PURGATORIO - CANTO XXIX
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Cantando come donna innamorata,
continüò col fin di sue parole:
’Beati quorum tecta sunt peccata!’. 3
E come ninfe che si
givan sole per
le salvatiche ombre, disïando
qual di veder, qual di fuggir lo sole, 6
allor si mosse
contra ’l fiume, andando
su per la riva; e io pari di lei,
picciol passo con picciol seguitando. 9
giovane donna (Matelda) terminato il
discorso, riprende a cantare
come donna innamorata,
cioè piena di devozione: ‘Beati coloro i cui peccati sono coperti (dal
perdono del Signore)!’ (dal Salmo 31,1: ‘Beato l’uomo a cui è rimessa la
colpa e perdonato il peccato’). Poi, come le ninfe che si aggiravano
sole nei boschi, alcune in cerca del sole, altre dell’ombra, così ora
essa risale su per la riva, e il Nostro in parallelo (su quella opposta)
adatta il suo
passo a quello piccolo di lei.
Non eran cento tra ’ suoi passi e ’ miei,
quando le ripe igualmente dier volta,
per modo ch’a levante mi rendei. 12
Né ancor fu così
nostra via molta,
quando la donna tutta a me si torse,
dicendo: "Frate mio, guarda e ascolta". 15
hanno nemmeno fatto cento passi in
due, che le rive (del ruscello) curvano insieme (ad angolo retto), così
che Dante si ritrova ad andare verso levante. Fatti pochi passi in
quella direzione, la donna gli dice: “Fratello mio, fa attenzione ed
ascolta”. Ed ecco un
lustro sùbito trascorse
da tutte parti per la gran foresta,
tal che di balenar mi mise in forse. 18
Ma perché ’l
balenar, come vien, resta,
e quel, durando, più e più splendeva,
nel mio pensier dicea: ’Che cosa è questa?’. 21
ecco improvvisamente balenare una
luce per tutto il bosco, così improvvisa che Dante la crede un lampo. Ma
il lampo viene e subito scompare, questa invece perdura e incrementa
vieppiù il suo splendore, così egli pensa: “Che cosa è mai?”
Come visto nel canto precedente,
avevamo definito
Matelda
una ‘Forza’ interiore di Dante ormai purificata: energia psichica,
potere dell’anima corporea che controlla e coordina gli impulsi in lotta
nella personalità; ragione e sentimento uniti per sottomettere
l’istinto; irradiazione del pensiero-volontà, ecc..
Matelda tra poco mostrerà alla personalità di Dante la ‘rappresentazione
di quello che dovrebbe essere l’Albero cabalistico di chi può accedere
al Paradiso Celeste. Glielo mostrerà in simboli, in
figure
archetipiche che egli è già in grado di con-prendere in sé, per questo
può vederle, ma in cui deve ancora ‘penetrare’. Per poter oltrepassare
questa ‘porta’ ed entrare in questo mondo di simboli è necessario un
‘lampo di luce’: una ‘illuminazione’ durevole.
E una melodia dolce correva
per l’aere luminoso; onde buon zelo
mi fé riprender l’ardimento d’Eva, 24
che là dove ubidia
la terra e ’l cielo,
femmina, sola e pur testé formata,
non sofferse di star sotto alcun velo; 27
sotto ’l qual se
divota fosse stata,
avrei quelle ineffabili delizie
sentite prima e più lunga fïata. 30
si spande per quell’atmosfera luminosa una dolce musica, per cui un
giusto sdegno
spinge Dante a
criticare la superbia di
Eva
(= serpente) che, mentre il creato era tutto obbediente, benché femmina,
sola e appena creata, osò lacerare il
velo,
cioè ribellarsi al limite impostole (dal Creatore); se fosse rimasta
entro quel limite, avrebbe provato prima e più a lungo le ineffabili
delizie (del Paradiso).
Rammaricarsi per la ‘caduta’ è
positivo, in quanto la nostra Eva-serpente, finché siamo vivi, è sempre
in agguato, e quindi va mantenuta alta la guardia, ma non sappiamo quale
sarebbe stata la nostra evoluzione se il
velo
non fosse stato lacerato.
