Maurizio: dal Genesi 13
(
Divagazioni interpretative di Maurizio)

 

 

·        Abbiamo già visto come Abramo sia il portatore di un nuovo punto di vista religioso, un iniziatore che, risultando rivoluzionario rispetto alle concezioni del tempo – sia pure importanti e raffinate come quelle egiziane – è costretto a procedere senza poter trovare una vera e propria accoglienza, una dimora. Egli è originario di Ur, che significa ‘fiamma’, e il suo è il fuoco di un’ardente sete di conoscenza, alla luce della quale è possibile interpretare tutto il suo pellegrinaggio.

·        La struttura del capitolo 13, dal punto di vista del significato letterale, è piuttosto semplice: Abramo e Lot possiedono molti beni e, con la tipica scaltrezza dei nomadi, comprendono che è meglio separarsi per evitare conflitti e dissapori fra le loro genti. Abramo, oltre a porre saggiamente il problema della necessaria separazione, generosamente lascia all’altro libera scelta sulla direzione da prendere; inoltre, pur essendo il ‘capo’ delle due carovane imparentate fra di loro, non pretende dall’altro alcunché. Il Dio della Genesi, dal canto suo, gli dimostra favore predicendogli una innumerevole discendenza, tale da diffondersi ai quattro angoli del mondo, cioè ovunque. Lot, invece, sceglie una direzione non troppo positiva: pur dirigendosi verso territori apparentemente molto promettenti,  dovrà confrontarsi con Sodoma e i suoi abitanti, giudicati nel testo come peccatori nei confronti del Signore.

·        Lot significa in ebraico ‘copertura’, ‘involucro’. Già dal nome possiamo dedurre che il suo approccio risulta più ‘esteriore’ di quello del nobile parente (Abramo significa, appunto, ‘nobile’). Tuttavia, al momento della separazione, egli fa una scelta formalmente impeccabile: Lot decide per l’oriente, la direzione dell’alba e del sole, quella che sia secondo la tradizione ebraica che secondo quella egiziana è posta ‘davanti’; ad essa ci si volgeva per l’’orientazione’. E’, in un certo senso, la direzione più ‘spirituale’, quella da cui scaturisce la luce.

·        Sodoma significa in ebraico ‘ardente’. Al di là del senso ‘a posteriori’ – verrà infatti distrutta da un diluvio di fuoco – il termine potrebbe avere una connotazione positiva, in linea con il già ricordato significato di Ur, la terra degli antenati sia di Abramo che di Lot. Si tratta di nomi indicanti il fuoco, il sole, la luce e, comunque, conservano un valore ‘alto’, spirituale: ricordiamo il roveto, anch’esso ‘ardente’, da cui scaturisce la visione di Mosè realtiva al divino. Ricordiamo anche che Sodoma è omofona con la parola ebraica ‘sod’, ‘segreto’, relativa al significato mistico nascosto nella Scrittura. Perché, allora, il percorso del nipote di Abramo finisce in un ‘vicolo cieco’, in una vicenda negativa da cui il Patriarca, successivamente, dovrà salvarlo?

·        La spiegazione più probabile è quella già accennata: l’’impeccabilità’ della scelta di Lot è ‘esteriore’, formale. Se Lot significa ‘copertura’, il suo valore simbolico probabilmente è connesso con l’aspetto esterno e non sostanziale delle cose. Può, infatti, prodursi nell’ambito di una scuola religiosa o filosofica innovativa quale quella incarnata da Abramo, una ‘scissione’ interna, probabilmente per l’emergere di diverse impostazioni dottrinarie. In questi casi, in genere, una delle impostazioni è più ‘fondamentalista’ dell’altra, più legata alla lettera che allo spirito dell’insegnamento. Talvolta, inoltre, l’impostazione fondamentalista si pone in contrasto proprio con il Maestro, soprattutto quando quest’ultimo è ancora in ricerca ed è flessibilmente orientato al rinnovamento, cioè è un vero Maestro, ancora disposto ad imparare.  Un esempio di questo tipo di scissione possiamo individuarlo nell’ordine buddhista all’epoca in cui il fondatore, il Buddha Shakyamuni, era ancora in vita: un suo parente(!), infatti, diede vita ad un ordine asceticamente molto più rigido, con regole e precetti di estrema severità. Devadatta, questo il nome del cugino del Buddha, giudicò questi troppo flessibile e in contraddizione con la sua stessa dottrina, ‘rammollito’ nell’applicazione dei principi. In realtà Shakyamuni non ritenne mai l’aspetto formale del suo insegnamento come il più importante, né cercò mai un’adesione alla Verità di tipo strettamente disciplinare: esortò, invece, a non accettare mai nulla per scontato, a non seguire nessuno, nemmeno lui stesso, per motivi legati alla perfezione filosofica della dottrina o al prestigio e all’autorità del Maestro; considerò sempre di estrema importanza la sperimentazione personale, l’elaborazione individuale, l’indipendenza dello spirito, la capacità di imparare continuamente senza fermarsi o cristallizzarsi sulle posizioni già acquisite, l’apertura per il ‘nuovo’.

