Maurizio: dal Genesi 10 · Su questo capitolo della Genesi si potrebbe dire molto e pochissimo al tempo stesso: se da un lato esso solleciterebbe un sistematico e particolareggiato esame delle genealogie citate, indubbiamente ognuna d’esse portatrice di un significato, dall’altro potrebbe con semplicità essere interpretato come un antico modello dell’universo conosciuto. I discendenti di Noè, in sintesi, dopo il diluvio e il rinnovamento del mondo, lo ripopolano e lo ‘rinominano’ nel senso biblico del termine, come fa Adamo quando “dà i nomi” nel Giardino (Gen. 2, 19-20) al fine di conoscere e padroneggiare il suo campo esperienziale. Il grande archetipo, presente qui in maniera più evidente che altrove, naturalmente è quello dell’Albero della Vita, nelle sembianze di Albero genealogico. · Il numero complessivo dei ‘popoli’ citati è 70: circostanza piuttosto interessante, in quanto nella mistica ebraica è detto che 70 è il numero dei significati nascosti nella Scrittura. Sempre 70 è il valore numerico della parola ‘sod’, che significa ‘segreto’. · Altra circostanza degna di nota è il fatto che i versetti del capitolo 10 sono 32, come le Vie della Saggezza. Trentadue è anche il numero delle volte che viene citato il nome Elohim nel primo capitolo della Genesi, in relazione alla creazione del mondo. Raffrontando uno dei versetti del capitolo 10 (che è anche il numero delle Sefiroth) con la corrispondente Via della Saggezza e con il relativo ‘Elohim’, potrebbe avvenire che questi si facciano luce l’un l’altro. Facendo un esempio, esaminiamo proprio il numero 32: 1. Il trentaduesimo versetto di questo capitolo dice: ”Queste furono le famiglie dei figli di Noè secondo le loro generazioni, nei loro popoli. Da costoro si dispersero le nazioni sulla terra dopo il diluvio”. 2. La trentaduesima Via è chiamata ‘Sekhel Neebad’, cioè ‘Intelletto dell’Adorazione’. Essa collega le Sefiroth Yesod (Fondamento) e Malkuth (Regno), nel senso che l’adorazione del Signore è il fondamento di ogni realizzazione, e che essa permette superare il mondo delle apparenze e intravedere l’essenza divina della manifestazione. 3. La trentaduesima volta che Elohim viene nominato nel capitolo della creazione del mondo è la seguente: ”Ed Elohim vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco che era molto buono.”(Gen. 1, 31). Che cosa lega questi tre punti? In tutti è presente l’idea che il divino costituisca la struttura sottile, non apparente ma sostanziale, del mondo. Forse i 70 significati occulti (le settanta nazioni) sono rappresentati e diffusi dalla umanità rinnovata (Noè), e costituiscono l’opera di (o degli) Elohim, i grandi Archetipi cosmici; per conoscerli è necessaria l’adorazione, cioè la presa di coscienza del ‘Fondamento’ occulto della realtà (il ‘Regno’). Adorazione è sinonimo di venerazione, devozione, culto, preghiera, pratica religiosa. E’ interessante che il trentaduesimo e ultimo Sentiero, fra Malkuth e Yesod, fondi su questo concetto indicandolo, così, quale radice di tutto l’Albero o della risalita di esso. · Se ‘Sekhel Neebad’ ha questo valore, potremmo dedurne che tutti i nomi dell’Albero genealogico derivante da Noè e da Sem-Cam-Jafet abbiano un valore mantrico, legato alla vibrazione sottile del suono come espressione del segreto e dell’adorazione, della preghiera nel significato profondo di presa di coscienza della Realtà Fondamentale e abbandono ad essa. Se così fosse, potrebbe essere molto stimolante e produttivo cercare di comprendere il senso di ognuno dei ‘suoni’ citati: si tratta, comunque, di un lavoro e di una ricerca complessi e difficili, non affrontabili nell’ambito di una riflessione sul capitolo in esame; potrebbe rientrare, semmai, in un approfondimento di quello che in Estremo Oriente si