PURGATORIO - CANTO V
Interpretazione cabalistica di Franca
Vascellari
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Io era già da quell’ombre partito,
e seguitava l’orme del mio duca,
quando di retro a me, drizzando ’l dito, 3
una gridò: "Ve’ che
non par che luca
lo raggio da sinistra a quel di sotto,
e come vivo par che si conduca!". 6
Il Discepolo ha gia` lasciato
Belacqua ed il suo gruppo e sta seguendo la Guida, quando uno di quelli,
indicandolo, grida: “Guardate quello che sta piu` in basso (che va
dietro): fa ombra e si comporta come uno vivo”.
Li occhi rivolsi al suon di questo motto,
e vidile guardar per maraviglia
pur me, pur me, e ’l lume ch’era rotto. 9
"Perché l’animo tuo
tanto s’impiglia",
disse ’l maestro, "che l’andare allenti?
che ti fa ciò che quivi si pispiglia? 12
A quelle parole il
Viandante si volge a guardare quelli che meravigliati fissano proprio
lui (per il fatto che fa ombra), e subito il Maestro lo rimprovera
severamente: “ Perché ti fai distrarre al punto da rallentare il passo?
Che t’importa di quello che qui mormorano?…” Vien dietro
a me, e lascia dir le genti:
sta come torre ferma, che non crolla
già mai la cima per soffiar di venti; 15
ché sempre l’omo in
cui pensier rampolla
sovra pensier, da sé dilunga il segno,
perché la foga l’un de l’altro insolla". 18
“…Seguimi, e lascia dire
la gente; sta come una torre che non si scuote per i venti che la
colpiscono; l’uomo a cui continuamente un pensiero segue l’altro,
allontana da se` la sua meta, perché la forza del suo secondo pensiero
indebolisce il primo”.
Che potea io ridir, se non "Io vegno"?
Dissilo, alquanto del color consperso
che fa l’uom di perdon talvolta degno. 21
E ’ntanto per la
costa di traverso
venivan genti innanzi a noi un poco,
cantando ’Miserere’ a verso a verso. 24
Che rispondere al
rimprovero del Maestro se non: “Vengo”?
Mentre il rossore,
che a volte rende degni di perdono, cosparge le guance del Discepolo.
Intanto dalla costa davanti ai Pellegrini avanza di traverso un gruppo
di anime cantando il ‘Miserere’
a versi alternati.
Non e` la prima volta che il Maestro
‘rimprovera’ il Discepolo e non e` la prima volta che Dante arrossisce.
Ma che cosa gli (= si) rimprovera in fondo? Di essersi sentito lusingato
dall’interesse e l’ammirazione di quelle anime, e di sentirsi un
‘privilegiato’, uno ‘fuori della folla’. Ed in effetti Dante lo e`, e`
un Iniziato sul Sentiero, ma questo dovrebbe suscitare in lui l’umilta`
e il senso di responsabilita` che deriva dal suo essere
‘privilegiato’ (= dal
latino
‘privus’ e ‘lex’, che
ha una legge che riguarda lui solo) e non alimentare la sua vanita` per
sentirsi superiore agli altri. Riconoscendo di aver peccato di orgoglio,
il Nostro prima arrossisce, e poi ‘si’ perdona.
Quando s’accorser ch’i’ non dava loco
per lo mio corpo al trapassar d’i raggi,
mutar lor canto in un "oh!" lungo e roco; 27
e due di loro, in
forma di messaggi,
corsero incontr’a noi e dimandarne:
"Di vostra condizion fatene saggi". 30
I componenti della
schiera che avanza, quando si accorgono che il corpo di Dante fa ombra,
mutano il loro canto in una lunga esclamazione di stupore, e due di
loro, quali messaggeri, corrono incontro ai Pellegrini chiedendo:
“Fateci conoscere il vostro stato”.
