Il Nichilismo da Nietzsche a.....

 

"Quando i nichilisti utilizzano a loro piacere le espressioni, le affermazioni e le posizioni estreme di Nietzsche, è possibile intravvedere, nonostante la più grande distanza dall'essenza del suo pensiero, un'affinità che giunge fino all'identità, ma che è appunto solo apparente e si basa su formulazioni meramente esteriori. La profondità di ciò che è possibile, insita nella tendenza nietzschiana alla negazione,  può portare nel nichilismo a mascherare il nulla nell'entusiasmo del nulla…"

(Karl Jaspers - Nietzsche - Mursia ed. pag. 407)

 

     Affrontare il tema del Nichilismo senza parlare di Nietzsche è impossibile. Ma quando si decide di entrare nel giardino filosofico di tale grande pensatore non bisogna mai dimenticare che la sua filosofia non è cosa pensata ma cosa vissuta in prima persona:"Io parlo solo di cose che ho vissuto e non di cose semplicemente pensate" (riportato da Jaspers a pag. 6 op. cit.), e che la sua opera è talmente zeppa di contraddizioni da far dire a Jaspers: "Sembra che egli abbia su tutto due opinioni…E' così che, di volta in volta, hanno potuto richiamarsi a Nietzsche atei e credenti, conservatori e rivoluzionari, socialisti e individualisti, scienziati metodici e ferventi ammiratori, uomini politici e apolitici, il libero pensatore e il fanatico" (pag. 29 op. cit), ma molti pensatori di  oggi sembrano aver dimenticato questa importantissima affermazione. Nietzsche, non dimentichiamolo mai, era un solitario, una sorta di asceta e di mistico. Egli ha scavato in ogni angolo riposto della sua interiorità e da tale discesa nella propria miniera ha tratto numerosissimi "minerali". Era un vulcano di intuizioni, tanto da dichiarare apertamente di non essere capace di organizzare il suo pensiero in un tutto organico. Solo gli aforismi gli permettevano di stare a passo coi suoi pensieri esplodenti: fatto il piano di un'opera con le sue divisioni e sottodivisioni, subito doveva seguire nuovi pensieri.
Per quanto sopra detto, se oggi il grande filosofo tedesco potesse leggere quanto scritto sul Nichilismo dai cosiddetti filosofi contemporanei, siamo sicuri che si farebbe delle matte risate. Il suo superuomo era innanzitutto un ricercatore, vorremmo quasi dire un alchimista, e non un pensatore; doveva personalmente vivere le cose
  dette e non farsi discepolo di quanto altri avessero detto. Nietzsche odiava gli imitatori, gli uomini da poco e chi non metteva in gioco tutto se stesso:"I maiali e gli esaltati non irrompano nei miei giardini" (riportato da Jaspers a pag. 38 op. cit.). Il superuomo di Nietzsche doveva esser capace di andare oltre se stesso. Il suo pensiero è stato spesso frainteso, perché la maggior parte dei suoi "discepoli" non graditi, esponendosi alle forti vibrazioni della sua parola poetica fortemente dionisiaca, tuffandosi nella sua bruciante poesia carica di fuende, hanno lasciato vibrare solo le parti più superficiali di sé, mentre Nietzsche si era proposto di scuotere i suoi lettori fin dentro alle ossa e di provocare una personale messa in moto, la sola valida per indurre al "viaggio" un ricercatore lungo i sentieri della vera filosofia. La ricerca della verità è affare personale, soggettivo, perché ognuno ha un proprio mondo in cui ordina le cose e fa muovere i 'suoi' personaggi nei modi escusivi della propria individualità. Perdere questa maschera di individualità non è facile, scoprire che il proprio "io" è una millenaria bugia e ritrovarsi di colpo privo di identità, avere finalmente dato risposta alla più pungente delle domande: chi sono io? e scoprire  come Qoelet di essere, dal punto di vista egoico, una vanità e una nullità assolute per poi rivestire i panni di un profeta (Zarathustra) che cerca di fotografare tale notte buia dell'anima, deve essere un'esperienza tremenda da cui in qualunque modo si cerca di scappare. Nietzsche non è fuggito: si è tuffato in questo vuoto assoluto, in questo nulla annichilente, e si è messo a cantare. Sì, la sua opera è un canto di protesta, di lotta, di guerra mossa contro un nemico schiacciante, ed il suo andare è stato un pellegrinare per i sentieri dell'anima in cerca di quella porta che sai che c'è ma non sai dov'è e che ti può far andare oltre. Tutta la filosofia di Nietzsche è un disperato tentativo di superamento del vuoto, del niente, del nichilismo scoperto e combattuto.
Oggi purtroppo dobbiamo constatare come pensatori che pure ammiriamo per la profondità di spirito
  siano stati contagiati dall' entusiasmo del nulla, ed anziché combattere il drago hanno cominciato a portargli un assurdo rispetto come ad un dio. Ed ancora purtroppo, milioni di giovani si sono uniti in preghiera, ed invece di superare eventuali valori vecchi hanno preso a distruggerli senza preoccuparsi di sostituirli con altri. Il nulla è stato alimentato dall'inconscienza, dalla miopia, dall'ignoranza. Quando l'atleta nella corsa ad ostacoli supera l'ostacolo che gli si presenta in pista, non lo fa a pezzi con la motosega, né lo brucia, lo scavalca semplicemente; quando un bambino ed una bambina smettono rispettivamente  di giocare con la pistola ad acqua o con la bambola non si fermano lì per secoli a dire: era tutta un'illusione - vanno oltre, studieranno, prenderanno moglie o marito, procreeranno, lavoreranno, ecc. Molti nostri pensatori moderni hanno dato ad intendere ai nostri giovani  che l'ultima verità è stata scoperta (il nulla che sta dietro ad ogni cosa) e che pertanto tutto è vano, inutile, senza scopo, senza fine. E allora buttiamo a mare tutte le regole (tanto non servono a niente) qualunque cosa si faccia in questa vita non serve a niente, quindi viviamola giocando. E sia, diciamo noi, ma non vi pare che anche il più idiota dei giochi abbia bisogno di regole? Come si fa a giocare senza regole? E non è forse il divertimento un fine? Come vedete, a voler, controvoglia,  essere nichilisti c'è sempre un filo di speranza. E invece no, dirà il sapiente nichilista: il bello di questo gioco al massacro è quello di non avere regole. E noi gli rispondiamo subito: un gioco senza regole chiude ogni giocatore nella più disperata delle solitudini perché egli può giocare soltanto da solo, cioè col nulla. La cosa più logica per un nichilista dovrebbe essere il suicidio, ma nessuno di questi grandi imitatori di Nietzsche si è tolto da torno: si può sempre parlare di Nietzsche e brillare un po' di luce riflessa, sfruttando magari l'editoria per fare qualche euro e tirare a campare.
Non è certo questo il caso di quel grande pensatore che è Galimberti, ma, vogliamo dirlo quasi a bassa voce per il rispetto che portiamo a questo studioso, del suo ultimo libro qualcosina ci ha lasciato insoddisfatti, e più in là ne parleremo.
 
