Da Nietzsche a Freud
"Secondo il mio modesto pare, lo spirito creativo
dell'uomo non è affatto la sua personalità, ma un segno o un "sintomo"
di una corrente spirituale contemporanea. La sua persona
ha soltanto il
significato di testimonianza di una convinzione impostagli da un
sostrato collettivo inconscio, che lo priva della libertà e lo costringe
a errori, sacrifici di sé e sviste che egli criticherebbe spietatamente
in chiunque altro. Freud è trasportato da una particolare corrente
spirituale che a ritroso si può risalire fino all'epoca della Riforma, e
che si libera attualmente poco a poco da veli e travestimenti
innumerevoli e sta per diventare quella psicologia che Nietzsche ha
profetizzato con acutezza di veggente.
(Carl Gustav Jung -
Prefazione a W.M. Kranefeldt, "la Psicanalisi" - Berlino 1930. In Opere
- Bollati Boringhieri - vol. IV, pag. 346. Sottolineatura nostra)
La letteratura su
Nietzsche e Freud pullula di confronti fra i due grandi pensatori. I
seguaci dell'uno e dell'altro portano acqua al mulino delle proprie
preferenze, ora ingigantendo i pensieri del filosofo, ora esaltando
quelli del padre della Psicanalisi. Uno dei libri più interessanti
in materia è senza ombra di dubbio
Freud e Nietzsche -
di Paul Laurent Assoun, della Giovanni Fioriti editore.
Accostando i due, tale autore confronta i loro rispettivi pensieri,
pervenendo alla conclusione di "due evoluzioni parallele". Diciamo
subito che noi non condividiamo questa tesi.
Quanto Jung afferma
in epigrafe sottoscriviamo al 100%. E' verissimo: ogni epoca "detta" le
sue direttive, e poche persone, che fungono da antenne riceventi, hanno
l'onore e l'onere di captarle e codificarle. Ma quando un'antenna ha già
ricevuto e messo per iscritto i dettati del tempo, ha il sacrosanto
diritto di vedersi attribuita una primogenitura, sia pure di
costrizione. Quando Freud cominciava a dar vita alla sua Psicanalisi, le
opere di Friedrich Nietzsche circolavano già da un pezzo, e a poco serve
dichiarare di non averle mai lette, quando balza evidente, agli occhi e
alla mente di un osservatore attento, che il filosofo intuisce e lo
psichiatra attinge a tali intuizioni.
Né deve sembrare provocatorio inserire un terzo
incomodo (Jung) fra i due in questione.
Lo psichiatra svizzero, in qualità di
profondo conoscitore sia dell'uno che dell'altro, non poteva certo
mancare. E da quell'attento osservatore che è, non perde occasione di
ricordarci, nel corso della sua vastissima opera e dei numerosi saggi,
che spetta a Nietzsche la qualifica di "ricevente": profeta e precursore
della psicologia è il filosofo tedesco.
C'è, tuttavia, un
altro motivo che ci ha spinto a introdurre Jung in questo breve saggio.
La storia della Psicanalisi è stata periodicamente segnata da forti
dissidenze, di cui le più eclatanti sono state quelle di Jung, Adler e
Reich. Tutti e tre sono stati fortemente influenzati da Nietzsche, e
Jung, il discepolo prediletto di Freud, ha dedicato molto del suo tempo
ad approfondire il pensiero e la psiche del grande filosofo tedesco.
Basti pensare al seminario (durato cinque anni, e tenuto per gli allievi
più intimi) che ha dedicato
allo Zarathustra nietzschiano. Pare che sia il più esteso commentario al
Così parlò Zarathustra.
Ma non
dimentichiamo nemmeno che in
Ricordi, sogni e riflessioni,
Jung, quando racconta
della sua fanciullezza, parlando della sua personalità n° 2, ci informa
d'averla chiamata
Zarathustra.
Diciamo fin da ora
che nessuno vuole togliere a Freud la sua genialità nell'avere dato
corpo e nell'avere sistemato a fini terapeutici quella gran massa di
intuizioni Nietzschiane e a quant'altro è riuscito a captare con la sua
personale intuizione. Ma diciamo anche altrettanto onestamente che, pur
ammirando il pensiero profondo di entrambi, non ne condividiamo i
contenuti: troppo distruttivo quello di Nietzsche, troppo unilaterale
quello di Freud. Entrambi hanno captato e ordinato le novità del loro
tempo, che Schopenhauer,Dostoevskij, Hartmann ed altri avevano già
anticipato coi loro scritti.
