenza l’amore è la causa di ogni virtù e di ogni peccato…”
Or, perché mai non può da la salute amor del suo subietto volger
viso, da l’odio proprio son le cose tute; 108
e perché
intender non si può diviso, e per sé stante, alcuno esser dal primo,
da quello odiare ogne effetto è deciso. 111
Resta, se dividendo bene stimo, che
’l mal che s’ama è del prossimo; ed esso amor nasce in tre modi in
vostro limo. 114
“…Ora, poiché l’amore non può non amare il soggetto che lo ha generato,
tutte le cose sono immuni dall’odio di sé; e poiché niente
e nessuno può essere diviso e indipendente dal
Primo Essere, niente e nessuno può odiarLo. Da ciò se ne deduce
che il male che può essere amato è solo quello
del prossimo; e questo amore (capovolto) nel vostro mondo di fango nasce
in tre modi… ”
E’ chi, per esser suo vicin
soppresso, spera eccellenza, e sol per questo brama ch’el sia di
sua grandezza in basso messo; 117
è chi podere, grazia, onore e
fama teme di perder perch’altri sormonti, onde s’attrista sì che
’l contrario ama; 120
ed è chi per ingiuria par ch’aonti, sì
che si fa de la vendetta ghiotto, e tal convien che ’l male altrui
impronti. 123 “…C’è
chi spera di eccellere sugli altri, e desidera perciò che siano
abbassati: è il superbo; c’è chi si rattrista della fortuna degli altri,
come se fosse un suo svantaggio: è l’invidioso; c’è chi si sdegna per
un’ingiuria a tal punto da farsi vendetta, preparando il male altrui: è
l’iroso…” Questo triforme amor qua giù di
sotto si piange: or vo’ che tu de l’altro intende, che corre al
ben con ordine corrotto. 126
Ciascun confusamente un bene
apprende nel qual si queti l'animo, e disira; per che di giugner
lui ciascun contende. 129
“…Questo amore (capovolto) è punito nelle tre cornici che
abbiamo già lasciate di sotto; ora voglio che tu apprenda dell’altro
tipo di amore, quello che si rivolge al Bene ma con l’intensità
sbagliata. Ognuno, anche se confusamente concepisce e desidera un Bene
(il Bene Supremo) che appaghi l’animo, e cerca di raggiungerlo…”
Se lento amore a lui veder vi tira o a lui acquistar, questa cornice,
dopo giusto penter, ve ne martira. 132
Altro ben è che non fa
l’uom felice; non è felicità, non è la buona essenza, d’ogne ben
frutto e radice. 135
L’amor ch’ad esso troppo s’abbandona, di
sovr’a noi si piange per tre cerchi; ma come tripartito si
ragiona, 138
tacciolo, acciò che tu per te ne cerchi".
“…Ma se è un amore
debole
( accidioso) che lo spinge, questa è la cornice che lo punisce, dopo un
giusto pentimento. Ci sono poi altri beni, quelli terreni, che non danno
la Vera Felicità, che è l’Essenza di ogni cosa. L’amore che eccede nella
ricerca di tali beni si purga nei tre cerchi di sopra, ma come sono
tripartiti, non lo dico, ci arriverai da solo”.
Se l’amore che ama il male del
prossimo genera superbia, invidia e ira vale a dire il capovolgimento
dell’energia delle sephiroth Tiphereth (= Bellezza, le cui scorie
producono le qelipoth superbia e invidia) e Geburah (la cui scoria,
qelipah, produce l’ira), l’amore
debole
verso il Sommo Bene
genera l’accidia (o pigrizia), la qelipah scoria della sephirah Yesod
(il Fondamento); tale vizio rifiuta o ritarda il ritorno al Padre ovvero
la risalita dell’Albero cabalistico. Ricordiamo infatti che Yesod,
chiamata anche Intelligenza Pura, relativa agli organi genitali, è
situata nella colonna centrale
in basso, subito
sopra Malkuth ed è quella il cui sviluppo da` inizio alla scalata
dell’Albero. L’amore poi che eccede nel ricercare i beni terreni
produce altri tre
vizi: l’avarizia, scoria, qelipah, di Hod = Splendore; la gola, scoria,
qelipah di Chesed = Giustizia; la lussuria, scoria, qelipah di Netzach =
Vittoria) tali vizi puniti nelle tre cornici più alte
del Purgatorio
saranno oggetto di studio nei prossimi canti.
|