E ’l mio maestro: "Voi potete andarne
e ritrarre a color che vi mandaro
che ’l corpo di costui è vera carne. 33
Se per veder la sua
ombra restaro,
com’io avviso, assai è lor risposto:
fàccianli onore, ed esser può lor caro". 36
E il Maestro a loro:
“Potete riferire a quelli che vi hanno mandato che costui e` qui in
carne e ossa. Se si sono fermati stupiti della sua ombra, come io credo,
questa e` la risposta: gli rendano onore e ne avranno vantaggio”.
Vapori accesi non vid’io sì tosto
di prima notte mai fender sereno,
né, sol calando, nuvole d’agosto, 39
che color non
tornasser suso in meno;
e, giunti là, con li altri a noi dier volta,
come schiera che scorre sanza freno. 42
Rapidi piu` dei vapori
infiammati che attraversano il cielo sereno la notte, e piu`rapidi
delle nuvole
d’agosto, quando cala il sole, cosi` (i due messaggeri) tornano alla
schiera e poi subito, con tutti gli altri, raggiungono di nuovo i
Pellegrini, un po` disordinatamente.
"Questa gente che preme a noi è molta,
e vegnonti a pregar", disse ’l poeta:
"però pur va, e in andando ascolta". 45
"O anima che vai per
esser lieta
con quelle membra con le quai nascesti",
venian gridando, "un poco il passo queta. 48
La Guida consiglia il
Discepolo di continuare ad andare, ma di
ascoltare intanto le
preghiere di tutta quella gente. Questi intanto si sono avvicinati e
gridano: “O anima che vai verso la beatitudine con il corpo (fisico) con
cui sei nato, fermati un poco…”
Guarda s’alcun di noi unqua vedesti,
sì che di lui di là novella porti:
deh, perché vai? deh, perché non
t’arresti? 51
Noi fummo tutti già per forza morti,
e peccatori infino a l’ultima ora;
quivi lume del ciel ne fece accorti, 54
sì che, pentendo e
perdonando, fora
di vita uscimmo a Dio pacificati,
che del disio di sé veder n’accora". 57
“…Guarda se riesci a
riconoscere qualcuno di noi, cosi` da riportarne notizia nel mondo di
la` (dei vivi); ma perché continui ad andare, perché non ti fermi?
Noi tutti siamo morti
di morte violenta e peccatori fino all’ultima ora, in cui pero` la Luce
del Cielo ci rese coscienti, cosicche` pentendoci e perdonando,
lasciammo il corpo fisico nella pace del Signore; ed ora ci struggiamo
dal desiderio di vederLo”
E io: "Perché ne’ vostri visi guati,
non riconosco alcun; ma s’a voi piace
cosa ch’io possa, spiriti ben nati, 60
voi dite, e io farò
per quella pace
che, dietro a’ piedi di sì fatta guida,
di mondo in mondo cercar mi si face". 63
E Dante a loro: “Per
quanto io guardi, tra voi non riconosco nessuno; ma se c’e` qualcosa che
io possa fare per voi, o spiriti nati nel bene, io la faro`, per quella
pace che vado cercando di mondo in mondo (nei mondi sottili), seguendo
codesta Guida”
E uno incominciò: "Ciascun si fida
del beneficio tuo sanza giurarlo,
pur che ’l voler nonpossa non ricida. 66
Ond'io, che solo
innanzi a li altri parlo,
ti priego, se mai vedi quel paese
che siede tra Romagna e quel di Carlo, 69
che tu mi sie di
tuoi prieghi cortese
in Fano, sì che ben per me s’adori
pur ch’i’ possa purgar le gravi offese. 72
Uno di quella schiera
allora comincia: “ Anche senza giuramenti ognuno di noi si fida della
tua promessa,
(che manterrai) a
meno che tu non la possa mantenere a causa di una forza maggiore. Ecco,
io per primo ti prego, se ti recherai in
Fano
(= luogo relativo al ‘sacro’) nella terra che sta tra la
Romagna
(= terra dei Romani) e il regno di Napoli (= citta` nuova), retto da
Carlo
(= il forte) II d’Angio`, che tu mi ottenga li` suffragi, cosi` che io
possa scontare i miei peccati…”
Quindi fu’ io; ma li profondi fóri
ond’uscì ’l sangue in sul quale io sedea,
