COME VI PIACE
INTERPRETAZIONE DI NATALE

 

Siamo all'epilogo. Rosalinda, la protagonista di questa commedia pastorale, parla al pubblico. Rivolgendosi dapprima alle donne dice: "Vi ordino, donne, per il vostro amore per gli uomini, di approvare di questa commedia quel che vi piace. Vi ordino, uomini,  per il vostro amore per le donne…che, fra voi e le donne, la commedia vi piaccia tutta…" (Come vi piace - Mondadori, pag. 193). Shakespeare sembra volerci dire: "ho scritto la commedia con un lieto fine, così  come vi piace, ma sappiate che al di là della satira che in essa straripa da ogni battuta, al di là del buonismo tipico del genere pastorale, al di là del tutti vissero felici e contenti, ho voluto anche prospettarvi la possibilità che nella vostra vita non è detto che la tragedia e la sofferenza sia d'obbligo. Può anche accadere la felicità. Però, il tutto va subordinato al luogo: lo "spazio scenico" della vita va riconsegnato alla natura, situato nella foresta, nel luogo della spontaneità, della semplicità, della naturalità, dell'innocenza. Non solo: occorre anche che ogni personaggio sia consapevole di essere personaggio, maschera di qualcosa di più duraturo".

Chi qualifica questa deliziosa commedia come minore, a nostro parere non ha capito nulla di Shakespeare. Ogni sua tragedia-commedia altri non è che un mitico, archetipico personaggio di quella più grande commedia-tragedia che è l'intera sua opera, ovvero la sua vita, perché egli non è un uomo: è teatro.  Frasi come quelle che il nostro genio fa pronunciare a Jaques in  II, VII - sono molto frequenti nelle sue opere: "Il mondo è tutto un palcoscenico, e uomini e donne, tutti, sono attori; hanno proprie uscite e proprie entrate; nella vita un uomo interpreta più parti, ché gli atti sono le sette età…Il bambino…lo scolaro…l'amante…il soldato…il giudice…" ed in fine l'anziano ed il vecchio. (op. cit. pag. 81-83). E' indubbio come questi atti siano caratterizzati da parti che di originale hanno poco o niente, e che nel tempo vengono ripetuti da intere generazioni sempre allo stesso identico modo. Ma è anche indubbio che, nel momento in cui scatta la consapevolezza di stare su di un palcoscenico (il mondo), oltre che attori si diventa anche un po' registi (nei limiti di quanto è concesso), ed ecco che allora ci imbattiamo in personaggi come Rosalinda, Celia sua cugina, Orlando ed altri, che tuffandosi nel fiume della vita, ben caratterizzato dalla foresta totalmente abbandonata alla saggezza delle stagioni del tempo ed alle esigenze dello spazio, lasciano che i loro vizi si stemperino nella calda corrente dell'Essere che a tutto provvede. La vita è un gioco, sembra ancora dirci Shakespeare, giochiamola dunque come quando da bambini, con assoluta serietà, giocavamo i nostri infantili giochi. E Come vi piace ha tutta la leggerezza della fiaba, del gioco, del sogno. Non a caso a condurre le danze sono le due cuginette, che per entrare nel palcoscenico della foresta cambieranno i rispettivi nomi in Ganimede e in Aliena. Esse, come due farfalle, si lasciano seguire da una folla di "bambini": da tutti gli altri personaggi.

