PURGATORIO - CANTO IV
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Quando per dilettanze o ver per doglie, che alcuna virtù nostra
comprenda, l’anima bene ad essa si raccoglie, 3
par ch’a nulla
potenza più intenda; e questo è contra quello error che crede
ch’un’anima sovr’altra in noi s’accenda. 6 Quando la
facolta` sensitiva dell’anima riceve una forte impressione per una gioia
o un dolore, l’anima si concentra tutta in quella facolta`, perdendo
coscienza delle altre due (la vegetativa e l’intellettiva) e questo
dimostra che e` un errore credere che le tre facolta` siano
indipendenti.
Su questa concezione dantesca ci sarebbe
molto da discutere: ma noi possiamo dire solo che quanto piu` una
persona e` evoluta, tanto piu` e` in grado di tenere separate le sue
‘facolta`’ semplicemente perché le conosce ed e` in grado di
controllarle…anche per la Kabbalah oltre al corpo fisico nell’individuo
ci sono tre anime: il Ruach che corrisponde all’anima della coscienza di
veglia, il Nefesh che corrisponde all’anima della coscienza di sogno e
che vive coscientemente le esperienze della vita onirica, e il Neshamah
che corrisponde all’anima della Coscienza del sogno senza
sogni, dell’Io Sono, del Se` immortale; ogni ‘anima’ ha la sua sfera di
azione, ma la prima e` conosciuta da tutti, la seconda da pochi e la
terza
solo dai Maestri.
E però, quando s’ode cosa o vede che tegna forte a sé l’anima
volta, vassene ’l tempo e l’uom non se n’avvede; 9
ch’altra
potenza è quella che l’ascolta, e altra è quella c’ ha l’anima
intera: questa è quasi legata e quella è sciolta. 12
Percio` quando qualcosa che si ode o si vede avvince l’anima sensitiva,
il tempo vola e non ce se ne accorge; perché l’anima intellettiva,
quella che percepisce, e` sciolta
(libera) mentre la sensitiva e` tutta
legata (avvinta).
Di ciò ebb’io esperïenza vera, udendo quello spirto e ammirando;
ché ben cinquanta gradi salito era 15
lo sole, e io non m’era
accorto, quando venimmo ove quell’anime ad una gridaro a noi: "Qui
è vostro dimando". 18 Questo sperimenta il Nostro mentre
ascolta il racconto di Manfredi; e intanto il sole e`salito
all’orizzonte di ben cinquanta gradi (sono passate 3 ore e 20 minuti) e allora il gruppo
di anime (degli scomunicati) grida ai due Pellegrini: “ Questo e` il
luogo da voi richiesto (il passaggio per salire il monte)”
Cinquanta e` il
valore numerico dell’Archetipo della Temperanza (v. in
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Archetipi, la relativa
‘lezione-spettacolo’) la cui conoscenza
o penetrazione permette di distinguere
cio` che e` ‘sacro’ da cio` che e` ‘profano’; infatti
‘temperanza’ deriva dalla radice indoeuropea ‘tem’, = taglio, separo, la
stessa di ‘tempio’ = spazio sacro, dedicato al Divino. Al Nostro viene
qui indicato il ‘passaggio’ per iniziare la scalata del suo Monte, del
suo Albero, del suo Tempio interiore.
Maggiore aperta molte volte impruna con una forcatella di sue spine
l’uom de la villa quando l’uva imbruna, 21
che non era la calla
onde salìne lo duca mio, e io appresso, soli, come da noi la
schiera si partìne. 24 Spesso quando l’uva matura, il
contadino nasconde con un ciuffo di rovi un’apertura maggiore di quella
per la quale Guida e
Discepolo passano per salire il sentiero, soli, dopo che la
schiera (degli scomunicati) che gliel’ha indicata, si e` allontanata.
Nella Bhagavad Gita
canto XIII (v. ns/ int. cab. in
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Testi sacri)
Krisna dice: “Questo corpo, o figlio di Kunti, e` chiamato il
campo; Colui che lo conosce e` chiamato dai saggi ‘il Conoscitore del
Campo’…La Sapienza in quanto al Campo e al Conoscitore del Campo, Io
considero essere la vera Sapienza”. Come il ‘contadino’ e` il
‘conoscitore del campo’ che cela, quando l’uva e` matura, l’ingresso
alla vigna ai non autorizzati a coglierla, cosi` l’ingresso del Sentiero
che porta al Monte e` stretto, e nascosto ai non addetti ai lavori.
