PURGATORIO - CANTO II


Interpretazione cabalistica di Franca Vascellari
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Già era 'l sole a l'orizzonte giunto
lo cui meridïan cerchio coverchia
Ierusalèm col suo più alto punto; 3

e la notte, che opposita a lui cerchia,
uscia di Gange fuor con le Bilance,
che le caggion di man quando soverchia; 6

sì che le bianche e le vermiglie guance,
là dov’i’ era, de la bella Aurora
per troppa etate divenivan rance. 9
Il sole e` gia` giunto all’orizzonte, il cui meridiano ha lo zenit in Ierusalèm (= Gerusalemme = citta` santa); e la notte che percorre un cerchio opposto (al sole) sale dal Gange (= fiume indiano sacro alla dea Ganga v. in www.taozen.it  cineforum ns/ interpretazione Cabalistica del ‘Mahabharata’) nella costellazione della Bilancia, dalla quale esce quando diventa piu` lunga del giorno (dopo l’equinozio d’autunno); cioe`: il sole sta tramontando a Gerusalemme (che si trova agli antipodi) e qui sorge; cosi` che le guance bianche e rosate della bella Aurora ( dal latino ‘aurea hora’ = ora del colore oro, ma anche dea del mattino, in greco ‘Eos’) diventano color arancio per il giorno che avanza…
Noi eravam lunghesso mare ancora,
come gente che pensa a suo cammino,
che va col cuore e col corpo dimora. 12

Ed ecco, qual, sorpreso dal mattino,
per li grossi vapor Marte rosseggia
giù nel ponente sovra ’l suol marino, 15

cotal m’apparve, s’io ancor lo veggia,
un lume per lo mar venir sì ratto,
che ’l muover suo nessun volar pareggia. 18
I due Viandanti si trovano ancora sulla riva del mare, come coloro che, pensando al viaggio, vanno avanti col cuore, ma ancora indugiano. Ed ecco che come Marte (il guerresco), a causa dei mattutini vapori densi, rosseggia a ponente sulla riva del mare, cosi` al Nostro appare, e spera di vederlo ancora (alla fine della vita, garanzia di salvezza certa) un lume (dal latino ‘lumen’,da lux, luce) che si avvicina poi a una velocita` tale che  nessun volo lo puo` uguagliare.
Dal qual com’io un poco ebbi ritratto
l’occhio per domandar lo duca mio,
rividil più lucente e maggior fatto. 21

Poi d’ogne lato ad esso m’appario
un non sapeva che bianco, e di sotto
a poco a poco un altro a lui uscìo. 24
Il Discepolo ha appena distolto lo sguardo da quel lume, per interrogare la sua Guida che subito riguardandolo, lo vede piu` grande e piu` luminoso. Ai suoi lati appaiono due (luci) bianche (dal tedesco ‘blank’= lucente) non meglio definibili e ancora un’altra (luce) bianca  al di sotto…
Lo mio maestro ancor non facea motto,
mentre che i primi bianchi apparver ali;
allor che ben conobbe il galeotto, 27

gridò: "Fa, fa che le ginocchia cali.
Ecco l’angel di Dio: piega le mani;
omai vedrai di sì fatti officiali. 30
Il Maestro ancora tace, ma quando le due luci bianche si distinguono come ali, allora egli, che ben riconosce il galeotto (= condottiero della barca, dal greco ‘kalon’= ‘legno’, ma anche ‘signore dell’onda’ dall’ebraico ‘gal’= onda marina) grida: “Inginocchiati (subito). Ecco l’angelo del Signore: congiungi le mani (in preghiera) ormai ne vedrai di tali ministri!…”
Vedi che sdegna li argomenti umani,
sì che remo non vuol, né altro velo
che l’ali sue, tra liti sì lontani. 33

Vedi come l’ ha dritte verso ’l cielo,
trattando l’aere con l’etterne penne,
che non si mutan come mortal pelo". 36
“…Vedi come rifugge dagli strumenti umani, non ha bisogno ne` di remi, ne` di vele, ma per navigare tra lidi cosi` lontani, usa solo le sue ali. Vedi come le innalza dritte verso il cielo, fendendo l’aria con le piume eterne che non mutano come pelo (piume) di (uccello) mortale”.
Poi, come più e più verso noi venne
l’uccel divino, più chiaro appariva:
per che l’occhio da presso nol sostenne, 39

ma chinail giuso; e quei sen venne a riva
con un vasello snelletto e leggero,
tanto che l’acqua nulla ne ’nghiottiva. 42
Avvicinandosi alla spiaggia il divino essere alato appare sempre piu` luminoso tanto che gli occhi del Nostro non possono sopportarne la vista e si abbassano. L’angelo giunge alla riva con la sua imbarcazione snella e leggera che naviga a pelo d’acqua (ovvio, non porta pesi, ma solo anime).
Da poppa stava il celestial nocchiero,
tal che faria beato pur descripto;
e più di cento spirti entro sediero. 45