fatti mi fuoro in grembo a li Antenori, 75
là dov’io più sicuro
esser credea:
quel da Esti il fé far, che m’avea in ira
assai più là che dritto non volea. 78
“… Li` nacqui (a Fano),
ma le ferite profonde ( e mortali) mi furono inflitte nella
citta`(Padova) fondata dal troiano
Antenore
(= che combatte), la` dove credevo di essere al sicuro; fui fatto
uccidere da Azzo VIII d’Este
(= Ateste, citta` dell’Adige) che mi ha odiato piu` quanto fosse
giustificabile…”
Ma s’io fosse fuggito inver’ la Mira,
quando fu’ sovragiunto ad Orïaco,
ancor sarei di là dove si spira. 81
Corsi al palude, e
le cannucce e ’l braco
m’impigliar sì ch’i’ caddi; e lì vid’io
de le mie vene farsi in terra laco". 84
“…Se fossi fuggito verso
Mira
(= la citta` da ammirare) quando sono arrivato ad
Orïaco
(= citta` del sole d’oro), sarei ancora vivo. Mi rifugiai nella palude,
rimasi impigliato tra le canne ed il fango, caddi,
e vidi il mio sangue
(colato dalle ferite) diventare
laco
(lago)”.
Che differenza c’e` tra questi peccatori
pentitisi all’ultima ora e quelli del canto precedente che ugualmente si
sono pentiti in fin di vita? Che questi sono morti di ‘morte violenta’.
Che cosa puo` significare questa ‘morte violenta’ nel nostro discorso
interiorizzato? Consideriamo ogni ‘peccatore’ come un centro
dell’Albero, una sephirah, cioe` come
un ‘vaso’, un contenitore di energia. La ‘morte
violenta’ di un centro (dovuta per esempio ad una malattia fisica o
psichica della personalita`), e` come una improvvisa privazione della
forza vitale che procura un ‘vuoto’ nel vaso; il ‘vuoto’ crea una
situazione di urgenza drammatica e puo` venir riempito dalla volonta`
della personalita` o con odio o con amore; se riempito di odio allora il
‘vaso’ viene precipitato nell’inferno (nell’albero nero, l’energia e`
quindi sprecata e l’occasione perduta), se riempito di amore, cioe` di
perdono, il vaso viene recuperato; certo dovra` essere risanato e
ripulito, ma potra` ancora
essere utilizzato per il ‘banchetto del Re’,
cioe` per il servizio dell’Albero e lo sviluppo di Daath.
Qui il ‘vaso’, Iacopo del Cassero,
(Iacopo= seguace del Signore;
del Cassero
= della rocca) nato a
Fano (luogo ‘sacro’= relativo al centro
Tiphereth, Bellezza) avrebbe dovuto per
nascita mantenere la sua energia nella
‘sacralita`, invece recandosi nella terra degli
Antenori
(= terra di chi combatte, relativa al centro Geburah), deviando la sua
energia dalla colonna centrale dell’Albero, ha subito la morte per colpa
di Azzo (che uccide, da ‘azzolare’ = uccidere, ma anche da Galeazzo =
che ha l’elmo, relativo alla sephirah Geburah) d’Este
( = terra dell’Adige = in trentino ‘Ades’ = il re del regno della
morte); una volta intrapreso il viaggio nell’errore, giunto
ad
Orïaco
( = Oriago, luogo del sole d’oro) avrebbe dovuto almeno rifugiarsi a
Mira
(la citta` da ammirare, della ‘Bellezza’, Tiphereth) ed ora sarebbe
ancora ‘vivo’, ma non l’ha fatto, tuttavia, per aver accettato la
‘morte’ pentito e per aver perdonato, e`almeno riuscito a salvarsi.
Poi
disse un altro: "Deh, se quel disio si compia che ti tragge a l’alto
monte, con buona pïetate aiuta il mio! 87
Io fui di
Montefeltro, io son Bonconte; Giovanna o altri non ha di me cura;
per ch’io vo tra costor con bassa fronte". 90
Poi parla un‘altra anima: “Per quel desiderio di Divino che ti fa
scalare il Monte, pietosamente soccorri la mia aspirazione! Sono
Bonconte (= il conte buono) di
Montefeltro
(= del monte battuto), (mia moglie)
Giovanna
(= dono del Signore) e gli altri parenti non si curano di me, per cui
vado tra costoro a testa bassa (con vergogna)”.