Tuttavia occorre che qualcuno lo indichi, e puo` essere indicato da chi
magari ancora non ne ha l’accesso, ma gia` sa dov’e`. A volte, leggendo
un libro o discorrendo con qualcuno, si possono avere indicazioni
preziose per la propria crescita spirituale mentre chi le fornisce non
ha ancora realizzato quello di cui parla…
Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, montasi su in Bismantova e ’n
Cacume con esso i piè; ma qui convien ch’om voli; 27
dico con
l’ale snelle e con le piume del gran disio, di retro a quel condotto
che speranza mi dava e facea lume. 30 Per andare a
Sanleo (S. Leo = sul forte) si sale, per andare a
Noli (= la citta` nuova) si
scende, e si giunge sulla cima di
Bismantova (per 2 volte citta` di Manto, l’indovina) salendo (i
gradini) a piedi; ma qui il Poeta ci dice che e` meglio ‘volare’ con le
ali e le piume del desiderio, dietro alla Guida che da` luce e speranza.
Innalzarsi per conoscere che cosa e` la forza
(l’alto), scendere per conoscere il nuovo (il basso), salire ancora per
conoscere le cose future, a tutto cio` si
arriva gradatamente andando ‘a piedi’, passo dopo passo, sulla
‘terra’; ma per conoscere il ‘monte’ (l’Albero) occorre desiderarlo con
tutta l’anima (volando), seguendo la Ragione illuminata, e sperando.
Noi salavam per entro ’l sasso rotto, e d’ogne lato ne stringea lo
stremo, e piedi e man volea il suol di sotto. 33
Poi che noi
fummo in su l’orlo suppremo de l’alta ripa, a la scoperta piaggia,
"Maestro mio", diss’io, "che via faremo?". 36
Ed elli a me:
"Nessun tuo passo caggia; pur su al monte dietro a me acquista,
fin che n’appaia alcuna scorta saggia". 39 I due,
inerpicandosi con mani e piedi su per il sentiero scavato nella roccia,
giungono all’orlo della parete scoscesa, dove inizia un’altra salita,
allo scoperto; e il Nostro chiede: “Maestro che strada prenderemo
(ora)?” E quello a lui: “Non cambiare sentiero; vieni dietro di me,
salendo, fino a che non incontriamo una guida esperta”.
Lo sommo er'alto che vincea la vista, e la costa superba più assai
che da mezzo quadrante a centro lista. 42
Io era lasso, quando
cominciai: "O dolce padre, volgiti, e rimira com’io rimango sol,
se non restai". 45 La cima e` talmente alta (e lontana) da
non poter essere vista, e la pendenza,
in salita, ha un’accentuata angolazione (di piu` di 45 gradi).
Dante e` stanco e cosi` prega il Maestro: “Dolce padre, voltati, e
guarda come rimango solo se tu non ti fermi”.
Prima, all’inizio del Sentiero, il Discepolo
desidera quasi ‘volare’ per poter salire il Monte, poi, nella pratica,
la difficolta` della salita lo scoraggia e vorrebbe o cambiare strada o
riposare. Non e` consentito. Ma avendo sviluppato la ‘Ragione
illuminata’, lo sa.
"Figliuol mio", disse, "infin quivi ti tira", additandomi un balzo
poco in sùe che da quel lato il poggio tutto gira. 48
Sì mi
spronaron le parole sue, ch’i’ mi sforzai carpando appresso lui,
tanto che ’l cinghio sotto i piè mi fue. 51 E la Guida:
“Figlio, sforzati di arrivare fin qui”, gli dice, indicandogli un
balzo (dal latino ‘baltea’=
dirupo) un poco piu` in alto, che circonda tutto il monte. Cosi` il
Discepolo, spronato dalle sue parole, giunge carponi fino al punto
indicato. A seder ci
ponemmo ivi ambedui vòlti a levante ond’eravam saliti, che suole a
riguardar giovare altrui. 54
Li occhi prima drizzai ai bassi
liti; poscia li alzai al sole, e ammirava che da sinistra n’eravam
feriti. 57 (Finalmente) i due si siedono, rivolti ad est
da dove sono saliti, perché e` gradevole rimirare
il cammino gia` fatto. Dante prima guarda in giu`, poi verso
il sole e nota, meravigliato, che sta alla sua sinistra.
