LA BELLA ADDORMENTATA
(Interpretazione di Natale Missale)
"Un giorno i figli di Dio
andarono a presentarsi davanti al Signore e anche Satana andò in mezzo a
loro. Il Signore chiese a Satana…" (Giobbe 1, 6 - ed. Conferenza
Episcopale Italiana). La storia la sappiamo tutti: Il Signore chiede a
Satana se ha notato come il suo servo Giobbe sia integro, retto e alieno
dal male, e Satana risponde che basta metterlo alla prova per vedere
come il suo servo non benedirà più il Signore. Iddio accetta la sfida,
ed il povero Giobbe ne vedrà di tutti i colori.
Ho voluto cominciare con questa citazione di uno dei libri del l'Antico
Testamento, perché l'inizio della fiaba che stiamo commentando è molto
simile: Re Stefano, in occasione della nascita di sua figlia, la
principessa Aurora, dà una grande festa, alla quale partecipano le forze
del bene (le tre fate buone), e, non invitate, anche le forze del male
(la strega Malefica). Se ci fermiamo alla lettera, il libro di Giobbe ci
mostra un Dio "discutibile" che massacra senza pietà alcuna il suo
servo, il suo figlio, per…una scommessa con Satana. Il Dio del Nuovo
Testamento, quello "introdotto" dal Maestro Gesù, dopo una tale lettura
ci appare come un farmaco, come una salvezza. All'ira (non in Giobbe ma
altrove) e al comportamento "ambiguo" e incomprensibile nel libro di
Giobbe, corrisponde l'Amore e la Compassione del Padre dei Vangeli. Jung
nel suo "Risposta a Giobbe" ( Opere - Boringheri - vol 11 - pag. 353),
andando oltre il nostro "ambiguo", definisce il "comportamento di Dio,
considerato dal punto di vista umano" come "rivoltante". E più in là
spiega a se stesso tale comportamento, attribuendo a Yahwèh una sorta di
gelosia nei confronti dell'uomo. Preso alla lettera e "giudicandolo" dal
punto di vista umano, tale comportamento appare davvero strano.
Ma lasciamo
stare "Psicologia e Religione" di Jung alla sua visione neo-gnostica del
problema del male assoluto, e torniamo alla "Bella addormentata" per
cercare, ancora una volta, di capire il problema dell'origine del male.
Diciamo subito che per noi il Bene Assoluto non può avere rivali e che
il male è sempre sconfitto dal Bene. Se non pensassimo questo, la nostra
vita sarebbe un fallimento in partenza. Per noi il male è ignoranza
della Legge, assenza di Luce. In me non possono coesistere Conoscenza e
ignoranza: o sono saggio, o sono ignorante. In me non possono coesistere
Luce e tenebra: sono luminoso o tenebroso. Ma allora come mai alla festa
di re Stefano si presenta Malefica, nonostante non sia stata invitata?
Come può Satana presentarsi davanti al Signore insieme con i figli di
Dio? Come può esistere un serpente astuto e tentatore nell'Eden? Se
prendiamo alla lettera i tre episodi dovremo concludere che Iddio ha
creato il male e che questi si presenta alle Sue adunanze, che Re
Stefano è un falso re in quanto non ha potere su tutti i suoi sudditi
(su Malefica).
I tre episodi
vanno letti come metafore e non come materiale da speculazioni
filosofiche o psicologiche, se da essi si vuole estrarre un insegnamento
che qui e ora possa aiutarci nella nostra crescita spirituale. Dico
questo con tutto il rispetto per ogni speculazione filosofica o
psicologica nata dalla lettura di un testo sacro, perché altri
insegnamenti possono dare tali diverse prospettive (conoscenza della
psiche, conoscenza della Verità, ecc.). Ecco allora che il Serpente
dell'Eden potrebbe essere visto come il simbolo di quella strana facoltà
di cui l'uomo è stato dotato: l'immaginazione. Essa ha un potere immenso
nel bene e nel male (Malefica immagina morte, le tre fate buone
immaginano bellezza, canto e fede). L'uomo edenico deve solo vivere la
sua assoluta consapevolezza di essere uno col Tutto, ed intonare alla
Vita Universale, che tutto alimenta e sostiene, sempre nuove canzoni
ricche di gratitudine. Ma la sua immaginazione, che era stata data per
questo unico scopo, può creare anche la grande illusione, il "due": tu
sei altro da Lui…E' il momento della ribellione alla Legge. Satana può
presentarsi alle adunanze dei figli di Dio, perché se questi possono
essere visti come gli archetipi di tutte le cose, fra di essi non poteva
mancare quello dell'Immaginazione: "stendi un poco la mano e tocca
quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!" dice Satana a proposito
di Giobbe: è stato creato un futuro che non esisteva; il Presente è
stato "interrotto"; il contatto fra Dio e Giobbe è stato annullato ma
per fortuna solo in quella "fiaba" che è "Giobbe". In realtà l'ignoto
autore di essa, chissà, forse voleva inchiodarci al Presente possibile
solo nella consapevolezza dell'Unità del Tutto, ed in quel caso le
tremende prove del povero Giobbe potrebbero essere viste come illusori
episodi di una vita di sogno quale è quella dello spazio-tempo: non per
nulla alla fine a Giobbe verrà "restituito" tutto: con un colpo di
spugna l'illusione è stata cancellata. Tornando finalmente alla fiaba
possiamo a questo punto pensare che le tre Fate Buone e Malefica possono
rappresentare i due aspetti dell'immaginazione, quello positivo e quello
negativo. Ma procediamo con ordine. La principessa appena nata si chiama
Aurora: nella mente si è accesa la Luce della Consapevolezza, ma è una
neonata, cioè dire piccola, indifesa. Essa può seguire i consigli
dell'Angelo buono che sta alla sua destra, o quelli dell'angelo cattivo
che sta alla sua sinistra, per dirla come la pensavano gli antichi. Per
dirla più chiaramente, quando ci si risveglia alla Vita, alla Luce,
un'Alba comincia a cacciar via le tenebre, ma queste (come rappresentato
in uno degli episodi di "Fantasia", l'insuperato film d'animazione di
Disney) combattono la loro ennesima ultima battaglia (ennesima perché
prima o poi accadrà in ogni uomo). Insomma, la Luce è nata ma le tenebre
sono solo ferite, non morte. Ecco dove noi situiamo questa bellissima
favola, al risveglio. Ma i risvegli possono avere tanti livelli, e a
volte accade pure che …ci si riaddormenti! Dunque, è l'Alba, è l'Aurora.