Il nichilismo odierno è un grande bluff perché è sporca imitazione di quello di Nietzsche. Questi parla esclusivamente del suo nulla, del suo vuoto, del suo nichilismo. Se tutti i nostri nichilisti da strapazzo odierni fossero veri nichilisti avrebbero prodotto il loro Zaratustra. Dove sono gli Zaratustra di questi "impostori"? Le loro opere ci sembrano modeste fotocopie dello Sarathustra  nietzschiano. I loro voluminosi studi altro non sono che approssimativi commenti e apologie dell'opera del filosofo tedesco. La bugia bimillenaria (Platone si sarebbe inventata l'anima e la metafisica) è una scoperta che riguarda escusivamente il mondo di Nietzsche. Noi, le bollicine feroci della bevanda nietzschiana (nonostante apprezziamo il pensatore e il poeta) non le sniffiamo, non vogliamo proprio farci "drogare" dal Dioniso che in esse impazza con furia devastante, non perché vogliamo soffocare gli istinti, ma perché vogliamo che ad essi sia riservata quella razione di cibo che ne mantenga l'esistenza per superare speciali ostacoli che la natura e la collettività degli enti (noi compresi) spesso ci pone innanzi. Noi sposiamo al 100% la tesi di Thomas Mann: "Chi prende 'sul serio' Nietzsche, chi lo prende alla lettera e gli crede, è perduto" (Citato da Franco Volpi nella postfazione al Nietzsche di Martin Heidegger nell'ediz. Adelphi, pag. 972). Sposare il mondo di un altro è pericolosissimo: a lungo andare ci si scorda di ragionare e di sentire col proprio cuore, ci si dimentica di mettere in moto i propri istinti. Vi può essere coincidenza fra quello che pensi tu e quello che pensa un altro, mai abdicazione alla propria volontà per vedere con gli occhi di un altro, mai.. L'imperante Nichilismo del nostro tempo non è figlio di Nietzsche, ma dell' incapacità dei moderni filosofi di superare un pensiero morto con la morte del suo ideatore. Al filosoo tedesco abbiamo dedicato un saggio dal titolo Nietzsche - il pensiero vivente, sì, ma quella era un'apologia dell'uomo capace di dedicare tutta la sua vita alla ricerca della verità ed allo sforzo di comunicare i suoi profondi pensieri alla ciurma travestita da filosofo. Ma non solo questi discepoli del nulla hanno smesso di pensare, hanno anche istigato milioni di giovani al non pensiero. Ma anche nichilisti doc, grandi pensatori, hanno espresso esagerato compiacimento per il nulla. Non possiamo non cogliere accenti di compiacimento in pensieri come questi: 1) Il pensiero che si mantiene libero, al di fuori di questa dominazione ("la dominazione del nulla sull'intero sviluppo della nostra civiltà") non può non scendere  nella profonda grandezza dei maestri del nulla (sottolineatura nostra: vedi E. Severino - Il nulla e la poesia - ediz. Bur, pag. 8;

2) L'essenza del nichilismo è l'essenza dell'Occidente… Il pensiero di Leopardi si trova sulla linea più avanzata  che l'Occidente può raggiungere muovendo verso la propria essenza, e oltrepassando la quale l'Occidente scorgerebbe, nella propria essenza, i tratti della follia estrema del nichilismo (pag. 27 op. cit.); Fra parentesi, il prof. Severino tale frase l'ha fatta diventare un libro che in effetti è mezzo libro dal momento che dice solo metà di quello che promette nel titolo: è previsto un secondo volume di cui si parla solo in prefazione. Lezione veneziana indimenticabile…

3) La vera e suprema filosofia è la contemplazione dell'impotenza. La visione della nullità di tutte le cose ( id. pag. 170). Sì, d’accordo, il professore sta commentando qui il pensiero 1839 del Leopardi ed altrove altri pensieri, ma non ne prende mai la distanze e  li sposa facendo costante apologia. Come dire: dopo Leopardi e Nietzsche i grandi filosofi (sic!) sono tutti quei pensatori (?) che non pensano più e che ripetono fino alla nausea le tesi leopardiane e nietzschiane.

4) Il divenire è un gioco senza perché dirà il prof. Severino  a pag. 190 della stessa opera citata, e noi condividiamo tale affermazione, ma a patto che si aggiunga: perché il nichilismo uccide la mente, perche il nichilismo uccide i perché? , perché il nichilismo, uccidendo la parte più nobile dell'uomo, lo riporta alla bestialità, alla sua esclusiva animalità. La stessa apologia del nulla noi sentiamo allorché viene detto:

