Jung e il recupero
dei valori
Attraverso la conoscenza e la
scienza, le correnti filosofiche illuministiche si proponevano di
"rischiarare" la mente degli uomini per liberarli da ignoranza,
superstizione ed oscurantismo. Come sempre accade con le rivoluzioni,
però, da un eccesso si è passati ad un altro eccesso: con l'acqua sporca
veniva buttato via anche il bambino. Il bambino in questione, in senso
molto lato, era l'anima della Natura e la religione ("la grande
illusione, la grande menzogna", si diceva allora). Voltaire,
l'ispiratore di tutto questo, può essere considerato a tutti gli effetti
il padre dello stile del Nichilismo moderno, perché nei suoi
scritti è palpabile la convinzione, propria di tutti quelli che dopo di
lui verranno chiamati per l'appunto Nichilisti, di essere i soli
detentori della vera Verità (beati loro). Per affermare tale convinzione
il metodo usato è la satira spinta al massimo della "decenza" e
l'insulto. La violenza verbale di tale apostolo del Nulla, come una
peste ha contagiato mezzo mondo. Scienziati, filosofi, artisti,
scrittori, poeti, e persino medici (Freud sarà uno di questi), nel
momento in cui contraevano il virus del Nulla, convinti di essere stati
vaccinati contro la pandemia della menzogna e della superstizione, non
si accorgevano del loro trapasso dall'Essere al Non-Essere, e in qualità
di fantasmi osannati da altri fantasmi cominciavano ad esercitare la
professione di untori credibili: credibili, perché l'insulto è il
lasciapassare più formidabile che esista: se tizio insulta Caio, quest'ultimo
non può che essere nel torto. L'insulto non usa solo violenza
all'insultato, ma anche a quella gran massa di idioti che danno più peso
alle emozioni negative veicolate dalle parole, che ai concetti racchiusi
in esse. La parola idioti è un insulto? Non ci sembra, perché
chiamare per nome le cose ci pare normale, e poi crediamo di non aver
messo nella parola in esame quell'astio, quel disprezzo, quel
crucifige con cui i nichilisti condiscono le loro amorevoli sillabe.
Il nostro vuol essere solo un invito moderato a riusare il cervello e a
non gettar via, con l'acqua, il bimbetto, e se qualcuno lo ha già fatto,
a riprendere il "pargoletto" in braccio. Intendiamoci, la superstizione,
l'ignoranza, le ingiustizie sociali c'erano davvero, e la rivoluzione ha
spazzato via tanta spazzatura, ma dietro quella spinta poderosa il
pendolo è andato oltre ogni limite, preparando il terreno all'avvento
paradossale del niente. Ricordate cosa insegnava Pangloss, il
precettore, in casa del Barone di Thunder-ten-tronckh, nel Candide
di Voltaire? Insegnava Metafisico-teologo-cosmoscemologia. Pur
dovendo riconoscere che l'opera del filosofo (?) francese ha contribuito
enormemente alla eliminazione di vergognose ingiustizie sociali, di
inauditi bigottismi, di superstizioni diffusissime, confessiamo che i
suoi scritti non ci hanno mai toccato nel profondo, perché forse non
hanno profondità. La Metafisica e la Teologia non possono essere
trattate così. I filosofi greci, i veri filosofi, grazie alla
Metafisica, hanno avuto le intuizioni più importanti della storia
dell'umanità. Hanno spalancato le porte a intuizioni scientifiche venute
anche dopo qualche millennio. Alcuni teologi, quelli che "parlano di
Dio" per esperienza più che per studio, hanno scritto le più belle
pagine di misticismo, spingendo milioni di discepoli sulla strada della
ricerca della Verità e quindi verso la conoscenza di se stessi.
Purtroppo la cosmoscemologia è figlia della presunzione di quegli
illuministi che "finendo", "uccidendo" la Metafisica, hanno chiuso le
porte dell'intuizione; e deridendo la Teologia (spesso - ammettiamolo -
bigotta) hanno inferto un duro colpo alla spiritualità "spegnendo"
l'anima dell' umanità.
