SPINOZA
(un filosofo
coerente)
Etica
Noi riteniamo che ogni
filosofo abbia colto un aspetto della verità. Le varie scuole di
filosofia, pertanto, anche quando propongono punti di vista
inconciliabili, sono tutte degne del massimo rispetto. La somma di
esse, la Filosofia, è solo un tentativo in continuo movimento, un
fermento di conoscenza che cerca di abbracciare tale Verità, ma Essa è
anche Vita e Via (è Tao, per dirla taoisticamente), ed è sempre in
movimento, in espansione. Da qui, quell'assurdo ma gratificante gioco di
rincorrere un orizzonte che procede alla stessa velocità del
ricercatore. Però, perché tutto questo avvenga, occorre che il filosofo
sia in buona fede, e per noi sono in malafede tutti coloro che
antepongono alla filosofia, all'amore per la Sapienza, quello di un
proprio precostituito punto di vista egoico. Un filosofo che non sia
l'incarnazione del vero"perché?", non è vero filosofo. Chi ha in
tasca le risposte a tutti i perché grazie alla politica, alla tecnica,
alla religione o a quant'altro vi pare, può essere un politico, un
tecnico, un religioso ecc. Noi poniamo accanto ai filosofi i mistici di
ogni tempo, cioè tutti coloro che per esperienza diretta hanno trovato
risposte ai perché fondamentali. Ora, dopo tale distinguo, la cerchia
dei veri filosofi può essere ridotta di parecchio: col grano ci si fa il
pane, con le erbacce, nulla.
Se il filosofo rappresenta il saggio, colui che deve dare i buoni
consigli al re, affinché questi prenda le giuste decisioni e
perché nel regno imperi sovrana la giustizia, l'ordine, la
moralità, e quanto di positivo ci possa essere, per sapere se una
filosofia è figlia della Sapienza o no, basta osservare i frutti che
essa produce in tale regno. E se per regno intendiamo sia lo stesso
filosofo, che la società da lui influenzata, dalla vita dell'uno e
dell'altra possiamo trarre le dovute conclusioni.
Chi predica una cosa e ne fa un'altra è un incoerente, un bugiardo, un
cattivo maestro, perché un buon esempio insegna meglio di mille parole.
Chi con le sue parole riesce a distruggere l'armonia, la morale, la
giustizia, e via dicendo, di una società è, secondo noi, un cattivo
maestro.
Detto questo, possiamo
parlare finalmente di Baruch Spinosa, un filosofo coerente.
Bento, Baruch, Benedictus nasce ad Amsterdam il 24
Novembre del 1632. Per farsi un'idea dell'aria che a quel tempo tirava,
diciamo solo che nello stesso anno Galileo Galilei pubblicava quel suo
Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo che lo avrebbe
portato dritto dritto davanti al tribunale dell'Inquisizione, e che egli
avrebbe ritrattato l'anno dopo. Erano tempi di intolleranza che
riguardavano non solo la comunità cristiana, ma anche le comunità
ebraiche. Baruch era figlio di un commerciante ebreo-portoghese (Michael
d' Espinoza). Frequentava ovviamente la comunità ebraica della sua
città. Ma nel momento in cui cominciò a ragionare con la propria testa
ed a produrre pensieri non allineati con la tradizione rabbinica, venne
bandito, scomunicato, maledetto e cacciato dalla comunità stessa, con un
bando che solo a leggerlo viene la pelle d'oca. E' davvero
incomprensibile come ancora oggi possano esistere persone o comunità che
dichiarano d'avere l'esclusiva sulle cose ultime (Dio, l'uomo, la
verità, ecc.):
Il vento soffia dove vuole
e come vuole. Ogni uomo di Dio
è uno strumento che si lascia suonare da quel Soffio per produrre
soltanto armonie. Ogni strumento è particolarissimo, ogni suono è
particolarissimo. Ma tali armonie, alle orecchie di chi crede di esser
figlio di Dio ma che forse tale non è, sono sempre bestemmie,
stonature. Ciò accade perché avvengono delle ridicole invasioni di
campo. Nel caso del povero Galileo si invase quello della scienza, nel
caso di Baruch Spinoza, quello della filosofia. Ognuno deve poter
cercare il Divino con i mezzi che madre natura gli ha dato, ognuno può
solo spendere i talenti che ha, non quelli che non ha. Galileo usava il
buon senso nell'interpretare la Bibbia e lo stesso faceva Spinoza. Il
loro è un punto di vista rispettabilissimo. Perché maledirli o
condannarli? Quando un pensiero nuovo nasce nella mansuetudine non può
essere condannato o eliminato: un albero che non dà frutti cattivi non
va mai abbattuto. Eppure quella orribile maledizione scagliata da un'
intera comunità verso un mansueto pensatore voleva solo eliminare,
cancellare, condurre alla non esistenza un pensiero, una mente che
riteneva se stessa parte di una Mente Universale ed Eterna. Solo l'ego
di persone tenebrose può desiderare la morte del buono, e Baruch non era
un uomo cattivo: lo testimonia l'intera sua breve vita.