Una cosa poi da tenere presente, per meglio comprendere il comportamento
di Freud nei confronti di Nietzsche, è che fino a poco prima dello
scoppio della seconda guerra mondiale il filosofo tedesco veniva
considerato antisemita. Solo più tardi veniva scoperto che la sorella di
Friedrich, Elisabeth, aveva manipolato le carte del fratello, proprio
per far credere ciò. Lei sì, era antisemita ed aveva sposato un
organizzatore di movimenti antisemiti (Forster). Wagner sì, era
antisemita, e così lo era tutta la sua cerchia delirante. Solo la
cattiva influenza di questo grande musicista aveva acceso in Nietzsche
un giovanile e temporaneo antiebraismo indotto. Del resto basta leggere
le opere di Friedrich per rendersi conto che non era affatto antisemita
e che detestava profondamente tutti quelli che lo erano. Ma fino alla
morte di Freud, avvenuta nel 1939, tutto ciò non era stato ancora
appurato. Ecco perché il padre della Psicanalisi prendeva le distanze da
Nietzsche: tu mi odi, io ti ignoro. Tuttavia, come ben sottolinea Marco
Innamorati nella prefazione al libro di Assoun, Freud "sembra essersi
coscientemente preoccupato di cancellare ogni traccia di un rapporto"
col filosofo in questione.
Ma entriamo in argomento.
Assoun, fin dalle
prime battute dell'introduzione alla sua ottima opera
Freud e
Nietzsche, sembra manifestare le
proprie simpatie per Freud, laddove, ci avverte subito di considerare i
due pensatori come una congiunzione accreditata,
e di avvertire "risonanze da un'opera, e da una
dottrina, all'altra". Come può questo bravo studioso parlare di
congiunzione, quando, manca l'elemento fondamentale perché questa si
realizzi: la contemporaneità? Quando in astronomia si dice che due
pianeti si trovano in congiunzione, si intende dire che, da un certo
punto di vista ed in determinato momento essi sono, per l'appunto,
congiunti. Nel nostro caso abbiamo un Nietzsche che ha compiuto la sua
opera prima che Freud cominciasse la sua. Come si fa quindi a parlare di
congiunzione?
Poi l'autore comincia a parlare
di analogia fra le due opere, e quindi ritiene opportuno iniziare un
confronto fra i contenuti dell'opera dell'uno e quelli dell'opera
dell'altro. Anche qui, parlare di analogia, è azzardato. E'
sfacciatamente facile servirsi di una intuizione in un certo campo del
sapere, per creare un sistema in un altro campo del sapere. Nietzsche,
scrivendo in forma aforistica, ha dato vita ad un'opera capace di potere
foraggiare per almeno due secoli pensatori di ogni disciplina. Lui
stesso aveva previsto questo, asserendo che un solo suo aforisma poteva
essere trasformato in un intero libro da un comune pensatore. Sapeva
benissimo di avere messo le mani e la mente su materiale in fermento (la
psiche), su materiale esplosivo; sapeva benissimo di essere, per questo,
inattuale; sapeva altrettanto bene che schiere di filosofetti avrebbero
saccheggiato la sua opera (la filosofia contemporanea sembra essersi
fermata con lui: non si fa che attingere alla sua miniera). Come si fa a
parlare di analogia? Freud, nonostante per tutta la vita abbia affermato
di non avere letto di Nietzsche che qualche pagina, e nonostante si sia
preoccupato di mai proferire il nome di questo filosofo, se non in
qualche rarissima eccezione, ne ha sicuramente letto l'opera: troppe
"analogie" sospette fra i pensieri dell'uno e dell'altro. Quando Freud
si imbatte nella figura di Nietzsche si accorge subito di essere di
fronte ad un pensatore fuori dal comune, unico, e "se fosse stato
tentato - come dice Assoun nella sua introduzione al testo sopra citato
- di eludere l'unicità di Nietzsche, altri si sono incaricati di
additargliela". Stiamo parlando di suoi stessi discepoli e di tanti
altri addetti ai lavori.
