Il Pranzo di Babette - interpretazione esoterica

In un piccolo paese della Danimarca, un pastore protestante vedovo, considerato santo dai compaesani, con l’aiuto delle sue due figlie,
dirige la sua piccola chiesa. Le sue ragazze sone belle e piacenti, e una delle due ha una incantevole voce da soprano. Molti giovani
vorrebbero sposarle, ma l’egoismo e la bigotteria del padre (di cui onestamente non riusciamo ad annusare nessun odore di santità) faranno
di esse due vecchie zitelle, nonostante che due dei tanti pretendenti siano sinceramente innamorati: un giovane ufficiale e un celebre tenore
francese: entrambi rifiutati dalle ragazze, spinte a questo dagli egoistici comportamenti paterni. Morto il vecchio, le figlie continuano a dirigere
i gruppi di preghiera ed a fare opere di bene. Un bel giorno si presenta in casa loro una donna francese con una lettera di raccomandazione
del tenore, il quale le prega di tenerla come governante. Le sorelle dicono subito di non poterselo permettere, ma quando l’altra offre la sua
opera gratuitamente, accettano. Intanto passano gli anni, e la piccola comunità religiosa si trascina fra preghiere e piccoli litigi. Dopo circa
quindici anni dalla Francia arriva una lettera: Babette, la governante, ha vinto diecimila franchi ad una lotteria e chiede alle anziane signore,
ottenendone il permesso, di offrire lei il pranzo per una particolare ricorrenza. Spende fino all’ultimo centesimo e prepara un banchetto che
produrrà una sorta di metamorfosi nel gruppo, in cui si ritroverà per puro caso il giovane ufficiale ormai generale. Ancora una volta
cercheremo di trarre da questa vicenda quello che sta oltre il letterale. Faremo finta di dover interpretare un sogno che possa aiutarci nella
conoscenza di noi stessi. Osserveremo la vicenda dal punto di vista simbolico. La persona, la maschera, copre il vero volto dell’uomo e
quando si pone allo specchio egli crede di essere quello che vede. Il vecchio decano, stimato santo dai paesani altro non è che un ego dei più
pericolosi: quello convinto che il bene degli altri consista nel fatto che gli altri facciano il suo bene. E’ fermamente convinto che quelle due
ragazze siano, anziché due anime da custodire e rendere felici agli occhi di Dio, due "sue" creature. Poiché crede di essere solo un misero
corpo attraverso cui ha "creato" altri due corpi, considera questi sua proprietà, sue mani, sue serve. Apparentemente le intenzioni sono
buone e pie, ma nella sostanza lui cerca solo il suo interesse e non quello delle figlie. Il matrimonio è un Sacramento attraverso cui si può
raggiungere il divino: vedi Abramo, vedi Isacco, vedi Giacobbe (che di mogli ne ha avute ben quattro!), vedi Davide, Salomone, ecc.
Questa piccola comitiva di tiepidi credenti formata da decano, figlie e seguaci rappresenta un individuo alla ricerca del Divino che ancora
non è riuscito a scorgerne nemmeno le orme. La sola preghiera potrebbe pure bastare, ma a condizione che ad alimentarla sia un fortissimo
desiderio d’Assoluto e che sia ininterrotta, nel senso che essa faccia da sottofondo ad ogni attività come costante tensione verso Dio.
Improvvisamente arriva Babette: all’individuo si fa innanzi l’anima, che per anni è stata in esilio. La sua assenza è resa evidente dal
comportamento del gruppo, i cui componenti, anziché vivere nel presente, litigano per cose passate. E’ notorio come la mente non guidata da
una coscienza, viva con un occhio al passato ed uno al futuro e come da sola non sia in grado di mettere a frutto i talenti che l’individuo ha
ricevuto in dotazione: una delle figlie del pastore ha una bellissima voce, un eccezionale talento che non ha saputo far fruttare in nessun modo,
né consacrandola a Dio, visto che pur avendo cantato per Lui per tutta la vita non è stata in grado di farsi sentire, né cantando all’ Operà di
Parigi come avrebbe voluto il tenore che di lei si era innamorato. Sì, questo strano e buffo individuo-gruppo era pieno di buoni sentimenti,
aiutava i poveri, ma in quella calda minestra che preparava, come condimento riusciva a mettere solo qualche manciata di sterile pietà. Quando
più tardi sarà Babette ad occuparsene, cioè quando più tardi lo stesso individuo-gruppo preparerà la minestra con Amore, con Coscienza, i
poveretti ne sentiranno il sapore ed il gusto sprofonderà fino all’anima loro. Dal momento in cui in quella piccola comunità arriva questa strana
donna dall’accento straniero (l’anima all’inizio viene vista quasi come un’estranea) le cose cambiano in meglio per tutti: le due sorelle riescono
a mettere da parte qualcosina, mangiano meglio, sono ben governate; i vecchietti bigotti e brontoloni, non più tenuti a freno dalle deboli e
inesperte sorelle, vengono messi a tacere con una sola parola; tutto il villaggio, che pareva incolore e in letargo, si anima improvvisamente.
Babette vince una lotteria e spende tutto per preparare un pranzo, cioè a dire l’anima dà tutto di sé per nutrire d’amore l’individuo che comincia
a percepirla. Anche preso alla lettera, quel pranzo è il momento più bello del film perché per la prima volta assistiamo ad un vero atto d’amore:
una totale donazione di sé: Babette spende fino all’ultimo centesimo e fino all’ultimo grammo di energia e creatività. Ed eccoci al momento del
pranzo. Il generale, che per noi è come una mente intuitiva, fa da tramite fra un corpo-mente egoista (l’intera tavolata) e l’anima (Babette).
Egli simboleggiando un Marte positivo e per nulla distruttivo, che, persuasivo e deciso, riesce a sconfiggere sul campo, lì a tavola, la
piccineria del piccolo gregge, grazie alla strategia della Coscienza. Babette non vuole per nulla stimolare la golosità, vuole solo far capire a
tutto l’individuo che l’amore nutre e vivifica come un buon cibo. Lei non è un Dioniso scacciato dalla porta e rientrato dalla finistra, ma un
sole radioso, un Apollo, che disinteressatamente splende su tutto e su tutti. Stando a quanto affermato dal generale "Babette trasforma un
pranzo in una avventura amorosa nobile e romantica, in cui non si è più capaci di fare distinzione fra l’appetito del corpo e quello dell’anima".
Quando l’anima prende possesso di tutto l’individuo, quando cioè ha nutrito di sé ogni parte del corpo e della mente di esso, sembra essere
rimasta povera in canna ("ora sarete povera per il resto della vostra vita" le dirà una delle sorelle), ma non è così, perché l’amore arricchisce
sé stesso donandosi ("un’artista non è mai povero" risponderà Babette "ho dato solo il meglio di me"). Ma cos’è il meglio dell’anima? La sua
essenza, cioè l’Amore, il cemento dei mondi. "Quando l’anima umana è attratta dal magnete della Coscienza Universale, questa ne distrugge
in un momento l’individualità e l’egoismo, e la fa sprofondare nell’oceano dell’infinito amore di Dio" (Ramakrishna — Alla ricerca di Dio
Astrolabio). Grazie. N.M.