Una festa interiore nasce quasi spontanea, e la Saggezza e il Potere (i
due Re, Stefano e Uberto) vogliono che per il futuro a loro si unisca
l'Amore (a questo proposito sarebbe bene andarsi a rileggere quell'altra
bellissima "fiaba" che è "Autosacramental" di Calderon de la Barca,
laddove l'Assoluto è visto in tale Trinità), e l'Amore non può che
essere rappresentato dall'unione del Principe con Aurora. Le condizioni
perché tale Luce cresca sono però legate ad una assoluta obbedienza alla
Legge della Natura (seguite la Natura, ammoniscono gli alchimisti), e
questa è ben rappresentata dalle tre Fate Buone (Flora, Fauna e Serena).
Ora non dimentichiamo che "Aurora è il chiarore accompagnato da
colorazione purpurea, che appare nel cielo ad oriente prima del sorgere
del sole" (Vocabolario illustrato della lingua italiana - Devoto, Oli),
e che pertanto è come una fanciulla di…sedici anni, la cui
Consapevolezza può ancora essere punta mortalmente dal pungiglione
dell'ego, dalle tenebre (dall'arcolaio, con cui il male costruisce il
magico gomitolo di maya, utilizzando matasse di energia sottratta alla
Vita). Aurora subirà il fascino del male, verrà ipnotizzata, si pungerà
nonostante le distratte Fate Buone (è bastata una loro distrazione: non
hanno chiuso le porte il giorno in cui, festeggiando il sedicesimo
compleanno della ragazza, ne hanno tradito la vera identità) cercheranno
di porre rimedio al disastro che hanno creato: la neonata consapevolezza
ha disubbidito alla Legge della Natura, nel momento in cui tale Legge
era sicura di aver conquistato un nuovo seguace. Ma le tenebre non
possono sconfiggere la Luce ormai nata, la morte non può sconfiggere la
Vita (e qui la Vita è ben rappresentata da un Principe che "precedeva"
la nascita di Aurora, ma che, non potendo per questo essere punto come
Aurora, veniva incatenato, gli veniva cioè impedito di dar vita a quell'Amore
mancante ai due Re). Il fuoco del drago è un fuoco fatuo che non può
bruciare il Principe: il fuoco d'Amore, da Oriente incendia la notte: le
tenebre sono state scacciate, il male è vinto, ma solo per "una notte",
per mille anni, perché da qualche altra parte il sole è tramontato e la
storia ricomincia.
Voglio concludere questo commento con una citazione di Jung, che non
vuole dire quello che, inserendola in questo contesto, la costringo a
dire, ma rende l'idea del discorso sulla Legge da seguire:" Oggi vi è il
pericolo di vedere sostituita dalle parole l'intera realtà…manca il
contatto con la natura che cresce, che vive e respira. Che cosa siano un
coniglio o una mucca lo sappiamo soltanto dai rotocalchi, dal
vocabolario e dallo schermo, e crediamo di saperlo veramente, ma noi
restiamo stupefatti che nella stalla ci sia anche 'odore', mentre sul
vocabolario non c'era".
Se le parole sono i testi sapienziali che leggiamo, se la realtà è
l'unità del Tutto e se la natura rappresenta le sue leggi e se la stalla
è la nostra interiorità, ebbene noi crediamo di aver "capito" tutto solo
perché abbiamo letto qualcosina di misticismo o di filosofia o che so
io. Ma l'odore del Vero lo sentiremo solo dentro la stalla, dentro di
noi. E se infine noi siamo medici di noi stessi, non possiamo conoscerci
leggendo di stalle, ma entrandoci dentro.
E' quello che diceva Jung ai suoi discepoli, concludendo così:" …si
crede che averlo studiato sia sufficiente, ma il povero paziente
continua a soffrire". (Jung - Opere - Psicologia e Religione - vol. 11 ,
pag. 479 - Boringheri).
Grazie Nat. |