’In exitu Isräel de Aegypto’
cantavan tutti insieme ad una voce
con quanto di quel salmo è poscia scripto. 48
Il celeste capitano, che rende beati solo a sentirne la descrizione, si trova a poppa (dal greco ‘epopao’ = osservo), sulla parte posteriore della barca, da dove puo` ‘osservare’  (controllare) i  piu` di cento spirti, suoi ospiti, che cantano tutti insieme (il salmo 113): ‘Quando Israele usci` dall’Egitto’, con tutto quel che segue...

Questo salmo evoca la liberazione di Israele dalla schiavitu`, il miracoloso passaggio del Mar Rosso e del Giordano, ed esalta e glorifica il Signore. Chi e` in qualche modo giunto ai piedi del ‘purgatorio’ e` consapevole del suo stato di ‘liberato dalla schiavitu` del male’, ha oltrepassato i ‘fiumi’ (ostacoli del mondo astrale, desideri legati al piano fisico) che lo separavano dalla possibile terra promessa ed e` approdato alla terra della purificazione che lo portera` alla sua vera patria, che non ha ancora raggiunta, ma che ha oramai la certezza di poter conquistare. Gia` il solo vedere  il celestial  nocchiero (lumen= Luce), la cui sola descrizione fa beati, corrisponde a quella che nello Zen puo` essere considerata una ‘illuminazione’ (v. in www.teatrometafisico.it  teatro “Mumonkan e 10 storie Zen”): ricevuta l’illuminazione, per il Discepolo sul Sentiero, si apre la via che porta alla scalata dell’Albero bianco, ci vorra` tempo, forse ancora qualche incarnazione, ma la Meta e` oramai sicura, la sua Realta` radicata nell’animo.
Poi fece il segno lor di santa croce;
ond’ei si gittar tutti in su la piaggia:
ed el sen gì, come venne, veloce. 51

La turba che rimase lì, selvaggia
parea del loco, rimirando intorno
come colui che nove cose assaggia. 54
L’angelo poi bendice col segno della santa croce (dal latino crux, incrocio di due legni) i suoi passeggeri che subito scendono sulla spiaggia, poi se ne riparte, veloce come e` venuto. Gli spiriti rimangono sul lido, spaesati, guardandosi intorno come chi vede cose insolite.

La benedizione dell’angelo dalle ali dritte verso il cielo e` l’atto finale, che  conclude il suo ‘servizio’; egli bene-dice gli ospiti della sua barca nel segno del Cristo Salvatore, la Croce, che e` simbolo e sintesi della sua missione compiuta, ma  ancora tema di svolgimento per gli spiriti approdati, infatti i due bracci del legno rappresentano quello in verticale la realizzazione dell’unione dell’individuo con lo Spirito Divino e quello  orizzontale il coinvolgimento di tutti gli ‘altri’, cioe` dell’umanita`, nella Salvezza (tikkun), che e` la riparazione della caduta iniziale (o rottura dei ‘vasi’, shevirah)…
Da tutte parti saettava il giorno
lo sol, ch’avea con le saette conte
di mezzo ’l ciel cacciato Capricorno, 57

quando la nova gente alzò la fronte
ver’ noi, dicendo a noi: "Se voi sapete,
mostratene la via di gire al monte". 60
Intanto il sole (come un cacciatore), ha scacciato la costellazione del Capricorno, splendendo nel pieno giorno, e i sopravvenuti, vedendo i due Pellegrini, cosi` chiedono loro: “Se la conoscete, mostrateci la via per salire il monte”.

