Maurizio: dal Genesi 17
(Divagazioni interpretative di Maurizio)

 


1.
      Il cambiamento del nome. Molte tradizioni religiose impongono o cambiano il nome ai loro adepti all’atto di una iniziazione. Cambiare nome, pertanto, significa iniziare una nuova vita, mutare l’ottica, abbracciare una fede, entrare in un nuovo stato di coscienza o accedere ad una diversa consapevolezza. Il ‘nome’, insomma, rappresenta il segno distintivo di una individualità, forse il senso profondo di essa e del suo destino. Cambiarlo corrisponde ad una morte-rinascita: morire alla propria vecchia ‘personalità (intesa come maschera) e rinascere alla consapevolezza del proprio vero io. Per ciò che riguarda la storia in esame possiamo fare le seguenti osservazioni:

a)       il Dio, prima di modificare il nome di Abramo e Sarai, si propone egli stesso con un appellativo diverso dai precedenti: El Shaddai, che vuol dire Dio Onnipotente. In particolare ‘Shaddai’ deriva etimologicamente da ‘shadad’ che in ebraico vuol dire ‘distruggere’, ‘devastare’, ‘assalire’, ‘violare’, ‘saccheggiare’ prima ancora che ‘essere potente’. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che, come già osservato altre volte, siamo in presenza di un popolo nomade per il quale l’attività predatoria a danno delle popolazioni stanziali doveva essere, anche per questioni di sopravvivenza, piuttosto frequente. Per questo motivo il suo Dio, rivelandosi come ‘Onnipotente’, assicura per ciò stesso alle ‘moltitudini’ che discenderanno dal Patriarca Abramo scorrerie efficaci, il dominio sulle regioni attraversate e un possibile allargamento dell’influenza territoriale fino all’impadronirsi di territori stabili, nei quali radicarsi: come abbiamo già avuto occasione di dire, è probabile che in ogni ‘nomade’, inconsciamente o meno, si nasconda l’aspirazione a diventare ‘sedentario’ (mentre è ipotizzabile l’inverso per le popolazioni stanziali).

b)      Per ciò che riguarda la modificazione del nome Abramo in Abrahamo, l’etimologia e l’esegesi tradizionale ebraica riscontrano un cambiamento di significato: da Abramo, che deriverebbe da Abiyram, ‘di nobile padre’, ad Abraham, ‘padre di moltitudini’. Tale cambiamento sarebbe, quindi, espressione del destino del Patriarca e della sua funzione.

c)      ‘Sarai’ non modifica senso mutando in ‘Sarah’, poiché in ambedue i casi significa ‘principessa’, ‘nobildonna’: la relativa radice ‘sar’ è legata al verbo ‘sarar’, che significa ‘dominare’. Per  inciso, alcuni studi che cercano di rintracciare etimologie comuni in ceppi linguistici creduti di origine diversa, ipotizzano un possibile rapporto fra l’ebraico ‘sarar’, il russo ‘czar’ e perfino il latino ‘caesar’: queste ipotesi potrebbero essere in linea con l’idea, già presente nell’Esoterismo, dell’esistenza in epoche antichissime e antecedenti alla storia oggi conosciuta di una Tradizione Unica, un’unica grande civiltà da cui deriverebbero le nostre attuali. Nel mutamento da Sarai a Sarah, comunque, possiamo evidenziare alcuni particolari importanti:

·        la perdita della yod finale

·        l’aggiunta di una he, come per il nome Abrahamo

d)      Il valore numerico in Gematria della ‘yod’ è di 10, mentre la ‘he’ vale 5. Secondo una interpretazione tradizionale ebraica la ‘yod’, prima lettera del ‘Tetragrammaton’ - cioè del nome del ‘Dio Unico’ YHVH -  viene suddivisa in due: dal 10 si hanno due 5, cioè le due ‘he’ assegnate una ad Abrahamo ed una a Sarah. Questa trasformazione serve a rendere feconda la coppia, fino a quel momento sterile perché la ‘yod’, troppo ‘maschile’, chiudeva in Sarah le porte della generazione. A conferma di questa tesi possiamo aggiungere:

·        la yod ha anche il significato di ‘mano’; in particolare - come risulta da antiche grafie della lettera – di una mano con il pugno chiuso  e con il dito indice puntato: simbolo fallico, quindi maschile, espressione di volitività e direzionamento. In Sarai, già di per sé ‘dominatrice’ nel contenuto semantico del suo nome, può effettivamente essere segno di un eccesso di razionalità e direttività.

·        La he vuol dire anche ‘finestra’ e tradizionalmente è connessa con la conoscenza e il soffio vitale: la ‘finestra’, infatti è un’apertura attraverso la quale può essere possibile una nuova visione - e quindi conoscenza - e attraverso cui entra aria nuova, respiro, vita. Sarah, dunque, è più ‘femminile’ e ricettiva di Sarai e può essere ‘fecondata’.

