PURGATORIO - CANTO III
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Avvegna che la subitana fuga
dispergesse color per la campagna,
rivolti al monte ove ragion ne fruga, 3
i’ mi ristrinsi a la
fida compagna:
e come sare’ io sanza lui corso?
chi m’avria tratto su per la montagna? 6
El mi parea da sé
stesso rimorso:
o dignitosa coscïenza e netta,
come t'è picciol fallo amaro morso! 9
Mentre il rimprovero del custode
Catone disperde in precipitosa fuga le anime per la campagna e le dirige
verso il monte dove
ragion ne fruga
(= la giustizia le deterge), il Discepolo si stringe al Maestro: cosa
farebbe senza di lui? Come potrebbe (da solo) scalare l’erta montagna?
Virgilio tuttavia (nella fretta) gli appare ‘da se stesso
rimorso’ (=
punito)
per la debolezza di aver ascoltato il canto
(di Casella): un piccolo errore genera in una coscienza nobile grande
contrizione!
Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
che l’onestade ad ogn’atto dismaga,
la mente mia, che prima era ristretta, 12
lo ’ntento rallargò,
sì come vaga,
e diedi ’l viso mio incontr’al poggio
che ’nverso ’l ciel più alto si dislaga. 15
Lo
sol, che dietro fiammeggiava roggio,
rotto m’era dinanzi a la figura,
ch’avëa in me de’ suoi raggi l’appoggio. 18
Quando poi la Guida ha
un po` calmata la foga che rende poco decoroso ogni atto, allora il
Nostro un poco rilassato, si guarda intorno e leva gli occhi verso il
monte che si erge altissimo verso il cielo. Il sole che gli splende alle
spalle si interrompe davanti a lui che fa ombra. Io mi volsi
dallato con paura
d’essere abbandonato, quand’io vidi
solo dinanzi a me la terra oscura; 21
e ’l mio conforto:
"Perché pur diffidi?",
a dir mi cominciò tutto rivolto;
"non credi tu me teco e ch’io ti guidi? 24
Vedendo solamente la
propria ombra, Dante si volge improvvisamente verso il Maestro, temendo
d’essere stato abbandonato. E quello a lui: “Perché manchi di fiducia?
Non credi che io ti sia ancora compagno e guida?…” Vespero è
già colà dov’è sepolto
lo corpo dentro al quale io facea ombra;
Napoli l’ ha, e da Brandizio è tolto. 27
Ora, se innanzi a me
nulla s’aombra,
non ti maravigliar più che d’i cieli
che l’uno a l’altro raggio non ingombra. 30
“…E` gia` sera la` dove
e` sepolto il corpo nel quale facevo ombra; esso e` custodito a
Napoli
(da ‘Neapolis’ = citta` nuova), ma sono morto a
Brandizio
(= Brindisi = che ha il porto a forma di corno, corno e` simbolo di
potenza). Se non faccio ombra, non ti deve meravigliare; avviene come
per i cieli, che non si ostacolano reciprocamente la luce (i sette cieli
del cosmo, per la concezione medievale, erano concentrici e
trasparenti)…”
A
sofferir tormenti, caldi e geli
simili corpi la Virtù dispone
che, come fa, non vuol ch’a noi si sveli. 33
Matto è chi spera
che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
che tiene una sustanza in tre persone. 36
“…Al corpo sottile
(corpo del dopo morte) e` possibile la sofferenza del caldo e del
freddo, ma la Giustizia divina non ci permette di conoscere come. E`
‘Folle’
chi crede di poter
comprendere (per esempio) il mistero della Trinita`, con la sola
‘ragione’ umana...”
Solamente con l’intuizione, facolta`
del mentale (Briah) superiore, e` possibile penetrare i ‘misteri’ del
mondo Causale (Atziluth) perché
li` essa affonda le
sue radici, nella Coscienza (Daath), fuoco di Briah e terra di Atziluth
(v. in
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appuntamenti ‘Introduzione alla
Kabbalah); la ‘ragione’ e` facolta` del mentale inferiore, e la sua
‘comprensione’ e` limitata al suo piano e ovviamente a quelli inferiori
(fisico, Assiah, e astrale, Yetzirah).