5) L' ultrafilosofia   sa che l'essenza della ragione moderna è la visione della nullità delle cose (id. pag. 324). Dal nostro modestissimo punto di vista, se l'ultrauomo è l'uomo liberato dalla tirannia di Dio, se il superuomo è l'uomo che non crede più ad alcun valore e non vede alcuno scopo nella vita, se da tanto ultra dovesse nascere una filosofia, ebbene, i "responsabili" di essa potrebbero tuttalpiù essere chiamati ultras-filosofi,  da cui ultras-filosofia, ovvero filosofia… della curva.     La prima delle ddue epigrafi con cui il prof. Galimberti inizia L'Ospite inquietante - il nichilismo e i giovani - ediz. Feltrinelli, sembra un esplicito invito a non opporsi al Nichilismo, se non proprio un invito a spalancare ad esso le porte: Nietzsche chiama il nichilismo  'il più inquitante fra tutti gli ospiti', perché ciò che esso vuole è lo spaesamento…come tale. Per questo non serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest'ospite e guardarlo bene in faccia. Le parole sono di Heidegger e sono tratte da La questione dell'essere.  La cosa ci ricorda tanto Freud e il suo Inconscio: come un invito a passare gran parte del proprio tempo a rovistare nella pattumiera che ognuno di noi riempie immancabilmente giorno per giorno. Osservare, studiare anche, la propria spazzatura è doveroso, ma starsene lì a rovistare fra i rifiuti per ore ed ore, giorni e giorni, per l'intera vita, ci pare esagerato. E' come se uno studioso di simboli e metafore si muovesse nel mondo come se ogni cosa fosse simbolo di qualche altra cosa…
Il Nichilismo è sì un ospite, ma non inatteso: è stato invitato. I bigliettini di invito li ha scritti, una volta per tutte ed in bianco, Nietzsche. Chi si imbatte nella sua opera (da leggere e da approfondire, per carità), può scrivere oppure no il proprio indirizzo per avere in casa tale ospite. Tanti lo hanno fatto. Ma la domanda inquietante che ci poniamo è: e se l'invito fosse stato compilato anche da certe istituzioni rappresentative di popoli? E se l'ospite fosse stato invitato, anziché nelle singole umili casette dei singoli, nei palazzi delle istituzioni? E' possibile, ci chiediamo, che tale ospite profetizzato da un Nietzsche mal'interpretato
  possa essere divenuto parte delle istituzioni e quindi direttiva sociale? Come mai nell' ultimo ottimo libro del prof. Galimberti, non si parla di "nichilismo e politica"? Deve davvero essere la nostra tomba tale ospite inquietante? Non siamo noi responsabili degli ospiti a cui spalanchiamo le porte di casa? E' davvero una necessità ubriacarsi di nulla?  E necessario, obbligatorio genuflettersi al dio nulla? Questo tramonto dell'Occidente esclude davvero una nuova alba?  Il Nichilismo puzza di morte, di marcio, di noia, di disperazione, di solitudine e di tante altre cose. L'uomo non può essere ridotto a rappresentante permanente della morte ed a suo cantore, perché esso è  portatore di Vita, nonostante abbia un corpo che dovrà restituire alla terra alla fine della sua esistenza corporale. E quella Vita non è nulla:è il nostro più profondo ESSERE. La "terra della sera" non è l'ultimo atto di qualcosa che definitivamente finisce, essa è parte di un tutto che gira circolarmente ma in modo spiralato. Essa è al tramonto e deve essere bella. Non scambiamo la "terra del declino" con quella del tramonto. Quando il sole lascia il posto alla luna, prima che il buio si imponga, è bene dare l'arrivederci e non l'addio.  Perché trasformare tutto in un ingresso alla tomba. A volte sembra davvero che il Nichilismo nietzschiano sia stato trasformato in un vampiro,  i cui atomi, le cui cellule, i cui organi siano composti dalle mille apologie, dalle tante pagine scritte a favore di Nietzsche: ogni pubblicazione una limata di canini del mostro succhiasangue; ogni inchino al dio nulla una sicura anemia che porta prima alla malattia e poi alla morte. La filosofia di Nietzsche sta diventando un credo: per avere la patente di superuomini basta bestemmiare Dio ("Dio è morto"), insultare la vita dicendo che essa non ha alcun senso, comportarsi come un animale buttando a mare ogni e qualsiasi valore. E poi interpretare il grande testo sacro (le opere di Nietzsche) amplificando la divinità del nulla. Se i superuomini sono coloro che hanno condotto la nostra società occidentale al punto in cui essa è, noi preferiremmo piuttosto parlare di sub-uomini, di "uomini del sottosuolo" che proclamano la fogna in cui abitano "casa ideale". Il sottosuolo ce l'abbiamo tutti, ma un conto e prendere atto della sua esistenza e del puzzo che da esso emana, altro conto è, dopo averlo visitato e studiato, farsi una bella doccia e andare in terrazza a respirare l'aria pura. Non esiste mica soltanto il sottosuolo, no?
Non vorremmo però essere fraintesi. Quando parliamo di nichilisti in senso negativo non ci riferiamo né a Nietzsche né a grandi pensatori come il prof. Severino (di cui non condividiamo tutti i pensieri) o il prof. Galimberti di cui siamo assidui lettori, pur non sposando ogni sua tesi). Ci riferiamo pittosto a tutti coloro che intendono tradurre il nichilismo in termini di "sottosuolo", ci riferiamo a tutti coloro che, anziché invitare i giovani a superare il momento del declino, pur di far continuare il momento della terra della sera, oscurano la luce del sole… dell'intelletto. Bene fa Heidegger a iniziare il suo Nietzsche con un'epigrafe "luminosa" tratta dal IV libro della Gaia scienza (Nietzsche ha scritto pagine solari e pagine lunari, e non si sa bene perché la maggior parte dei suoi sgraditi - per lui - discepoli hanno sempre scelto di focalizzare l'attenzione sulle parti lunari): "La vita… più misteriosa - da quel giorno in cui inaspettato venne a me il grande liberatore, quel pensiero cioè che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è volto alla conoscenza".  Ma lo stesso Heidegger subito dopo contribuirà a creare quella grande forza "distruttiva" che Nietzsche sapientemente ha saputo estrarre dalla supposta bimillenaria menzogna allo stesso modo in cui i fisici hanno rubato all'atomo la sua immensa potenza distruttiva. Perché è bene sapere che, a tutti coloro i quali credono nel vangelo nietzschiano, la pseudo "scoperta" di questa grande bugia e la sua accettazione passiva hanno scatenato una rabbia retroattiva nei e dei secoli. Disprezzare il grandissimo e insuperato Platone, il sapientissimo, l'architetto della nostra civiltà, quanto meno diventa per loro obbligo. Ma se le parole sono frutti ed i filosofi alberi, da quella cosiddetta bugia sono nati fiori e frutti, dalla verità nietzschiana erbacce. Se all'autorità di Dio subentra "l'istinto sociale" e l'autorità della coscienza soggettiva, il dominio della ragione del singolo, e il dio del progresso storico (cfr il Nietzsche di Heidegger citato pag. 761), se la collettività, la società rinuncia a millenarie leggi cosiddette divine scritte e proposte da "persone" eccezionali quali Mosé, Buddha, Gesù, Krisna, le quali gettarono le basi dei valori imprescindibili per una corretta convivenza sociale, la vita di gruppo diventa un inferno: ognuno fa le leggi obbedendo solo alla propria ragione, alla propria coscienza, al proprio istinto sociale e così via. Cosa vuol dire liberarsi dei valori, buttare a mare un anello d'oro, una cosa buona e bella, una cosa utile, un valore insomma, per mettersi al dito (è solo una metafora) un orribile anello di plastica o di ferro arruginito?  