Leibniz
La Monade
I Principi della
filosofia o Monadologia non è altro che una sintesi di tutto il
pensiero filosofico di Leibniz. Per anni si è ritenuto che tale opera
fosse stata dedicata al Principe Eugenio di Savoia. Ma è stato
ampiamente dimostrato come tale equivoco sia nato dalle preliminari
notizie contenute negli "Acta Eruditorum" (supplemento VII) contenenti
la prima traduzione in latino dell'opera. In effetti essa fu dedicata
all'amico Nicolas Francois Rémond, che per molto tempo chiese al
filosofo dei chiarimenti sulla monade. Al Principe Eugenio di Savoia è
stata sì dedicata un'opera, ma trattavasi dei Principi razionali
della natura e della grazia, in cui, principalmente, sempre di
Monade si parla.
Quel che è stato detto
parlando di Spinoza lo ripetiamo per Leibniz: Ogni filosofo ha sfiorato
un lembo dell'infinito mantello dell'Unica Verità. Tutti, pertanto, sono
degni di ammirazione. I nostri brevi saggi vogliono esprimere
semplicemente tale ammirazione, oltre che spingere all'approfondimento
del pensiero di ogni filosofo. Questa nostra tesi non dice nulla di
nuovo, visti i contenuti dei capitoli 56 e 57 della Monadologia. Dopo
aver sostenuto nel 56 che ogni Monade è specchio dell'Universo, nella
successiva dice: "E così come una medesima città, se guardata da
punti di vista differenti, appare sempre diversa ed è come moltiplicata
prospetticamente, allo stesso modo, per via della moltitudine
infinita delle sostanze semplici, ci sono come altrettanti universi
differenti, i quali tuttavia sono soltanto le prospettive di un unico
universo secondo il differente punto di vista di ciascuna monade"
(Leibniz - Monadologia -a cura di Salvatore Cariati -
Bompiani testi a fronte, pag. 85). Una sorta di relatività, questa, che
richiama alla mente anche la filosofia Vedanta. Sarebbe interessante
studiare Spinoza e Leibniz alla luce di tale finale filosofia dei Veda,
ma problemi di spazio e di tempo ci impediscono tale approfondimento.
Ricordiamo solo come nel pensiero di questi due grandi filosofi è
rintracciabile un particolare "non dualismo" (che nei due si differenzia
come si differenziava nelle varie (5) scuole vedantine). I 90 capitoli
della Monadologia, per la loro brevità ed intensità ricordano
molto gli 81 capitoli del Tao-Te-Ching. Diciamo questo perché la loro
brevità potrebbe far pensare ad una comprensione folgorante successiva
ad una sola veloce lettura. Non è così. Ogni capitolo è da studiare, da
meditare, da approfondire, perché dietro l'apparente semplicità (che è
un pregio in un'opera filosofica: basta leggere Hegel per capire di che
parliamo), vi è profondità di pensiero. Ricordiamo che il nucleo di
tale opera è Dio. Infine, una curiosità. Dalla lettura, da parte di
Voltaire, del cap. 54 della Monadologia (ove in sintesi vien detto che
il mondo in cui viviamo è il migliore che Dio avesse potuto creare), è
nato il Candide, un'opera satirica, che a nostro parere non
riesce a scalfire una sola virgola del concetto espresso da Leibniz.
Primo perché Voltaire non era un filosofo (basta leggere le sue opere
per verificarlo); secondo perché quelle del polemista francese sono solo
chiacchiere: se un qualunque Voltaire avesse detto che quello in cui
viviamo è il peggior mondo che Dio avesse potuto creare, sarebbe stato
facile scrivere uno s-Candide pieno di tutto l'opposto. Le
chiacchiere stanno a zero. Quel che conta è il pensiero suscitato da
vere intuizioni ed accompagnato dal ragionamento. Quello che vale è
costruire, non distruggere: il vecchio, quando è alla fine della sua
esistenza, toglie il disturbo senza bisogno di essere "eutanasiato".