Ben s’avvide il poeta ch’ïo stava stupido tutto al carro de la luce,
ove tra noi e Aquilone intrava. 60
Ond’elli a me: "Se Castore e
Poluce fossero in compagnia di quello specchio che sù e giù del
suo lume conduce, 63
tu vedresti il Zodïaco rubecchio ancora a
l’Orse più stretto rotare, se non uscisse fuor del cammin vecchio. 66
Virgilio si avvede dello stupore di Dante nel notare che il
sole sta tra di loro e il nord (Aquilone e`il vento del nord) e gli
dice: “Se la costellazione dei Gemelli,
(Castore e Poluce) fosse in
congiunzione col sole (come nel solstizio d’estate), lo vedresti ancora
piu` a nord (dove ci sono l’Orsa maggiore e l’Orsa minore), quindi
ancora piu` a sinistra…” Come ciò sia, se ’l vuoi poter pensare, dentro raccolto,
imagina Sïòn con questo monte in su la terra stare 69
sì,
ch’amendue hanno un solo orizzòn e diversi emisperi; onde la strada
che mal non seppe carreggiar Fetòn, 72
vedrai come a costui
convien che vada da l’un, quando a colui da l’altro fianco, se lo
’ntelletto tuo ben chiaro bada". 75 “…Se vuoi riflettere
su come questo possa accadere, pensa che
Sion
(la collina di Gerusalemme) e questo monte (il Purgatorio)
sono agli antipodi, con un unico orizzonte, ma in due emisferi diversi;
per cui il percorso del sole che
Fetonte non riusci` a governare (il figlio del Sole tento` di
guidare il carro del padre, ma fu fulminato da Zeus perché stava per
incendiare la terra) deve stare qui da un lato del monte, e da quello
opposto a Gerusalemme, sulla terra, se comprendi bene la situazione”.
"Certo, maestro mio", diss’io, "unquanco non vid’io chiaro sì com’io
discerno là dove mio ingegno parea manco, 78
che ’l mezzo
cerchio del moto superno, che si chiama Equatore in alcun’arte, e
che sempre riman tra ’l sole e ’l verno, 81
per la ragion che
di’, quinci si parte verso settentrïon, quanto li Ebrei vedevan
lui verso la calda parte. 84
Ma se a te piace, volontier saprei
quanto avemo ad andar; ché ’l poggio sale più che salir non posson li
occhi miei". 87 Dante allora risponde al Maestro di aver
capito ora quello che prima non intendeva, e cioe` che il cerchio
mediano del movimento degli astri, che in astronomia e` detto
‘equatore’, e`, rispetto al purgatorio, di tanti gradi a nord, di quanti
gradi e` a sud rispetto agli Ebrei (a Gerusalemme). Poi gli chiede
quanto ancora dovranno salire, perché non riesce a vede la cima della
montagna.
Dante (= il perseverante) sta sperimentando
di persona che nei mondi sottili, per la complementarita` degli opposti
(maschile- femminile; positivo-negativo; attivo-passivo), cio` che sulla
terra sta nella colonna di ‘destra’, cioe` cio` che e` maschile,
positivo, attivo, nel purgatorio sta sulla colonna di
‘sinistra’; e cio` che e` femminile, negativo, passivo, sta su
quella di ‘destra’, come avviene nel sogno.
Ed elli a me: "Questa montagna è tale, che sempre al cominciar di
sotto è grave; e quant’om più va sù, e men fa male. 90
Però,
quand’ella ti parrà soave tanto, che sù andar ti fia leggero com’a
seconda giù andar per nave, 93
allor sarai al fin d’esto
sentiero; quivi di riposar l’affanno aspetta. Più non rispondo, e
questo so per vero". 96 Cosi` gli risponde il Maestro:
“Salire su questo monte e` all’inizio assai faticoso, ma piu` si sale e
meno fatica si fa. Per cui, quando salire ti parra` facile, come per una
nave seguire la corrente, allora vorra` dire che sei giunto alla fine
del sentiero. Li` ti potrai riposare. Non dico altro, ma quel che dico
so che e` vero”. E
com’elli ebbe sua parola detta, una voce di presso sonò: "Forse
che di sedere in pria avrai distretta!". 99
Al suon di lei
ciascun di noi si torse, e vedemmo a mancina un gran petrone, del
qual né io né ei prima s’accorse. 102 Il Maestro ha appena
finito di istruire il Discepolo che si ode una voce: “Forse prima avrai
la necessita` di sederti!” Al suone di questa voce i due si volgono e
scorgono sulla sinistra una grossa pietra a cui prima non avevano posto
attenzione. Là ci
traemmo; e ivi eran persone che si stavano a l’ombra dietro al sasso
come l’uom per negghienza a star si pone. 105
E un di lor, che mi
sembiava lasso, sedeva e abbracciava le ginocchia, tenendo ’l viso
giù tra esse basso. 108 I Pellegrini si avvicinano e
vedono alcune persone all’ombra del sasso, in posizione rilassata, come
fanno i pigri. Uno di loro, che sembra stanco, siede
abbracciando le ginocchia e tenendo il viso basso.