E` solo con
l’intuizione che si puo` comprendere quanto viene detto nel Vangelo di
Giovanni sul Verbo (Gv. 1, 1-18) e negli Atti degli Apostoli sullo
Spirito Santo (At. 2, 1-4) v. ns/ riduzioni teatrali in
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teatro e relativi commenti.
State contenti, umana gente, al quia;
ché, se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria; 39
e disïar vedeste
sanza frutto
tai che sarebbe lor disio quetato,
ch’etternalmente è dato lor per lutto: 42
io dico d’Aristotile
e di Plato e
di molt’altri"; e qui chinò la fronte,
e più non disse, e rimase turbato. 45
“…L’umanita` deve
sapersi accontentare del grande dono della vita, poiche` se fosse in
grado di capire ‘tutta la Verita`’ non sarebbe stata necessaria la
nascita del Cristo (il Figlio di Maria). Hanno desiderato conoscere ‘la
Verita`’, e
il loro desiderio e`
divenuto la loro condanna, anche i grandi come
Aristotile
(= che giunge ottimamente fino alla
fine – della comprensione razionale) e
Plato (Platone =
largo, ampio – dai vasti ragionamenti) e molti altri (compreso me
stesso)”.
A questo punto
Virgilio tace, china la fronte e rimane turbato (cosciente e rattristato
dei suoi limiti).
La
personalita`, che con il dono della vita ha possibilita` di reintegrarsi
nell’Assoluto, ma che non ha ancora fatto nascere in se` la Coscienza
Cristica (il parto della ‘Vergine Maria’, dell’umanita` ridiventata
‘vergine’ per aver coltivato in se` l’umilta`, la generosita`, la
purezza, la mitezza, la sobrieta`, l’altruismo, l’operosita`), virtu`
(meriti) che aprono la porta alla discesa della Grazia (Spirito Santo),
anche con una grandissima e geniale intelligenza e profonda conoscenza
filosofica, non puo` ascendere al Cielo, cioe` conoscere la Verita`, il
Divino.
(v.
in
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Testi sacri nel ‘Commento al Vangelo di Matteo’ ns/ interpretazione
cabalistica della nascita di Gesu`, Mt. 1, 18-23)
Noi divenimmo intanto a piè del
monte; quivi
trovammo la roccia sì erta,
che ’ndarno vi sarien le gambe pronte. 48
Tra Lerice e Turbìa
la più diserta,
la più rotta ruina è una scala,
verso di quella, agevole e aperta. 51
I due Pellegrini giungono intanto ai
piedi del monte e si trovano di fronte ad una roccia tanto ripida da non
poter essere scalata a piedi. Il dirupo piu` scosceso ed impervio (in
Liguria) tra il castello di
Lerici
(dei lecci) e
Turbìa
(citta` ricca di folla) in confronto, sembra una comoda e larga scala.
"Or chi sa da qual
man la costa cala",
disse ’l maestro mio fermando ’l passo,
"sì che possa salir chi va sanz’ala?". 54
E mentre ch’e’
tenendo ’l viso basso
essaminava del cammin la mente,
e io mirava suso intorno al sasso, 57
da man sinistra
m’apparì una gente
d’anime, che movieno i piè ver’ noi,
e non pareva, sì venïan lente. 60
Il Maestro si ferma e
dice: “Chissa` da quale parte la roccia scende in modo da permettere la
salita a chi non e` provvisto di ali?”
E mentre lui guarda
in basso e si interroga sul cammino da prendere, il suo Discepolo guarda
in alto, intorno alla rupe, e scorge sulla sinistra una schiera di anime
avanzare verso di loro assai lentamente.
La ragione (Virgilio) guarda in basso
perché
inerente al piano
fisico, il Discepolo sul Sentiero (Dante, colui che persevera), guarda
gia` in alto, verso la meta.
"Leva", diss’io, "maestro, li occhi tuoi:
ecco di qua chi ne darà consiglio,
se tu da te medesmo aver nol puoi". 63
Guardò allora, e con libero piglio
rispuose: "Andiamo in là, ch’ei vegnon piano;
e tu ferma la spene, dolce figlio". 66
E Dante dice: “Maestro,
alza gli occhi; ecco chi ci consigliera`, se tu, da solo, non sai
decidere (il da farsi)”. E Virgilio rasserenato a lui: “Andiamo noi da
loro, perché avanzano molto piano; e tu sii speranzoso, dolce figlio”.
