I PROMESSI SPOSI
Alessandro Manzoni (1785-1873) inizio` questo
romanzo nel 1821, ne pubblico` una prima stesura nel ’24 e quella
definitiva tra il ’40 e il ’42 a puntate, in fascicoli quindicinali.
Sintesi:
L’autore finge di aver trovato la
storia in un manoscritto del’600, dove e` narrata in modo
difficile e sguaiato; la
storia gli piace e decide di riscriverla di suo pugno, tacendo
prudentemente nomi e paesi.
Siamo
sulle rive del lago di Como, nel leccese. Due sgherri, i
bravi
di don Rodrigo, signorotto del luogo, minacciano di morte un prete di
campagna, don Abbondio, se
unira` in matrimonio due
suoi parrocchiani: Lucia Mondella e Renzo Tramaglino. La mattina del
giorno dopo, il giorno fissato per il matrimonio, Renzo si reca dal suo
parroco per gli ultimi accordi, ma viene respinto con vani pretesti,
Renzo riesce a carpire alla fantesca del prete, Perpetua, la ragione del
rifiuto, allora torna da don Abbondio e gli strappa il nome del suo
rivale: don Rodrigo. Agnese, madre di Lucia, saputa la nuova, consiglia
Renzo di chiedere aiuto ad un avvocato, il dr. Azzeccagarbugli. Renzo si
reca da lui, a Lecco, ma l’avvocato, conosciuto il nome dell’autore del
sopruso, lo caccia in malo modo. Lucia, intanto manda a chiamare il suo
confessore, fra Cristoforo. Il cappuccino, di cui veniamo a conoscere la
vita, la conversione e l’apostolato, va al palazzo del signorotto per
dissuaderlo dal suo proposito, ma la missione fallisce. Agnese ha avuto
un’altra idea: celebrare un matrimonio a sorpresa, con due testimoni,
davanti al prete, senza il suo consenso. Nella stessa serata don Rodrigo
col fido Griso ha organizzato il rapimento di Lucia, ma i due progetti
falliscono: don Abbondio e` lesto a fuggire
e i rapitori non
trovano la vittima. Gli sposi, rimasti promessi, e Agnese si rifugiano a
Pescarenico, dal frate, questi per proteggerli dal cattivo signorotto,
li avvia, Lucia e Agnese in un convento a Monza, Renzo a Milano da un
confratello. Nel convento di Monza c’e` una signora, la Signora,
che non e` una monaca come l’altre,
ma una principessa, Gertrude, costretta dalla famiglia al monacato,
infelice e irrequieta e legata da una relazione allo scellerato Egidio;
a lei e` affidata Lucia. Don Rodrigo intanto, roso dalla rabbia e dalla
gelosia, medita di liberarsi del frate e del rivale Renzo. Questo,
arrivato a Milano, si lascia ingenuamente coinvolgere nella sommossa
popolare scoppiata in quei giorni e, ritenuto un agitatore, e` costretto
a fuggire nel bergamasco, dal cugino Bortolo. Attilio, cugino e compagno
di bagordi di don Rodrigo, riesce con l’aiuto del conte zio a spedire a
Rimini, il che e` una bella passeggiata,
il frate Cristoforo.
Il Griso intanto ha scoperto il rifugio di Lucia e don Rodrigo, non
sentendosi in grado di sfidare personalmente il casato di una
principessa, chiede l’aiuto di un terribile uomo senza pieta` e senza
legge, di un
conte, detto l’Innominato, artefice dei piu` scellerati delitti, che ha
in Monza un suo collaboratore: Egidio. Con la complicita` della Signora,
che seppure malvolentieri e` costretta ad obbedire al suo amante, Lucia
viene rapita e condotta al castello dell’Innominato, che l’attende
stranamente inquieto. Il suo fido, il Nibbio, riferisce del rapimento e
confessa di aver
provato compassione
per quella poveretta. L’Innominato allora vuol vedere la prigioniera e
ne rimane colpito e scosso. Lucia, rimasta sola, si dispera, si rifugia
nella preghiera e fa voto alla Madonna di castita`, poi si addormenta
di un sonno perfetto e continuo.