Era cominciata l'era dei
"grandi distruttori", il cui vertice spetta di diritto a Nietzsche, il
primo e l'ultimo vero Nichilista. Col suo terribile "Dio è morto"
e con la sua "voce" intossicante, distrutto Apollo ed imposto Dioniso,
da un canto faceva precipitare la cosapevolezza umana dalla testa
all'ombelico, dall'altro bombardava i suoi contemporanei con intuizioni
incredibili che solo pochi capivano, e costringeva i suoi lettori a
fiondarsi dall'ombelico fin sopra la testa. Ma in questi luoghi elevati
catapultava le menti di coloro che amavano il suo pensiero distruttivo,
in vortici annichilenti, in uragani di massima violenza che portavano
direttamente alla schizofrenia chi, già bordeline, stazionava ai confini
della cosiddetta "normalità" psichica.
Dopo di lui, il secondo posto
spetta senz'altro a Freud: "Freud… fu un grande distruttore. Il
volgere del secolo offriva infinite occasioni di sovvertimento, e a
realizzare il compito non bastò neppure un Nietzsche. A ciò che restava
da fare pensò Freud, e con grande impegno…" (C.G. Jung - Sigmond
Fred: Necrologio - in Opere, vol. 15, pag. 222). Queste pesanti parole,
nascoste sapientemente nel giudizio critico che nel necrologio Jung dà
dell'opera e del pensiero di Freud, non possono non essere condivise.
Esse nascondono una profondissima inquietudine, e cioè che l'opera
cominciata da Nietzsche potesse essere portata a termine in tempi brevi,
con grave danno per l'umanità. Solo alla luce di tale inquietudine potrà
essere apprezzata pienamente l'opera (e quindi la vita ad essa dedicata)
dello psichiatra svizzero. Jung non ha "combattuto" il pensiero
freudiano per invidia, ma semplicemente perché lo ha ritenuto
pericolosissimo. E purtroppo aveva ragione. Lo scopritore dell'inconscio
(a noi sembra che Nietzsche lo abbia non solo preceduto nella scoperta,
ma che per primo, attraverso tutta la sua opera e la sua vita - che
sono, si potrebbe dire un tutt'uno - ha operato la prima autoanalisi)
non solo è stato distruttivo, ma anche riduttivo. Per spiegare la psiche
umana ha attinto ad un solo mito, quello di Edipo. Lo sottolinea
giustamente James Hillman nella sua Re-visione della Psicologia,
ed. Adelphi, pag. 374: " …Un solo mito per spiegare la psiche di
tutto il genere umano". Più riduttivo di così! Ma Hillman sottolinea
un pericolo ancora maggiore: scoperchiare la pentola dell'inferno
personale senza protezione ed in presenza dell'ormai accettato "Dio è
morto" , significa solo lasciare galoppare a briglie sciolte
Dioniso, il diavolo. Non è l'infero che deve salire a noi, siamo noi a
dover scendere agli inferi: il primo caso è barbarie, il secondo cultura
(il concetto è del suddetto autore). "La Psicologia ha fallito anche
perché ha preso i suoi strumenti ovunque salvo che dalla
religione… una negligenza sorprendente se si considera che l'anima è
appartenuta da sempre alla religione". Per Hillman "la Psicologia
è una varietà dell'esperienza religiosa". Ebbene, per Freud la
religione era illusione, mentre la Psicanalisi era realtà. Non
dimentichiamo che religione è un rapporto che lega l'uomo al
divino, e se tale rapporto è "illusione", in un mondo da sempre diviso
in divino e luciferino non rimane che il demoniaco. E se l'infernale
vogliamo chiamarlo semplicemente profano, non passerà molto tempo ed
esso farà il salto di "qualità" (!): diventerà demoniaco. Se la
religione è illusione, se l'arte è patologia, se l'unica verità è Edipo
ed il sesso, beh, Jung ha fatto bene a scrivere quel necrologio, perché
con le sue parole, ma soprattutto col suo pensiero, ha definitivamente
sotterrato la grande bugia, il falso dogma freudiano. Noi la pensiamo
come Jung: " l'Interpretazione dei sogni"di Freud è un libro geniale e
