Riflessioni di Giorgio Rollo
sul “Tao Te Ching”
Aforisma Diciassettesimo
“L'antico saggio alla plebe era noto;
chi era amato e lodato venne
poi;
e venne poi colui che fu temuto;
chi meritò il dileggio venne
poi”.
Il maestro cinese Kakuan del XII°
secolo nel suo racconto i “10 Tori”, termina le sue riflessioni attorno
all'illuminazione di una persona con questa sentenza: “Scalzo e col
petto mi mescolo alla gente del mondo”, quasi a voler riecheggiare
l'insegnamento si Lao Tse che dice: “l'antico saggio alla plebe era
noto”.
Successivamente con l'avvento di un
monarca illuminato il saggio, che generalmente era suo consigliere,
diventa amato e lodato dalla gente ma, come insegna Aristotele nella sua
“Politica”, con
il succedersi ciclico
dei governi si passa dal buon governo alla tirannia ed in questo caso
anche il saggio, che pure è consigliere del tiranno, viene temuto.
Infine abbiamo il “saggio
deriso”, quando diventa professore di filosofia, come satireggia in
merito Schopenhauer, e si riduce ad essere nient'altro che un ripetitore
di dottrine altrui senza un apporto personale, se non marginale.
“Non ha fiducia chi non dà fiducia.
Medita e pesa le parole del
saggio:
a compito adempiuto, fatta l'opera,
“merito nostro” dicono le
stirpi!”
Il sostantivo “fiducia” deriva da
“fede”. Aver fede è atteggiamento di persona ottimista, in genere la
persona che gode di queste prerogativa è in armonia con se stessa.
Questo stato le permette di affrontare e
sormontare le difficoltà del vivere quotidiano con una certa audacia
combattiva, che la rende sicura di sé, quindi in grado di accettare il
rischio.
Bisogna meditare e pesare le parole del saggio, ossia non una sommaria e
frettolosa lettura, bensì una ponderata riflessione, fino al punto di
sentire il “peso delle parole”; ovvero introiettare il pensiero del
saggio al punto da farlo proprio a livello somatico. E questo avviene
solamente quando, oltre a capirle, le parole si vivono e si mettono in
pratica. In
tutte le epoche “Tradizionali” l'opera, non era ascrivibile a qualche
autore, bensì era anonima. Questo perché si riteneva che la Verità fosse
unica: i vari autori non facevano altro che tramandarla con i propri
vocaboli, essa apparteneva all'umanità in quanto frutto del pensiero e
dell'esperienza della collettività.
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