Famiglia e d'intorni

 

"Come è noto infatti il neonato umano è quasi totalmente privo di dotazione istintiva e richiede di venire modellato per un lunghissimo, in relazione agli altri animali, periodo di tempo, perché possa essere capace di affrontare i problemi che la natura e la società in cui vive gli porranno. Per assolvere a questa funzione.…la famiglia si costituisce come istituto" (Carlo Tullio-Altan  - Manuale di antropologia culturale, storia e metodo  - Studi Bompiani, pag. 421).

 

     Il processo cognitivo (o di conoscenza) richiede un soggetto ed un oggetto. Finché l'oggetto da conoscere è la natura in generale, non vi sono problemi; quando l'oggetto da conoscere è l'uomo, i problemi sono tanti: un soggetto come noi, deve, per poter essere conosciuto, esser ridotto ad oggetto, e questo è impossibile. La psicanalisi freudiana è caduta in questa trappola, difatti, a nostro parere, essa dell'uomo conosce poca cosa. Questo vuol dire che gli uomini non si possono fra di loro conoscere? No. Carl Gustav Jung, introducendo il concetto di empatia ha cercato di superare l'oggettivazione dell'altro. Tuttavia, anche quando ci si manifesta l’uno all'altro, può accadere che  il comunicare, per uno dei due, possa rappresentare una minaccia, perché i messaggi che dall'altro gli arrivano vengono deformati da proiezioni, pregiudizi, disturbi più o meno lievi della psiche. La cosa che però è da prendere più in considerazione è un'altra: fra due persone che la pensano allo stesso identico modo, la mancanza di dialogo è ancora più preoccupante di quella fra due persone che la pensano in maniera diametralmente opposta. Ebbene, oggi, una certa classe di irresponsabili è riuscita a creare enormi schiere di giovani che (guarda un po'), come nei regimi totalitari, la pensano allo stesso identico modo, ed essere una folla fa credere loro di avere raggiunto l'ultima delle verità irrinunciabili: chi non la pensa come loro è malato, non capisce niente, e quindi non vi si può dialogare. Ora, niente dialogo con gli amici, niente dialogo con i "nemici"; non rimane che  criminalizzare l'avversario. Affinché ciò avvenga, gli stessi irresponsabili riescono, con sistematico lavaggio di cervello che comincia fin quasi dalla scuola materna, a produrre atrofizzazione della facoltà critica e pensante dell'individuo, e a favorire una contemporanea iper-attivazione della componente emozionale (a trascinare i giovani basta uno sciamano sociale di media pochezza). Risultato: rivoluzione permanente, con un "nemico" sempre fresco da abbattere. Ed in un simile clima, il dialogo costruttivo che potrebbe portare ad una sintesi diventa utopia. Ma come sottolinea bene Carlo Tullio-Altan La vera forza dell'innovatore…non risiede nelle sue eventuali capacità di stregone, che approfitta di un momento di crisi radicale di disorientamento collettivo, per conquistare un potere personale nel proprio interesse. Egli dovrebbe essere interprete della coscienza collettiva. Innovatore (in questo caso lo citiamo in positivo) è un Freud allorché, prima di invitare tutti all'autointrospezione, fornisce gli strumenti (sia pure rudimentali) per farlo, forte della sua esperienza a lungo ponderata, meditata, studiata: non si improvvisa nulla. Tutti gli innovatori veri hanno agito così ed hanno fatto la vera storia.
Quando non si è innovatori veri, bisognerebbe avere il coraggio di mettere in gioco il proprio sapere; bisognerebbe avere il fegato di porre in discussione, al fine di verifica, i propri modelli cognitivi (cioè le proprie idee sul modo di conoscere le cose e le persone). Per far questo ci vuole molto coraggio,  perché improvvisamente potremmo accorgerci che i nostri pensieri sono stati solo il discutibile frutto del nostro discutibile modo di vivere.  E come giustamente sottolinea Monsig. Alessandro Maggiolini è giusto vivere come si pensa e non pensare come si vive: i pensieri potrebbero essere solo una inconscia giustificazione della propria inconsciamente non accettata vita vissuta.
Prima di sociologizzare e antropologizzare, occorre psicologizzare, ma bene, (su) se stessi. Solo allora l'altro può essere osservato e visto così com'è e non come si vuole che sia. Le metafore spesso inchiodano la mente al pratico, costringendo ad osservare la realtà: per questo non piacciono ai teorici del nichilismo involontario, agli atei di professione, ai nientisti apostoli accaniti, che al posto dell'Assoluto pongono se stessi e le loro idee piene di rabbia e supponenza.