Mentr’io m’andava tra tante primizie
de l’etterno piacer tutto sospeso,
e disïoso ancora a più letizie, 33
dinanzi a noi, tal
quale un foco acceso,
ci si fé l’aere sotto i verdi rami;
e ’l dolce suon per canti era già inteso. 36
il Nostro va, tutto compreso della
bellezza di tanti preludi di beatitudine celeste, e desiderandone sempre
di più, ecco che, sotto i verdi rami degli alberi, gli compare come un
fuoco mentre la musica (che ode) intanto diventa canto. O sacrosante
Vergini, se fami,
freddi o vigilie mai per voi soffersi,
cagion mi sprona ch’io mercé vi chiami. 39
Or convien che
Elicona per me versi,
e Uranìe m’aiuti col suo coro
forti cose a pensar mettere in versi. 42
a questo punto invoca le Muse: ‘O
sacrosante Vergini,
se per voi (in passato) ho sofferto la fame, il freddo o il sonno, ora
ho buon motivo di chiamarvi! Ora è necessario che
Elicona
( dal greco
‘elix’ =
spirale, il monte su cui scorrono Aganippe e Ippocrene, le fonti che
ispirano i poeti) produca acqua per me, e che
Uranìe
(= Urania, dal greco ‘uranos’= cielo; dea dell’astronomia) mi aiuti con
le altre del coro a comporre in versi cose ardue anche da pensare’.
L’invocazione dantesca chiede
praticamente alla Grazia di scendere in lui a ‘spirale’ dal ‘Cielo’ (dal
centro sopra la testa Kether, la Corona) e di soddisfare la sua sete di
‘Divino’; ed il risultato è la visione di un corteo allegorico di
carattere universale denso di significati ed intuizioni.
Poco più oltre, sette alberi d’oro
falsava nel parere il lungo tratto
del mezzo ch’era ancor tra noi e loro; 45
ma quand’i’ fui sì
presso di lor fatto,
che l’obietto comun, che ’l senso inganna,
non perdea per distanza alcun suo atto, 48
la virtù ch’a ragion
discorso ammanna,
sì com’elli eran candelabri apprese,
e ne le voci del cantare ’Osanna’. 51
più avanti l’aria che separa il
Nostro dalla visione che segue fa apparire (alla sua vista)
sette alberi d’oro,
ma quando egli vi giunge
più vicino,
così che (la vista) non può essere ingannata dalla distanza, ecco che la
sua virtù,
cioè la sua
facoltà
di percezione, che permette di giudicare, comprende che quelli sono
candelabri
(dal sanscrito ‘candrah’= brillante; simbolo dei sette doni dello
Spirito Santo: Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà
e Timor di Dio)
e che le voci
che ode cantano ‘Osanna’(=
dall’ebraico ‘hoshi’ah-nna’ = ‘Salvaci’).
Di sopra fiammeggiava il bello arnese
più chiaro assai che luna per sereno
di mezza notte nel suo mezzo mese. 54
Io mi rivolsi
d’ammirazion pieno
al buon Virgilio,
ed esso mi rispuose
con vista carca di stupor non meno. 57
Indi rendei
l’aspetto a l’alte cose
che si movieno incontr’a noi sì tardi,
che foran vinte da novelle spose. 60
(ai candelabri) la luce risplende più
della luna a mezzanotte a metà del suo cielo (quando è piena) allorché
l’aere è sereno. Dante si volge pieno di meraviglia al saggio Virgilio,
ma questo gli risponde mostrando altrettanto
stupore
(dal latino ‘stupere’ = sbalordire). Quindi torna a mettere l’attenzione
sulle cose grandiose che avanzano con una lentezza maggiore di quella
delle giovani spose (quando lasciano in processione la casa paterna).