Ancora era quel popol di lontano,
i’ dico dopo i nostri mille passi,
quanto un buon gittator trarria con mano, 69
quando si strinser
tutti ai duri massi
de l’alta ripa, e stetter fermi e stretti
com’a guardar, chi va dubbiando, stassi. 72
Dopo aver percorso mille
passi i due sono ancora lontani dal gruppo delle anime della lunghezza
di un lancio di un buon lanciatore, quando quelle si stringono attorno
agli alti massi, incerte e
ferme a guardare,
dubitando (su cio` che debbono fare).
Sono gli ‘scomunicati’ che in terra
furono esclusi dalla comunita` cristiana e che sono morti in
contumacia
(v. 136 ), cioe`in ribellione alla Chiesa, ma poi si sono pentiti e
formano
ora un ‘gruppo
comunitario e solidale’.
"O ben finiti, o già spiriti eletti",
Virgilio incominciò,
"per quella pace
ch’i’ credo che per voi tutti s’aspetti, 75
ditene dove la
montagna giace,
sì che possibil sia l’andare in suso;
ché perder tempo a chi più sa più spiace". 78
E Virgilio chiede loro: “O anime
elette, voi che siete morte nella Grazia del Signore, per quella pace
che vi aspettate, diteci dove la montagna digrada e dove e` possibile
salire su, che` perdere tempo, spiace a chi ne conosce il valore”.
Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l'altre stanno
timidette atterrando l'occhio e 'l muso; 81
e ciò che fa la
prima, e l’altre fanno,
addossandosi a lei, s’ella s’arresta,
semplici e quete, e lo ’mperché non sanno; 84
sì vid’io muovere a
venir la testa
di quella mandra fortunata allotta,
pudica in faccia e ne l’andare onesta. 87
Come le pecore escono
dall’ovile a una, a due, a tre, mentre le altre aspettano timide a capo
basso e quello che fa la prima fanno anche le altre, addossandosi a lei,
semplici e quiete, senza sapere il perché, cosi` il Nostro vede avanzare
i primi di quella gente
fortunata
( dal destino favorevole), umile nel volto e modesta nel procedere.
Come color dinanzi vider rotta
la luce in terra dal mio destro canto,
sì che l’ombra era da me a la grotta, 90
restaro, e trasser
sé in dietro alquanto,
e tutti li altri che venieno appresso,
non sappiendo ’l perché, fenno
altrettanto. 93
Ma allorche` quelli che vengono per primi
vedono l’ombra che il corpo fisico di Dante proietta sul terreno fino
alla roccia, si arrestano, arretrando un poco,
e tutti quelli che si
trovano dietro a loro fanno altrettanto, senza sapere perché. "Sanza
vostra domanda io vi confesso
che questo è corpo uman che voi vedete;
per che ’l lume del sole in terra è fesso. 96
Non vi maravigliate,
ma credete che
non sanza virtù che da ciel vegna
cerchi di soverchiar questa parete". 99
Così ’l maestro; e
quella gente degna
"Tornate", disse, "intrate innanzi dunque",
coi dossi de le man faccendo insegna. 102
A loro, il Maestro cosi`
dice: “Senza che lo chiediate, vi dichiaro che costui e` vivo, per
questo il suo corpo fa ombra. Non vi meravigli la cosa: egli cerca solo
di salire questo monte con l’aiuto del cielo. E quella gente eletta in
risposta, facendo segno con le mani: “Tornate indietro, e procedete
innanzi a noi”.
E un di loro incominciò: "Chiunque
tu se’, così andando, volgi ’l viso:
pon mente se di là mi vedesti unque". 105
Io mi volsi ver’ lui
e guardail fiso:
biondo era e bello e di gentile aspetto,
ma l'un de' cigli un colpo avea diviso. 108
Quand’io mi fui
umilmente disdetto
d’averlo visto mai, el disse: "Or vedi";
e mostrommi una piaga a sommo ’l petto. 111
Uno di loro, rivolto a
Dante dice: “Chiunque tu sia, andando, guardami, e cerca di ricordare se
mi vedesti mai (da vivo)”. Dante lo guarda, ma non lo riconosce: e`
biondo, bello, di aspetto gentile, e con una ferita su un sopracciglio…
E quello, mostrandogli una ferita sul petto: “Guarda”.