Virgilio rispuose: "Voi credete
forse che siamo esperti d’esto loco;
ma noi siam peregrin come voi siete. 63

Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
per altra via, che fu sì aspra e forte,
che lo salire omai ne parrà gioco". 66
E Virgilio a loro: “Voi forse credete che noi si sia esperti del luogo, ma non e` cosi`; siamo pellegrini come voi, solo che siamo giunti qui per un’altra via, ma cosi` difficile e selvaggia che, al confronto, la scalata del monte sara` una cosa piacevole”
L’anime, che si fuor di me accorte,
per lo spirare, ch’i’ era ancor vivo,
maravigliando diventaro smorte. 69

E come a messagger che porta ulivo
tragge la gente per udir novelle,
e di calcar nessun si mostra schivo, 72

così al viso mio s’affisar quelle
anime fortunate tutte quante,
quasi oblïando d’ire a farsi belle. 75
Le anime  intanto si sono accorte dal suo respiro che Dante e` un vivo, e per la meraviglia impallidiscono; e come ad un messaggero che rechi l’ulivo (simbolo di buone notizie) la gente si accalca intorno, per ascoltarlo, cosi` tutti i penitenti si volgono verso il Nostro, dimenticando che debbono iniziare la loro purificazione.
Io vidi una di lor trarresi avante
per abbracciarmi, con sì grande affetto,
che mosse me a far lo somigliante. 78

Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto!
tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
e tante mi tornai con esse al petto. 81
Poi uno di loro si fa avanti per abbracciare il Viandante e con tale affetto che subito Dante vorrebbe contraccambiarlo. Ma invano: per tre volte tenta di stringerlo a se`, e per tre volte ritorna con le mani vuote al petto.

Questa descrizione ricorda l’analogo vano tentativo di Ulisse, disceso agli inferi, di abbracciare la madre Anticlea, morta ( Odissea, canto XI, vv. 265-270); e pure quello di Enea, disceso agli inferi, di abbracciare il padre Anchise, morto (Eneide canto VI vv. 700-702, - v. ns/ riduzioni e relative interpretazioni cabalistiche in www.teatrometafisico.it  teatro mitologico), e riesce a farci meglio comprendere la scopo dei ‘sogni’ dei viaggi inferi; infatti la delusione di non riuscire a toccare con le mani fisiche quello che non e` piu` fisico insegna ad accettare il distacco graduale dalla materialita`, distacco che e` indispensabile se si vuole penetrare nei mondi sottili.

Vedere in un  sogno una ‘montagna da scalare’, simboleggia le difficolta` che si devono affrontare per ottenere l’ampliamento coscienziale che il nostro Se` esige da noi;  per far si` che la nostra ‘vista’ possa spaziare  liberamente in tutte le direzioni (fioritura della sephirah Daath), e` necessario imparare a salire faticosamente sulla montagna dei nostri difetti, costruendo passo dopo passo sentieri impervi, tramutando le tappe in raggiungimenti di virtu`; prima pero` e` necessario recidere i lacci che ci trattiengono in pianura.
Di maraviglia, credo, mi dipinsi;
per che l’ombra sorrise e si ritrasse,
e io, seguendo lei, oltre mi pinsi. 84

Soavemente disse ch’io posasse;
allor conobbi chi era, e pregai
che, per parlarmi, un poco s’arrestasse. 87
Dante si meraviglia, e lo spirito sorridendo si ritrae, ancora il Poeta avanza per tentare di nuovo l’abbraccio, ma quello dolcemente gli dice di non farlo. Cosi` dalla voce affettuosa il Nostro lo riconosce e lo prega di fermarsi a parlare.
Rispuosemi: "Così com’io t’amai
nel mortal corpo, così t’amo sciolta:
però m’arresto; ma tu perché vai?". 90

"Casella mio, per tornar altra volta
là dov’io son, fo io questo vïaggio",
diss’io; "ma a te com’è tanta ora tolta?". 93
E quello: “Come ti ho amato da vivo, cosi` ti amo ora che non ho piu` il corpo, e percio` mi fermo. Ma tu perché sei in viaggio?”  E Dante a lui: “O mio Casella (= piccola casa, in senso figurato: mio famigliare, affine, fratello), sono in viaggio per tornare alla vita (rinnovato), ma tu come mai non hai ancora iniziato la tua purificazione?” (Casella, musicista fiorentino, e` stato un grande amico del Poeta e sembra abbia musicato alcuni suoi versi; Dante lo sa morto gia` da qualche tempo)”.
Ed elli a me: "Nessun m’è fatto oltraggio,
se quei che leva quando e cui li piace,
più volte m’ ha negato esto passaggio; 96

ché di giusto voler lo suo si face:
veramente da tre mesi elli ha tolto
chi ha voluto intrar, con tutta pace. 99
E Casella a lui: “Non ho ricevuto nessun torto anche se l’angelo mi ha negato il passaggio, perché la sua volonta` deriva  dalla giustizia (divina). E poi da tre mesi egli accoglie nella sua navicella chiunque voglia imbarcarsi. ( dal natale del 1299  e` iniziato l’anno Giubilare 1300, ricco di perdono ed indulgenze) …”
Ond’io, ch’era ora a la marina vòlto
dove l’acqua di Tevero s’insala,
benignamente fu’ da lui ricolto. 102