Spinoza dà inizio alla sua Etica con otto definizioni che in
nuce contengono tutta la sua filosofia. Dopo avere definito causa
"ciò la cui essenza implica l'esistenza…"(1); dopo aver
definito "finita nel suo genere una cosa che può essere
limitata da un'altra della stessa natura…" (2); dopo avere inteso
per sostanza " ciò che è in sé ed è concepito per sé…" (3);
ed ancora, dopo avere inteso per attributo "ciò che
l'intelletto percepisce della sostanza come costituente la sua stessa
essenza…"(4); dopo aver definito modo "le affezioni della
sostanza…"(5); definisce Dio "l'ente assolutamente
infinito, cioè la sostanza che consta di infiniti attributi, ognuno dei
quali esprime un'essenza eterna e infinita"(6) - Nella settima
definizione si occupa della cosa libera: "quella che esiste
per sola necessità della sua natura e si determina da sé sola ad agire",
e della cosa necessaria: "quella che è condizionata ad
esistere e ad agire da qualcos'altro, secondo una precisa e determinata
ragione". Ed infine, nell'ottava definizione spiega cosa intende per
eternità: l'esistenza stessa". ( Spinoza - Etica e Trattato
teologico politico - Utet, pagg. 85 e 86 - la sottolineatura è nostra).
Certo, aver definito Dio sostanza avrà fatto rizzare i capelli a
più d'un rabbino e d'un vescovo. Un Dio non antropomorfizzato, un Dio
immanente come sostanza cozzava contro ogni ortodossia. Se a
queste definizioni aggiungiamo lo sviluppo del pensiero attraverso le
proposizioni, le dimostrazioni e gli scolii
(chiarimenti, delucidazioni), e se aggiungiamo ancora tutti i commenti
ai sacri testi ebraici del trattato teologico politico, ci possiamo fare
un'idea di quanto dovette urtare la sensibilità religiosa ortodossa dei
rabbini del suo tempo. Tuttavia, ciò non potrà mai giustificare l'odio
contenuto in quel bando zeppo delle più terribili maledizioni (i curiosi
possono leggerlo alle pagg. 20, 21 del testo sopracitato a cura di Remo
Cantoni e Franco Fregnani).
Per chi possiede una mente matematica, la lettura dell' Etica
può essere gratificante, perché ogni proposizione, dimostrazione e
scolio è legata alla precedente proposizione, dimostrazione e scolio
(ovviamente escludendo la prima che prende le mosse dalle definizioni
d'apertura. Una sorta di ragionamento matematico. Facciamo un
esempio per rendere l'idea. Dopo avere definito Dio sostanza che
consta di infiniti attributi (VI definizione), nello scolio della
proposizione X Spinoza dice "…in natura non esiste che un'unica
sostanza , assolutamente infinita…" - nella proposizione XI: "Dio,
cioè la sostanza costituita da un'infinità di attributi…, esiste
necessariamente". Dopo passa a dimostrare: "Se lo neghi, pensa,
se è possibile, che Dio non esista. Allora la sua essenza (per l'assioma
7) non implica l'esistenza. Ma questo è assurdo (per la proposizione 7):
dunque Dio esiste necessariamente". Più avanti, nella proposizione
XIV dice: "All'infuori di Dio non può esserci, né essere concepita,
alcuna sostanza". E così via per tutto il trattato. Ovviamente
stiamo riportando brani della "prima parte", che parla appunto di Dio.