Interpretando Nietzsche, Heidegger afferma che il nichilismo non spinge alla mera nullità e che la sua autentica essenza sta nel modo affermativo di una liberazione. Ma come se non bastasse, aggiunge che tale liberazione non guarda solo al futuro, ma anche al passato (cfr pag. 762 op. cit.). Siamo alla follia: la storia va cancellata in quanto frutto di menzogna. Ma non vi pare che Nietzsche, in un eccesso di delirio di onnipotenza e di smisurata invidia verso Platone e  Cristo, abbia voluto prenderne il posto anche retroattivamente? Cosa peraltro rintracciabile nella imitazione che in Zarathustra fa del modo di parlare del maestro Gesù. Ma davvero crediamo che l'ultima verità metafisica sia quella declamata da Nietzsche?  L'intento di Nietzsche salta fuori poco prima della sua follia, quando in un frammento scritto alla fine del 1888 dice: "Guardo talvolta la mia mano,  pensando che ho in mano il destino dell'umanità: lo spezzo invisibilmente in due parti, prima di me, dopo di me ecc.  (vedi pag. 943 op. cit. - postfazione di Volpi). Prima di Nietzsche e dopo di Nietsche, anziche prima e dopo Cristo. Il succo è tutto là. Quando un mistico si imbatte nel nulla diventa illuminato, perché questo nulla è ciò che resta della individualità quando l'ego svapora, ma al suo posto nasce qualcosa di tutto abbracciante, per dirla con Jaspers, che spesso fa gridare allo stesso mistico: io sono Dio - per essere subito dopo crocifisso o bruciato vivo o lapidato dagli idioti ecc. Il nulla dell'uomo di vera conoscenza e non dell'uomo distruttivo, il nulla del mistico è quell'immenso stupore che accompagna l'esplosione dell'ego. Quando un moderno nichilista parla di "immane potenza del nulla" è come se parlasse di una tremenda forza distruttiva; quando un mistico parla del nulla, come fa l'anonimo autore della Nube della non conoscenza, parla di una insuperabile forza costruttiva. Come dire, odio contro amore.
Noi siamo più vicini al
Nietzsche di Jaspers, che ha preceduto quello di Heidegger, che a quello di quest'ultimo. Jasper si lascia coinvolgere meno, è sempre lucido, rimane quel gigantesco psichiatra che era, come testimonia la sua opera Psicopatologia generale, che dopo quasi un secolo è ancora validissima e testo fondamentale in materia. Heidegger criticherà molto l'opera del suo collega filosofo,
e concluderà che l'opera di Nietzsche segna l'ineludibile compimento della metafisica occidentale, mentre Jaspers vedrà in Nietzsche "un filosofo dell'esistenza le cui affermazioni fanno scandalo e provocano, ma non sono vincolanti  e non richiedono di essere prese sul serio". Jaspers ha incontrato il filosofo del nulla, lo ha studiato, rivoltato, scavato, e poi è ritornato ad essere se stesso. Heidegger ha incontrato Nietzsche, si è confrontato con il suo pensiero per dieci lunghi anni, lo ha assimilato, ed alla fine ha smesso di essere se stesso, divenendo un amplificatore-discepolo chiuso nel labirinto del nulla. Il pensiero di Jaspers è di gran lunga più aperto di quello del suo  collega e amico alternato. Il Nichilismo, ci informa il prof. Galimberti, ha prodotto una crisi esistenziale che poco ha di psicologico: le persone che frequentano centri di consulenza psicologica "riflettono la tristezza diffusa che caratterizza la nostra società contemporaea, percorsa da un sentimento permanente di insicurezza e di precarietà" (Pag. 25  L'Ospite inquietante-Feltrinelli). Non più una crisi del singolo "ma il riflesso nel singolo della crisi della società". Crisi che ha trasformato quello che una volta era "futuro-promessa" in "futuro-minaccia". Tutto questo, dice Galimberti riportando il pensiero di due studiosi francesi, è cominciato con la dichiarazione della "morte di Dio". E grazie tante! E' come se un padre nel suo testamento scrivesse, anziché "a tizio non lascio niente", "a tizio lascio questo niente con l'obbligo di accudirlo e diffonderlo fra i popoli. Quel povero tizio uscirà fuori di testa: gli è stato lasciato un niente, il nulla, e la sua mente va in tilt per la ovvia incapacità di potere gestire tale assurdo lascito. Ma siccome gli eredi sono tanti, per non ammettere la follia del  lascito a loro destinato, si sono coalizzati. E' nata così quella immensa schiera di "untori" che da tutti i pulpiti immaginabili hanno preso ad intonare (sarebbe più corretto dire a stonare) canti di pessimismo leopardiano-nietzschiano che hanno finito con l'ipnotizzare le folle. Oggi questa visione ottimistica è crollata. Dio è davvero morto… , dice Galimberti a pag. 27 della sua sopracitata opera (la sottolineatura ed il corsivo sono nostri. E noi diciamo: con la proclamazione della morte di Dio i nichilisti si stanno suicidando lentamente: hanno firmato la propria inutilità, la propria morte. Ed in un panorama universale che vede in ogni cosa il trionfo della VITA-UNA-IMMANENTE-TRASCENDENTE, in un panorama di LUCE ONNIPERVADENTE, si ficca la testa sotto la sabbia e si grida "al buio!".
Ma come si fa ad affermare che Dio è morto davvero? Dio chi? Morto come, dove?
  Seppellito da chi, da uno che vede volontà di potenza anche nei sassi e che si proclama lo spartiacque dei secoli come un Cristo? Cosa si intende qui  per Dio, Quello dei Cristiani, come suggerisce Heidegger?  Ma ci si rende conto di quali frutti è padre e madre l'albero velenoso del Nichilismo? I filosofi nichilisti non ci sembrano proprio superuomini, né tanto meno sono ultrauomini quei fantasmi che spaccano tutto e che distruggono se stessi perché "tanto è tutto inutile e senza scopo".
Il subumano ha preso le redini della collettività, l'uomo del sottosuolo ha vinto, e non è per nulla innocuo come quello appena patetico del Dostoevskij.
  Fa danno a se stesso, ma anche, purtroppo, a chi del sottosuolo non ha ancora fatto il suo domicilio e la sua residenza. Le parti basse non sono il cuore della casa. L'apologia degli scantinati ha contagiato ormai tutti: il sottosuolo si è ormai imposto. Come un verme ha rosichiato tutto quel che poteva, e la società cui ha dato vita è ovviamente marcia. Ma come si fa a dichiarare senza arrossire di vergogna che Dio è veramente morto? Una proposizione del genere non potrà mai essere frutto di speculazione filosofica, perché un vero nichilista non può affermare la morte di qualcosa che, secondo lui, non è mai esistita. Nietzsche parlava chiaro: attaccava Platone, le religioni, i preti, la metafisica, le idee, in un momento in cui l'aria era ancora inquinata dagli ultimi fumi dei santi roghi. Ha avuto coraggio ad esporre le sue idee senza nascondersi dietro le spalle di nessuno. A differenza di quanti oggi si nascondono dietro le sue spalle per dire le stesse identiche cose e col solo scopo, poco filosofico e molto anticristiano, di dare la spallata finale ad una religione che sta facendo di tutto per darsi la zappa sui piedi per mano di suo rappresentanti dediti più a Cesare che a Dio. Se tizio non crede in Dio ed è vero filosofo non dirà mai Dio è morto, continuerà a dire Dio non esiste. Anche se, grazie alla mente sopraffina di altri più importanti nichilisti, anche il niente può essere.