"O dolce segnor mio", diss’io, "adocchia colui che mostra sé più
negligente che se pigrizia fosse sua serocchia". 111
Allor si
volse a noi e puose mente, movendo ’l viso pur su per la coscia, e
disse: "Or va tu sù, che se’ valente!". 114 Cosi`Dante
dice a Virgilio: “Dolce mia Guida, guarda questo, sembra piu` indolente
che se avesse la pigrizia per sorella”. E quello subito replica, alzando
solo lo sguardo oltre le cosce: “Allora va tu su, che sei esperto!”
Conobbi allor chi era, e quella angoscia che m’avacciava un poco
ancor la lena, non m’impedì l’andare a lui; e poscia 117
ch’a
lui fu’ giunto, alzò la testa a pena, dicendo: "Hai ben veduto come
’l sole da l’omero sinistro il carro mena?". 120 Il
Nostro riconosce allora l’interlocutore, e pure ancora con l’affanno
della dura salita, gli si avvicina; quello alzando appena la testa gli
dice: “ Hai visto bene come il sole sta a sinistra (invece che a destra
come avviene sulla terra)?”
Li atti suoi pigri e le corte parole mosser le labbra mie un poco a
riso; poi cominciai: "Belacqua, a me non dole 123
di te omai;
ma dimmi: perché assiso quiritto se’ ? attendi tu iscorta, o pur
lo modo usato t’ ha’ ripriso?". 126 La sua indolenza e le
poche parole muovono Dante al riso, poi: “
Belacqua (= acqua quieta,
soprannome di Duccio di Bonavia, liutaio, affettuoso amico di Dante,
conosciuto per pigrissimo), ormai non soffro piu` per la tua morte, ma
dimmi: perché te ne stai seduto qui? Aspetti una guida o ti ha ripreso
la pigrizia?” Ed elli: "O frate, andar in sù che porta? ché non mi
lascerebbe ire a’ martìri l’angel di Dio che siede in su la
porta. 129
Prima convien che tanto il ciel m’aggiri di fuor da
essa, quanto fece in vita, perch’io ’ndugiai al fine i buon
sospiri, 132
se orazïone in prima non m’aita che surga sù di
cuor che in grazia viva; l’altra che val, che ’n ciel non è
udita?". 135
E già il poeta innanzi mi saliva, e dicea:
"Vienne omai; vedi ch’è tocco meridïan dal sole, e a la riva 138
cuopre la notte già col piè Morrocco".
E quello: “Fratello mio, a che mi serve
salire? L’angelo Guardiano del Signore non mi consente di iniziare la
purificazione. Debbo prima aspettare fuori del Purgatorio per quanto
tempo ho vissuto, perché ho tardato a pentirmi dei miei peccati fino
all’ultimo momento; a meno che qualcuno che viva in stato di grazia,
sulla terra, non mi aiuti con le sue preghiere; le altre preghiere in
cielo non vengono ascoltate”.
Intanto Virgilio sollecita Dante: “Vieni via, che qui e` gia`
mezzogiorno e sulla terra, in Marocco, e` gia sera”.
Il pigro
Belacqua, con gli altri del
gruppo in attesa, che hanno
aspettato fino all’ultimo respiro per pentirsi, a quale ‘componenti’
psichiche corrispondono nel nostro linguaggio interiorizzato? A quelle
parti della personalita` che invece di attendere ‘lo Sposo’, il Se` ,
l’Io Sono, Daath, con le lampade accese e l’olio di riserva, si sono
addormentate senza pensare a preparare il necessario per accoglierLo;
v. in
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Testi sacri ns/ ‘Commento al
Vangelo di Matteo’: essi corrispondono alle vergini stolte di Mt. 25,
1-13 e dovranno attendere, come loro, il tempo di una vita, prima di
poter iniziare la salita del sacro Monte; hanno unito alla pigrizia la
stoltezza ed ora possono solo sperare nella preghiere dei vivi in stato
di grazia. Viene qui ribadito il concetto che solo ‘i vivi’ possono
influenzare il destino di chi ‘vivo’ non e` piu`, perché il loro passato
e` ormai un sogno, e quello che e` stato il loro agire non puo` essere
da loro cambiato.
Ma ‘cio`’ che e` vivo ora, il presente, se e` in ‘Grazia’,
puo` disporre della sua volonta` per crearsi un suo futuro migliore, e
cosi` modificare il suo passato…
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