chiama “lo spirito delle parole”. Tuttavia, per completare il discorso, è possibile fare qualche osservazione: 1. Nei moderni studi di fonologia - lo studio sulla produzione dei suoni che sta a monte della linguistica - vengono individuate le zone dell’apparato di fonazione nelle quali sono generati i ‘fonemi’: ogni parola scaturisce da strutture e movimenti legati alla respirazione, alla laringe, alle corde vocali, al cavo faringeo, alla bocca; i movimenti possono essere occlusivi, di contrazione, oppure possono lasciare libero il flusso dell’aria e del suono o, ancora, possono rimanere in uno stato intermedio di tensione. Già da queste osservazioni saremmo in grado di valutare, anche dal punto di vista simbolico, l’origine di singoli suoni emessi. 2. Quando l’aria non incontra ostacoli nel canale di fonazione vengono prodotte le vocali. Almeno per ciò che riguarda l’italiano, il latino e il greco, esse vengono catalogate in numero di sette. Dal punto in cui la lingua si colloca nel cavo orale per articolarle, esse sono così disposte dall’esterno all’interno, cioè a partire dalle labbra e dal palato per andare verso la gola: i – é – è – a – o – ò – u. 3. Le consonanti, così più importanti nella lingua ebraica rispetto alle vocali, sono generate da una contrazione che ostacola la fuoriuscita dell’aria. In pratica scaturiscono da una maggiore specializzazione del coordinamento dell’apparato di fonazione, come hanno anche osservato gli psicologi dell’età evolutiva. Stranamente, anche qui, abbiamo sette zone in base al luogo in cui le consonanti vengono articolate, e che permettono una loro classificazione; così, dalle più esterne alle più interne, abbiamo consonanti: labiali (b,p,m), labiodentali (f,v), dentali (d,t,n), alveolari (s,z,r,l), alveopalatali (c,g,sc), palatali (gl,gn), gutturali (k,g,h). 4. Per fare alcune brevi e azzardate sintesi, potremmo dire che le vocali esprimono più il lato emozionale e istintivo della comunicazione, mentre le consonanti sono un prodotto della mente e del pensiero; che la bocca e il palato riproducono simbolicamente la struttura dell’intero corpo e, quindi, hanno una corrispondenza con i chakra; che la pronuncia ritmica e ripetuta, con particolare intonazione, di certe parole – i mantra – stimola così, di riflesso, anche i chakra corrispondenti alle zone del cavo orale sollecitate; che, probabilmente, le zone anteriori, alte, esterne della fonazione corrispondono ai chakra più alti, mentre quelle posteriori, interne, profonde corrispondono ai chakra più bassi. A titolo di esemplificazione ecco di seguito un opinabile quanto provvisorio raffronto fra chakra, Sefiroth e suoni:
7) Sahasrara: Kether,Chockmah, Binah i b,m,p 6) Ajna: Daath é f,v 5) Vishuddi: Chesed,Geburah è d,t,n 4) Anahata: Tifereth a s,z,r,l 3) Manipura: Nezach, Hod o c,g,sc 2) Svadhistana: Yesod ò gl,gn 1) Muladhara: Malkuth u k,g,h
· Sarebbe possibile fare anche ulteriori osservazioni sui modi dell’articolazione, oltre che sulle zone. Per esempio l’articolazione delle consonanti può essere nasalizzata oppure oralizzata, fornendo così una connotazione alto-basso; può essere occlusiva, costrittiva o affricata, a secondo del grado di contrazione e di chiusura del canale respiratorio, dando luogo a connotazioni chiuso-aperto, come i bhanda nello yoga, eccetera. Alcuni prodotti di tutte queste caratteristiche possono avere particolarità significative a sé stanti: basti pensare al valore simbolico delle sibilanti, delle aspirate eccetera. · A questo punto, essendo già ampiamente usciti ‘fuori tema’ rispetto al contesto del capitolo 10 in esame, sembra molto più opportuno e saggio concludere rimandando questo abbozzo di studio ad eventuali approfondimenti sul valore della parola, della preghiera, dei mantra... |