Volendo riportare tutto il corteo
allegorico descritto in questo canto sull’Albero cabalistico ecco che i
sette candelabri, o meglio il candelabro a sette braccia (menorah), con
le sette luci,
i sette
‘occhi’, del Signore, può rappresentare i sette Elohim della creazione,
corrispondenti alla sephirah occulta Daath, da cui emanano i sette
colori o le sette qualità della Luce, e da cui dipende la ‘Salvezza’
(Osanna= salvaci). Non è certo la ‘Ragione’ a spiegare il mistero di
questa visione, ed ormai ad essa non resta che stupire, sbalordire, per
tutto quello che le viene svelato.
La donna mi sgridò: "Perché pur ardi
sì ne l’affetto de le vive luci,
e ciò che vien di retro a lor non guardi?". 63
Genti vid’io allor,
come a lor duci,
venire appresso, vestite di bianco;
e tal candor di qua già mai non fuci. 66
L’acqua imprendëa
dal sinistro fianco,
e rendea me la mia sinistra costa,
s’io riguardava in lei, come specchio anco. 69
donna intanto lo sgrida: “Perché
metti tutto il tuo interesse sulle luci (dei candelabri) e non su quello
che li segue?” Allora il Discepolo nota delle genti (come una
processione) dietro alle guide, vestite di bianco, di un candore mai
visto. L’acqua (del ruscello) splende alla sua sinistra, e quando lo
guarda, riflette il suo fianco sinistro, come uno specchio.
Matelda, questa purificata ‘forza
interiore’ del Nostro,
lo sollecita a
mettere l’attenzione
sull’insieme e
non su un particolare della visione. L’acqua del ruscello lo invita a
‘riflettere’ sul suo lato sinistro (sulla colonna sinistra dell’Albero,
quella della passività, della ricettività) per comprendere nel modo
migliore ciò che segue.
Quand’io da la mia riva ebbi tal posta,
che solo il fiume mi facea distante,
per veder meglio ai passi diedi sosta, 72
e vidi le fiammelle
andar davante,
lasciando dietro a sé l’aere dipinto,
e di tratti pennelli avean sembiante; 75
sì che lì sopra
rimanea distinto
di sette liste, tutte in quei colori
onde fa l’arco il Sole e Delia il cinto. 78
Dante ha raggiunto il punto in cui
solo il fiume lo separa (dai candelabri), per veder meglio si arresta e
nota che le loro fiamme, avanzando, lasciano dietro di sé come delle
striature di colore, simili a tratti di pennello; così che sui
candelabri rimangono delle
liste
colorate con i sette colori con i quali il Sole fa l’arcobaleno e
Delia
(=Diana, nata a Delo, dea della Luna) il suo alone. (Le sette
liste
sono simbolo dei benefici effetti dei 7 Doni dello Spirito Santo).
Nel nostro Albero cabalistico Gli
Elohim, la Sephirah Daath, la Coscienza (il candelabro a sette braccia)
emana i sette colori dell’Arcobaleno: il rosso, l’arancio, il giallo, il
verde, il blu, l’indaco e il violetto, corrispondenti rispettivamente
all’amore, alla spiritualità, alla saggezza, alla ricchezza, alla forza,
alla costanza, alla purificazione: questi colori sono tutti ‘doni
spirituali’ per ognuna delle
sette
sephiroth inferiori Chesed, Geburah, Tiphereth, Netzach, Hod, Yesod e
Malkuth
Questi ostendali in dietro eran maggiori
che la mia vista; e, quanto a mio avviso,
diece passi distavan quei di fori. 81
Sotto così bel ciel
com’io diviso,
ventiquattro seniori, a due a due,
coronati venien di fiordaliso. 84
(stendardi, vessilli) e quindi la
processione si allunga all’indietro oltre la vista di Dante e si estende
in larghezza circa dieci passi. Ed ecco poi apparire
ventiquattro seniori
coronati di gigli
(che
simboleggiano
i 24 libri
dell’Antico Testamento in cui si accenna alla venuta del Messia; i 24
Vegliardi sono nominati anche nell’Apocalisse di Giovanni cap. 4 ,4 ; -
v.
ns/ relativa
interpretazione in
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Testi sacri).