Ma lo stesso
autore, subito dopo parla apertamente di contemporaneità fra i due:
Nietzsche è più anziano di Freud di soli dodici anni. Rimane il fatto
saliente che, contemporanei o meno, gli scritti del filosofo era già
stati pubblicati e potevano essere letti e meditati da chiunque. Quando
Freud a metà degli anni ottanta andava ad abbeverarsi a Parigi da
Charcot, Nietzsche stava scrivendo la sua opera più famosa, dopo averne
già divulgato altre importanti. Quindi, il discorso di Jung va
accettato, ed esso vale sia per l'uno che per l'altro, ma nel momento in
cui si comincia a scavare nei rispettivi pensieri per far vedere come
alcune cose non sono proprio uguali, ma si differenziano ora per questo
e ora per quello, allora ci pare doveroso sottolineare prima i concetti
generali (non dimentichiamo che Nietzsche usava l'aforisma e non
approfondiva, ma lasciava portoni spalancati perché altri potessero,
dopo l'imbeccata, seguire la via additata molto chiaramente) per poi
scendere nei particolari. Insomma, quando Nietzsche sta per entrare nel
tunnel della follia, Freud è ancora in alto mare, e quando il filosofo
sta per morire nasce
l'Interpretazione dei sogni.
Dopo la morte di Nietzsche, Freud per quasi
quarant'anni limerà il suo pensiero. Né bisogna dimenticare che, in quel
periodo, nelle università europee, attraverso un passa-parola, venivano
divulgati i pensieri di pensatori, filosofi, letterati, e che, come il
pensiero di Schopenhauer, si diffuse rapidamente anche quello di
Nietzsche. Né, tanto meno, bisogna sottovalutare la forza propulsiva e
divulgativa dei salotti letterari.
Vorremmo fare ancora un'altra
considerazione. Noi abbiamo letto e riletto le opere di Nietzsche, e
confessiamo di non poter onestamente dire: "il pensiero di questo
filosofo è questo…". Grandi pensatori hanno approfondito il pensiero di
Friedrich, ma per farlo hanno dovuto spendere interi lustri della
propria vita: Heidegger si è confrontato per dieci anni; Jung, su una
sola opera, vi è rimasto cinque anni; Jaspers ha speso anche lui il suo
tempo. Questo per citare solo alcuni grandi. Una cosa accomuna, però,
gli studiosi di Nietzsche: tutti, dopo averne studiato le opere, hanno
dato vita a saggi corposissimi. Ora, vedere ridotto il pensiero
nietzschiano a quelle poche scarne
considerazioni comparative che il nostro
Assoun ci propone, ci sembra davvero limitativo. Né, per farcene capire
il pensiero, si è soffermato sull'uomo Freud e sull'uomo Nietzsche. E
nemmeno ci ha riproposto le date di pubblicazione delle rispettive
opere. Questo, nonostante il filosofo tedesco avesse scritto più volte
che la filosofia di un autore "è un'involontaria biografia dell'anima"
ed i suoi pensieri "un'appassionata storia di anime". Nonostante la
quasi totalità degli studiosi nietzschiani abbia ormai dichiarato che è
possibile concepire la vita di Nietzsche come la sua "opera completa".
Lui stesso aveva detto che "il prodotto del filosofo è la sua vita…la
sua opera d'arte". Non viene nemmeno preso in considerazione un
parallellismo umano, se non per grandi linee, dei due pensatori.
Conoscere il vissuto dell'uno e dell'altro può aiutare a capire la
genesi di una intuizione, e soprattutto la paternità di essa.
