Mahabharata
(Parte Prima)
Il ragazzo che entra nel
Tempio [il palcoscenico] e’ il ricercatore: e’ inesperto, e’ nuovo, e’
vuoto e subito incontra l’Autore del Poema, Vyasa.
Cosi’ siamo noi quando iniziamo a "vedere il film": inesperti, nuovi,
vuoti; e se non lo siamo, dobbiamo diventarlo, altrimenti non ci sara’
risultato nella "ricerca". La prima domanda che viene rivolta al ragazzo
e’: "sai scrivere?" Ma egli ancora non sa e percio’ non puo’ "saper
scrivere". Il poema, dice Vyasa e’ la storia poetica, simbolica,
archetipale di ognuno di noi: imparando a conoscere i personaggi, ognuno
"si" conoscera’ e al termine della lettura, del film, del "viaggio"
sara’ "diverso". Un modo per rendere piu’ semplice la conoscenza dei
personaggi interiori e’ quello di collocarli sull’Albero cabalistico, il
Glifo che ci fa utilizzare la sapienza insita nella sua struttura e
sviluppare i collegamenti, le logiche e le geometrie degli "attori"
nelle varie situazioni. L’arrivo di Ganesha [Krishna, la Coscienza, l’Io
Sono], permette la scrittura del Poema, senza la quale esso non potrebbe
concretizzarsi [non ci sarebbe Manifestazione senza Verbo]. Ganesha e’
simbolo fallico per eccellenza e rappresenta lo Yesod di Atziluth che
diventa il Malkuth [terra] di Atziluth, cioe’ Daath [ il Verbo] — la
Proboscide [terzo occhio] parte dalla radice del naso e arriva a terra -
. Dopo aver esaminato la collocazione dei personaggi sull’Albero
aggiungiamo alcune note: se Draupadi e’ la Kundalini risvegliata che
risale l’Albero ed e’ stata "vinta" da Arjuna [Tiphereth dell’Albero],
egli non puo’ che "dividerla" con i fratelli, come dice la madre, Kunti
[imparzialita’]. Krishna dice di Yudhisthira [figlio di Dharma] che egli
e’ il Re legittimo che il popolo desidera avere come Re; i fratelli sono
sue potenze e parte di lui: Arjuna e’ gli occhi e la mano; Bhima il
collo e le spalle; Nakula e Sahadeva le braccia e le gambe; Yudhisthira
e’ dunque il cuore, la mente e la quint’essenza, la Spirito dell’Albero
dei Pandava, il Re della personalita’ e solo nel suo regno ci sara’ pace
in terra.
Ma quando e’ avvenuta la "caduta" in questa mitologia? Pensiamo che
l’Adamo caduto sia rappresentato da Bhisma, che, volendo soddisfare i
capricci della moglie, e’ stato costretto all’incarnazione sulla terra
per aver rubato la mucca del savio Vasistha: una "rottura"[shevirah] a
livello mentale e della colonna di sinistra; ma forse se egli avesse
sposato Amba, sarebbe stata possibile la riparazione.
Un’altra possibilita’ di riparazione [tikkun] la si e’ avuta con Kunti,
quando ha dato alla luce Karna… ma la paura [vizio di Geburah] ha
impedito tale riparazione e infine Karna col suo rifiuto di allearsi con
i fratelli, impedisce la restaurazione dell’ordine; e quando tale ordine
sara’ restaurato, con la vittoria dei Pandava, sara’di breve durata. Ma
torniamo alla storia.
Che cosa rappresenta la partita a dadi? La discesa agli inferi, l’opera
al nero, la conoscenza dei propri limiti. "Che ciascuno vada fino in
fondo ai propri limiti " dice Krishna a Bhisma, ordinandogli di non
intervenire durante la "partita". Ai dadi, lancio dopo lancio,
Yudhisthira perde beni, capitale, regno, fratelli e se stesso, poi
Draupadi. Ma puo’ egli perderla dopo aver perso se stesso? La Kundalini,
la Shekinah che ha gia’ risalito l’Albero non puo’ esere asservita dalle
forze del male: e’ sacrilegio e compiendo tale sacrilegio i Kaurava
decretano la loro totale distruzione e la loro energia negativa dovra’
essere riciclata e non potra’ essere nemmeno recuperata... |