A quella foce ha elli or dritta l’ala,
però che sempre quivi si ricoglie
qual verso Acheronte non si cala". 105
“…Per questo io, che attendevo rivolto verso il mare, adesso sono stato da lui raccolto alla foce del Tevero (Tevere) La` egli ora si dirige di nuovo, per raccogliere tutti quelli che non sono destinati all’inferno, all’Acheronte (= fiume del dolore)”
E io: "Se nuova legge non ti toglie
memoria o uso a l’amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie doglie, 108

di ciò ti piaccia consolare alquanto
l’anima mia, che, con la sua persona
venendo qui, è affannata tanto!". 111
E Dante a lui: “Se la legge del nuovo stato non ha cancellato la tua memoria e se non ti e` proibito, ti sia gradito consolarmi con l’amoroso canto che in passato quietava tutti i miei dolori, perché con questo viaggio la mia anima, venendo qui col corpo, si e` tanto affaticata”
’Amor che ne la mente mi ragiona’
cominciò elli allor sì dolcemente,
che la dolcezza ancor dentro mi suona. 114

Lo mio maestro e io e quella gente
ch’eran con lui parevan sì contenti,
come a nessun toccasse altro la mente. 117
E Casella allora inizia a cantare: ’Amor che ne la mente mi ragiona’ (versi scritti da Dante dopo la morte di Beatrice in lode ad ‘una donna gentil’, allegoria della filosofia) e la dolcezza del canto risuona ancora nel cuore del Nostro. Lui, il Maestro e tutti presenti vengono totalmente  affascinati dal canto del musicista, come se non avessero altro a cui pensare…
Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: "Che è ciò, spiriti lenti? 120

qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch’esser non lascia a voi Dio manifesto". 123
Mentre sono tutti attenti alle note del canto, arriva il Vecchio (Catone) custode del purgatorio, e li sgrida: “Che succede, spiriti tardi, che significa questa prigrizia, questo indugio? Correte al monte a liberarvi dai peccati la cui corazza non vi permette la visione del Divino”.
Come quando, cogliendo biado o loglio,
li colombi adunati a la pastura,
queti, sanza mostrar l’usato orgoglio, 126

se cosa appare ond’elli abbian paura,
subitamente lasciano star l’esca,
perch’assaliti son da maggior cura; 129

così vid’io quella masnada fresca
lasciar lo canto, e fuggir ver’ la costa,
com’om che va, né sa dove rïesca; 132

né la nostra partita fu men tosta.

Come quando i colombi radunati per il pasto di biado o loglio, se ne stanno quieti, senza la solita vivacita`, ma se appare improvvisamente un pericolo lasciano subito il cibo, perché hanno altro di cui preoccuparsi, cosi` quella gente subito abbandona il canto e si dirige verso il monte come uno che va senza sapere dove; e anche i due Pellegrini fanno altrettanto.

Come detto in precedenza, una volta intrapreso il Viaggio Iniziatico non e` permesso arrestarsi per riposare, e neppure distrarsi, sia pure con un ‘amoroso canto’ (= tecnica di canto monodico legato alla lirica provenzale) dedicato alla filosofia o all’arte estetica, ma si deve essere tutti concentrati sul fine da raggiungere, cioe` sulla purificazione che permettera` poi di ‘vedere’ il Signore. Catone e` il guardiano della soglia del mondo astrale e con il suo rimprovero recide l’ultimo legame che trattiene ancora il Nostro (e le anime dei penitenti) sulla terra fisica. E come mai Virgilio (la verga) non ha detto nulla? Perché non e` intervenuto prima del ‘Guardiano’? Perché Virgilio rappresenta la ragione e la ragione si fa sempre affascinare dalla filosofia e dalle sue elucubrazioni (dal suo ‘canto’)…

 



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