Detto questo, cominciamo.
Leibniz parte
dal principio che "nella Natura tutto è pieno; dappertutto ci sono
sostanze semplici, realmente separate le une dalle altre in virtù delle
azioni proprie che modificano continuamente i loro rapporti"
(Paragrafo 3 dei Prinicipi razionali della natura e della grazia,
pag. 39 op.cit.). Queste sostanze semplici sono le Monadi. Da
ricordare che Leibniz per sostanza intende un Essere capace di azione.
Le monadi non hanno parti e durano per tutto il tempo che dura
l'universo, la cui caratteristica è il mutamento, e che non può mai
essere distrutto.
Ora, dal momento che la
Monade è "sostanza", essa, per essere, non ha bisogno di altri.
Quindi è principio costitutivo della realtà, forza primigenia.
"Queste monadi sono dunque i veri atomi della Natura: in breve sono gli
elementi delle cose" (cap. 3 - id. pag. 61).
Ci troviamo in presenza
di punti metafisici, che però non sono tutti uguali, perché alcuni hanno
facoltà di percezione, ed altri facoltà di appercezione: ovvero, alcuni
percipiscono e basta; altri percepiscono e sanno di percepire, hanno
cioè coscienza. Ora chiediamoci: perché Leibniz le ha chiamate monadi?
Per due motivi: primo, perché monade vuol dire unità, e non c'è
essere senza unità; secondo, perché essendo la monade indivisibile,
immortale, immateriale, essa è il perfetto Microcosmo capace di
specchiare il Macrocosmo. Come vedete siamo in piena metafisica
. E qui è d'obbligo aprire una parentesi. Oggi la scienza ha rubato
tutto lo spazio del pensiero: non più pensieri astratti, grandi
intuizioni; non più teorie capaci di alimentari il pensiero di intere
generazioni, ma esperimenti sulla materia. Non più anima. Solo corpo.
Con la dichiarazione della "morte di Dio" non poteva che essere così. I
nuovi filosofi portano il camice bianco di ricercatori. Sono medici,
biologi, chimici, ecc. Solo i fisici, a causa dei paradossi cui sono
giunti, hanno lasciato aperta la porta del possibile, ma non tutti. La
maggior parte dei ricercatori si sono auto proclamati unici detentori
della verità. Il loro fastidioso anticlericalismo, il loro sorisetto di
scherno davanti ad un mistico o ad un semplice credente (per fortuna non
tutti sono così), fanno davvero ridere: sono convinti d'avere scoperto
tutto, di sapere tutto, di essere speciali, di essere i veri sacerdoti
del nostro tempo. Un Leibniz con le sue monadi, un Platone con le
sue Idee, un Kant con i suoi a priori per loro sono solo
degli stupidi ignoranti. Non sanno, non possono (e come potrebbero?)
