Marguerite Yourcenar
e Adriano
"Mio caro Marco"…
E' così che comincia
Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar nella splendida
traduzione della signora Lidia Storoni Mazzolani edita da Einaudi.
Marco è Marco Aurelio. Sbirciare fra le righe di una lettera (sia
pure essa fittizia) proietta il lettore nella vita privata, direi
nell'intimità di una persona. Se poi trattasi di un imperatore romano
nato nel 76 dopo Cristo e morto nel 138, che ha regnato per 22 anni e
11 mesi (per più di un terzo della sua vita, essendo vissuto per 62
anni, 5 mesi e 17 giorni), la cosa diventa davvero intrigante. Ma non è
certo l'espediente letterario ciò che fa di Memorie di Adriano un
capovaloro. E' questa un'opera particolare che è rimasta nel crogiolo un
ventennio ed ha visto la luce quasi per caso. Il libro, come racconta la
stessa autrice nei taccuini di appunti, concepito e poi scritto
fra il 1924 ed il 1929, fu abbandonato per molti anni. Nel Dicembre del
1948 Marguerite ricevette dalla Svizzera un baule pieno di carte di
famiglia e di lettere. Quando fra le mani le capitarono alcuni fogli
dattiloscritti ingialliti dal tempo, e lesse "Mio caro Marco…", dapprima
cercò di capire a chi poteva esser stata indirizzata quella lettera, ma
poi si rese conto che lettera non era: "Marco stava per Marco
Aurelio… avevo sotto gli occhi un frammento del manoscritto perduto".
Ovviamente, il manoscritto di Memorie di Adriano.
Quando a Marguerite veniva chiesto se Adriano era lei, si arrabbiava
quasi. Ma noi non glielo chiederemo, perché sappiamo benissimo che
Adriano non è lei, non può esserlo: lei è Adriano. Sì, in un certo senso
questa è una autobiografia "magica". Nei suoi Taccuini di appunti
la Yourcenar parla esplicitamente di "una partecipazione
costante, la più chiaroveggente possibile, a ciò che fu" (pag. 287
op. cit.). Lei teneva "un piede nell'erudizione, l'altro nella
magia, o più esattamente, e senza metafora, in quella magia
simpatica che consiste nel trasferirsi con il pensiero
nell'interiorità di un altro… Se ho voluto scrivere queste memorie di
Adriano in prima persona è per fare a meno il più possibile di
qualsiasi intermediario, compresa me stessa. Adriano era in grado di
parlare della sua vita in modo più fermo, più sottile di come avrei
saputo farlo io" (Id. pag. 287, 288). Ecco perché (lo ripetiamo)
Adriano non è lei, ma lei è Adriano, o meglio, c'è solo Adriano. Sono
dunque memorie magiche. Marguerite diviene la consapevolezza di Adriano,
e mentre questi parla, tale consapevolezza "vede" ogni parola, facendo
sì che ogni frase diventi verso. Ecco perché si ha la sensazione di
leggere poesia piuttosto che prosa: tutta l'opera non solo è
chiaroveggenza, magia, ma attiva immagine. Il libro dunque è pieno di
vita, perché vita è essere, esser-ci. "Perché lo stile di
Dante è il più forte che mai si possa concepire, e per questa parte il
più bello e dilettevole possibile? - diceva Leopardi in un pensiero del
3 Novembre 1821 - perché ogni parola presso di lui è un'immagine ecc." (Leoperdi
- Tutte le opere - Sansoni, pag. 546, ed. 1969).
Quando una persona fa tale opera "magica" dà vita a personaggi scolpiti
che sono statue sì, ma viventi. Ma non solo la Yourcenar, dopo un volo
di quasi duemila anni, si annulla in Adriano, essa riesce a trasportarci
in quei primi secoli dell'era cristiana e ci costringe quasi ad essere
Adriano.
Solo il suo grande amore per tale importante figura poteva realizzare
tanto. Queste memorie sono insomma il risultato di una paziente opera
alchemica: "Avevo preso l'abitudine di scrivere ogni notte quasi
automaticamente il risultato di queste lunghe visioni provocate, durante
le quali mi inserivo nell'intimità di un altro tempo" (id. pag.
246). La Yourcenar riesce a condensare magnificamente l'avventura
umana di Adriano, e con lui l'avventura di ogni uomo: "Ogni essere
che ha vissuto l'avventura umana sono io" (id. 247). Adesso sappiamo
anche il perché della forza di queste memorie: esse tentano di spiegarci
la nostra esistenza puntando sulla forza del cuore. Sì, la forte spinta
emotiva del libro è dovuta al tentativo riuscito da parte di Marguerite
di allargare la coscienza fino ad abbracciare l'umanità. Memorie
d'amore, dunque. Ma di un amore che va oltre quello di Adriano per
Antinoo. Che questa sia un'opera alchemica lo testimonia anche quanto
dice ancora nei suoi taccuini d'appunti la Yourcenar: "Fare del
proprio meglio. Rifare. ritoccare ancora impercettibilmente ancora
questo ritocco. 'Correggendo le mie opere, - diceva Yeates, - correggo
me stesso" (Id. pag. 299). Correggere se stessi; scolpirsi
eliminando il superfluo, finché si è essenza.
"Cerchiamo d' entrare nella morte a occhi aperti". Così
conclude il suo capolavoro Marguerite Yourcenar. E ciò vuol dire,
secondo noi, abbandonare la maschera, la persona, la parte che ci è
toccata in questa vita, con la consapevolezza di essere Vita mai nata e
mai morta, Oceano Padre-Madre di infinite, insignificanti onde. Infiniti
Adriano. Noi è così che la pensiamo, e ad una bella frase tratta ancora
dai suoi taccuini di appunti (pag. 297), vorremmo aggiungere le parole "a
ciò che veramente è" : "Non perder mai di vista il grafico di una
esistenza umana, che non si compone mai, checché si dica, d'una
orizzontale e due perpendicolari, ma piuttosto di tre linee sinuose,
prolungate all'infinito, ravvicinate e divergenti senza posa: che
corrispondono a ciò che un uomo ha creduto di essere, a ciò che ha
voluto essere, a ciò che è stato" a ciò che è veramente.
Cos'è veramente? Silenzio. Silenzio assoluto, come quello che irrompe
dopo avere letto Memorie di Adriano. Alla fine del libro è come se si
fosse conclusa un'esistenza, la nostra esistenza, ma quella della
maschera. L'attore alla fine rimane vuoto d'ogni illusione, e quel
Silenzio che esplode è la pura Essenza che noi siamo, l' Essere.
Delle Memorie di Adriano, volutamente, abbiamo evitato di riportare
brani, tranne l'inizio e la fine. Lo abbiamo fatto per un motivo
semplice: le memorie sono illusioni. Ma alla fine crediamo che la
Yourcenar abbia voluto condurci fino alle porte della Saggezza, perché
Adriano è stato un uomo quasi saggio. Avendo "adottato" indirettamente
Marco Aurelio ci ha indicato la via della saggezza.
E per uscire da queste Memorie di Adriano riportiamo un pensiero
proprio di Marco Aurelio:
Ricordati che sta nascosto dentro di te ciò che muove i fili della
tua esistenza, ed è attività, è vita, è l'uomo, se così si può dire. Non
confonderlo mai, quando te lo immagini, con l'involucro che lo avvolge,
né con gli organi che gli sono stati modellati intorno…" (Marco
Aurelio - Pensieri - Mondadori, pag. 243).
Grazie, Nat.
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