Heidegger, il 24 Luglio del 1929, allorché venne chiamato dall'Università di Friburgo per succedere ad Husserl sulla cattedra di Filosofia, tenne una lezione inaugurale dal titolo Che cos'è la metafisica? Tale lezione fu stampata lo stesso anno e da allora è circolata in tutto il mondo come libro.  Ebbene fin dalle prime pagine di tale libro si avverte il grandissimo interesse che Heidegger nutre per il… niente, arrivando persino a rimproverare chi di tale niente non vuole curarsi: "Del niente sappiamo che non vogliamo saperne niente". Un lettore di cultura medio bassa (come noi siamo) già barcolla come un ubriaco: ma come è possibile sapere qualcosa di un qualcosa che non esiste? si chiede smarrito, ed incuriosito continua la lettura. Ed ecco la sorpresa: Heidegger assume il niente come qualcosa che è così e così, cioè lo trattiamo come un ente" (Heidegger - Che cos'è la metafisica - ed. Adelphi, pag. 42). Subito chiediamo aiuto al buon senso e ci diciamo: un tavolo è un ente e possiamo studiarlo per conoscerlo, allo stesso modo un albero, una pietra, un uomo, un gattino, perfino un filosofo possiamo studiare. L'ente esiste, è, pertanto è studiabile, di esso si può discutere, costruire proposizioni. Prendiamo ora "l'isola che non c'è". Oltre la favola di Peter Pan, in cui se ne parla in termini di divertita fantasia, non siamo capaci di andare. Se l'isola non c'è, non c'é. Punto e basta. Come si fa a parlarne? L'antico principio di non contraddizione parla chiaro: l'essere non può non-essere, e viceversa il non-essere non può essere. Ci si dice che il pensiero è sempre pensiero di qualcosa, e siamo tutti d'accordo, ma ad oggi non ci risulta che l'uomo, questa meraviglia casuale della natura (lo affermano i nientisti) possa far esistere qualcosa che non esiste, mandando a gambe all'aria il vecchio principio di non contraddizione. Ma Heidegger insiste: "il Niente è (?)… il puro e semplice Non- ente", e qui non possiamo non essere d’accordo, ma per il fatto che si dica "il Niente è…" non ci si può nel modo più assoluto obbligare a credere che esso esista giusto perché si è  pensata e poi scritta una simile frase. Ma ecco che il grande filosofo ci sciocca: se noi cerchiamo il niente - ci dice più o meno - vuol dire che già sappiamo che esiste. Ma qui siamo sempre all'isola che non c'è: possiamo pure cercare qualcosa che non esiste, ma il cercarla non è una sorta di bacchetta magica che la porta in esistenza. Ma lui insiste: sappiamo certamente che c'è: si riferisce alla parola niente,  al concetto  che usiamo nel linguaggio comune. E poi giù definizioni e distinzioni: "Il niente è niente" . Ma come può un filosofo scrivere una simile proposizione? Il verbo è non può fare compagnia alla parola niente se non preceduto dalla paroletta magica non-è. L'unica frase corretta  è: il niente non é.  Quanto alle distinzioni Heidegger distingue il Niente immaginato dal Niente vero e proprio. Però non basta: a quel niente che non c'è, che non esiste, il nostro filosofo appioppa la qualifica di "rappresentante dell'assoluta indifferenza". Ed ecco la svolta filosofica che pochissimo ha di filosofico riducendosi a trovata psicologica. Dopo una breve puntata sulla noia, tanto per introdurre l'altro più inquietante argomento, voilà la sterzata finale: "Accade nell'esserci dell'uomo uno stato d'animo in grado di portarlo dinanzi al Niente stesso? Questo accadere è possibile e, benché assai di rado, è pure reale, solo per degli attimi, nello stato fondamentale dell'angoscia". Siccome, continua, in questo stato d'animo particolare uno è spaesato…e non rimane nessun sostegno "l'angoscia rivela il Niente" (cfr pag. 50 op. cit.). Non ci siamo ancora ripresi dalla pseudo svolta che: "Che nello spaesamento dell'angoscia noi si cerchi spesso di infrangere il vuoto silenzio proprio con parole dette a caso, non è che la prova della presenza del Niente" (Id.). Rudolf Carnap, è notorio, ha molto criticato quella miriade di frasi filosofiche del tipo "il Niente nientifica" che Heidegger usava a profusione nei suoi scritti (basta leggere Essere e tempo per farsene un'idea), e le respingeva come "insignificanti e inaccettabili". Certo, egli criticava tutte le metafisiche ad eccezione di quelle con valore estetico (come quella di Nietzsche), poiché esse usano concetti  che, secondo lui, non hanno significato reale, e che spesso vanno contro le più elementari regole di sintassi, e noi non siamo d’accordo con questo rifiuto generale. Ma le sue critiche particolari ad Heidegger le condividiamo al 100%. Anzi, ci meraviglia che come critica all'ultimo brano di Heidegger sopracitato non abbia detto che: "Heidegger, spaesato nell'angoscia, infrange il vuoto silenzio con parola dette a caso? Non è che non dice niente?…"
Ci chiediamo: come fa il niente ad essere (!) ciò che dà ad ogni ente la garanzia di essere?
  Non è che Heidegger nasconde tutta la sua filosofia dietro ad una operazione scandalosamente semplice, e cioè che lui fa del ni-ente un ente, cancellando il ni di ni-ente?
Noi ci scusiamo con tutti i discepoli di questo grande pensatore, ma come Carnap siamo rimasti molto
colpiti da quelle infinite frasi volte a dare la patente di ente al niente. Sicuramente le nostre frasi irriguardose verranno prese solo per quello che sono: una manifestazione di contrarietà oltre che di stanchezza per avere dovuto leggere talmente tante pagine sul nulla. Meglio le bellissime pagine sull'Essere
.  Se a tutto questo aggiungiamo che non siamo filosofi ma gente comune, il perdono sarà certamente totale. Ma riprendiami il solco generale del nostro discorso.
Parlavamo del sottosuolo e di come pensatori di orientamento
  particolare lo abbiano fatto diventare la casa in cui vivere per essere moderni e all'avanguardia.
Dopo avere letto il buon libro del prof. Galimberti su il nichilismo e i giovani dal titolo L'ospite inquietante, abbiamo riflettuto su alcuni passi di esso. Alla pag. 30  si legge di come "l'illusione della modernità " abbia "fatto credere all'uomo di poter cambiare tutto secondo il suo volere" e di come ciò abbia creato insicurezza e paranoia, per cui "non si parla d'altro se non della necessità di proteggersi e sopravvivere, perché allora si arriva al punto che la società si sente libera dai principi e dai divieti e, per effetto di questa libertà, la barbarie è alle porte". Il prof. Galimberti conclude invitando le persone ad uscire dall'isolamento in cui la società tende a rinchiuderle "in nome degli ideali individualistici che, a partire dall'America, si vanno paurosamente diffondendo anche da noi". Ora, dopo avere dichiarato la nostra perplessità davanti alla parola America (quale, quella del sud o quella centrale? Oppure quella del nord? Ed in quest'ultimo caso, è da comprendervi anche il Canada?), tornando alla parte centrale del periodo: non è che la barbarie è esplosa già da un bel pezzo e che a sentirsi liberi da principi e da divieti siano stati giusto coloro che l'hanno promossa? Non è che una larga fetta di cultura (giornalismo, letteratura, cinema, tv, teatro, sport, ecc., si sia schierata con un buonismo eccessivo, con un giustificazionismo esagerato, con un difensivismo verso le parti caine di noi tutti soprattutto quelle che ci hanno spinto all'azione caina? Non è che certa politica incosciente e trasversale abbia in qualche modo contribuito a tale barbarie che non ha certo bisogno di speciali importazioni? Non è che la democrazia è stata scambiata per "governo dei fessi" e le nazioni democratiche per terre di scorazzamento sregolato da parte di chiunque?
La barbarie non nasce solo dall'individualismo esasperato. E' questo che, in parte, nasce dalla barbarie, e la paranoia e di essa figlia. Se la società vuole proteggersi non è perché è paranoica: la società sta diventando paranoica per via di una barbarie che la costringe agli "arresti" domiciliari, e per via di un nichilismo che predica l'assoluto non senso della vita e l'abbattimento di ogni valore.
Le soluzioni sono tante, ma due in particolare ci vengono in mente: 1) le nostre illuminate istituzioni prendono atto della barbarie e corrono ai ripari (scuola, mezzi di informazioni, leggi severe, ecc.; 2) diventiamo tutti nichilisti e barbari, e a chi scassa di più: il primo premio.