Non si è per niente rimarcato che dei due,
l'uno, il filosofo, era alla costante ricerca dell'Eterno, spinto da una
tensione verso l'oltre-tempo, mentre l'altro era più spinto verso la
conoscenza della maschera umana: l'uno cercava l'essenza dell'uomo
senz'altro aiuto che di se stesso, l'altro credeva di aver
trovato tale essenza proprio nella
maschera; uno voleva fare tabula rasa di tutto, della metafisica, della
morale e di ogni altro valore, per superare ogni cosa ed approdare verso
nuove possibilità, l'altro voleva puntellare l'effimera certezza
dell'Io, l'inconsistenza di un falso centro. Altra cosa importante che
andava sottolineata è che Nietzsche, come filosofo, si considerava
"medico della civiltà". Ha ragione Claudio Pozzoli quando afferma (lo
aveva già sottolineato Jaspers), nella prefazione ad un'antologia di
aforismi nietzschiani da lui proposta per Mondadori, che "Nietzsche deve
essere letto come stimolo allo sviluppo di idee
proprie, magari opposte alle sue".
Chissà?, forse Freud, dopo averlo letto, ha ricevuto un forte stimolo
per dar corpo a idee proprie e a proprie intuizioni. Ma perché non
dirlo? Perché nascondersi per tutta una vita dietro un "io, Nietzsche,
non l'ho mai letto"? Perché evitare persino di pronunciare il nome di
questo grande pensatore e precursore a trecentosessanta gradi?
A questo punto non vorremmo però sembrare coloro che da un lato
attaccano chi si schiera con una delle due parti, e dall'altra si
schierano con l'altra parte. Ancora una volta non rimane che sposare
l'idea Junghiana: "Le idee che conquistano, le idee cosiddette vere,
hanno in sé un che di particolare, sorgono da una regione atemporale, da
un essere-sempre-esistite… le idee provengono da un qualcosa che è più
grande della persona singola. Non siamo noi a produrre le idee che
formano noi" (Op. cit. pag. 357). Accettando questo punto di vista,
diciamo pure che Assoun si poteva risparmiare il suo (!) bel libro. Ma
d'altro lato, verrebbe meno il puro divertimento di scrivere, criticare,
farsi criticare, leggere, editare, stampare, ecc. Perciò, ci
accontentiamo di citare il pensiero junghiano, di condividerlo, e,
nonostante tale condivisione, di continuare il nostro piccolo saggio.
Che ne direste se a
questo punto lasciassimo parlare per qualche secondo Nietzsche
personalmente a proposito di introspezione? Da
Umano,
troppo umano II, 223 (dove occorre dirigere il nostro viaggio)
"L'immediata osservazione di sé non basta affatto a conoscere se stessi:
ci occorre la storia, poiché il passato continua a fluire in noi in
cento onde; noi stessi anzi non siamo nulla se non quello che istante
per istante percepiamo di questo fluire… così conoscenza di sé diviene
conoscenza di tutto in rapporto a tutto il passato: così come, dopo
un'altra serie di osservazioni, che qui accenniamo soltanto, negli
spiriti più liberi e più lungimiranti autodeterminazione e
autoeducazione potrebbero diventare un giorno determinazione del tutto
in rapporto a tutta l'umanità futura"
(Nietzsche - Opere - Newton, pag. 763). Questo aforisma, se fossimo
stati Freud e l'avessimo letto, ci avrebbe sicuramente fornito dei
validi indicatori per la nostra personale ricerca, e se fossimo stati
Jung, avrebbe funzionato altrettanto bene. Non solo: se fossimo stati
sociologi, avremmo trovato in esso spunti interessanti di riflessione, e
se fossimo stati…ecc.ecc. Tutto questo, per dare un'idea di come ogni
aforisma nietzschiano possa essere approfondito in più direzioni.
E' giunto ora il momento di "demolire" il muro torto
della contemporaneità.
Nietzsche nasce a Rocken il 15 Ottobre 1844 e muore
il 25 Agosto del 1900; Freud nasce a Freiberg il 6 Maggio 1856 e muore a
Londra il 23 Settembre 1939.