Noi potremmo considerare
i 24 vegliardi
come personificazioni del ‘Tempo’ concesso al Discepolo per
reintegrarsi: le
24 ore diurne
e notturne (12x2) della sua vita debbono essere tutte ‘vestite e
coronate di bianco’, cioè tutte impiegate nella costruzione dell’Albero
bianco.
Tutti
cantavan: "Benedicta tue
ne le figlie d’Adamo, e benedette
sieno in etterno le bellezze tue!". 87
Poscia che i fiori e
l’altre fresche erbette
a rimpetto di me da l’altra sponda
libere fuor da quelle genti elette, 90
sì come luce luce in
ciel seconda,
vennero appresso lor quattro animali,
coronati ciascun di verde fronda. 93
Ognuno era pennuto di sei ali;
le penne piene d’occhi; e li occhi d’Argo,
se fosser vivi, sarebber cotali. 96
I 24
Seniori
procedendo cantano: “Benedetta sii tu tra tutte le figlie di Adamo
(Luca, 1, 28; e 1, 42) e benedette siano in eterno le tue grazie”. Non
appena sono passati questi eletti, lasciando liberi i fiori e le erbe
della sponda
dinanzi a Dante, come in cielo ad una costellazione ne segue un’altra,
ecco apparire quattro ‘animali’ (chiamati anche i Viventi, con fattezze
d’uomo, di leone, di toro e di aquila- v. Ezechiele 1, 10 - simboli dei
quattro Vangeli e degli Evangelisti Matteo –uomo, acqua; Marco -leone,
fuoco; Luca-toro, terra; Giovanni- aquila, aria), coronati di foglie
verdi. Ciascuno è fornito di sei ali, le loro penne sono piene di occhi,
simili agli occhi di
Argo
quando era vivo. (Argo
= luminoso,
era un
mitico mostro
fornito di cento occhi; Era, gelosa di Zeus innamorato di Io, lo mise a
guardia della ninfa, ma Zeus incaricò Ermes di ucciderlo).
Il Tempo, le ore della vita umana,
impiegate per la costruzione dell’Albero bianco inneggiano a ‘Maria’, la
Vergine che concepisce il Figlio, alla natura umana che, tornata
‘vergine’, riesce a far nascere in sé la Coscienza Cristica. Nel corteo
allegorico ai
24
Seniori
seguono i quattro Viventi: essi possono essere
simbolo dei
quattro elementi dei mondi: mentale (Briah) ed astrale (Yetzirah);
la terra
(Luca),
l’acqua
(Matteo), l’aria (Giovanni) e il fuoco (Marco);
le loro 6 ali
(sei è il numero relativo all’Archetipo del Bivio), potrebbero
raffigurare la loro capacità di ‘volare’ nella giusta direzione allorché
si presenta la scelta tra Bene e male e i loro cento occhi (cento è il
numero relativo all’Archetipo del Sole – v. in
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Archetipi le relative Lezioni
spettacolo), la loro capacità di ‘vedere’ la ‘solarità’ in ogni
esperienza e situazione.
