LA BELLA ADDORMENTATA
(Azzardi interpretativi di Maurizio)
Ciò che subito viene alla
mente riflettendo su questa favola e anche sulla splendida versione
cinematografica ricavatane da Disney è, in effetti, in rapporto con la
tematica del ‘risveglio’. Il Risveglio è forse cardine ed obiettivo di
ogni percorso misterico-religioso, ed è particolarmente connesso con
l’esperienza buddhista, in quanto ‘Buddha’ significa ‘Risvegliato’ e il
termine ‘buddhismo’, nella relativa tradizione, è sinonimo di
‘apertura degli occhi’. L’Oriente in genere, comunque, ha spesso
assimilato la visione non-illuminata della vita allo stato di sonno, di
illusione, all’addormentamento o all’ammaliamento prodotto da ‘Maya’,
l’energia divina che crea l’apparenza della manifestazione cosmica. Il
destarsi, all’opposto, significa percepire con chiarezza la Verità,
l’Unità sottostante al trascorrere dell’esistenza fenomenica,
raggiungendo così il Nirvana – l’’estinzione’ dell’ignoranza,
dell’errore, dell’oblio.
La principessa della fiaba – Aurora – richiama già nel nome proprio
questa possibilità di destarsi, questa ‘alba’ della coscienza rinnovata,
anticipazione del lieto finale della storia. Il problema, quando nasce
una nuova consapevolezza, è la resistenza interiore al cambiamento,
l’attaccamento agli ormai consolidati meccanismi dell’illusione. Nella
vicenda del Buddha tale resistenza viene personificata in un demone,
Mara, il ‘demone del sesto cielo’, colui che teme di perdere il suo
potere sul mondo all’atto del risveglio dell’Illuminato sotto l’Albero
di Bodhi, luogo simbolico della rinascita spirituale. Più o meno la
stessa cosa viene descritta nei Vangeli: anche il Cristo nel deserto,
all’atto della presa di coscienza del suo ruolo e della sua missione,
viene ‘tentato’ dal diavolo che vuole irretirlo nell’oscurità delle
passioni. Nella favola in esame la personificazione di Maya è,
naturalmente, la strega Malefica, offesa per essere stata esclusa dal
ricevimento indetto per la nascita di Aurora. Così la principessa deve
celarsi in ‘Rosaspina’, divenire ‘persona comune’: la coscienza appena
nata, ancora potenziale perché infante, per poter divenire matura deve
assimilare il dolore simboleggiato dalla ‘spina’; soltanto in questo
modo potrà realmente proteggersi dal potere della strega. Nessuna
illuminazione può dirsi reale senza la comprensione di tutti i lati
della vita, delle rose come delle spine, della ‘Rosa’ e della ‘Croce’,
come asserivano antichi ordini iniziatici. Nel buddhismo giapponese la
parola ‘compassione’, ‘jihi’, è composta da due ideogrammi: ji
che significa ‘amore’ e hi che vuol dire ‘tristezza’.
Comprendere il dolore, la sofferenza, il male e porvi rimedio è il
compito degli Illuminati. Il Buddha, pur indotto da Mara a raggiungere
un Nirvana solitario - soltanto per sé stesso - scopre in sé la
compassione di aiutare gli altri esseri viventi e il desiderio di
condividere con essi il suo raggiungimento. Stessa cosa il Cristo:
rifiuta i grandi poteri offertigli da Satana accettando consapevolmente
di seguire la via dell’Amore.