     A proposito del "disinteresse della scuola" per l'educazione sentimentale dei giovani, il prof. Galimberti, nel suo ottimo libro sottolinea come: "Espulsa dalla scuola l'educazione emotiva, l'emozione vaga senza contenuti a cui applicarsi, ciondalando pericolosamente tra istinti di rivolta, che sempre accompagnano ciò che non può esprimersi, e tentazioni d'abbandono in quelle derive di cui il mondo della discoteca, dell'alcol e della droga sono solo esempi neppure troppo estremi" (pagg. 35, 36 - op. cit.). Anche qui concordiamo in parte col pensiero del prof. Galimberti. Sì, l'educazione emotiva, quella seria, è stata espulsa dalla scuola, ma da quella stessa scuola che manda in cattedra a tener conferenze non proprio dei maestri di vita (ci riferiamo a cantanti, attori comici che per far ridere ricorrono all'insulto, sportivi, ecc.), a cui si regala pure la laurea nelle università. Quindi una sorta di insegnamento emotivo rientra nella scuola attraverso canali impropri e non qualificati. Noi non abbiamo nulla contro i cantanti ed i comici: parliamo solo di contenuti. Chi canta lo spinello o il viaggio da drogati, chi insulta le persone in maniera velenosa e gratuita, chi chiama arte lo scarabocchio fatto su un monumento o su un muro di un edificio, chi insegna la rivoluzione permanente e l'odio di classe, non può certo essere qualificato maestro. Oggi si dà del maestro a registi discutibili, attori mediocri, pittori imbrattatele, cantanti di musica leggera, e via dicendo. Maestro è il depositario di un sapere e di un'esperienza tale che gli permette di insegnare tutto quello che sa. Maestro è chi è in grado, col suo insegnamento, di arricchire il discepolo di un sapere positivo tale che gli consenta di arricchire la propria e l'altrui vita. E perché no, maestro è anche chi sa educare le emozioni dei giovani, incanalarle, ecc.  Non svalutiamo tale parola. Oggi la letteratura per i giovani si è ridotta alla conoscenza dei testi delle canzonette, e ciò è ridicolo.
La verità è che certi politici riescono a plagiare questi fragili giovani per sfruttarli a fini elettorali. Chi a diciotto anni è in gradi di resistere al richiamo di una qualsiasi lotta contro qualsiasi cosa. Basta creare un nemico (vero o fittizio) ed incitare il giovane alla lotta contro di esso. Qui sarebbe facile scivolare in un discorso sul '68, ma ciò esula dal nostro tema. Diciamo solo che i falsi maestri non hanno nessun diritto di insegnare ai nostri giovani a vivere. Chi sono i veri maestri? Tutti coloro che, abilitati da titoli di studio seri e specifici, avendo studiato la psiche dei ragazzi e dell'uomo in generale, ma soprattutto avendo approfondito la conoscenza di loro stessi, possono passare la loro conoscenza, possono indirizzare, accompagnare la gioventù lungo l'accidentato percorso della vita. Fino ad una trentina di anni fa, per esempio, in tv non si mandavano personaggi mediocri a parlare di questo o di quello. Gente esperta e collaudata ricca di principi morali (sì quelli che il nichilismo deride e abbatte ogni giorno), di saggezza, di cultura che davvero poteva dare buoni esempi e buoni insegnamenti. Oggi in tv il primo che si alza va a sproloquiare inanellando corbellerie in serie. Tutti hanno da insegnare, nessuno deve più impare niente. Sono tutti maestri, ed a volte quando si trovano insieme, come in un mercato borsistico si contendono la palma di portatore di verità alle grida, e se non basta, al litigio in diretta. Dobbiamo metterci in testa che la scuola non può più essere confinata negli istituti scolastici. La forza che una volta avevano gli insegnanti ora è equamente distribuita fra politici, presentatori, opinionisti, conduttrici d'assalto, cantanti, scrittori, e così via dicendo. Quel piccolo elettrodomestico che è il televisore è diventato scuola, ed ahimé, tranne pochissime eccezioni, non insegna un bel niente, anzi…