A descriver lor forme più non spargo
rime, lettor; ch’altra spesa mi strigne,
tanto ch’a questa non posso esser largo; 99
ma leggi Ezechïel,
che li dipigne
come li vide da la fredda parte
venir con vento e con nube e con igne; 102
e quali i troverai
ne le sue carte,
tali eran quivi, salvo ch’a le penne
Giovanni è meco e da lui si diparte. 105
Dante si rivolge al lettore: “A
descrivere il loro aspetto non spendo altri versi, ché altro mi pressa,
e perciò debbo limitarmi, ma leggi Ezechiele (1,3) che narra di come li
vide venire dal nord con vento, nubi e fuoco; e quali li troverai nel
suo libro, così sono qui, ad eccezione delle ali: ne hanno sei e non
quattro, e così anche li descrive Giovanni (nella sua Apocalisse 4, 8)…”
Lo spazio dentro a lor quattro contenne
un carro, in su due rote, trïunfale,
ch’al collo d’un grifon tirato venne. 108
Esso tendeva in sù
l’una e l’altra ale
tra la mezzana e le tre e tre liste,
sì ch’a nulla, fendendo, facea male. 111
Tanto salivan che
non eran viste;
le membra d’oro avea quant’era uccello,
e bianche l’altre, di vermiglio miste. 114
Lo spazio tra i quattro Viventi
racchiude un carro trionfale (simbolo della Chiesa) posto su due ruote
(Vecchio e Nuovo Testamento), tirato da un
grifone
(animale a doppia natura: ha la testa, le ali e gli artigli di aquila ed
il corpo di leone; simboleggia il Cristo, Dio e uomo); egli innalza
altissime, tanto che non si vedono, le sue ali tra le
liste
di colore lasciate dai candelabri, senza sciuparne nessuna: in mezzo
alle ali c’è la
lista
centrale e ai lati le altre, tre e tre. Nella
parte di uccello ha le piume d’oro (simbolo della sua Divinità, nella
parte di leone ha le membra bianche, e rosse (simbolo della sua natura
umana, e del suo sacrificio)…”
Il carro trionfale che sta in mezzo
ai Viventi, nel nostro Albero cabalistico potrebbe essere il Malkuth, la
personalità sul piano fisico (Assiah); ecco allora che le due ‘ruote’
che trasportano il carro, ne rappresentano il ‘Divenire’: la ruota di
destra il futuro, quella di sinistra il passato. Il
grifone
nella sua doppia natura, oro e cremisi, simbolo del Cristo interiore e
del suo sacrificio, viene ad essere la Sephirah Tiphereth dell’Albero,
che guida il carro verso la sua meta e che erge
le sue ali
‘ordinatamente’ fra le
liste
tracciate dal ‘candelabro a sette braccia’,
della sephirah Daath. Non che Roma
di carro così bello
rallegrasse Affricano, o vero Augusto,
ma quel del Sol saria pover con ello; 117
quel del Sol che,
svïando, fu combusto
per l’orazion de la Terra devota,
quando fu Giove arcanamente giusto. 120
non festeggiò il trionfo di Scipione
detto l’Africano
(vincitore nel 202
a.C. di
Annibale) ne` dell’imperatore
Augusto
(63 a.C. –14 d.C.) con un carro così stupendo, ma anche quello
mitologico del Sole, bruciato
arcanamente
(dal greco ‘arkeo’ = proteggo) dal giusto Giove su preghiera della
Terra, sarebbe povero al suo confronto. (Fetonte, figlio di Elios, volle
guidare il carro del padre, ma inesperto, stava per incendiare la terra,
fu fulminato da Zeus, nella sua funzione di protettore) …”
Tre donne in giro da la destra rota
venian danzando; l’una tanto rossa
ch’a pena fora dentro al foco nota; 123
l’altr’era come se
le carni e l’ossa
fossero state di smeraldo fatte;
la terza parea neve testé mossa; 126
e or parëan da la
bianca tratte,
or da la rossa; e dal canto di questa
l’altre toglien l’andare e tarde e ratte. 129
Dalla parte della ruota di destra
danzano in cerchio tre donne (le Virtu` teologali): la prima (la Carità)
è tutta rossa e appena sarebbe visibile dentro al fuoco, la seconda (la
Speranza) è tutta verde, con le carni e le ossa come di smeraldo; la
terza (la Fede) è tutta bianca, come la neve appena caduta; la loro
danza pare guidata ora dalla donna bianca, ora dalla rossa; e sul canto
di quella che guida, le altre si muovono ora lente, ora svelte….”