Tuttavia la ‘spina’ è anche l’arma di Malefica, la punta avvelenata del
fuso dell’arcolaio, quest’ultimo trasparente figurazione della Ruota
samsarica e dei meccanismi del Karma: la principessa sedicenne è
‘ferita’ dal veleno di Maya. Perché a 16 anni? Notiamo che 1 + 6 = 7,
quest’ultimo numero del confronto-scontro fra Spirito (3) e Materia (4),
come anche tradizionalmente associato alla loro integrazione. Nella
mistica ebraica, che del significato dei numeri ha fatto un pilastro
fondamentale della ricerca interiore, il numero 16 è quello della
lettera alfabetica ‘Ayin’ che, curiosamente, significa proprio ‘occhio’,
e torna bene con le nostre argomentazioni sul risveglio e l’’apertura
degli occhi’. In Gematria ad ‘Ayin’, inoltre, è attribuito il numero 70,
che i cabalisti associano alla parola ‘sod’, anch’essa di valore
70. ‘Sod’ significa ‘segreto’ e indica il significato misterico
della Scrittura oppure – in senso lato – l’aspetto nascosto, occulto,
della Realtà. Evidentemente i 16 anni di Rosaspina sono espressione di
un momento di passaggio, di iniziazione ad un diverso grado di
conoscenza. La conoscenza è spesso rappresentata nei miti come una
morte, cioè un cambiamento profondo, l’abbandono di una vecchia
visione o personalità. Il contro-incantesimo di Flora, Fauna e
soprattutto di Serena sta a chiarire che non di morte vera si tratta, ma
di sonno: l’Aurora – la Coscienza potenziale - non muore mai; semmai si
addormenta, si affievolisce e, con lei, tutto il ‘regno’: la nuova
visione del mondo non è annullata, è soltanto sospesa; è – per così dire
– ‘discesa agl’inferi’. Le buone fate descrivono metaforicamente
le forze positive universali che ci sostengono anche oltre l’apparenza
della morte, facendo sì che questa non esista realmente, ma sia soltanto
illusoria. ‘Flora’ indica le energie fisiche, sensibili, ‘vegetative’;
‘Fauna’ le potenzialità animiche dell’emozione e del sentimento; ‘Serena’,
ricordando nel nome la Luna piena, le forze della mente pacificata e
pienamente ispirata dalla luce spirituale.
L’Aurora annuncia l’alba del nuovo giorno precorrendo il sorgere del
Sole. ‘Filippo’ significa – dal greco – ‘amico dei cavalli’. In
moltissime antiche tradizioni l’amico dei cavalli è il Sole
stesso: il cavallo è un animale che partecipa del simbolismo solare, sia
per la sua forza, sia per la capacità di muoversi su tutta la terra.
Filippo e Aurora, dunque, sono gli aspetti complementari di un unico
archetipo, ancora una volta riferentesi all’Illuminazione. Parafrasando
in maniera un poco impropria la psicologia junghiana, potremmo asserire
che i due personaggi rappresentano l’Anima e l’Animus umani, l’aspetto
yin e quello yang della psiche. Se Aurora è la
disposizione ricettiva alla comprensione della Verità interiore, Filippo
rappresenta la determinazione e lo sforzo necessari per concretizzare
realmente il Risveglio. Nel buddhismo giapponese ‘ichinen’
significa, appunto, ‘determinazione’, ed è l’attitudine yang
indispensabile ad affrontare i ‘dieci eserciti di Mara’, analoghi
alle truppe dei mostriciattoli di Malefica descritti nel film di Disney.
Se affrontati con coraggio, i propri limiti, i ‘fantasmi’ della mente,
nonostante possano apparire spaventosi e invincibili, si ‘sgonfiano’ e
cedono il passo. Ricordiamo che, nel mito buddhista, i dardi scagliati
dagli eserciti dell’Illusione, di fronte all’inamovibilità del Buddha
in meditazione, si mutano in fiori. Per concretizzare, infine, in
un’immagine il simbolismo solare che abbiamo riconosciuto nella fiaba,
elaboro qui di seguito un màndala dove associo i personaggi del
racconto alle stagioni e alle direzioni dell’orientazione simbolica
tradizionale. Il Sud-Mezzogiorno è posto in alto come nelle antiche
culture orientali (e non solo), in quanto direzione della luce,
dell’Illuminazione quale culmine esperienziale e, quindi, anche della
fusione degli opposti polari, Anima e Animus, yin e yang.
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