Certo l'inizio della commedia potrebbe facilmente far pensare alle solite tragedie, ma sicuramente, il nostro autore, non ha solo ceduto alle richieste del popolo: falla come ci piace - forse, con l'immaginazione aveva anche prospettato un seguito drammatico, ma avendo visto l'inimmaginabile, ha preferito la presa in giro, la bonaria satira della pastorale, il lieto fine. Ma è  da non sottovalutare un altro importante aspetto. Rosalinda, nel momento in cui comincia la sua deliberata recita nella foresta, grazie alla sua consapevolezza, trasforma un luogo comune in una scuola di libero arbitrio: diventa una sorta di maestro. Sempre, quando vi è la presenza di un maestro di vita, di una persona che si è resa conto di essere un personaggio fra le tavole del palcoscenico del mondo, le cose prendono la giusta piega. Ciò accade perché ognuno allenta le tensioni prodotte dall'ego, diluisce le passioni, sgonfia i sentimenti devianti, mette a freno i sensi. La competitività, come d'incanto, sparisce: nella foresta ogni cosa ha il suo spazio e il suo tempo, ed ogni lotta per la sopravvivenza è naturale e non toccata da odio, vendetta, o altro. Nella foresta l'ego muore perché la natura è una perfetta sintesi di parti, una sinfonia che prevede infiniti strumenti tutti accordati alle leggi eterne. Nessuno può stonare. Gli strumenti sono scordati prima dell'ingresso nel bosco: un fratello usurpa il titolo di Duca al fratello; un altro fratello, per invidia, vuol far uccidere suo fratello da un lottatore; il Duca usurpatore vuole dapprima allontanare la figlia dalla nipote, e poi vuole esiliarle entrambe. I buoni sono costretti a fuggire nella foresta per salvare la vita, mentre le due cugine architettano un piano da attuare nella foresta. A quel punto, il La della natura costringe tutti all'accordo: l'usurpatore si pente; il cattivo fratello si converte dopo essere stato salvato dal fratello buono; pastori e buffoni trovano anche loro la giusta via. Ma pur con la sua leggerezza, con la sua satira, col il suo quasi ridicolizzato buonismo, questa commedia, fra le righe, non  trascura di sottolineare i risvolti psicologici dei personaggi, attraverso cui possiamo scrutare la nostra mai completamente sondata psiche (anima). All'inizio, sul finire della scena prima dell'atto primo, Oliviero confessa perché odia tanto suo fratello: "Egli ha un'innata gentilezza; senza aver mai studiato, è colto; pieno di nobiltà; amato con calore da ogni sorta di persone; così vivo nel cuore di tutti - e specialmente della mia gente, che lo conosce meglio - che io vengo ormai del tutto disprezzato…" Anziché gioire di tante buone qualità del fratello Orlando, vede in lui un astro nemico che ponendosi fra lui e il sole  oscura la sua meschinità. Sì meschinità: fra due sorgenti d'acqua, la gente sceglie quella le cui acque sono più limpide, più fresche. La sua cattiveria svanirà nella foresta, laddove mai due ruscelli lotterebbero fra loro: ognuno segue il suo corso e lascia scorrere le sue acque, senza curarsi di quanti animali riesca a dissetare: ognuno è com'è a seconda delle sue massime possibilità. L'invidia, oltre al resto, è anche la mancata accettazione di sé. Quando ognuno di noi ha fatto il possibile per migliorarsi in tutti i campi ed ha raggiunto il massimo raggiungibile, deve rendere grazie al Tutto e accettare la propria condizione. L'altro, quello che sta su un gradino più alto del nostro, non ha nessuna colpa se noi non possiamo andare oltre. L'arbusto non deve, non può essere invidioso del platano.

Un altro aspetto da sottolineare ancora in questa commedia è la simpatia con cui Shakespeare riveste i personaggi femminili (eccetto Febe la brutta pastora che tratta malamente Silvio il pastore che spasima per lei). Insieme con il simpatico buffone Paragone e con l'annoiato Jaques hanno il compito di far satira. Le due cugine sono i veri burattinai della compagnia: la donna è capace di guidare, decidere, pensare, organizzare, e mille altri…are, non è ridotta all'oca di turno. Per Anna Luisa Zazo (vedi il suo saggio introduttivo op. cit. pag. XXVIII) "Rosalind è un Amleto in chiave femminile", ed Amleto è il DNA dell'opera shakespeariana, l'incarnazione del teatro, dell'attore, della maschera. E condividiamo pienamente quanto dice, perché nel momento in cui nella foresta Rosalind travestita da Ganimede recita la parte di Rosalind davanti al suo Orlando, viene raggiunto il massimo della teatralità.

Chissà, forse Shakespeare con tali mezzi ci invita semplicemente a vivere recitando, o se vi piace di più, a recitare vivendo i vari atti della vita e le "varie ed eventuali" dell'esistenza…teatrale.

Hanno appena eletto il nuovo papa, Joseph Ratzinger - Benedetto XVI: speriamo reciti bene la sua parte come ha saputo fare il suo predecessore, e soprattutto che sappia risvegliare la fede in tante vigne abbandonate.Ma speriamo anche che, nel teatro di questo nostro pazzo mondo, le maschere dei nichilisti vengano ridotte al minimo. Purtroppo, però, ciò potrà accadere se le maschere dei filosofi nichilisti verranno "contrastate" dialetticamente e saggiamente dalle maschere dei saggi. Di una cosa avremo sempre bisogno, questo è certo: di tanti buffoni alla Paragone, alla Feste ecc.  Grazie, Nat.

 

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