E io a lui: "Qual forza o qual ventura ti travïò sì fuor di
Campaldino, che non si seppe mai tua sepultura?". 93
"Oh!",
rispuos’elli, "a piè del Casentino traversa un’acqua c’ ha nome
l’Archiano, che sovra l’Ermo nasce in Apennino. 96
Là
’ve ’l vocabol suo diventa vano, arriva’ io forato ne la gola,
fuggendo a piede e sanguinando il piano. 99
E Dante a lui: “Quale forza o
avventura ti trascino` fuori da
Campaldino
(= campo del saggio) cosi` che non si trovo` mai il tuo corpo?” E quello
risponde: “Ai piedi del
Casentino (= citta` delle coperture
pesanti) scorre l’Archiano (acqua grande) che nasce sull’Apennino (Appennino) presso l’Ermo
(= luogo della solitudine, l’Eremo di Camaldoli). La` dove il fiume
sbocca nell’Arno, io, fuggendo a piedi, giunsi ferito alla gola e
perdendo tutto il mio sangue…”
Quivi perdei la vista e la parola; nel nome di Maria fini’, e quivi
caddi, e rimase la mia carne sola. 102
Io dirò vero, e tu ’l ridì
tra ’ vivi: l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno gridava: "O
tu del ciel, perché mi privi? 105
Tu te ne porti di costui
l’etterno per una lagrimetta che ’l mi toglie; ma io farò de
l’altro altro governo!". 108 “…Li` persi i sensi
e morii pronunciando il nome di
Maria (da Miriam = Signora);
caddi e rimase solo il mio corpo. Ti narrero`
tutta la verita` e tu la ripeterai ai vivi: fui raccolto dall’angelo
divino mentre
il diavolo, l’abitante dell’inferno, gli
gridava: ‘O tu che abiti nel cielo, perché mi privi di costui? Ti prendi
la sua anima per una lacrimuccia (di pentimento); ma io mi vendichero`
sul suo corpo’….”
Ben sai come ne l’aere si raccoglie quell’umido vapor che in acqua
riede, tosto che sale dove ’l freddo il coglie. 111
Giunse
quel mal voler che pur mal chiede con lo ’ntelletto, e mosse il fummo
e ’l vento per la virtù che sua natura diede. 114
“…Tu sai bene che il vapore acqueo si raccoglie nell’aria e
torna ad essere pioggia quando incontra il freddo. Quella volonta`
malvagia, che cerca solo il male, congiunta con l’intelligenza e col
potere che gli deriva dalla sua natura (e` sempre un angelo, anche se
caduto) agi` sul vapore e il vento…”
Indi la valle, come ’l
dì fu spento, da Pratomagno al gran giogo coperse di nebbia; e ’l
ciel di sopra fece intento, 117
sì che ’l pregno aere in acqua si
converse; la pioggia cadde, e a’ fossati venne di lei ciò che la
terra non sofferse; 120
e come ai rivi grandi si convenne,
ver’ lo fiume real tanto veloce si ruinò, che nulla la ritenne. 123
“…Come fu spento il giorno, copri` di nebbia tutta
la vallata (di Campaldino)
dal
Pratomagno (= prato grande) fino ai monti
(dell’Appennino); carico` di nubi il cielo in modo tale che l’aria
divenne piena d’acqua; cadde la pioggia e se ne gonfiarono i fossi e si
formarono torrenti e (l’acqua) arrivo` al fiume principale senza
impedimenti…”
Lo corpo mio gelato in su la foce trovò l’Archian rubesto; e quel
sospinse ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce 126
ch’i’
fe’ di me quando ’l dolor mi vinse; voltòmmi per le ripe e per lo
fondo, poi di sua preda mi coperse e cinse". 129
“…L’Archiano
(=grande acqua), divenuto gonfio, trovo` il mio
corpo senza vita sulla sua foce e lo sospinse nell’Arno
(fiume).Esso sciolse la croce che avevo formato con le braccia sul mio
petto, nel momento del pentimento; e poi mi trascino` per le rive e il
fondo, e infine mi ricopri` con i suoi detriti”.