Come diceva il rabbino: anche noi non crediamo al Dio cui non credono i nichilisti. Il nostro Dio è Vivente, Onnipervadente, Trascendente e Immanente allo stesso tempo. La nostra tensione verso di Lui è costante. L'umanità non è altro che una immensa distesa di girasoli, ma non lo sa. Pochi dirigono il volto verso la Luce; pochi sono "veri". La maggior parte delle persone ha scambiato la luna per il sole, la notte per il giorno, l'apparenza per la sostanza. Parliamo di anima, ovviamente, perché i girasoli di plastica cui allude Luca, non ci interessano. Questa grande famiglia umana ha per casa un corpo, per padre l'intelletto e per madre il sentimento-intuizione, ma per un eccesso di Edipo combatte il padre con ogni arma possibile ed in ogni circostanza, e la madre con ogni possibile umiliazione: in un'epoca neo-illuminista, la ragione è quasi spenta ed al suo posto c'è un rozzo istintivo sentire di branco; mentre i sentimenti vengono sottoposti alla tirannia dei sensi.
In ogni epoca ci sono stati girasoli che, per il solo fatto di esistere e guardare, ci indicavano la direzione della luce. Oggi i pochi girasoli veri devono vivere in clandestinità, mentre altri girasoli di plastica e scoloriti sanno indicare solo l'inesistente direzione del nulla. Perché mi accanisco tanto contro i nichilisti? Perché ciò che le mie parole non riescono a dire, lo deve veicolare questo mio "entusiasmo" .  Ma torniamo alla famiglia. Lo sapevate che, secondo le statistiche, i matrimoni vanno a rotoli per problemi tutt'altro che irrisolvibili? Ci si lascia, per esempio, perché si è stati talmente deficienti da non aver mostrato quello che veramente si è durante il fidanzamento; oppure, si rompe il matrimonio perché non si riesce a coniugare allo stesso tempo se stessi e l'altro; oppure ancora, perché non si riesce ad organizzare la ripartizione del lavoro domestico. Ci si lascia perché, nato un figlio, non si è in grado di adattare se stessi alla nuova situazione. Ma la cosa che più fa riflettere è che la maggioranza delle separazioni avviene dopo i quaranta, con i figli grandetti, e con una buona condizione economica. A volte si dà priorità alla carriera, piuttosto che alla famiglia, ed ecco la crisi. Ma vi sembrano questi problemi tali da non poter essere risolti con un minimo di buon senso? Lo sapevate che i bambini di genitori separati subiscono un trauma tremendo, sempre e comunque, nonostante le balle che raccontano i fautori delle cosiddette famiglie allargate? E lo sapevate che una donna abbandonata dal marito sente la separazione come un'amputazione vera e propria eseguita senza anestesia?  Lo sapevate che spesso l'uomo separato perde in un sol colpo moglie, figli e casa, subendo un trauma che lo marcherà per decenni? 
Ma com'è che il noi può essere così stupidamente rimosso in un rapporto di coppia? Coma accade che una persona ragionevole, pensando solo a se stessa, possa distruggere la vita di un figlio, di un partner, della società, solo perché alcuni inconsistenti girasoli di plastica hanno indicato un oriente da cui mai e poi mai potrà nascere un sole?
Non è vero che la famiglia è condannata allo sfascio. Purtroppo i girasoli di plastica stanno stretti in branco ed ogni qual volta soffia un vento qualunque, sfregando uno con l'altro fanno un gran baccano. E siccome l'uomo è un animale influenzabilissimo, basta un giornaletto, un filmetto, un romanzetto, un comichetto da strapazzo, un filosofetto da quattro soldi, perché si convinca che il buio è come la luce, che le norme (e quindi un minimo di disciplina) siano tirannia, che si può fare a meno delle regole in qualunque campo, che la moda (quella che dettano loro per fini squisitamente economici, politici e quindi di potere) è legge; che Dio è un'invenzione, che il sindaco è meglio del vescovo; che il primo ministro è meglio del Papa; che l'anarchia ed il caos sono belli; che lo scarabocchio è arte; che il cantante è meglio del docente; che quello che pensano gli altri è pattume; che il dolce far niente è bello e godibile; che Caino è buono e Abele cattivo; che la famiglia bisogna allargarla, perché quella naturale è morta come Dio; che… Sì Platone guardava alle comuni, ma pensava ad un potere retto da saggi e non ad una democrazia (che fra l'altro non godeva delle sue preferenze) retta da corrotti. Van Gogh, per conoscere la sofferenza e la povertà dei minatori, andò in miniera: per conoscere l'uomo bisogna essere uomini; per essere girasoli, bisogna conoscere e sentire il sole, ma soprattutto sapere chi si è. Ma concludiamo: "L"uomo, prigioniero della sua chiusa soggettività, povero nella sua presunzione di possedere un capitale denominato Io, ha bisogno del compimento di un noi, della pienezza di un incontro per realizzare la sua totalità: siamo degli esseri incompleti che solo nel rapporto possiamo trovare una realizzazione. Il desiderio dell'altro è, nella sua più profonda essenza, desiderio di superare la nostra finitezza, desiderio di trascenderci nell'altro" (Carotenuto - Riti e miti della seduzione - Bompiani, pag. 191). W la famiglia.

Grazie, Nat.



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