Come abbiamo detto, definire Dio sostanza scandalizzò molto i
suoi contemporanei, ma Spinoza controbatteva: "Non vedo perché la
materia dovrebbe essere indegna della natura divina…" (id. pag. 101-
scolio prop. XV), per picchiare forte nella prop. XVIII: "Dio è causa
immanente, e non transeunte, di tutte le cose"(id. pag. 105).
Insomma, Dio non può creare qualcosa che non venga da sé, per cui
Creatore e cosa creata sono inseparabili: Dio e la sua essenza sono una
sola cosa, ed Egli è anche causa essendi (cioè causa per cui le
cose continuano ad esistere). Infine, dopo una lunga appendice, conclude
la prima parte dell' Etica, per occuparsi della seconda: Natura e
origine della mente.
Qui, la prima e la seconda prop. sono interessanti in quanto Baruch
del pensiero dice che esso è un attributo di Dio, ovvero che Dio è
cosa pensante; e che l' estensione è un attributo di Dio.
Noi, a suo dire, degli attributi di Dio (che sono infiniti) possiamo
solo conoscere il pensiero e l' estensione. L'uomo,
secondo Spinoza, non è sostanza, ma modo di questi due
attributi.
Nel corollario alla prop. XI viene detta una cosa importante, e cioè che
la mente umana altro non è che una parte dell'infinito intelletto di
Dio. Ma questo ci porta a considerare quanto l'autore suggerisce nel
trattato sull'emendazione dell'intelletto: prima di ogni ricerca "è
necessario escogitare il modo di curare la mente e di purgarla,
affinché, per quanto è possibile all'inizio, conosca con successo le
cose, senza errore e nel miglior modo possibile" (Citato da Filippo
Mignini in Introduzione a Spinoza - Laterza, pag. 22). Nello
stesso trattato Baruch propone alcune regole di vita per tutto il tempo
che la mente è impegnata nella purificazione: "parlare e agire
secondo la comprensione del popolo…; godere dei piaceri della vita
quanto basta a mantenere la salute; cercare il denaro e ogni altro bene
materiale solo in vista della conservazione della vita e della salute…
(id. pag. 23). Baruch Spinoza, nel corso della sua breve vita, si
attenne scrupolosamente a queste regole (ecco perché all'inizio abbiamo
detto di lui "un filosofo coerente"). Il Tao-Te-Ching in qualche parte
afferma più o meno la stessa cosa: "Sapere che abbastanza è abbastanza,
significa avere sempre a sufficienza". Ma i falsi maestri vanno contro
tale principio. Per loro la ricerca del piacere a oltranza e della
ricchezza materiale è un dovere, perché a loro dire la vita è solo
materiale. Ed ecco che i nostri giovani riempiono i centri di recupero
per tossico-dipendenti. Laddove la morale, la religione e tutti i valori
sono stati cancellati dal nichilismo imperante, si è creato un vuoto
riempito da false felicità conquistabili a poco prezzo attraverso
pasticche o polveri assassine. Ma ciò che doveva riempire quel vuoto ha
spalancato un abisso da cui, una volta precipitati, non è facile venir
fuori. A questi ragazzi è stata rubata l'anima. Chi sono i ladri? Dei
pensatori, la cui mente mai emendata è piena di nerume; dei fantocci di
fango le cui parole inzaccherano schiere di menti deboli e insicure.
Spinoza è stato accusato spesso di ateismo, ma come può essere ateo chi
afferma che la mente dell'uomo è una piccola parte dell'infinita Mente
di Dio? Come si fa a tacciare di ateismo chi afferma che Dio non può
agire in vista di un fine perché se no significherebbe che gli manchi
ciò a cui tende? Come si fa a definire ateo chi vive ritenendo di essere
immerso nella Sostanza Infinita che è Dio? Come si fa a definire ateo
chi combatte il bigottismo di chi non vuole che si pensi a Dio,
ma che si creda alla lettera della Scrittura? Come può essere definito
ateo chi ha dedicato la vita alla ricerca della verità ed avendo creduto
di averla conseguita ha speso i migliori anni della propria vita per
condividere il conseguimento? Uno che afferma indirettamente e
continuamente "sia fatta la Tua volontà" sostenendo che la Volontà è
universale e contiene le singole volizioni, può essere marchiato di
ateismo? Certo, si può anche non condividere il pensiero di Spinoza,
criticare il suo immanentismo, la spersonalizzazione di Dio, ecc. Ma
definirlo ateo ci pare eccessivo. Scomodo, forse. Fastidioso come tutti
quelli che ragionano con la propria testa. Ateo, no. Chi afferma che la
somma felicità e beatitudine consiste "nella sola conoscenza di Dio
dalla quale siamo indotti a compiere solo quelle azioni che sono
suggerite dall'amore e dalla pietà" (scolio prop. 49 opera citata
pag. 181), non può essere ateo. E detto ciò, siamo pronti per dare uno
sguardo alla parte terza, che riguarda origine e natura degli affetti
(affetto nel senso di sentimento o stato d'animo, come suggeriscono
Cantoni e Fergnani).