percepire la grandezza di quei giganti: come può un nano vedere dalla
prospettiva del titano? Non ce l'abbiamo con la scienza, ma con tutti
quei scienziati convinti di essere Dio. Un Newton, un Leibniz, un
Keplero, un Galileo, un Einstein e molti altri veramente grandi, quelli
che hanno aperto delle vere e proprie autosdrade al pensiero, avevano
una umiltà che li faceva ancora più grandi di quel che erano. Oggi,
quando sentiamo parlare uno psicologo, un medico qualunque, un biologo o
un qualunque ricercatorte, vediamo quasi gli spruzzi della boria
schizzare per ogni parte ad ogni parola. Chi pronuncia la parola Dio,
per questi signori è un imbecille; chi parla di metafisica, un
idiota; chi va in chiesa a pregare (a qualunque religione appartenga),
un cretino. Loro sono veri, gli altri tutti finti. L'ultimo degli
psicanalisti, quando vede una tonaca di prete storce il naso. Loro
oramai sono gli unici che hanno libero accesso all' anima, alla psiche
dell'uomo e del mondo. Loro che basano le loro certezze su nulla di
scientifico! Le menti di queste persone di scienza non hanno aperture a
360° , sono pressoché atrofizzate. Eppure, dalla loro atrofia mentale
scagliano sentenze inappellabili verso tutto e verso tutti. Solo
attraverso i frutti possono essere "giudicati" tali pensatori. Essi da
un lato hanno portato avanti la fiaccola del progresso scientifico che
pochi hanno acceso, dall'altro hanno contribuito, con i loro attacchi
alla metafisica al misticismo e alla religione, allo sfascio della
società: assenza di valori, anarchia, amoralità e immoralità, ecc. Pochi
sono i laici intelligenti. Uno fra tutti, il Presidente del Senato
Marcello Pera. Egli ha capito per tempo che un laicismo esasperato, un
attacco frontale alle religioni conduce l'Occidente verso la catastrofe
sociale. Qui si prescinde dall'appartenenza politica del Presidente. Si
vuole solo sottolineare la sua intelligenza, la sua apertura mentale, il
suo buonsenso. Gli sfasciasocietà giustificano la cosa con "il nuovo
avanza ed il vecchio viene spazzato via". Ora, se fosse la gioventù a
promuovere il nuovo (come è giusto che sia), la cosa potrebbe anche
essere accettata. Ma il cosiddetto "nuovo" a proporlo sono una schiera
di vecchi senza Dio e per certi versi senza cervello. Ma non lo vedono
cosa hanno prodotto? Non si accorgono della gramigna che hanno seminato?
Si rendono conto del peso che hanno le loro parole? Hanno occhi per
vedere i frutti da loro creati, o no? Vogliono abbattere che cosa, i
valori? A cosa mirano, al caos? Tali vecchi distruttori insieme
con quella parte di mondo scientifico che tanto assomiglia loro, stanno
distruggendo la società, anzi l'hanno già ferita a morte. Certo il mondo
scientifico è ricco anche di tanta bella gente, di cervelli puliti, di
menti eccellenti, ma a nostro parere sono una minoranza silenziosa. Solo
i distruttori alzano la voce, perché gridando danno la prima spallata a
ciò che vogliono abbattere. Poi passeranno alla derisione, all'insulto,
alla violenza. Ed a volte la violenza verbale produce più danni
dell'atomica. Ma chiudiamo la parentesi e torniamo a Leibniz. E' meglio
respirare aria più pulita.
La filosofia di questo
pensatore, a ben guardare, ci ricorda anche i concetti indù di Brahman e
di Atman. Il primo è l'Assoluto, Quello, l'Esistenza Unica, il Dio
totalmente trascendente; mentre il secondo è l'Assoluto in noi, il Sé,
lo Spirito fuori del tempo-spazio-causa. L'Atman fa proprio pensare alla
Monade-anima leibniziana, e il Brahman al Dio di Leibniz. Ma torniamo al
nostro tema: nella Monadologia l'anima ha al suo interno tutto. Cosa che
viene espressa con le suggestive parole: "Le monadi non hanno
finestre, attraverso le quali qualcosa possa entrare o uscire" (cap.