      Noi stiamo qui a parlare di Nichilismo quando piuttosto dovremmo parlare di nichilisti. Perché, vedete, il Nichilismo non è altro che una propaganda negativa che esperti nichilisti gridano con ogni mezzo possibile. Non è un mostro che si aggira per la società, come vorrebbero far credere, è una sorta di partito "politico" trasversale che ha come unico intento quello di distruggere tutti i valori e dare la botta finale alla metafisica. Perché? Perché l'ha detto Nietzsche! I nostri ragazzi - dice il prof. Galimberti - vivono in quella terra di nessuno dove "la famiglia non svolge più alcuna funzione, la scuola non desta alcun interesse, la società alcun richiamo, dove il tempo è vuoto, l'identità non trova alcun riscontro, il senso di sé si smarrisce, l'autostima deperisce" (pag. 40 op. cit.). Tutto vero, ma la domanda è: che cosa ha prodotto tutto questo? E la risposta è semplicissima: tutta quella marea di falsa cultura che, in nome di una rivoluzione permanente contro i valori, ha voluto lo sfascio della famiglia, della scuola, della società e quindi dell'individuo. Le responsabilità sono individuabili in tutte le opere di quei cattivi maestri che hanno proposto la distruzione del vecchio edificio senza avere in mente nessun progetto per il nuovo. Perché preoccuparsi? Tanto tutto è vano e inutile, la vita non ha senso: buttiamo a mare tutto.
Vogliamo riportare le inquitanti parole che il prof. Galimberti scrive a proposito del Bullismo degli studenti: "Solo con gli amici della banda oggi molti dei nostri ragazzi hanno l'impressione di poter dire davvero noi" (pag. 41 op. cit.). Hanno smesso di dire noi, dice, come lo si diceva nel '68.
Ma nel '68 ciò che cominciava a radunare i giovani erano i complessi rock padri di tanti complessini casarecci, i libri di quei tanti falsi maestri che comiunciavano a "raccontare" come per potere essere liberi bisognasse fare tutto quello che passava per la testa, quei 'piper' che hanno preceduto le discoteche, i cineforum su Bergman, le comitive ed i circoli letterari di provincia che si riunivano attorno alle opere dei Pasolini e company, e le ridicole occupazioni delle università da parte di pochi poco avvezzi allo studio. Quel "noi" era malato in partenza perché cementato da modelli fallimentari: se la moderna società è figlia di quel '68, non possiamo che parlare di fallimento. Perché quando ad un giovane dici che per essere veramente libero deve mandare a quel paese ogni principio morale, ogni etica, ogni valore, gli stai togliendo la possibilità di dare un senso alla propria vita. Quello è il nichilismo e non un'astrattezza. Esso è la conseguenza delle prediche sessantottine tenute da improbabili pulpiti da personaggi che a nostro parere nulla hanno avuto di profondo, di vero, di positivo. Il sessantotto ha messo in moto una falsa rivoluzione, perché macchiato in partenza di
  idee nichiliste. Ma la colpa più grande di questo infelice periodo è stata quella di avere illuso i giovani ad autogovernarsi in un'età di transizione che li vedeva fragilissimi ed esposti ad ogni soffio. Sappiamo tutti benissimo che a quell'età, salvo rarissime eccezioni, si è immaturi mentalmente ed emotivamente. Si impose il principio per cui, per essere moderni ed alla page, bisognasse andare contro ogni autorità (a casa, a scuola, nella società in genere); si fece capire ai giovani che si poteva andare in giro per il mondo cantando canzonette da due soldi, dormendo sotto i ponti o sotto il cielo stellato, senza lavorare regolarmente, ed essere felici. Quanti nostri amici, illusi da questi miraggi, si sono trovati a vivere l'intera loro vita sotto i ponti, facendo accattonaggio. Si insegnò ai giovani a fare a meno dei progetti: meglio vivere insieme in ruderi abbandonati per leggere insieme libri rivoluzionari, per poi andare in piazza a riversare una rabbia nata anche da inconscia insofferenza ad una vita sensa senso. Il Nichilismo non è una peste venuta dal cielo attraverso un meteorite: esso è una sorta di rete fognaria a cielo aperto, in cui chiunque può scaricare le cose che dal suo sottosuolo porta alla luce del sole. Ma non sono navigli, né canali di irrigazione: le sue acque sono melmose, paludose e tossiche, nonostante degli abilissimi pensatori riescano a far spuntare dalle loro stagnanti superfici delle meravigliose ninfee. Sono sabbie mobili che inghiottono e divorano ogni buon senso a chi si avventura in esse. Alcuni riescono a raccogliere i petali di tali ninfee, ed ecco che in poco tempo diventano lotofagi, e purtroppo non c'è nessun Ulisse che li tiri fuori dalla loro sventura.
Ma possibile, ci chiediamo, che persone intelligentissime non si accorgano di tanto danno? Possibile non si rendano conto del fallimento del non-progetto nichilista? Questo sub-uomo deve proprio diventare bestia al 100% perché qualcuno corra ai ripari e proclami, con tutta la potenza che si ritrova, IL NICHILISMO E' MORTO!  perché   la morte dei valori e di Dio è la sua tomba?
Il Nichilismo è sempre stato un aborto perché il suo fondamento è il nulla: è nato morto, anzi è un non-nato. Non è morto Pan e non è morto Dio,
PERCHE' IL NULLA NON PUO' DICHIARARE ALCUNCHE'.  Non prendiamo in giro i nostri ragazzi portandoli a credere nell'assurdo, né confondiamoli con la tecnica prostituita. Smettiamola di tagliare i ponti sotto i piedi. Se la vostra somma intelligenza, signori nichilisti, ha toccato il tetto della vostra massima verità nella frase "la vita non ha alcun senso ed i valori non contano un accidenti", non vi pare sia giunto il momento di dare senso almeno a quello che dite, togliendo in grande stile il disturbo? Se poi non si ha il coraggio di… congedarsi, rimane sempre il sottosuolo: quel paradiso che offre alla vita del sopra-suolo un senso di non-senso.
Questo fantoccio che è stato messo ad ogni angolo di strada come fosse un dio e che avete chiamato Nichilismo, è ora di bruciarlo come un qualunque carnevale. Non state lì a cercare le cause di una malattia provocata. Ammettete di avere preso un bel
ganchio e tutto torna come prima e meglio di prima, nonostante la tecnica e via discorrendo. I valori non possono morire, le miniere d'oro in piena attività non muoiono: se non si vuole estrarre l'oro vengono semplicemente chiuse. Se il frumento è il valore per il fisico, il suo oro, non si può pensare di distruggerlo e contemporaneamente di rimanere in vita. Il Nichilismo di Nietzsche testimonia del suo tentativo quasi mistico di andare oltre se stesso. Esso è stato frainteso da nazisti, da filosofi e dalla ciurma.
Nietzsche era una persona docilissima, educatissima, rispettosissima delle leggi, amante della natura e degli animali. Prima che la follia lo inghiottisse definitivamente, con un ultimo guizzo di sanità mentale abbracciò un povero cavallo che veniva percosso selvaggiamente da un carrettiere del sottosuolo. Egli, per tutta la vita, pur facendo impietose escursioni nel suo sottosuolo e in quello degli altri, ha sempre vissuto alla luce del sole. Che hanno da fare con lui i distruttori della società occidentale creatori del sub-uomo? Non vediamo danzare nessuno sotto l'ebbrezza dell'estasi dionisiaca vera, vediamo solo dei saltinbanchi che sputano fuoco e si dimenano al ritmo di musiche vuote. Non vediamo nessuno andare oltre se stesso: il nichilista moderno all'annuncio di Nietzsche si è talmente spaventato da non più connettere: è incapace di mettere in moto il suo senso critico e cercare di andare oltre Nietzsche. Quindi si è costruito un muro di pianto attorno alla sua persona inutile e senza senso, e non fa che lacrimarsi addosso. Ma le sue lacrime sono infettive: producono altre lacrime, ed ecco che si dà vita ad un muro del pianto che poco ha da invidiare alla Muraglia Cinese: di qua l'inutile vita, e di là, oltre il muro, il nulla.
La Vita è estasi, perché vibra in ogni essere vivente e sta quindi dentro e fuori di noi. Il senso della vita è cogliere questa unità di noi tutti. Ci accontentiamo anche della Vita come sperimentazione  proposta dal prof. Galimberti. E' certamente triste vedere nelle discoteche e per le strade o ai concerti masse di ragazzi che ammassano le proprie solitudini per marciare all'unisono al ritmo folle della loro musica preferita e sperare che la monotonia del passo faccia crollare quell'incredibile muro del pianto costruito  e voluto dal nichilismo. Ma questi giovani che in discoteca portano le loro solitudini (come dice il prof. Galimberti) sono soli perché è stata loro rubata l'anima e buttata nel sottosuolo come una cenerentola al servizio di sensi sfrenati e votati all'autodistruzione.

