“Sempre si leva il cielo e sta la
terra;
per sempre il cielo e la terra
persistono,
e durano perché per sé non vivono:
questo li fa perenni
eternamente”.
Se volessi per un momento esulare
dell'esegesi morale di questi primi quattro versetti, verrebbe spontaneo
chiedersi, ma come Lao Tse definisce la terra perenne, non sa egli che
anch'essa è peritura al pari delle stelle?
Né si può dire che gli
Antichi popoli ignorassero tale fatto, per citare solo un esempio, il
Salmo 72 al versetto 7 recita così: ”Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace, finché non si spenga la luna”. Bisogna ricordare che
la stesura dei Salmi è almeno anteriore di cinquecento anni dalla
composizione del Tao Te Ching.
Neanche, si può asserire,
che gli Astrologi egizi, babilonesi o cinesi, ignorassero tutto ciò.
A mio parere, la soluzione
si rintraccia in questo ragionamento, che ha anche una valenza di
insegnamento morale, soprattutto per i miei contemporanei. Molto
saggiamente Lao Tse considera che la durata di una vita di un uomo
mediamente oscilla tra i settanta o gli ottanta anni, che la durata
delle civiltà si misura in qualche migliaio di anni. Parlare di una
previsione di milioni di anni, quando la terra sparirà, secondo i
calcoli degli scienziati moderni ed antichi, è semplicemente fuori
senso. E quel sano pragmatismo dei popoli antichi faceva loro dire “hic
et nunc”, per significare che un secondo è paragonabile all'eterno,
perchè l'eterno non è scorrere del tempo “pantha rei”, bensì centratura
del sé nell'essere. Perciò fare poco, e quel poco farlo bene era il
segreto degli antichi che, se vedessero tutto il ciarpame che produciamo
noi, inorridirebbero!
“Perciò sta indietro il saggio,
eppure avanza;
a sé non tiene perciò si preserva;
attua a se stesso perché a
sé non bada”.
Dopo l'iniziazione maschile, attiva o
dorica, incomincia l'iniziazione lunare. L'iniziato dopo aver raggiunto
le vette della speculazione consentite alla natura umana, deve ritornare
su se stesso, e morire a sé riprendendo una vita ordinaria.
Questo accade nella Via
iniziatica dei Tarocchi, che aprendosi la prima parte, quella solare con
il Bagatto o Mago, si conclude con l'XI carta per riaprirsi con
l'Appeso, colui che offre se stesso distribuendo averi materiali e
spirituali, venendo infine appeso ad un albero a testa in giù.
Analogo pensiero si può
riscontrare in Estremo Oriente, dove nel racconto i “10 Tori”
l'iniziato, dopo aver domato il toro, torna al mercato. Così sentenzia
il racconto: “Scalzo e col petto nudo, mi mescolo alla gente del mondo”.
Si evince da ciò che il
Saggio, conseguita l'iniziazione, deve perderla per acquistare il vero
saper vivere che, come dicono i Cabalisti, significa ritornare ad essere
l' Adamo primigenio (Adam Kadmon) del giardino dell'Eden, dove egli
passeggiava sotto lo sguardo del Signore. Sicuramente la seconda
iniziazione è ancora più dura della prima, poiché l'uomo deve spogliarsi
della propria vanità e superbia.
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