·        Questo potrebbe, dunque, essere il motivo della separazione fra Abramo e Lot. Abramo in effetti è un rivoluzionario e, come tale, difficile da comprendere. E’ molto più comodo ‘sedersi’ su quanto si è acquisito che disporsi continuamente alla ricerca. Notiamo come il Patriarca sia, secondo il racconto biblico, molto spesso in comunicazione con il divino: il suo cammino è costellato di ‘punti di preghiera’, di altari, di ‘chakra’ del territorio circostante dove è possibile instaurare il contatto fra Cielo e Terra attraverso visioni, intuizioni, eccetera. Potremmo, in questo senso, raffiguraci il cammino di Abramo come un discendere e salire più volte l’Albero della vita, l’Albero cabalistico, soffermandosi sui suoi ‘centri’ – le Sefiroth - per costruirli, reintegrarli e ‘consapevolizzarli’ con la meditazione e la preghiera, raccordando anche le direzioni destra e sinistra come in un percorso a zig-zag (il sentiero della ‘folgore’).

·        In questo capitolo 13, per esempio, egli procede inizialmente a partire dal Negheb e finisce, in ultimo, alle Querce di Mamre: quest’ultima parola significa ‘forza’, e sembra quindi alludere proprio al percorso della Shekinah. Negheb indica un luogo desertico, ma significa anche ‘sud’ e, secondo l’orientazione tradizionale ebraica, corrispone alla ‘destra’. La sinistra, naturalmente, corrisponde al nord, l’est – come già accennato – è la direzione principale cui ci si volge, quindi è ‘avanti’, e l’ovest è ‘dietro’. Lo schema viene ad essere il seguente:

 

 

 

·    Sappiamo che possono essere date diverse ‘letture’ dei punti cardinali, a volte con rilevanti differenze di significato, quindi non consideriamo ‘assoluta’ questa interpretazione che, comunque, corrisponde a quella ebraica. Completandola con le attribuzioni ‘esoteriche’ e associandovi la struttura verticale dell’Albero cabalistico, otteniamo quattro ‘piani’, quattro ‘corpi’, quattro elementi, eccetera. Notiamo che, secondo questa disposizione, l’energia luminosa e creativa nasce, giustamente, a oriente, ‘qedem’, che significa anche ‘antico’, ‘eterno’, ‘origine’ e ‘inizio’, e poi si sviluppa strutturando le altre direzioni e i piani dell’Albero della Vita.

Ø      Oriente: piano Atziluthico, Akasha, corpo
       coscienziale,
intuizione, elemento fuoco, superiore e
       anteriore, calore.

Ø      Meridione:  piano Briathico, corpo mentale,
      pensiero, elemento aria, destra, siccità. 

Ø      Settentrione: piano Yezirathico, corpo astrale,
 
      sentimento, elemento acqua, sinistra, umidità.

Ø     Occidente: piano Assiahnico, corpo fisico,
      sensazione, elemento terra, posteriore e inferiore,
      freddo.


    
*     Volendo andare un poco più a fondo nel simbolismo dei punti cardinali, ecco alcune
      divagazioni interpretative sui relativi etimi ebraici, a spiegazione ulteriore delle
       assegnazioni sopra illustrate:

*      Qedem: abbiamo già visto come la parola per ‘est’ abbia anche il significato di ‘antico’, ‘eterno’, ‘origine’ e ‘inizio’. Mi sembra chiara l’allusione al divino, all’Antico, all’Anziano degli anziani, cui spetta anche l’attributo assoluto di Eterno. Per questo motivo l’accostamento dell’oriente all’Atziluth sembra perfettamente legittimo.

*      Negheb: tradizionalmente associato alla destra, il sud indica letteralmente un territorio arido, riarso e desertico. Essendo, comunque, una regione probabilmente luminosa e molto calda, deve poter descrivere un piano vicino al piano Atziluthico, che è ‘fuoco’. Scegliamo, dunque, Briah. Inoltre si relaziona bene con la differenziazione ermetica ‘via secca’ a destra, più mentale e volitiva, contapposta alla ‘via umida’ a sinistra, più emotiva e sentimentale. Notiamo che ‘Sodoma’, cioè ‘ardente’ o ‘bruciante’, può appartenere proprio a questo piano dell’Albero.

*      Tsaphon: il nord è corrispondente alla sinistra e, quindi, risulta il contrapposto polare del Negheb e anche del piano Briathico; da qui l’attribuzione di piano Yetzirathico. Etimologicamente ‘tsaphon’ ha un significato molto interessante, e cioè: ‘tesoro’, ‘segreto’, ‘nascosto’. In effetti il mondo dei sentimenti corrisponde al primo grado della scoperta di una realtà sottile, nascosta rispetto alla comune percezione delle cose. Questo mondo, detto anche ‘astrale’, contiene i ‘tesori del cuore’, del desiderio altruistico, dell’energia  sapientemente indirizzata. Ricordiamo, inoltre, ancora una volta il legame sinistra-via umida.

*      Yam: oltre che ‘ovest’ significa ‘mare’, ma anche ‘fiume possente’, in quest’ultimo senso utilizzato per indicare il Nilo. Nella struttura del Tempio, e questo è indicativo,  il termine ‘mare’ si riferisce al bacino principale di accoglienza della struttura, nel cortile centrale. Per questo motivo è abbastanza agevole l’attribuzione di ‘piano Assiahnico’: cioè un ampio bacino di accoglienza, il mondo ‘fisico’. Se tradizionalmente la direzione cui volgersi è l’est, quella cui si rivolge la schiena è l’ovest: in Palestina ad occidente c’è il mare, là tramonta il sole e, quindi, scompare o ‘sprofonda’ l’energia spirituale e luminosa dell’astro. In Assiah, in un certo senso, accade lo stesso: la Shekinah si concretizza, si ‘solidifica’, nel Malkuth, e in esso sembra dileguarsi o ‘addormentarsi’.



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