nessuno degli altri suoi scritti raggiunge tali livelli di genialità,
anzi. Freud - ci ricorda Jung nello stesso necrologio - "poneva ogni
speranza nell'illuminismo; perciò uno dei suoi motti preferiti era il
voltairiano écrasez l'infame" … "In ogni possibile occasione egli
spodestò lo 'spirito' quale usurpatore e agente della rimozione,
riducendolo a 'formula psicologica'. (id.). "Lo spirito
identificato con l'intelletto cessa di essere il Padre di tutti e
degenera nella mente limitata dell'uomo: così l'immensa energia emotiva
espressa nell'immagine di "Padre nostro" si dissolve nella sabbia di un
deserto intellettuale". (Jung - Simboli e interpretazione dei sogni
- Boringheri -vol 15° , pag. 294). Prima l'uomo aveva un dio dei fiumi,
un dio della foresta, un dio di ogni cosa (tradotto in religiosità:
prima l'uomo sentiva la voce di Dio nella natura, in ogni cosa), e
questo suo colloquiare con le cose sprigionava un'energia emotiva
enorme. Adesso, da che il Dio, il Padre nostro è l'intelletto, quest'
enorme energia "è sprofondata nell'inconscio", e le innumerevoli voci di
Dio, o per dirla con Jung, gli dei, sono diventati malattie, patologie.
Quanto ciò sia vero lo testimonia il nostro tempo: il campo di Dioniso.
I "satiri" che calpestano tale campo sono tanti. La "danza" è diventata
ormai frenetica, l'istinto impazza.
Jung, con la sua monumentale
opera, ha combattuto tutto questo. Anzi continua a combatterlo perché i
suoi scritti sono ancora attuali. Alla marea di materialismo ha
contrapposto una diga di spiritualità ben camuffata. Egli è riuscito in
un'impresa impossibile: ha coniugato misticismo e "scienza". La sua
Psicologia Analitica, può essere considerata una porta aperta sulla
muraglia nichilista freudiana, un vaccino contro il virus del
materialismo ad ogni costo. Con i suoi profondi studi sull'alchimia ha
trovato le fondamenta della psicologia, e su di esse ha "rifondato" la
psicanalisi, l'ha superata. "La domanda decisiva per l'uomo è
questa: è egli rivolto all'infinito oppure no? Questo è il problema
essenziale della sua vita. Solo se sappiamo che l'essenziale è
l'illimitato, possiamo evitare di porre il nostro interesse in cose
futili… Se riusciamo a capire e a sentire che già in questa vita abbiamo
un legame con l'infinito, i nostri desideri e i nostri atteggiamenti
mutano… Anche nel nostro rapporto con gli altri uomini la questione
decisiva è se in essi si manifesti o no un elemento infinito"
(Ricordi, sogni, riflessioni di C.G. Jung - Rizzoli, pag. 382, 383).
Jung allarga i confini dell'anima umana, anzi non le pone confini. Alle
tenebre "cantate" da Freud (il materialismo spegne ogni luce
coscienziale), Jung si contrappone con una coscienza umana capace di
riaccendere una luce in queste tenebre: "… L'unico significato
dell'esistenza umana è di accendere una luce nelle tenebre del puro
essere. Si può benissimo supporre che, come l'inconscio agisce su di
noi, così lo sviluppo della nostra coscienza agisca sull'inconscio"
(id. pag. 384). Non stiamo beatificando lo psichiatra svizzero, stiamo
solo cercando di far capire l'uomo Jung. Egli, grazie alle esperienze
vissute, si è reso conto (cosa che ogni uomo di buon senso potrebbe e
dovrebbe fare) di essere parte di una Unità e di poterNe sentire la voce
grazie al silenzio dell'ego. "Tutti i miei scritti - leggiamo
sempre nella sua autobiografia - sono per così dire compiti comandati
dall'interno… Ciò che ho scritto mi assaliva dall'interno. Ho lasciato
parlare lo spirito che mi muoveva" (Id. pag. 268). Ci preme
sottolineare che qui a parlare è l'uomo più che lo studioso, e che
quanto dice è rivolto più ad uomini che a studiosi della psiche.