Invece l’Innominato non puo` dormire: il rimorso si fa strada nel suo
animo e lo conduce quasi al suicidio. All’alba ode uno scampanio
provenire dalla valle: si festeggia l’arrivo in paese del cardinale
Federico Borromeo, sant’uomo. L’Innominato si reca da lui, sperando in
un qualche conforto alla sua disperazione. La sua conversione, definita
da Federico
“convito di grazia, giocondo prodigio”
e` un miracolo per tutti e la salvezza per Lucia. Il cardinale manda don
Abbondio, giunto per ossequiarlo e che si trova nei paraggi, al castello
con l’Innominato a prelevare Lucia per restituirla alla madre. Il
viaggio crea gran disagio al parroco per la paura del conte e insieme
per il timore di essere rimproverato dal cardinale per non aver
celebrato il matrimonio dei due giovani. Lucia, ormai in salvo, viene
prima ospitata amorevolmente dal sarto del paese e da sua moglie, poi il
cardinale, dopo aver rimproverato don Abbondio per la sua pusillanimita`,
non potendo far restare la fanciulla al suo paese per via di don
Rodrigo, l’affida ad una coppia di nobili benestanti di Milano: don
Ferrante e donna Prassede.
Renzo, su cui pende
un mandato di cattura, intanto ha cambiato nome e come Antonio Rivolta
riesce a dare per lettera sue notizie ad Agnese; questa
a sua volta gli fa
conoscere la storia di Lucia e del voto e gli manda la meta` degli scudi
d’oro ricevuti in regalo dall’Innominato.
Passano i mesi, la
carestia si fa sentire, ma la vera sciagura e` il passaggio del soldati
alemanni dell’imperatore Ferdinando in marcia verso Mantova: i
lanzichenecchi. Dietro a loro la distruzione, davanti a loro solo
fuggitivi. Don Abbondio, Perpetua e Agnese si rifugiano come tanti altri
nel castello dell’Innominato, difensore ora dei poveri e dei deboli.
Passato il pericolo, tornano a casa trovando solo disastro e rovina. Ma
il flagello peggiore portato dai soldati nel milanese e in tutte le
regioni da essi attraversate e` un altro: la peste. Il morbo si diffonde
la popolazione viene decimata, anche don Rodrigo si ammala e il Griso,
dopo averlo derubato, lo fa portare al lazzaretto.
Renzo nel bergamasco ha
preso anche lui la peste, ne e` guarito, e, senza preoccuparsi del
mandato di cattura, torna a casa, vuol vedere di persona come stanno le
cose e soprattutto aver notizie della sua Lucia. Saputo da don Abbondio,
che pure ha avuto la peste e ne e` guarito, che Lucia si trova a Milano,
vi si reca per cercarla. La citta` e` stravolta, Lucia, anch’essa
ammalata, e` stata portata al lazzaretto. Renzo ci arriva su un carro
dei monatti che lo hanno salvato dal linciaggio della folla: l’hanno
scambiato per un
untore,
cioe` per uno di quelli che sparge la peste.
Cercando tra malati e
cadaveri, Renzo incontra
il padre Cristoforo che, anche lui ormai appestato, faticosamente cura
gli altri e da` sollievo ai moribondi. Renzo lo mette al corrente di
quanto accaduto a lui e a Lucia, poi, seguendo le istruzioni del padre
va in cerca della sua promessa…La trova in una baracca, guarita, che
cura una vedova, sua compagna di
giaciglio. Ma c’e` sempre il nodo del voto. Lucia, piangendo gli ripete
che non potra` mai essere sua, che si deve
mettere il cuore in pace…e
lo manda via. Renzo allora torna
col
padre Cristoforo, che scioglie il voto, non valido perché unilaterale:
Lucia non poteva disporre della volonta` di Renzo a cui si era gia`
promessa. “Tornate con sicurezza e con pace ai
pensieri di una volta…”
Il cappuccino si congeda dai suoi protetti e poco dopo morira`e non si
rivedranno piu`. Un acquazzone libera la citta` dalla peste, Renzo corre
da Agnese a darle le buone notizie. Poi, tornati tutti al paese, certo
della morte di don Rodrigo, don Abbondio sposa finalmente i due promessi
che si stabiliscono nel bergamasco e…li` vivono felici e contenti con
una bella prole, e la storia finisce.