·        Anche Abrahamo risulta, con l’aggiunta della ‘he’, più ricettivo e malleabile alle sollecitazioni del divino. In un certo qual modo l’incredulo riso del Patriarca rispetto alle apparentemente impossibili asserzioni del Dio, testimonia la sua razionale ‘pragmaticità’ (“Ad uno di cento anni può nascere un figlio? E Sarah all’età di novanta anni potrà partorire?”) che, però, comincia a cedere all’emozione; l’ilarità è l’inizio di una ‘apertura del cuore’, e il futuro ‘figlio’ sarà proprio in relazione con questa apertura: Isacco, ‘Ishaq’, infatti, è dal verbo ‘sahaq’, ‘ridere’, e vuol dire ‘egli ride’.

2.      La circoncisione. Proprio riferendoci a quanto appena espresso, possiamo notare che nel Deuteronomio c’è un accostamento fra ‘cuore’ e ‘circoncisione’, adombrando un significato metaforico di quest’ultima oltre quello letterale: “Jahweh, tuo Dio, circonciderà il tuo cuore e il cuore dei tuoi discendenti perché tu possa amare Jahweh, tuo Dio, con tutto il tuo cuore e tutta la tua anima: e così vivrai!” (Deut. 30,6) Ricordiamo, inoltre, che per gli antichi ebrei così come per tutte le culture tradizionali, ‘cuore’ indica anche ‘intelligenza’, ‘mente’. Probabilmente, parlando in generale e senza voler entrare nel merito della validità delle varie pratiche religiose, le mutilazioni rituali come la circoncisione, la terribile infibulazione femminile, alcune incisioni o modificazioni della forma naturale del corpo nelle culture dell’Africa, eccetera, hanno lo stesso significato del mutamento iniziatico del nome: incidere nella ‘forma’ (rupa) quel cambiamento di identità, del ‘nome’ (nama), il cui senso abbiamo già cercato di esaminare. Ci chiediamo a questo proposito se nella nostra epoca - così alla ricerca di una propria identità oltre il generale crollo dei valori tradizionali, politici e religiosi - le sempre più diffuse pratiche di tatuaggio e piercing non possano essere interpretate come un inconscio bisogno di trasformare sé stessi e di trovare un ‘vero io’ profondo e ‘immutabile’. Una incisione ‘nella carne’, infatti, porta paradossalmente con sé il senso simbolico di una trasmutazione indelebile, ‘eterna’, definitiva e senza possibilità di ritorno: una ‘piccola morte’ autoinflitta e, dunque, auspicio di una libertà e volontà superiori alle contingenze definite dalla natura, dalla materia, dal ‘caos’. La circoncisione in particolare:

a)      è in relazione con la tematica del generare, così centrale nella Genesi, essendo un ‘taglio intorno’ ai genitali maschili (che ricorda la ‘yod’ separata in due ‘he’).

b)      Secondo i cabalisti la circoncisione corrisponde alla sacralizzazione della Sefirah Yesod, ‘Fondamento’ dell’Albero della Vita. La stessa Sefirah è anche legata allo Zaddiq, il Giusto, colui che segue il corretto sentiero della reintegrazione.

Quest’ultima osservazione ci permette di fare un accostamento - sicuramente azzardato, ma interessante - con la civiltà estremo-orientale. Nell’antico testo classico di medicina cinese, il Nei Ching, cioè il “Canone di Medicina Interna dell’Imperatore Giallo”, l’Imperatore chiede al grande medico Ch’i Po: “Coloro che seguono Tao, la Retta Via, e quindi raggiungono circa l’età di cento anni, possono generare dei  figlioli?” Il Maestro risponde: “Coloro che seguono il Tao, realizzano la formula della giovinezza perpetua  e mantengono un corpo giovane. Sebbene i loro anni siano numerosi, essi sono ancora capaci di produrre una discendenza.” (tratto da “Nei Ching”, I. Veith, Ed. Mediterranee) Questo discorso sembra sorprendentemente ricalcare proprio la citata domanda di Abrahamo di Genesi 17,17 offrendo anche una risposta: il ‘Giusto’ seguendo la ‘Retta Via’ mantiene intatto il suo potenziale vitale. In senso interiorizzato ciò può alludere alla grande capacità di autorinnovamento di chi è ‘centrato’, cosciente del Sé e, in linguaggio buddhista, sulla Via di Mezzo. Gli alchimisti taoisti, anch’essi, cercavano una forma di ‘eternità’ e di superamento del tempo: l’interesse a proposito della conservazione della capacità generativa non era tanto connesso con il bisogno di avere una prole, quanto di conservare il proprio potenziale vitale, la propria longevità. L’obiettivo finale era il raggiungimento dell’Immortalità. ‘Genealogia infinita’, ‘Immortalità’ e, per l’Alchimia occidentale, ‘Trasmutazione del metallo in Oro’: possiamo, in effetti, leggere in questi concetti forme solo apparentemente diverse, simboli, del ‘desiderio d’Illuminazione’, Bodhicitta, il più vero e profondo desiderio d’ogni essere vivente. Per ciò che riguarda la circoncisione come allegoria possiamo ancora osservare:

a)      in essa è presente il simbolismo del ‘cerchio’, ‘circum-caedere’, ‘tagliare intorno’, quindi qualcosa di simile alla delimitazione di uno ‘spazio sacro’, come avviene in tutti i percorsi sacrali circolari, nelle deambulazioni rituali, nel disegno di un certo tipo di màndala e nella rappresentazione dei chakra dello yoga;

b)      amplificando un po’ il concetto possiamo trovare un’analogia con la ‘circolazione’ dei soffi nel taoismo, che prevede ‘grandi’ e ‘piccole’ circolazioni delle forze luminose all’interno dei sottili canali energetici del corpo ‘eterico’;

c)      generalmente dette circolazioni e sublimazioni avvengono proprio a partire dai chakra più bassi - quelli assimilabili a Yesod della cabala - in linguaggio taoista dal dan tien, il ‘campo di cinabro inferiore’, nel quale tanta parte gioca l’’energia sessuale’ e ‘ancestrale’, lo jing;

d)      questa energia, traducendola nel linguaggio della psicologia occidentale, non è altro che la libido, cui Freud dà il significato di ‘istinto sessuale’ e Jung quello di ‘energia indifferenziata’, ‘desiderio’, ‘slancio vitale’;

e)      nel buddhismo Mahayana l’energia vitale del desiderio - attraverso la ‘pratica’ spirituale, che in sostanza coincide con la conoscenza di sé  – si rivela con chiarezza come forza tendente all’Illuminazione;

f)        se la ‘circoncisione’ ebraica può corrispondere in senso cabalistico alla ‘sostituzione’ della yod con le he, ricordando che ‘he’ significa anche ‘conoscenza’, allora in essa può esservi l’analogia  con l’autoconoscenza  dei cammini spirituali anzidetti.

3.      Per concludere, qualche riflessione su alcuni ‘numeri’ indicati dal capitolo:

a)      Abrahamo ha 99 anni quando riceve l’‘iniziazione’ in questione e Sarah, presumibilmente, dovrebbe generare a  90 anni: in tal modo viene evidenziato il numero 9.

·        La nona Sefirah è la già ricordata Yesod, così legata simbolicamente alla circoncisione stessa, ai genitali, alla capacità generativa.

·        La nona lettera dell’alfabeto ebraico è la teth, la quale – in relazione con le antiche grafie della stessa - significa anche ‘serpente’. E’ evidente il rapporto fra quest’ultimo e la kundalini, l’energia sessuale, la libido, il risveglio e lo sviluppo della consapevolezza secondo lo yoga tantrico.

·        Il numero 9 è in vari contesti associato all’iniziazione essendo l’ultimo, il più elevato e completo dei numeri primi: per esempio basti pensare alla nona ‘lama’ del Libro di Toth, cioè dei Tarocchi, rappresentante l’’Eremita’, l’Iniziato per eccellenza.

b)      La circoncisione dev’essere fatta all’ottavo giorno di vita:

·        gli antichi ebrei pensavano che per i primi sette giorni, soprattutto al settimo, potessero sopraggiungere incidenti, imprevisti o complicazioni in grado di ostacolare la prosecuzione della vita del neonato. Passato il settimo giorno si poteva essere più tranquilli sull’avvenuto superamento di molti degli impedimenti in tal senso.

·        In una accezione più esoterica potremmo dire che, probabilmente, nel corso dei primi sette giorni lo spirito si unisce più saldamente al corpo fisico nel quale si è incarnato, mette in esso radici. L’ottavo giorno è completato il contatto fra spirito e materia o, per lo meno, una loro iniziale integrazione. Solo in quel momento è possibile un intervento rituale che, altrimenti, non avrebbe senso.

·        A prescindere dall’età dell’iniziando, inoltre, l’iniziazione può aver luogo soltanto nel momento in cui i sette chakra della costituzione sottile abbiano già raggiunto un certo grado di sviluppo, una certa consapevolizzazione che, per ciò stesso, sarà ampliata e potenziata  dall’iniziazione medesima.

c)      Ismaele viene circonciso a 13 anni. La tredicesima lettera dell’alfabeto ebraico è la mem, una delle ‘tre lettere madri’. La ‘prima madre’, aleph, rappresenta l’elemento Aria e la Vita; la ‘seconda madre è la mem, che rappresenta l’Acqua e la Morte, che in questo caso – come già detto - è ‘iniziatica’; la ‘terza’ è shin, Fuoco e Rigenerazione.



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