Riflessioni di Giorgio Rollo
sul “Tao Te Ching”
Aforisma Tredicesimo

 

“E fortuna e sfortuna fan paura!
Ama come il tuo corpo la sciagura.”

 

 Il massimo come il minimo nelle cose umane sono sconsigliati. Così il massimo dell'agiatezza è da deplorare, come pure il minimo della sussistenza. La medietà conviene sempre nelle cose umane, dato che per un verso siamo imparentati  con gli angeli (assoluto) e per un altro verso  con gli animali (relativo).
Amare la sciagura come il proprio corpo, significa nient'altro che il proprio corpo è una tomba per l'anima, come insegnava il Divino Platone. Pertanto amarlo è come amare la sciagura. Tuttavia non c'è maggior sciagura che una morte prematura. Il corpo è il sepolcro dell'anima, ma è anche la pietra filosofale dalla quale si ricava l'oro.

 

“Perché fortuna e sfortuna impauriscono?
Fortuna innalza e sfortuna precipita.
Fortuna avere e perdere impaurisce.”

 

La fortuna come la sfortuna fanno parte dell'alea di mistero che circonda la nostra vita. Sono mobili e pertanto sono inafferrabili. Come tutto quanto non ha basi ferme e solide fanno paura, sono un'alternanza di situazioni: ora innalzano ora precipitano, per questo sono enigmatiche in quanto racchiudono un senso da decifrare, che non sempre e quasi mai si riesce a dischiudere.

 

“Perché amar come il corpo la sciagura?
Perché solo chi ha corpo può incontrarla.
Senza corpo potrei in sciagura incorrere?”

  

Senza il corpo non si può incontrare sciagura. La sciagura è contingente alla vita, è un fattore necessario all'andamento dell'esistenza terrena potremmo dire quasi che essa sia fisiologica, come le nostre funzioni corporali, pertanto dobbiamo accettarla in quanto ci è prossima come la nostra vita stessa.

“Chi per il mondo il proprio corpo ha caro,
può dimorarvi. Ma, se per il mondo
ama il suo corpo, al mondo può affidarsi.”

 

Colui che ama il proprio corpo in funzione della vita, può rinunciare all'attaccamento passionale al suo involucro, ed affidarsi alla corrente dell'esistere. E' lo spogliamento massimo del proprio ego a vantaggio di un io rigenerato, ed usando la maiuscola, diremmo un Io Santificato.


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