I Promessi Sposi
int. cab.
Possiamo considerare
questo famosissimo romanzo del nostro Alessandro Manzoni,
come al solito, una
‘discesa agli inferi’, in cui l’autore, raccontandoci le avventure dei
suoi eroi ci mostra
la sua interiorita` e ci
illustra il suo cammino verso la conoscenza di se stesso. Egli ci narra
di un suo ‘sogno’, un sogno durato piu` di venti anni, rielaborato,
rivisto e corretto, potremmo dire passato al crogiuolo, sofferto e
purificato fino al limite della perfezione possibile.
Noi, entrando nella storia
percorreremo con lui un viaggio nella nostra psiche e, servendoci delle
situazioni descritte, della loro evoluzione e dei nomi dei personaggi,
ponendoli come al solito sull’Albero cabalistico, ne ricaveremo una
simbologia chiarificatrice del suo e del nostro iter iniziatico.
Cominciamo ad esaminare i significati dei nomi
scelti per i personaggi del romanzo.
Don Abbondio (= da
abbondanza) = ricchezza
al bianco,
miseria, poverta` al nero.
Perpetua =
che permane nel tempo al
bianco, che finisce al nero.
Rodrigo = glorioso, al bianco, meschino,
infame al nero.
Renzo Tramaglino = da Lorenzo, relativo all’(all)-oro;
da tramaglio, mezzo per ‘pescare’.
Lucia Mondella = Lucia, che fa luce, Mond(ar)ella
= (sarchiatura) che elimina le male erbe.
Agnese = Ines = agnello, mite.
Azzecca-garbugli = che favorisce gli imbrogli
e gli imbroglioni.
Cristoforo = che porta, diffonde il Cristo.
Attilio = che ha i piedi storti.
Griso = da grisou = metano (che
e`irrespirabile, un veleno).
Gertrude = eroica al bianco, che e`pavida al
nero.
Egidio = capretto, piccolo capro, piccolo
demonio.
Innominato = senza nome, di cui non e` bene
pronunciare il nome.
Nibbio = uccello rapace, uccello ladro.
Federigo = che domina con la pace.
Prassede = pratica, che agisce.
Ferrante = forte come il ferro.
Poniamo Lucia Mondella
e Renzo Tramaglino rispettivamente sullo Yesod e sul Tiphereth
dell’Albero di Alessandro Manzoni. Essi rappresentano rispettivamente
Lucia (Luce bianca) il Fondamento, la Luna
e Renzo
(Oro) la Bellezza, il Sole
del sua personalita`,
Lucia ne e` la purificante Luce femminile,
Renzo, l’all-Oro della
vittoria nell’arte della pesca, della ricerca maschile. Poniamo la
coppia formata da don Ferrante e donna Prassede, quali protettori del
‘corpo fisico’ di Lucia, in Assiah, il fisico; la coppia formata dal
sarto e dalla moglie in Yetzirah, l’astrale, quali protettori del mondo
dei sentimenti, infatti essi accolgono amorevolmente Lucia, la Luce
rapita e la confortano nel momento dello smarrimento e della debolezza.
Poniamo Agnese (la mite)
madre di Lucia sul Geburah dell’Albero bianco e il padre Cristoforo
(portatore del Cristo) sul suo Chesed; ovviamente il cardinale Federigo
(che domina con la Pace) in Daath quale dispensatore di Verita` e
Saggezza.
