Riflessioni di Giorgio Rollo
sul “Tao Te Ching”
Aforisma Sedicesimo

“Se al colmo attingi, fermamente
permani nella quiete. Mentre intorno
degli esseri il tumulto scorre immane,
contempli il loro ritornare in quiete”.

 
Il Saggio le cui speculazioni sono rivolte verso l'Assoluto vede il mondo transeunte come relativo. Lascia scorrere il vano tumulto, lui si ritira nella sua cella e contempla. Quasi presago della sua fine, attende in silenzioso raccoglimento lo svolgersi dei suoi giorni in quiete. Non si attende onori e glorie, tutte cose passeggere, che disturbano l'anima che ha raggiunto la pace con se stessa. Quasi affacciato alla sua finestra vede il tumulto delle moltitudini in preda ad innumerevoli passioni agitarsi senza requie. E lo scorribandare delle folle in una vita tumultuosa avvolta nella cecità che insegue idoli sempre nuovi, e di cui non è mai sazia.
Ma vede anche, l'Alto Signore che tutto governa avere pietà di questo “scorrere immane”, e quasi per dare una requie a questo frenetico vorticare, aprire davanti a tutti la morte, come ultimo riposo, per chi non è riuscito in vita a trovare pace in se stesso.

 

“Dopo che son fioriti, alla radice
tornano tutti gli esseri. Tornare
alla radice quiete si denomina.
Quiete vuol dire missione compiuta
e compiere missioni è ciclo eterno”.

 

Come in natura la pianta cresce ed in seguito sviluppa un fiore, analogamente la vita di un uomo giunge ad un apogeo, e successivamente declina. Tornare alla radice, ovvero ultimato il suo percorso l'uomo rientra nella terra, ossia nella quiete. Questo perenne alternarsi ha un senso poiché l'individuo compie una missione. Compiere una missione è il destino di tutta la Creazione. Poiché l'Energia che sovrasta l'Universo, o per definirlo come Aristotele il “Primum Mobile” è un motore che azione continuamente tutto il Creato. Lo aziona grazie alla Vibrazione della Luce che continuamente alimenta i processi di evoluzione dell'Universo.
Questo procedimento è chiamato da Lao Tse “compiere missioni”, in quanto nel corso della esistenza terrena, nella veste corporale come nell'esistenza ultraterrena (spirituale), compiamo continuamente e perennemente missioni. Da quanto si evince dalle fonti delle diverse Tradizioni Religiose, apprendiamo che anche le creature celesti operano. A diversi gradi ed a diversi livelli essi hanno delle missioni da adempiere. Poiché tutto è in continuo moto, ed il movimento è vita sia sul piano terreno che in quello celeste.

 

“Sa chi ha la luce, l'eterna vicenda.
A chi-cieco-non sa, sciagura incombe”.

 

La “luce” si acquista mediante una iniziazione. Secondo le diverse religioni, e secondo i diversi tempi storici, la storia delle iniziazioni cambia. Tutte però hanno un unico comune denominatore che le contraddistingue e cioè: “l'uomo è parte formato da un corpo animale e parte formato da una veste spirituale”. Detto così semplicemente ci si stupirebbe, perché l'individuo per fare propria questa massima lapalissiana debba avere una iniziazione. Il problema giace nel fatto che non basta acquistare conoscenza razionale di questo assioma, ma bisogna averne conoscenza esperienziale, e questa è data dal vivere quotidiano tra le diverse difficoltà con la parte animale e la parte spirituale.
Innanzitutto bisogna sapere distinguere le parti che inizialmente sono frammiste e che solo con gli anni si vengono a contrapporre. Con successivo lavoro si riesce a far predominare la parte spirituale su quella animale. Questo naturalmente è un lavoro che va fatto coinvolgendo tutti quanti i sensi, bisogna fare esperienza e trarre insegnamento. Tutto questo ha bisogno di riti e di simboli che aiutino l'aggregato umano a penetrare nelle pieghe della sua personalità, ed a uscire vincitore o sconfitto in una acerrima battaglia.

 

“Chi sa, per ogni cosa ha comprensione,
se è comprensivo è tollerante e giusto;”

 

Si intende per “sapere” non una mera erudizione o una conoscenza di sé  pedante, bensì come insegna l'adagio socratico, una conoscenza di sè che permetta alla fine di dire: “è vero sapere, sapere di non sapere”. Questo “conoscere se stessi” presuppone un lavoro arduo e difficile molto maggiore rispetto a quello di apprendere le nozioni. L'individuo deve vedersi allo specchio, ma non uno specchio materiale bensì uno di natura spirituale. Per questo lavoro occorre una “riflessione ”attorno ad un'Arte, ad un Libro della Tradizione e la preghiera.
Con l'Arte si acquista la conoscenza di un mestiere, e il possedere un mestiere fa si che l'individuo possa avere il senso del limite tra le sue capacità ed il possibile. Questo gli dà la misura necessaria per rapportarsi con ciò che è oltre ogni grandezza: l'Illimitato, il Perfetto. Da qui nasce il sentimento dell'umiltà e con esso la chiave per conoscersi ed in fine sapere.
Quando una persona si conosce, inevitabilmente diventa comprensiva nei confronti degli altri perché prima ha dovuto avere comprensione di sé.
Quando è comprensivo è “tollerante e giusto”. Lao Tse ha usato la parola “tollerante” insieme a “giusto”, perché solo tolleranza può scadere in un laissez-aller senza freni, mentre usando anche l'aggettivo “giusto” si pongono dei limiti alla medesima tolleranza.

 

“è re, chi è giusto; e se è re, pure è cielo;
se è cielo, è Via, se è Via, si sazia di anni:
niente dovrà temere, finché dura”

 

Chi è padrone di sé è re del mondo, ma il saggio Taoista usa anche l'aggettivo giusto, facendo così rientrare anche la Legge. Chi osserva le norme è giusto in quanto si rifà ad un Principio Superiore.
Ed infatti chi è “giusto” è pure “cielo”. Dove per “cielo” si intende la fonte dalla quale scaturiscono le norme. Esse sono perenni ed immutabili, e da qui ne consegue che esse sono la Via. La Via che si apre verso gli orizzonti senza fine della Sapienza, la quale si sazia di anni.
Avendo raggiunto la quasi totale atarassia il saggio vive di sé. E' materia sufficiente per il suo imperituro esistere. Poiché, avendo raggiunto la Via, è in possesso della Verità, la quale libera dalle pastoie del modo, e rende il Saggio invulnerabile, in quanto uno con l'Unità, e dunque maestro del suo agire e del suo morire. Essendo la sua volontà immersa nella Volontà divina che tutto governa, è dunque capace di vedere al di là dei parametri umani, e accettare qualsiasi situazione, sia essa agli occhi dei profani negativa, con la stessa serenità con cui si accetta un dono, quale esso sia.


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