Il nichilismo è morto! I valori sono evasi dal sottosuolo, sono un po' inzaccherati ma lavabili. *********************************************************

Testi citati e testi consigliati per approfondire:

-          Umberto Galimberti  - L'Ospite inquietante - Feltrinelli;

-          Umberto Galimberti - Il tramonto dell'Occidente - Feltrinelli;

-          Umberto Galimberti - Psiche e Techne - Feltrinelli;

-          Martin Heidegger - Essere e tempo - Longanesi;

-          Martin Heidegger - Il nichilismo europeo - Adelphi;

-          Martin Heidegger - Che cos'è la metafisica - Adelphi;

-          Martin Heidegger - Nietzsche - Adelphi;

-          Karl Jaspers - Nietzsche - Mursia;

-          Karl Lowith - Saggi su Heidegger - SE;

-          Dostoevskij - Memorie dal sottosuolo - I capolavori Newton;

-          Dostoevskij - Il romanzo del sottosuolo - Feltrinelli;

-          Emanuele Severino - Essenza del nichilismo - Adelphi;

-          Emanuele Severinoi - Il nulla e la poesia alla fine dell'età della tecnica:Leopardi - Bur;

-          Emanuele Severino - La filosofia futura - Bur;

-          F. Nietzsche - Opere complete - Newton.

 

 



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