Ma il matrimonio tra i due
giovani, la com-unione diretta tra le due Sephiroth Yesod e Tiphereth
non si puo` fare subito, perché molte qualita` negative, le qelipoth
dell’albero nero, la ostacolano: esse vorrebbero appropriarsi di Lucia,
della Luce, cioe` dell’energia del centro Yesod. Abbiamo posto don
Rodrigo (l’infame) sul Tiphereth dell’albero nero, quale diretto
antagonista e rivale di Renzo. Esso dispone di molto alleati, tutti
pronti a
dargli manforte nel suo
turpe scopo: prima di tutto Attilio, (piedi storti) che lo spinge sul
sentiero che va all’ingiu`; poi il Griso, (velenoso ‘metano’), che e` al
suo servizio ma che poi lo tradira` non appena lo vedra` indebolito,
infine il dr. Azzeccagarbugli, suo viscido e servile cortigiano. Abbiamo
ovviamente collocato nel Netzach dell’albero nero don Abbondio,
(miseria) che per paura
obbedisce al male e che
invece di ‘arricchire’ l’Albero lo ‘immiserisce’ svilendo il suo abito e
la sua missione di prete, cioe`la sua ‘abbondanza’; sua controparte
femminile e` Perpetua che abbiamo posto nell’Hod nero. Essa dovrebbe
impersonare la sua ‘perpetuita`’ nella fede e nella religione, nel suo
ministero, invece e` una povera donnetta frivola, vanitosa e
chiacchierona. Abbiamo posto Gertrude (= la pavida al nero) la monaca
sacrilega, nello Yesod nero, quale luce femminile oscurata e violata: la
nobilta` della sua nascita e la sua influenza avrebbero potuto
proteggere Lucia, invece la cedono al nemico per paura e vigliaccheria.
All’Innominato (senza nome) prima della conversione, abbiamo regalato il
‘mondo’ del mentale nero, egli e` il signore del male mentale (Briah
negativo) a cui Rodrigo, Tipherth nero, per rubare Lucia, si affida
quale ‘maggiore’. Al servizio
del
mentale nero sono: il Nibbio (il rapace) a cui abbiamo attribuito il
Geburah nero ed Egidio (il piccolo capro, il demonio) a cui abbiamo
attribuito il Chesed nero. Col tradimento di Gertrude e il rapimento di
Lucia da parte del Nibbio, giungiamo al ‘thas far and not farther’ cioe`
al punto oltre il quale per il male non e` possibile andare. Il Nibbio a
contatto della Luce di Lucia si commuove e facendo il rapporto del
rapimento al padrone ne provoca la curiosita`: il ‘senza nome’ (colui
che solo a nominarlo reca danno) vuol conoscere l’oggetto della
compassione del Nibbio.
Quando il male vuol ‘conoscere’ il bene sta gia` mutando la sua natura e
perdendo terreno. Con la conversione dell’Innominato tutta l’energia
negativa del mentale nero viene
riconvertita, la testa del
drago tagliata. Ma Rodrigo (l’infame) e` ancora vivo e vegeto e con lui
tutto l’astrale negativo, lo Yetzirah nero. Ci vorranno gli invasori (i
lanzichenecchi) e la peste per una vera e completa purificazione
dell’Albero. Dell’astrale nero si salva solo don Abbondio, che, potato
della sua Perpetua, avendola in un certo qual modo riassorbita in se`,
si salva perché solo a lui tocca, quale Hod-Netzach, celebrare l’unione
dei due promessi, Yesod–Tiphereth dell’Albero bianco. Anche
la monaca Gertrude
sopravvive, ma solo per espiare i suoi errore e, con la sua clausura,
rafforzare il Malkuth.
L’acquazzone che lava il
lazzaretto, i malati, gli scampati e i guariti simboleggia la
purificazione totale dell’astrale: con la morte di don Rodrigo diventa
finalmente realta` il “matrimonio di Renzo e Lucia” del Sole e della
Luna dell’Albero, tale matrimonio
intanto si e` anche
arricchito della dote della ‘mercantessa’, la vedova amorevolmente
curata e accudita da Lucia guarita. Tutto l’astrale dell’Albero si e`
rigenerato, il mentale si era gia` rigenerato con la conversione
dell’Innominato. Il fatto poi che i due sposi si stabiliscano nel
‘bergamasco’ puo` essere interpretato come l’inizio di un nuovo ciclo di
esperienze, la costruzione di un altro Albero dello stesso Manzoni, e
anche nostro…, la storia finisce e ricomincia un’altra storia in un
altr-ove…
Grazie. Franca Vascellari.
ALBERO CABALISTICO
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