Da la sinistra quattro facean festa,
in porpore vestite, dietro al modo
d’una di lor ch’avea tre occhi in testa. 132
Dalla parte della ruota di sinistra
fanno festa (danzando) quattro donne vestite di porpora (le Virtu`
cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza), regolando il
loro ritmo su quella di loro che ha tre occhi (Prudenza, che
ha memoria del
passato, vede il presente, prevede il futuro)…”
Abbiamo ora alla destra del carro,
del Malkuth, le tre virtù teologali e alla sinistra le quattro virtù
cardinali: tutte le sette virtù debbono ‘danzare’, cioè essere
armonicamente attive
intorno alla
personalità, ma la Fede o la Carità debbono ‘guidare la danza delle
virtù teologali (le virtù del rapporto con la Divinità) e la ‘Prudenza’
quella delle virtù cardinali (le virtù del rapporto con l’umanità).
Appresso
tutto il pertrattato nodo
vidi due vecchi in abito dispari,
ma pari in atto e onesto e sodo. 135
L’un si mostrava alcun de’ famigliari
di quel sommo Ipocràte che natura
a li animali fé ch’ell’ ha più cari; 138
mostrava l’altro la
contraria cura
con una spada lucida e aguta,
tal che di qua dal rio mi fé paura. 141
Poi vidi quattro in umile paruta;
e di retro da tutti un vecchio solo
venir, dormendo, con la faccia arguta. 144
Dopo tutto
ciò che ho descritto, ecco apparirmi due vegliardi in abiti diversi, ma
ugualmente maestosi. L’uno sembra uno dei seguaci di
Ipocrate (=
Ippocrate, un famoso medico greco; rappresenta ‘Gli Atti degli Apostoli
e il loro autore, S. Luca, ‘medico’, guaritore della Chiesa con le
medicine) che la Natura ha creato per la salute degli uomini, gli
animali che ama di più; l’ altro
ha il compito
contrario: combatte gli errori, ha la spada lucida e tagliente e benché
aldilà del ruscello, mi fa paura (rappresenta le Epistole e il loro
autore, S. Paolo, instancabile combattente per la fede cristiana). Poi
vedo venire quattro figure in atteggiamento umile (rappresentano le
Epistole minori e i loro autori Pietro, Giovanni, Giacomo e Giuda) e
dietro a tutti, addormentato, un vecchio dalla
faccia arguta
(rappresenta l’Apocalisse e il suo autore Giovanni che l’ha ‘vista in
sogno’… ” E questi
sette col primaio stuolo
erano abitüati, ma di gigli
dintorno al capo non facëan brolo, 147
anzi di rose e
d’altri fior vermigli;
giurato avria poco lontano aspetto
che tutti ardesser di sopra da’ cigli. 150
E quando il carro a
me fu a rimpetto,
un tuon s’udì, e quelle genti degne
parvero aver l’andar più interdetto, 153
fermandosi ivi con
le prime insegne.
“…Gli ultimi sette personaggi sono vestiti
(di bianco) come i 24 Vegliardi all’inizio del corteo ma intorno al capo
non hanno la ghirlanda di gigli, ma di rose e fiori rossi; e, da lontano
si può pensare che abbiano sul capo il fuoco. Quando il carro mi giunge
dinanzi, si ode un tuono e all’onorevole gruppo sembra interdetto il
proseguire, così si ferma insieme alle prime insegne (le luci dei
candelabri)”.
Infine i sette vegliardi vestiti di bianco ma
con la corona di fiori rossi, che seguono il ‘carro’ in formazione due,
quattro, uno, possono essere considerati sempre in relazione all’uso del
‘tempo della vita’ della personalità e omologati agli ‘dei antichi’ che
debbono essere ‘vecchi’, perché ormai diventati saggi, vestiti di
bianco, tutti a servizio dell’Albero bianco, ma con la corona rossa,
perché disposti ad essere ‘sacrificati’, essi possono corrispondere ai
pianeti ed ai relativi
giorni della
settimana: Il ‘medico’ può rappresentare il guaritore Mercurio, il
mercoledì, quello con la spada il guerriero Marte, il martedì; i quattro
più modesti: Luna, Giove, Venere, e Saturno: il lunedì, il giovedì, il
venerdì e il sabato; e infine
quello
addormentato, con la faccia arguta, il Sole, la domenica, da cui tutti
gli altri dipendono…
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