Nietzsche pubblica la sua prima opera,
La nascita
della tragedia dallo spirito della musica,
nel 1872; la
Prima
inattuale nel 1873; nel 1874 tocca alla
seconda edizione della
Nascita della tragedia
e alla
Seconda
e alla
Terza
inattuale (Sull'Utilità
e il danno degli studi storici per la vita
e
Schopenhauer come educatore);
nel 1876 esce la
Quarta inattuale (Richard
Wagner a Beyreuth); nel 1878 vede la
luce la prima parte di
Umano, troppo umano;
l'anno dopo, 1879, la seconda parte di
Umano, troppo umano, un libro per spiriti liberi,
con in appendice
Opinioni e
sentenze diverse; nel 1880 esce
Il viandante
e la sua ombra; nel 1881 tocca ad
Aurora; nel 1882,
La gaia
scienza e
Idilli di Messina;
nel 1883 esce la prima e la seconda parte di
Zarathustra; nel 1884
la terza parte di
Zarathustra;
Nel
1885, la quarta parte di
Zarathustra; nel
1886 ,
Al di là del bene e del male,
e la ripubblicazione di
Umano,
troppo umano e
Nascita della tragedia.
Ovvero:
grecità e pessimismo; 1887: nuove
edizioni di
Aurora e
Zarathustra,
e
Genealogia della morale.
Nel 1888, Il caso Wagner;
nel 1889 escono
Il crepuscolo degli idoli,
Nietzsche contra Wagner.
L'Anticristo
uscirà censurato nel 1895.
Ecce homo.
Come si diventa ciò che si é, uscirà
postumo nel 1908 ma già il 3 Gennaio del 1889
il filosofo aveva dato gravi segni di
squilibrio mentale.
Freud, insieme con
Breuer, pubblica la sua prima opera (Studi
sull'isteria) solo nel 1892, mentre il
suo capolavoro, L'interpretazione dei sogni, vede
la luce solo nel 1900, mentre Nietzsche moriva. Le altre sue opere
vedranno la luce nel corso dei trentanove anni successivi.
Questo, quanto alla cronologia delle opere.
Ma non
è certo solamente
cio` che chiarirà definitivamente le cose. Ci piacerebbe riportare
tutti gli
aforismi nietzschiani che hanno a che vedere con lo studio della psiche
e quindi con la futura Psicanalisi, ma il nostro breve saggio non ce lo
permette. Ne riporteremo qualcuno più significativo.
Crepuscolo
degli idoli (9 - 51): "…
L'aforisma, la sentenza, in cui per
primo sono maestro
tra i Tedeschi, sono le forme dell'eternità; la mia ambizione è dire in
dieci frasi quello che chiunque altro dice in un libro, - quello che
chiunque altro non dice in un libro…"
(Nietzsche - Opere 1882, 1895 - Newton,
pag. 757). Questo aforisma ci mette in guardia: forzandone i contenuti,
è come se dicesse: se un domani doveste paragonare il mio pensiero a
quello di Freud, non vi lasciate suggestionare dalla brevità della mia
esposizione e dalla insopportabile lunghezza dell'esposizione freudiana.
Per giustificare tale forzatura, offriremo qualche altro aforisma,
lasciando al lettore il compito di rileggere qualche intero libro di
Freud, per appurare, alla fine, che dicono entrambi la stessa cosa.
Aforisma 119 di
Aurora: "… che tutta la nostra cosiddetta coscienza è un commento più o
meno fantastico ad un testo inconscio, forse inconoscibile, e tuttavia
avvertito? (pag. 954 Opere 1870 -
1881); aforisma: 128 stesso libro: "Niente vi è così proprio,
più dei vostri sogni! Niente è più opera vostra! Materia, forma, durata,
attori, spettatori, - in queste commedie siete tutto voi stessi!
(Id. pag. 956). Aforisma
185 di
Umano,
troppo umano I: "I cosiddetti paradossi dell'autore, di cui un lettore
si scandalizza, spesso non stanno per niente nel libro dell'autore,
ma nella testa del lettore"
(Id.
pag. 593). Aforisma
35 stesso libro (Id. pag. 538): "Che
…
l'osservazione
psicologica faccia parte dei mezzi grazie
ai quali ci si può alleviare il peso della vita; che l'esercizio di
quest'arte conferisca presenza di spirito in situazioni difficili… tutto
questo, nei secoli passati, si credeva, si sapeva".
Aforisma 32
(8) Frammenti postumi, riportato in
Filosofare
con il martello - Mondadori, a cura di
Claudio Pozzoli, pag. 81: "La maggior parte del nostro essere ci è
sconosciuto… abbiamo in testa una visione dell'
Io
che ci determina in molti sensi. Esso deve avere una coerenza di
sviluppo. E' questa l'azione culturale privata - vogliamo creare unità
(ma crediamo che si tratti solo di scoprirla).