Il materialismo costringe la
mente ad una sola dimensione. L'uomo materialista è zoppo, guercio,
monco. Ma è anche (purtroppo) presuntuoso: per lui, quella
rappresentazione del mondo che accade nel suo cervello è l'ultima
verità. Oltre, il nulla. Tutto è fisica e chimica. E finisce là. La
religione è oppio dei popoli; Cristo non è forse neanche esistito; Dio è
solo un concetto, e così via dicendo. E ben lo mette in ridicolo un tal
modo di pensare, quel saggio che paragonando l'uomo ad un pesce
sperduto nell'immensità dell' oceano, fa dire a questi: l'oceano non
esiste! Come si fa a non accorgersi che una Vita Universale muove ogni
cosa? Come si può essere tanto stupidi da vedere l'essenziale nel
materiale? Il nichilismo è davvero paradossale. Jung capiva
perfettamente quanto esso aveva già prodotto e quanto ancora doveva
produrre, e si preoccupava di lanciare messaggi correttivi della
direzione che pseudo maestri indicavano: "Non solo lascio aperta la
porta al messaggio cristiano - diceva - ma ritengo che stia al
centro per l'uomo occidentale" (id. pag. 255).
Il vero oppio dei popoli è
il materialismo che trasforma in pericolosissima droga ogni senso ed
ogni funzione umana. Sesso, possesso, alcol, ecc. rimbecilliscono
chiunque, se abusati, ed il materialismo non può non indurre all'abuso.
Dire che l'uomo è il corpo-cervello, è come dire che la famiglia è la
casa con le sue stanze vuote; oppure, che il pilota è la Ferrari.
I concetti junghiani di Sé
, Inconscio Collettivo, Individuazione, Sincronicità, Archetipi, ecc.,
sono "bocce" scagliate contro i "birilli" (le torri babeliche, le
cattedrali nel deserto) del materialismo e del nichilismo. L'opera di
Jung, per chi ne ha voglia, oltre che materia di studio, può
essere letta come tentativo riuscito di superamento della melma
nichilista; come opportunità di ripristino dei valori; come
materia propedeudica alla spiritualità. Prendiamo per esempio il Sé.
Con tale termine Jung reintroduce quel Tutto che il materialismo aveva
"cancellato". Con l'Archetipo del Sé all'uomo viene fornita
l'opportunità di uscire dagli angusti limiti della personalità egoica e
di mirare, grazie al Processo di Individuazione, all'ottenimento di una
Personalità Totale. "L'Io è per definizione subordinato al Sé e si
comporta nei suoi riguardi come una parte verso il tutto" (Jung-
Opere: vol. 9° tomo 2° - Aion - Boringhieri, pag. 5). Se tale
Archetipo del Sé viene proposto come simbolo del Cristo, il "gioco" è
fatto: il cristianesimo viene riproposto con forza e nello stesso tempo
con rara sensibilità per non urtare la suscettibilità dei "solo
cervello". Dice Jung infatti: "Il riconoscimento dell'archetipo non
elude dunque affatto il mistero cristinano, piuttosto, esso crea
necessariamente proprio quella precondizione psicologica senza la quale
la 'redenzione' apparirebbe priva di senso" (Id. pag. 66). In un
solo piatto Jung riesce a servirci l'unione alchemica degli opposti
(il Rebis o Lapis Philosophorum), l'Archetipo del Sé, La Totalità
Psichica da questi rappresentata, il Cristo, ovvero l'Uomo
Perfetto. Il Dio è morto di Nietzsche sembra davvero morto e
lontano. Era importante contenere il dilagare di un ateismo figlio del
materialismo prodotto dall' Illuminismo. Con i suoi studi sull'Alchimia
Jung è riuscito a ridare ossigeno ad una religione in agonia.
Ovviamente i mistici di ogni luogo, facendosi beffe di una paradossale
morte di Dio, con le loro esperienze e i loro discorsi, producevano il
miele della spiritualità vera, e come profumatissimi fiori attiravano
api-discepoli da tutte le parti che a loro volta avrebbero prodotto
miele e pappa reale. Con le sue monotone e noiose (per quanto ben
scritte) opere, Freud, coadiuvato da seguaci sempre più numerosi e
sempre più atei, voleva creare la sua personale religione, in
sostituzione di quelle esistenti, fondandola sul dogma della sessualità
e sul mito di Edipo. Un vero squallore rispetto alla ricchezza di
simboli, riti, colori, odori, ecc., che caratterizzano ogni vera
religione.