Poi sorridendo disse: "Io son Manfredi,
nepote di Costanza imperadrice;
ond’io ti priego che, quando tu riedi, 114
vadi a mia bella
figlia, genitrice
de l’onor di Cicilia e d’Aragona,
e dichi ’l vero a lei, s’altro si dice. 117
Poi continua sorridendo:
“Io sono
Manfredi
(= amante della pace; re dell’Italia meridionale dal 1250 al 1266,
ghibellino, scomunicato dal papa Innocenzo IV), nipote dell’imperatrice
Costanza (= tenace nella fede) e ti prego, quando torni sulla terra, di
recarti dalla mia bella figlia, madre di Federico di
Cicilia
(Sicilia = Sicania = terra dell’abbondanza) e di Giacomo d’Aragona
( terra dei coraggiosi) e di narrarle la verita` (sulla mia salvezza)…”
Poscia ch’io ebbi rotta la persona
di due punte mortali, io mi rendei,
piangendo, a quei che volontier perdona. 120
Orribil furon li
peccati miei;
ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
che prende ciò che si rivolge a lei. 123
“…Dopo essere stato per
due volte ferito mortalmente, io mi affidai piangendo a Colui che
perdona volentieri. I miei peccati furono orrendi, ma la Bonta` divina
ha braccia tanto grandi da accogliere chiunque si rivolga a Lei...”
Se ’l pastor di Cosenza, che a la caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia, 126
l’ossa del corpo mio
sarieno ancora
in co del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora. 129
“…Se il vescovo di
Cosenza (Cosentia
= concordia al bianco, discordia al nero), inviato dal papa
Clemente
(indulgente al bianco, spietato al nero) IV per perseguitarmi, avesse
conosciuto questo aspetto della divina Misericordia, le ossa del mio
corpo sarebbero ancora ai piedi del ponte presso
Benevento
(= Bonum eventum = buon evento) ricoperte di pietre (sconfitto e ucciso
nel 1266 presso Benevento, fu pietosamente seppellito dai nemici
Angioini; il papa lo fece disseppellire e i resti furono sparsi nel
territorio pontificio)…” Or le bagna
la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo ’l Verde,
dov’e’ le trasmutò a lume spento. 132
Per lor maladizion
sì non si perde,
che non possa tornar, l'etterno amore,
mentre che la speranza ha fior del verde. 135
“…Ora le mie ossa sono
in balia delle piogge e dei venti, fuori (di quello che e` stato il mio)
regno, nei pressi del fiume
Verde
(Liri) dove il vescovo le fece trasportare a lume spento (perché resti
di uno scomunicato). Ma la Misericordia divina non tiene conto delle
maledizioni (ecclesiastiche), e di fronte ad un pentimento sincero, sia
pure dell’ultimo momento della vita, elargisce il perdono” Vero è che
quale in contumacia more
di Santa Chiesa, ancor ch’al fin si penta,
star li convien da questa ripa in fore, 138
per ognun tempo
ch’elli è stato, trenta,
in sua presunzïon, se tal decreto
più corto per buon prieghi non diventa. 141
Vedi oggimai se tu
mi puoi far lieto,
revelando a la mia buona Costanza
come m’ hai visto, e anco esto divieto; 144
ché qui per quei di
là molto s’avanza".
“…E` pure vero che se uno muore nella
scomunica della Santa Chiesa, anche se si pente,
deve rimandare la sua
purificazione (la salita del monte) per trenta volte il tempo che
e` rimasto nella sua
presunzione
(cioe` scomunicato), se tale periodo non viene scontato dalle preghiere
dei vivi. Vedi dunque che mi puoi far cosa gradita rivelando a mia
figlia
Costanza
(=assidua nella fede)
di avermi
visto salvo e in questa condizione (da scomunicato), perché molto
possono fare per noi di qui quelli di la`.