Frammenti postumi 1 (76) op. appena citata,
pag. 99: "…In tutte le azioni c'è molta intenzionalità
inconscia…" ; " L'Io (che non è la stessa cosa dell'economia unitaria
del nostro essere!) è solo una sintesi concettuale…
(Id. pag. 100).
Aforisma
1, 223 -
Umano, troppo umano II: "Il pubblico scambia
facilmente chi pesca nel torbido per uno che attinge dal profondo
(pag. 111 op.cit.). "Lo
psicologo deve prescindere da se stesso, per poter vedere"
(aforisma 1 - 35
Crepuscolo
degli idoli (pag. 178 op. citata). "Il
filosofo dice: l'essenza di tutte le arti risiede nell'inconscio: la più
chiara è la voce della musica…
Nel mondo dell'inconscio non esiste
l'intenzione: la creazione artistica è una creazione istintiva"
(Id. pag. 222 - 223).
I passi da riportare sarebbero tanti,
troppi. Ma con le citazioni dobbiamo fermarci qui, per non appensantire
troppo il nostro saggio. Rinviamo comunque il lettore ad approfondire
per proprio conto lo studio di questi due giganti del pensiero, di cui
uno (Nietzsche) è precursore dell'altro (Freud), ricordando a "chi non
ha mai osato esporsi ai pericoli dello studio di Nietzsche" (B.
Moroncini), di non lasciarsi ubriacare dai fumi dionisiaci, di non
lasciarsi intossicare
dal
fuende
nietzschiano, da quall'avvolgente canto
di sirena che è la sua "strana" poesia ricca di volontà di potenza.
Potrebbe capitare di dover indossare la maschera di Nietzsche e divenire
in qualche modo Nietzsche (ci ricorda Bruno Moroncini nel suo
L'autobiografia della vita malata - ed.
Moretti e Vitale, pag. 38). Il rischio è quello di identificarsi
totalmente col suo pensiero martellante ed assordante, con la sua
volontà coinvolgente. Occorre, dunque, tenere deste tutte le facoltà
critiche, per accettare, del suo pensiero, solo quanto vi è di
costruttivo e buono. Nietzsche componeva sotto la spinta di un'ebbrezza
dionisiaca potentissima: attenzione dunque!
Ma torniamo in tema. Questi
pochi aforismi riportati, ad un attento studioso non possono non
provocare inquietudine, ma nemmeno possono annebbiare il raziocinio e
far esclamare (come accadde a Federn): "egli(cioè Nietzsche) ha
anticipato intuitivamente certe idee di Freud". Se mai è Freud ad avere
posticipato certe idee di Nietzsche, per dirla con mezzo sorriso. La
patente delle buone idee non è nella lungaggine della loro esposizione:
una cosa può esser detta in quattro parole od in mille, ma quel che
conta è la sostanza. Né va attribuita più importanza a centinaia di casi
clinici (Freud), piuttosto che ad un unico caso clinico (Nietzsche
stesso). Questi lo ripete diverse volte: la sua filosofia è vita
vissuta; ogni aforisma è frutto di esperienza personale, di una spietata
autoanalisi che il filosofo tedesco ha condotto per tutto il corso della
sua vita.
Non è un caso che, nei Mercoledì tenuti a
Vienna dalla società psicanalitica, i più stretti collaboratori di Freud
sottolineavano spesso come il pensiero di Nietzsche anticipava quello
del loro maestro. Ma anche qui in modo a dir poco discutibile: "Senza
conoscere la teoria di Freud, Nietzsche ne ha compreso e anticipato
molti elementi" (Friedmann e Frey - pag. 13 opera di Assoun). Sarebbe
stato più onesto dire: "E' strano come molti elementi della teoria
Nietzschiana li ritroviamo in Freud. Quest'ultimo, alla fine, quando il
pensiero di Nietzsche è oramai conosciutissimo, non poté fare a meno di
dichiarare (vedi pag. 16 op. appena citata): "Il grado di introspezione
raggiunto da Nietzsche non è stato raggiunto da nessuno prima di lui e
non sarà mai più raggiunto".