7 op. cit. pag. 61). Ne deriva che i mutamenti continui che avvengono in
ciascuna monade dipendono da un principio interno alle monadi
stesse. L'azione attraverso cui questo principio interno dà vita al
mutamento è l' appetizione (Cap. 17). Chiamando anima
tutto ciò che ha percezioni e appetizioni, possiamo benissimo
chiamare anime tutte le monadi. Però Leibniz non si ferma qui:
l'anima deve avere qualcosa in più, è ciò è la memoria. Tale
memoria, però, è appannaggio sia delle bestie che degli uomini che
percepiscono solo in base ad essa. "E' la conoscenza delle verità
necessarie ed eterne a differenziarci dai semplici animali, e a darci la
ragione e le scienze, poiché ci eleva alla conoscenza di noi
stessi e di Dio" (Cap 29, pag. 71 op.cit.). Questi atti di
autoriflessione ci fanno nascere il pensiero dell' Io. E con ciò
abbiamo una bella anticipazione del nucleo della Psicanali freudiana: l'
Io. Siamo così arrivati alla ragione. . Ebbene, i ragionamenti
dell'uomo si fondano sul principio di contraddizione e sul
principio di ragion sufficiente. Col primo, diciamo falso
ciò che implica contraddizione, e vero ciò che è opposto al
falso. Col secondo, diciamo che un fatto o un enunciato esistono e sono
veri in virtù d'una ragione sufficiente che fa essere enunciato
e fatto in quel modo e non altrimenti. Da qui, il passo ad una Sostanza
Ultima Necessaria è breve: "è questa Sostanza ciò che noi
chiamiamo Dio" (cap. 38, op. cit. pag. 75 - la sottolineatura è
nostra). Questa Sostanza è la Ragion Sufficiente di tutto e contiene
tutta la "realtà possibile". Questo Dio leibniziano " è anche
la fonte di quel Reale che è contenuto nel Possibile" (Cap. 43- id.
pag. 77). Questo Dio non può quindi che essere la Sostanza Semplice
Originaria. Ora, siccome al cap. 1 era stata definita la monade
sostanza semplice, Dio è la Monade delle monadi e "tutte le
monadi create o derivate sono produzioni di tale sostanza, e nascono,
per così dire, in virtù di folgorazioni (dal nulla) che trovano
un limite nella ricettività della creatura, alla quale è essenziale
esser limitata" (id. pag. 81, cap. 47). Un altro interessante
aspetto della monadologia sta nel fatto che, secondo Leibniz, ogni corpo
vivente ha un 'entelechia dominante - ovvero una monade dominante
- (che nell'animale è l'anima e nell'uomo è lo spirito): "ma le
membra di questo corpo sono piene di altri esseri viventi (piante,
animali), ciascuno dei quali ha a sua volta la sua entelechia o la sua
anima dominante" (id. cap. 7°, pag. 91). Questa sorta di scatole
cinesi fa pensare alla struttura dell' Albero Cabalistico proposto da F.
Vascellari (vedi commenti ai Testi Sacri), laddove ogni mondo è
strutturato al suo interno come un Albero cabalistico, e così pure ogni
Sephirah ed ogni Cinerah. Questo mondo cabalistico frutto di emanazione,
insomma, già nel primo mondo, nella prima emanazione conteneva tutte le
altre con annessi e connessi. Cosa che Leibniz sintetizza nella famosa
frase "Il presente è gravido dell'avvenire". Il che equivale a
dire che ogni istante porta con sé tutto il tempo e gli eventi
temporali. Infine Leibniz ci presenta la parte più nobile
dell'universo: l'insieme di tutti gli spiriti costituisce la città di
Dio, una sorta di mondo morale che è la più elevata e divina tra
le opere di Dio (id. cap. 86, pag. 97). E' proprio in questo mondo
morale che consiste la Gloria di Dio, dice Leibniz. Dopo averci
ricordato che i peccati recano con sé il loro castigo, e le buone
azioni, le loro ricompense, il nostro grande filosofo ci ricorda che
i buoni si affidano alla Provvidenza e amano e imitano Dio, e
conclude dicendo che Dio è la Causa Finale che deve costituire
l'intero scopo della nostra volontà. Egli è l'unico a poter fare
la nostra felicità (cap. 90, pag. 99). Andatelo a raccontare alla
immensa schiera di materialisti pieni di sé che mettono l'ego ed i corpi
al centro del mondo, e che sono alla eterna rincorsa delle false
felicità, quelle a buon mercato predicate tutti i giorni e in tutti i
luoghi possibili da falsi conoscitori della Verità.
Cominciamo a ricercare
il nostro spirito, purifichiamo i nostri cuori, e poi
abbandoniamoci alla perfetta Volontà Divina. Al di là dell' Io , c'è
DIO.
Grazie, Natale Missale.
|