La proposizione prima della terza parte è molto importante. Essa ci dice
che la mente può agire o subire a seconda che abbia idee adeguate
o inadeguate. Ora, secondo Spinoza vi sono tre generi di
conoscenza: quella derivata dall'uso dei sensi; quella razionale; ed
infine la conoscenza intuitiva. Quest'ultima permette di "vedere" le
cose così come procedono da Dio. Possiamo sentire in questa teoria echi
di pensiero cabalistico: possiamo far corrispondere ai mondi di Assiah e
Yetzirah il primo genere di conoscenza; al mondo di Briah il secondo
genere di conoscenza; al mondo di Aziluth il terzo genere di conoscenza.
A questo proposito sarebbe interessante comparare la filosofia di
Spinoza e le teorie della Kabbalah, ma non lo faremo per non
appensantire troppo questo breve saggio.
Da quanto detto fino ad ora possiamo cominciare a inquadrare il nocciolo
del pensiero spinoziano: l'uomo, grazie alla conoscenza intuitiva ha
l'opportunità di essere in Dio e quindi in beatitudine. Per un accusato
di ateismo, non c'è male. Ma torniamo a questa terza parte dell'
Etica. Essa è ricca di spunti psicologici, oltre ovviamente che
filosofici E da questo appare chiaro sia come Baruch si sia osservato a
lungo, per conoscere a fondo la propria mente, il proprio corpo, i
propri affettti, e sia come egli abbia cercato di purificare, emendare
il proprio intelletto. Da quello che dice, crediamo che il lavoro
alchemico su di sé sia stato condotto con perseveranza e con forza,
grazie a tutte le intuizioni che lo hanno messo in grado di potere
scrivere e trasmetterci quello che ha scritto. Sarebbe troppo lungo
soffermarsi sulle approfondite analisi che Spinoza fa del desiderio,
dell'immaginazione, dell'amore, dell'odio,
della tristezza, della letizia, della speranza, del
disprezzo, della propensione, dell' avversione,
del timore; e poi: gioia, compassione, simpatia, indignazione,
sopravvalutazione, invidia, misericordia, autocompiacimento, umiltà,
pentimento, superbia, avvilimento, ecc. Per non annoiare troppo, ma
anche per stimolare chi ci legge ad approfondire quest'opera di Spinoza,
riportiamo solo la definizione generale che egli dà dei sentimenti
proprio alla fine della terza parte (op. cit. pag. 261): "L'affetto,
detto Patema d'animo, è un'idea confusa con cui la Mente afferma una
forza di esistere del proprio Corpo o di una sua parte, maggiore o
minore di prima, e, data la quale, la Mente stessa è determinata a
pensare una cosa piuttosto che un'altra". Siamo in piena
inadeguatezza mentale che può portare ad una vera e propria
schiavitù quelle persone impotenti di moderare o reprimere gli affetti.
E' proprio con la definizione di Schiavitù (intesa nei termini
sopracitati) che Baruch apre la parte quarta, che porta il titolo La
schiavitù umana, ossia le forze degli affetti. L'uomo soggetto agli
affetti non è padrone di sé. E qui dovremmo aprire la solita
parentesi e parlare del nostro declinante mondo occidentale a causa di
tale schiavitù e quindi a causa della non padronanza di noi stessi. Ma
non ci abbandoneremo alla solita litania dei cattivi maestri, dei
nichilisti per tutte le stagioni e dei blà blà blà che ipnotizzano
milioni di giovani con banalità e assurdità grosse come montagne. Ci
limiteremo a rivolgere un invito a tutti quei giovani ai quali è rimasta
una minima padronanza di sé e che sono quindi ancora in possesso di una
certa riserva di buonsenso: ragionate con la vostra testa; usate la
vostra facoltà critica; ciò che vi viene detto ha sia forza emotiva che
forza mentale: schermatevi e soppesate i contenuti, la sostanza di ogni
discorso, ma soprattutto cercate di individuare la meta cui vuol
condurvi quel pensiero. Essere padroni di sé vuol dire soprattutto
essere in Dio: " La virtù assoluta della Mente - dice Spinoza
nella dimostrazione della proposizione XXVIII - è dunque conoscere.