E' vero che questo
apprezzamento di Freud va riferito alla percezione endopsichica, ma noi
ne allarghiamo la portata a tutto il discorso. Come l'albero di uno di
suoi aforismi, Nietzsche ha raggiunto sia le profondità di se stesso,
sia le altezze più impensabili fino ad allora, sia nel bene che nel
male. Ecco perché negli ultimi due aforismi di
La gaia
scienza, il nostro filosofo parla di
grande salute e
grande
serietà: Egli ha toccato delle corde
che è possibile far vibrare solo con una forza d'animo grandissima; ha
scoperto le plastiche pareti dell'Inconscio ed i suoi contenuti; la
propria ombra, il proprio inferno, l'inferno dell'uomo; ecco perché lui
e quelli che lo comprendono hanno bisogno…:
"Noi
prematuri di un futuro ancora non dimostrato - abbiamo bisogno, per un
nuovo fine, anche di un nuovo mezzo, una nuocva salute, più forte, più
scaltra, più tenace, più ardita, più impavida di quanto non lo siano
state sinora tutte le saluti… una grande salute" .
Nietzsche
è entrato nei territori di una terra inesplorata, dopo avere messo in
discussione tutti i valori e gli ideali esistenti fino ad allora. Il suo
nichilismo (da tutti frainteso) non mira alla sola distruzione del
"vecchio", ma cerca pure di divenire energia propulsiva per la ricerca
di un nuovo ideale, per la cui realizzazione è richiesta, appunto, la
grande serietà,
"un ideale con il quale il destino dell'anima ha
la sua svolta, la lancetta si muove, ha inizio la tragedia…".
Una nuova era comincia con la sua scoperta, e la tragedia che lui ha già
vissuto e che continua a vivere ha indotto nella sua psiche un ritmo
particolare che automaticamente è "sceso" nella sue parole: lui è
diventato un cantore, e poco
gli importa di essere frainteso, non capito: invita solo a danzare al
ritmo del suo canto, della sua musica, della sua melodia. Ma la danza,
come tutti ben sappiamo, stordisce il corpo, allenta le redini della
coscienza, e questa, straripando nell'oceano dell'Inconscio, acquista
una tale volontà di potenza da essere afrodisiaca, stordente,
assuefacente, peggio della più potente delle droghe. Da Nietzsche
traboccano pienezza e potenza perché il suo Io non si è, come quello di
un mistico o di un santo, annegato nella Coscienza Universale, ma ha
bevuto a quella fonte ed ha mantenuto la sua apparente individualità: è
diventato un canto di sirena che può portare alla follia. Per lui la
vita è diventata un mondo dove abbandonarsi e danzare, e danzando
cantare la danza. Diciamo che lui, nel corso della sua vita, si perde
per poco nel mare dell'inconscio, si ubriaca, si consegna ad esso, e per
poi ritornare potenziato nella forza e nella volontà. Non per nulla,
nell'aforisma 350 della
Gaia scienza ci
dice che
"Ogni tanto, occorre sapersi perdere, se si vuole
imparare qualcosa dalle cose che non siamo noi".
Per dirla dal punto di vista del misticismo,
Nietzsche carica le parole con una forza e una volontà super-umana, allo
stesso modo in cui un santo carica le sue parole - solo che quest'ultimo
lascia che a parlare sia Dio, mentre il nostro pensatore, dopo aver
attinto a quel fuoco, ripiomba in sé e lascia parlare il suo ego. Qui
nasce il fascino di Nietzsche: ha cercato per tutta la vita di far
partecipare anche il corpo al banchetto del fuoco dell'oltre. Un santo
lascia annegare il suo piccolo sé nell'Oceano dell'Essere, e si
impersonalizza; Nietzsche, invece, si tuffa nell'Essere per qualche
attimo, viene colto da un'incredibile ebbrezza, e ritornando danzando,
dà voce alla danza per farci danzare. Però il nostro ego non ha bisogno
di danzare, ma solo di capire di essere una maschera: la mente egoica
deve lasciare cadere le false pareti dell'egoità, per sconfinare in un
mare di
Essere. Una Vita
Universale che pulsa, crea, distrugge, danza in ogni forma, è Quello che
noi siamo in essenza: il resto è forma. Ha ragione Osho quando dice che
c'è mancato poco perché Nietzsche diventasse una grande realizzato, un
illuminato. Ma illuminato non é. E' uno di quelli, come dice il
misticismo ebraico (Kabbalah), che è andato oltre, ma è stato colpito da
follia.