Nel nostro discorso interiorizzato lo
‘scomunicato’ corrisponde a quella componente psichica della
personalita` che si pone fuori della ‘Chiesa’, cioe`fuori del Tempio,
fuori dell’Albero, per aver peccato di ribellione alle direttive dello
stesso, coltivando i suoi ‘interessi egoici’: la componente energetica
che agisce per conto suo, che rifiuta la comunita` di intenti e di
azioni con gli altri centri
viene espulsa
dall’Albero bianco della Reintegrazione: infatti tutto cio` che fa parte
dell’albero nero risulta ‘scomunicato’, cioe` infernale. Ma quando si
produce il pentimento della personalita` allora quell’energia
‘scomunicata’ puo` essere reintegrata. Tuttavia la reintegrazione non e`
automatica conseguenza del pentimento, occorre che ci sia la presa di
Coscienza della necessita` del perdono per il recupero di quell’energia.
Ricordiamo l’episodio ‘dell’adultera’ (Gv. 1. 1-11): secondo la Legge
chi ha peccato deve essere lapidato, eliminato, ma se a giudicare c’e`
l’Io Sono, la Coscienza, il Centro Daatico, allora subentra
una possibilita` di
assoluzione, perché
gli ‘accusatori’, gli altri centri, di fronte alla Verita` cessano di
accusare e si ritirano: “…Allora Gesu` alzatosi le disse: ‘Donna, dove
sono?
Nessuno ti ha
condannata?’ Ed essa rispose: ‘Nessuno, Signore’ E Gesu` le disse:
‘Neanche io ti condanno; va` e d’ora in poi non peccare piu`’…” v. ns/
‘Commento al Vangelo di Giovanni’ in
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Testi sacri. Ma
ovviamente questo non significa che l’energia scomunicata non debba
essere ‘purificata’, anzi, alla purificazione dovra` precedere un
periodo di ‘attesa’ di trenta volte piu` lungo di quanto e` durata la
‘scomunica’. Trenta e` il valore dell’Archetipo del ‘Sacrificio’,
(dell’Appeso – v. ns/ ‘Lezione spettacolo n. 12 degli Archetipi in
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) e comporta un completo ‘capovolgimento’ (il Sacrificato e` appeso a
testa in giu`) della situazione,
e tanta abnegazione e
sofferta espiazione…
E
Manfredi?
Quale e` il ruolo del personaggio dantesco
Manfredi?
Il suo nome significa ‘amante della pace’ al bianco, ma anche ‘amante
della guerra’ al nero, e difatti questo
Manfredi
e` un re usurpatore, scomunicato e che ha commesso
peccati orribili,
un vero re infero; tuttavia da ‘re nero’ ha avuto
spaccato uno dei cigli
e ora mostra anche
una
piaga a sommo ‘l petto:
la sua ‘vista nera’ e il suo ‘cuore nero’ sono stati ‘feriti’, quindi i
centri relativi alla vista e al petto sono in qualche modo recuperabili;
e poi soprattutto si e` pentito; infine e`descritto come
biondo, bello e di gentile aspetto:
cioe` il Nostro ha un debole per lui e non vede l’ora di fargli iniziare
la scalata della montagna… saranno in seguito
le preghiere della figlia
Costanza
(= assidua nella fede) ad abbreviargli l’attesa da ‘scomunicato’.
Insomma
Manfredi
e gli altri scomunicati rappresentano la capacita` dantesca di
recuperare il suo recuperabile ‘inferno’: sono la modulazione (grigio
scuro, poi chiaro) del passaggio dal suo albero nero al suo Albero
bianco…
La visione in
lontananza della montagna del purgatorio ci suggerisce inoltre un altro
spunto di riflessione: perché non adottare l’immagine dantesca del
riscatto graduale, cornice dopo cornice, come progressiva liberazione
dalle scorie dei sette peccati capitali (superbia, avarizia, lussuria,
ira, gola, invidia, accidia) anche come tecnica di personale
purificazione? E forse potrebbe essere questo un
iter
iniziatico da suggerire ai moribondi come visualizzazione, alla stessa
maniera in cui il ‘Libro tibetano dei morti’, nella religione del
Buddismo tibetano, suggerisce di guidare i morenti alla Consapevolezza
nell’affrontare i demoni dell’aldila`. Potrebbe anche essere loro di
aiuto la visualizzazione dell’angelo che cancella successivamente le
sette P (= i 7 Peccati capitali) dalla loro fronte. Inoltre, una volta
arrivato in cima al monte, nel ‘paradiso terrestre’, il moribondo
potrebbe essere affidato al parente piu` caro (moglie, marito, genitore
gia` deceduto, ecc.) che lo condurrebbe ‘oltre’…
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