Ma la cosa più grande che essa può comprendere è Dio…: quindi la somma
virtù della Mente è comprendere o conoscere Dio" (id. pag. 288).
Quelli veri, quelli non pensati, quelli che fluiscono direttamente
dalla Mente Infinita di Dio che comprende ogni mente, sono i pensieri da
desiderare, dopo avere purificato l'intelletto e dopo avere moderato o
represso gli affetti. I mistici di ogni tempo ci hanno lasciato un
patrimonio immenso di tali pensieri. I profeti di ogni tempo ci hanno
raccontato i loro inesprimibili pensieri con visioni stupende. I santi
di ogni tempo ci hanno regalato i loro pensieri in parabole. I veri
filosofi di ogni tempo si sono sforzati di concettualizzare le loro
intuizioni. Oggi, falsi maestri predicano la morte, il nulla, il vuoto
ed il caos. Usate buonsenso, perché "L"uomo libero a nessuna cosa
pensa meno che alla morte: e la sua saggezza è una meditazione della
vita, non della morte" (id. pag. 325).
Dev'essere bello per la Vita abbandonare quei gusci vuoti d'ogni
Sapienza che rispondono al nome di "nichilisti": la morte di tali corpi
inconsapevoli del Tesoro che custodiscono, per tale Vita è una
rinascita. Come se il Mare che ha dato vita alle nubi e alle pioggie si
riprendesse definitivamente le acque d'un fiume, di cui rimarrà
solo un canalone secco e muto in eterno. Meditazione della vita è
appannaggio di chi, avendo sconfitto o imbavagliato il proprio ego, può
davvero ritenersi libero: libero dalla grande illusione di essere altro
dalla Vita. Con la morte muore l'animalità, la bestia, la carne, non
certo la Vita che animava l'involucro. Ecco la saggezza: meditazione su
una Infinita ed Eterna Vita che tutto anima, che tutto muove, che tutto
alimenta. Sentire il canto di Essa equivale a cantarLa e cantandoLa La
si é.
Siamo così giunti alla parte quinta: La potenza dell'intelletto ossia
la libertà umana, la quale tratta modo e via che conducono alla
libertà, e della potenza che la mente ha di frenare e moderare gli
affetti. Dopo avere punzecchiato (nella prefazione) Cartesio, secondo
cui "l'Anima o la Mente, è unita principalmente a una parte del
cervello, detta ghiandola pineale…", procede come al solito con
assiomi, proposizioni, dimostrazioni, corollari e scolii. Anche in
questa conclusiva parte Spinoza mette in mostra un acume psicologico
eccezionale (vedi per esempio scolio proposiz. X, e e quello prop. XX).
Essendo stato un filosofo coerente, ha purificato il suo intelletto e
sottomesso i suoi affetti. Ecco perché la sua è vera conoscenza: egli
si è conosciuto. Per avere in nostro potere un affetto
occorre che esso sia da noi conosciuto a fondo (corollario proposiz. III).Della
mente umana, dopo la morte del corpo, rimane qualcosa che è eterno (prop.
XXIII).La mente che comprende molte cose col secondo e terzo genere di
conoscenza (ragione e intuizione) patisce poco dagli affetti e non teme
la morte (XXXVIII)."…la morte è tanto meno temibile quanto più la
conoscenza della Mente è chiara e distinta, ossia quanto più la Mente
ama Dio" (scolio XXXVIII - op. cit. pag. 371). L'intelletto è la
parte eterna della mente (corollario XL).
Questo breve saggio sul'Etica
va preso come semplice invito alla lettura di Spinoza. Ne vale la
pena.
Grazie. Nat |