Ciò non toglie, che prima di perdere il
senno, sia riuscito a vivere sulla propria pelle un nichilismo figlio
dell'illuminismo e della techné, ed abbia dato un'occhiata all'inferno
che ne sarebbe derivato, sia nella psiche di ognuno, sia nella
collettività. Aveva ragione quando affermava che la tragedia sarebbe
cominciata con la sua scoperta di un mondo pericoloso. In quella danza
c'è tutto il satirismo del nostro tempo: i satiri di questo nostro mondo
occidentale hanno oramai sbranato il Dio, ma non si sono accorti che
hanno fatto a pezzi soltanto un concetto, perché il vero Dio
é
VITA immortale, ESSERE danzante, CANTORE che canta
ogni forma, e cantando la crea. Non è mai la Vita che muore: è
impossibile che muoia l'Eterno. E' la morte, l'ombra della Vita, che
allungandosi nel tempo e nello spazio, si crea e si annienta in un
tragico, comico, assurdo eterno ritorno dell'inconsistenza, della bugia,
dell'irrealtà.
Questo, forse, fa
comprendere meglio il pensiero di Nietzsche, e gli rende giustizia, dal
momento che, la maggior parte dei cosiddetti studiosi del suo pensiero
si è soffermata più sull'uomo e sulla malattia, che sui contenuti della
sua opera: "ciò
che interessa loro - aveva detto il
filosofo parlando dei critici -
non è ciò
che io dico, ma il fatto che sia io a dirlo… mi si giudica per non
doversi occupare della mia opera; se ne spiega così la genesi - e si
pensa di averla così sufficientemente - confutata"
(riportato da Assoun a pag. 17 della sua citata
opera). Lo stesso Jung, nel suo seminario sullo Zarathustra (di cui
conosciamo solo brani riportati nel bel libro
Lo spirito e l'ombra - i seminari di Jung su
Nietzsche -
ed. Moretti & Vitali, che contiene
cinque saggi, rispettivamente di Mario Pezzella, Fulvio Salza, Dartio
Squilloni, Giorgio Cocato e James Hillman), sottolinea soprattutto
l'aspetto patologico dell'autore.
No, noi non crediamo che
"Nietzsche e Freud percorrono due strade - una distruttiva e aforistica,
l'altra metodica e scientifica - per esplorare la medesima terra
incognita" (Assoun, pag. 45).La strada è una, e l'ha disegnata il
filosofo: Freud l'ha solo asfaltata e addobbata. Non diciamo questo
perché lo psichiatra ci sta antipatico, ma solo per amor di verità.
Quanto alla distruttività, concordiamo ancora una volta col pensiero di
Jung: "Freud
fu uno specialista dei nervi… e tale è sempre rimasto… Egli non fu
psichiatra, né psicologo, né filosofo… il suo punto di partenza è sempre
la psiche degenerata per nevrosi… L'interpretazione dei sogni resta
l'opera più significativa di Freud… Egli fu un grande distruttore. Il
volgere del secolo offriva infinite occasioni di sovvertimento, e a
realizzare il compito non bastò neppure un Nietzsche. A ciò che restava
da fare pensò un Freud, e con grande impegno…
(Jung - Opere, vol. 15°, pag. 217 - 220 - Sigmund Freud: Necrologio).
Non condividiamo tutto, di questo necrologio, ma la parte finale la
sottoscriviamo: Non solo Nietzsche fu un distruttore, ma anche Freud, il
fondatore du una chiesa laica priva di ogni valore, il padre putativo di
una psicanalisi che nulla ha di scientifico, nonostante il suo fondatore
si ostinasse a voler dare ad essa patente di scientificità: una pseudo
scienza nata da una costola di quella incredibile autoanalisi che fu la
vita e l'opera di Friedrich Nietzsche, il filosofo inquietante.
Grazie, Natale Missale.
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