Capitolo 9

" Qualunque Israelita scanna un bue o un agnello o una capra entro il campo o fuori del campo e non lo conduce all'ingresso della tenda del convegno per presentarlo come offerta al Signore davanti alla dimora del Signore, sarà considerato colpevole di delitto di sangue" (Levitico XVII, 3,4)   "Poiché la vita della carne è nel sangue. Perciò vi ho concesso di porlo sull'altare in espiazione per le vostre vite; perché il sangue espia, in quanto è la vita" (idem 11) "La vita di ogni essere vivente è il suo sangue, in quanto sua vita." (idem 14)
Il versetto 14 di questo capitolo 17 del Levitico, in ebraico, secondo quanto ci comunica Marc - Alain - Ouaknin nel suo bellissimo libro la 'Lettura infinita' (ediz. Ecig pag. 194), così recita: "Ki nefesh kol bassar damo ki", cioè " il nefesh di ogni essere vivente è il suo sangue".  L'edizione ufficiale della C.E.I. traduce nefesh con vita, ma in ebraico la parola ha molti più significati: "anima, respirazione, persona, essere vivente, volontà, desiderio, sentimento, passione, seno, gola, monumento commemorativo" Il termine dam, che significa sangue, è un terzo dell'uomo dal momento che questi si dice Adam (idem 193, 194). " Il Nefesh come il sangue, è ciò che rende possibile la respirazione cellulare e organica" (stesso). Abbiamo voluto cominciare con queste lunghe citazioni, per sottolineare come il comandamento "non uccidere" va inteso in maniera più ampia di quanto comunemente viene interpretato. Esso non riguarda solo gli uomini, ma ogni essere vivente. Chiunque sparga sangue animale senza sacrificare la bestia uccisa, commette delitto di sangue. Solo l'offerta al Signore (Adonai) della vittima può cancellare l'atto cruento e rendere commestibile il cibo. E non siamo davanti ad un rituale vuoto, ma davanti ad un sacrificio di comunione, che avviene attraverso lo spargimento del sangue sull'altare del Signore da parte del sacerdote, il quale provvederà a bruciare il grasso in profumo soave (Levitico v. 5,6 cap 17). "Il sangue espia, in quanto è la vita. Perciò vi ho concesso di porlo sull'altare in espiazione per le vostre vite" (v. 11). Espiare vuol dire purificare con rito religioso, quindi il versetto 11 di Levitico ci suggerisce come costruire la famosa scala di Giacobbe a partire dal corpo fisico. Questo nostro primo veicolo va purificato con digiuni, bagni, diete particolari (non mangiar certi cibi impuri, ecc.), ma poiché l'uomo non è di sola carne, occorre anche purificare i veicoli sottili. Ora, nefesh è il corpo eterico, il corpo vitale che l'uomo ha in comune con tutto il mondo vegetale, ed esso va purificato sacrificando ogni pasto al Signore. Ma vi è ancora un altro veicolo, quello astrale (lo Yetzirah cabalistico), che l'uomo ha in comune con tutti gli animali, e pure quello va reso puro. Infine si giunge a "Io sono colui che sono", quella scintilla divina in noi, lo Spirito, che gran parte della moderna psicologia ha ridotto ad un io privo di ogni spiritualità. Su questo argomento (corpi sottili) confrontasi Steiner - "Il sangue è un succo molto peculiare", da pag. 14 e seguenti. La tradizione ebraica, relativamente all'anima, questa triplicità l'ha indicata porprio con i termini Nefesh, Ruach, Neshamah. Ruach significa vento, aria, respiro, spirito. Ma dal momento che anche Neshmah vuol dire respirare, sono stati aggiunti altri due termini: Chayyah, che è la circolazione di energia che attraversa il corpo, e Yechidah, che significa singolarità, unicità: " Per la tradizione ebraica ogni essere umano ha una vocazione specifica che soltanto lui può realizzare. Egli deve rispondere a questa vocazione, a questo progetto unico…"  (Ouaknin già citato, pag 196).
Per quanto detto, la costruzione di questa scala da cui far salire e scendere gli angeli che Adonai si compiacerà di inviarci, deve passare attraverso la purificazione di tutti i nostri "veicoli", attraverso un lavoro eminentemente sacrificale e rituale. Solo il rito può dare forza all'atto, e solo la purificazione può rendere l'uomo un magnete tale da poter attrarre ( a Dio piacendo ) lo Spirito Santo. Aiutati che Dio t'aiuta, dice l'adagio, e l'aiuto che ognuno di noi può dare a se stesso è proprio questo: mondarsi. La nuova alleanza fra Dio e uomo può scattare solo dopo la purificazione. Dopo la fase al nero, quando comparirà la prima luce, che dopo il diluvio viene simboleggiata dalla colomba, Dio si compiacerà, ed a quel piccolo lume umano farà corrispondere la sua luce prismata, l'arcobaleno, che nella tradizione alchemica corrisponderebbe alla coda di pavone che si presenta all'occhio della mente dell'alchimista ad una certa fase dell'opera. A quel punto piantare la vigna    significa produrre quello che il Nuovo Testamento chiama sangue di Cristo: simbolicamente, Noé, dal momento che è riuscito a lavare il suo sangue, la sua prima anima (oltre che il suo corpo) è autorizzato a piantare la vite, quella particolare pianta  attraverso cui la luce del sole, la forza della terra, e l'intermediazione dell'aria, può contenere il sangue della Vita Universale che è il Cristo, il Budda, il Tao, Dio Manifesto. Questo "sangue", insieme con il "corpo"- frumento   di Cristo assicureranno una certa divulgazione (forse per un rabbino, ciò che sto dicendo  è inaccettabile) della tradizione ebraica per mezzo di quello che può essere ritenuto il rito di purificazione più sublime che esiste sulla faccia della terra: il sacrificio della Santa Messa. Un perenne seme di Vita, nel corso di ogni celebrazione, muore per risorgere subito dopo nei nostri corpi; ubriacarsi di questo vino, come ha fatto Noé, può voler dire andare in estasi, ubriacarsi  di Vita, denudarsi da ogni veste umana e diventare simile agli angeli. Una simile meta, una tale verità va rispettata, rivelata e non svelata.  La maledizione di Canaan è omologabile al "non date le perle ai porci" del Maestro Gesù. Davanti alle cose dello spirito occorre tacere? Se l'istinto del fare o del dire è forte e irrefrenabile, l'uno (il fare) deve essere un celebrare, e l'altro (il dire), deve essere un pregare. I mistici di tutto il mondo e di ogni tradizione religiosa non hanno fatto che questo: le loro non sono parole, ma preghiere; la loro vita non è stato un fare, ma un celebrare, un sacrificare se stessi in ogni azione al Dio Supremo. Il Cristofaro, il portatore di Cristo, l'Unto del Signore, il Santo non potrà mai essere schiavo; e di contro, il senza Dio giammai potrà essere padrone.

 

Grazie. Nat  



Indietro