La realtà ha solide basi:
l'Essenza. Oggi le chiacchiere, le parole sembrano godere di un
privilegio unico: esse possono sostituire la realtà! La verità è ciò che
le parole riescono a farti credere per vero, dicono certi pseudo
maestri. E invece no: la realtà è l'Essere, l'Insondabile Uno che tutto
abbraccia e tutto sostiene, l'Assoluto Trascendente e Immanente allo
stesso tempo. Questo è quanto pensiamo. Una volta Jung, nel corso di
un'intervista si lasciò sfuggire una dichiarazione: "Non ho bisogno
di credere in Dio, io so". Nella lettera a 'The Listener' (vedi
opere vol. 11°, Psicologia e religione, pag. 487) chiarisce: "Questo
non vuol dire: 'so che esiste un Dio determinato (Zeus, Yahwèh, Allah,
il Dio trinitario ecc.)', ma piuttosto: 'so che sono palesemente
confrontato con un fattore in sé sconosciuto e che chiamo 'Dio' in
consensu omnium… In quanto so di una collisione con una volontà
superiore nel mio proprio sistema psichico, so di Dio, e se volessi
tuttavia osare l'ipostatizzazione in sé illegittima della mia idea,
direi: so di un Dio al di là del bene e del male che è altrettanto in me
quanto in ogni luogo al di fuori di me". Ad una morte di Dio Jung
fa corrispondere una certezza: la conoscenza (in senso lato) di Dio. Chi
ha letto un po' di storia della Psicanalisi, da Freud ai nostri giorni,
sa quanti attacchi ha dovuto subire Jung, per queste sue idee espresse
con coraggio, da parte della scuola freudiana e non solo. Nessuno di
questi signori si è mai chiesto il perché un uomo di scienza si sia
esposto così clamorosamente con opere che apparentemente non avevano
alcun senso e rigore scientifico. Noi stiamo cercando di chiarire
l'equivoco con i nostri modestissimi mezzi. Stiamo cercando di sostenere
la tesi secondo cui Jung, impegnando tutta la propria vita e mettendo in
gioco il suo prestigio, con la sua opera ha cercato con ogni mezzo di
recuperare tutti i valori che il Nichilismo, figlio della Rivoluzione
Francese, aveva "ucciso". In particolare ha lottato con tutte le sue
forze contro il materialismo e l'ateismo galoppante presente in tutte le
opere di Freud, perché aveva capito che esso, dietro la spinta di tutta
la scuola freudiana, avrebbe "contagiato" chi l'aveva scampata con
Nietzsche. E questo non poteva, non doveva, permetterlo. Quando disse
"Dio è morto", a detta di Jung, Nietzsche fece solo una constatazione:
tutta l'Europa era già stata colpita dal virus del Nulla. A nostro
parere il filosofo tedesco andò oltre: vide la pandemia che da lì a poco
avrebbe catapultato nel non-essere, nel nulla, tutto il Novecento umano
e forse più. "La nostra epoca ci ha dimostrato che cosa
significhi quando si spalancano i cancelli degli strati più profondi
della psiche. Mostruosità che nessuno… avrebbe mai potuto imaginare sono
accadute… Non c'è da stupirsi se il mondo occidentale è in preda a una
profonda inquietudine, poiché non sa fino a che punto è in balia di
tumultuose forze sotterranee e quanto ha perduto distruggendo il
numinoso. Ha smarrito i suoi valori morali e spirituali in misura
gravemente pericolosa. Le sue tradizioni morali e spirituali sono
crollate, provocando ovunque disorientamento e dissociazione"
(il grassetto e la sottolineatura sono nostri). Questo è quanto Jung
dice nel saggio "Sanare la frattura" a pag. 293 del volume XV -
Psicoanalisi e Psicologia Analitica - delle sue opere (ed. Boringhieri).