Possiamo
considerare anche questa anima
Bonconte
(= il conte buono) di
Montefeltro (= del monte battuto), come un
‘vaso’ o centro energetico relativo alla sephirah Geburah (la Forza) che
pure ha subito la ‘morte’, cioe` lo svuotamento;
e` accaduto nella battaglia di
Campaldino
(nel campo del saggio); ma, avendo invocato il perdono di
Maria
(= della Signora, della Grande Madre, Binah = la Comprensione), la sua
energia e` stata salvata dall’angelo (della sephirah Geburah) e
sottratta al diavolo (alla qelipah corrispondente) che si e` subito
vendicato suscitando una tempesta di ‘pioggia e di acqua e vento’ e
cercando di allontanare ‘dal campo del saggio’ cio` che poteva esserne
allontanato e ricoprendolo di ‘detriti’, cioe`usando gli elementi di
vento, acqua e terra terrestri per ‘sciogliere la croce’, simbolo del
Cristo e della Redenzione, almeno in quel regno di cui ha il governo e
di cui e` ‘principe’.(cfr. Gb. 41, 25-26: “Nessuno sulla terra e` pari a
lui, fatto per non aver paura. Lo teme ogni essere piu` altero; egli e`
re su tutte le fiere piu` superbe’).Ricordiamo anche che sulla terra
egli e` quel principe
che puo` dire (come in Lc.
4, 6): ‘…Ti daro` tutta questa potenza e la
gloria di questi regni, perché e` stata messa nelle mie mani ed io la
do` a chi voglio’). Ma quando nell’Albero subentra il pentimento e
l’energia del ‘vaso’ viene affidata a
Maria
(la Grande Madre, Binah del piano Atzilutico), nulla puo` ‘il principe’
se non lasciarsi schiacciare la testa. (cfr. Gn. 3, 15 e ns/ relativo
‘Commento alla Genesi’ in
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Testi sacri).
"Deh, quando tu sarai tornato al mondo
e riposato de la lunga via",
seguitò 'l terzo spirito al secondo, 132
"ricorditi di me, che
son la Pia; Siena mi fé, disfecemi Maremma: salsi colui che
’nnanellata pria 135
disposando m’avea con la sua gemma".
Ed ecco che un terza anima parla al
Pellegrino: “Quando sarai tornato al mondo dei vivi e ti sarai riposato
del lungo viaggio,
ricorditi di me:
sono
Pia
(= la devota) dei Tolomei (= che sostengono,
dal greco tholos= sostenere), nacqui a
Siena
(= citta` di Senio = dal greco henos= antico) e mi uccise la
Maremma
(= da marisma, stagno del mare): come sa bene colui (il marito Nello dei
Pannocchieschi) che prima (di uccidermi) mi aveva donato il suo anello
nuziale” .
Il terzo ‘vaso’ che si manifesta a
Dante
in questo canto e`
Pia
dei Tolomei (= sostegno devoto), che con la sua lunare delicatezza puo`
essere omologata alla sephirah Yesod (il Fondamento): ‘nata a
Siena,
dall’antico’,
dal ‘passato’,
e` stato ‘uccisa’,
svuotata, dalla sua contoparte maschile, dal suo ‘Sole’ (Anto-nello =
che affronta; dei Pannocchieschi = da pannocchia, spiga, punta = dei
pungenti) che l’ha ferita dopo averla
inanellata
(fatta sua), nella
Maremma
(= stagno del mare = dalla radice indoeuropea
mar = morire, ma anche amareggiare);
anche per questo
‘centro’ che ha subito la morte violenta, l’oblio del male subito, il
pentimento e il perdono sono motivi di salvezza e di ‘ri-cordo’: da
‘conservare nel cuore’.
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