La perdita del numinoso provoca nelle civiltà "smarrimento della raisòn
d'etre, del senso della vita, dell'ordine sociale", per cui alla fine
esse "si disgregano e decadono". Il decadimento della nostra civiltà,
dunque, è stato intuito da Nietzsche, "favorito" dalle opere di Freud e
della sua scuola, e portato a termine da una marea di falsi istruttori e
pseudo maestri. Il termine Numinoso, coniato da Rudolf Otto
indica "l'inesprimibile, il misterioso, il terrificante, l'interamente
diverso, quella qualità direttamente sperimentabile che appartiene
solo al divino" ( In Ricordi, sogni ecc.. - Rizzoli,
pag. 475 - corsivo nostro). Quindi, non solo i falsi maestri
distruggono i valori ed aprono la voragine della decadenza alle società
occidentali, ma pretendono di creare dei loro dogmi, una loro
"religione" un loro Dio, in sostituzione di quanto distrutto. Se non è
delirio di onnipotenza questo! Ancora una volta nella sua autobiografia
Jung, riportando quanto ebbe a dirgli Freud nel corso di una loro
conversazione, sorregge la nostra tesi, la sua tesi: "Mio caro Jung,
promettetemi di non abbandonare mai la teoria della sessualità. Questa è
la cosa più importante. Vedete, dobbiamo farne un dogma, un
incrollabile baluardo… contro la nera marea di fango…dell'occultismo."
(op. cit. pag. 191). "Ciò che Freud pareva intendere per occultismo
era praticamente tutto ciò che filosofia, religione… avevano da dire
dell'anima…Una cosa era chiara, Freud, che aveva sempre sottolineato la
sua irreligiosità, aveva ora stabilito un dogma, o piuttosto, al posto
del Dio geloso che aveva perduto, aveva messo un'altra immagine,
egualmente imperiosa, quella della sessualità" (Id. pag. 192). E
poco dopo (pag. 195) : "Non è un segreto che Zarathustra è
l'annunciatore di un vangelo; e anche Freud cercava di far concorrenza
alla Chiesa con l'intento di canonizzare una dottrina. E' vero che non
l'ha fatto troppo apertamente, ma in compenso ha accusato me di voler
passare per profeta". Se "Zarathustra era il Faust di Nietzsche",
a questo punto sarebbe interessante sapere chi era il Faust di Freud. Ma
ciò esula dal tema che ci siamo imposto.
Il nostro breve saggio volge
al termine. Nostro scopo era quello di introdurre in punta di piedi e
con pochi mezzi una tesi che ci sembra degna di approfondimenti. Freud
aveva sicuramente letto Nietzsche, e molte sue intuizioni erano state
intuizioni del filosofo tedesco.
Nei nostri programmi c'era
anche l'approfondimento di tutto questo, ma il saggio avrebbe perso in
agilità. Ci proponiamo pertanto di approfondire tale argomento in un
futuro saggio.
Per sostenere quest'ultima
tesi, oltre che rinviare il lettore alle opere di Nietzsche, citiamo, a
sostegno un breve passo dal Nietzsche - l'apolide dell'esistenza - di
Massimo Fini - ed. Marsilio, pag. 252): "Sigmond Freud… da Nietzsche
saccheggiò svariate categorie concettuali senza avere la cortesia di
citare la fonte". Ma non basta. Nelle note a tale passo Massimo Fini
rincara la dose: " Freud sembra preoccupato di cancellare ogni
traccia dei suoi evidenti debiti intellettuali con Nietzsche… La verità
è che Freud prende da Nietzsche moltissimo materiale, a cominciare dal
concetto di 'Inconscio' e il suo silenzio è dovuto semplicemente a
meschine questioni di primogenitura. Jung, il suo allievo prediletto e
poi transfuga, sarà più onesto e si richiamerà esplicitamente al
pensiero nicciano" (id. pag. 269). Infine, per chi volesse
approfondire l'argomento, il Fini rinvia all'opera Freud e Nietzsche
di P. L. Assoun - ed. Fioriti.
Grazie, Natale Missale. |