QUESTA E' LA VITA
(Interpretazione Cabalistica)

 

Se da un punto di vista di interpretazione letterale possiamo accettare e condividere i quattro brevissimi commenti alle novelle di Pirandello sintetizzati dal presentatore all’inizio del film quale concentrato degli insegnamenti che dalla lettura di tali novelle si puo’ recepire,  da un punto di vista interiorizzato possiamo scoprirvi simbologie e significati ben piu’ sollecitanti e profondi; certo, “Questa e’ la vita”: la vita e’ lezione, insegnamento appreso da chi ha vissuto esperienze. Esperienza vuol dire “conoscenza per prova” e, in genere, l’esperienza e’ vera quando la prova ci riguarda personalmente, cioe’ quando la viviamo sulla nostra pelle; ma anche quando impariamo attraverso l’esperienza degli altri, se riusciamo ad identificarci con loro, l’apprendimento  puo’ essere completo ed esaustivo come se fosse stato realmente esperito. Il teatro e il cinema, se vissuti come oggetto di studio, e non solo come passatempo o divertimento, possono offrire assai meglio del racconto o del romanzo la possibilita’ di cogliere l’esperienza dei personaggi che vengono descritti, perche’ in un certo qual senso essi, (come ben ci insegna Pirandello) pur vivendo una loro propria vita oggettiva, sono in grado di stimolare in noi una realta’ soggettiva, dalle possibili infinite forme e e che quindi possiamo relazionare a qualunque livello di coscienza: fisico, astrale, mentale o spirituale, come noi vogliamo: cosi  e’ se ci  pare.

 

 

 

La Giara.

 In questa novella i personaggi con i quali possiamo identificarci sono molti, tutti interessanti, tutti  in grado di rispecchiare i nostri burattini interiori, ma il “personaggio” per eccellenza protagonista e maestro, non e’ un personaggio, ma un oggetto personificato,  un oggetto – persona: la giara. Difatti di lei ‘mpari Pe’ dice: “Uh, bella: grossa cosi’, alta a petto d’uomo: pare una badessa”.La giara e’ un vaso di terracotta, smaltato all’interno, usato per conservare acqua, olio o altro. Qui il paragone con la “badessa” implica una chiara attribuzione simbolica femminile con caratteristica di verginita’ (e’ nuova, non e’ mai stata usata) e la sua “rottura” subito dopo l’acquisto  (don Lolo’ l’ha pagata ben 4 onze e si tormenta e tormenta gli altri per timore di averla pagata troppo), viene vissuta come violazione sacrilega, come  “peccato” come  “caduta”. E la “caduta” nella Kabbalah e’ proprio la “rottura del vaso” e piu’ propriamente la rottura di Geburah, il centro relativo al mentale razionale, della colonna di sinistra, la colonna di Binah, della ricettivita’, della femminilita’. Nella giara, specchiatura fondamentale di tutti i burattini-personaggi della novella, ritroviamo i difetti principali di don Lolo’(= da Loffredo il cui significato al bianco = colui che da’ pace e al nero, ovviamente = colui che da’ guerra): rissoso,  prepotente, vessatore; e i pregi della sua vittima-antagonista: zi’ Dima (= Didimo= gemello). Il “Vaso”, la giara si rompe perche’ don Lolo’ e’ lui stesso la giara, un vaso rotto: presuntuoso, supponente, egoista ma zi’ Dima, sua controparte positiva (umile, semplice, coraggioso) puo’ ripararlo. Egli possiede il mastice miracoloso che puo’ riparare la giara e farla tornare come nuova, in grado di risuonare come una campana, purche’ don Lolo’ gli dia fiducia. Egli sa eseguire il lavoro a “regola d’arte” (e l’arte di cui parliamo e’ l’ ars regia dell’alchimia) , senza punti, quei punti che sono come i denti della vecchia che digrignano e par che dicano: “Sono rotta e accomodata”  e rimandano di nuovo al simbolismo della prostituta e della meretrice. Ma, dicevamo, don Lolo’ e’ la giara: tanto grossa di pancia (per prendere) e tanto stretta di bocca (avara nel dare) e quando zi’ Dima e’ entrato in lei per ripararla lo trattiene e non lo restituisce, fino a che l’ira scatenata  (la frusta di Geburah) non lo libera: l’energia, la Divina Shekinah che era stata catturata e compressa ha pero’ operato una trasmutazione all’interno del “podere” di don Lolo’: l’animo dei contadini si e’ coalizzato con zi’ Dima  ed ha creato una forza di ribellione esplosiva che isola ora don Lolo’: la sua generosa pedata ha prodotto la seconda rottura della giara (rottura che si verifica questa volta contro un “Albero”); questa rottura e’ costruttiva: qualcosa in questo Geburah e’ cambiato, perche’ zi’ Dima ha vinto.

 

 

Il Ventaglino

Anche in questa seconda novella il vero protagonista e’ un oggetto: il ventaglio.  La storia racconta di una ragazza con un  bambino che e’ stata al suo paese rifiutata dal marito (sposato pero’ solo in chiesa e non al municipio, con un matrimonio dunque non valido civilmente); poi nella citta’ che doveva accoglierla come balia, questa madre e’ stata considerata dalla padrona di casa come ospite da prostituire; infine ai giardini pubblici la povera donna e’ stata respinta come questuante dal vecchio pensionato e come possibile domestica dalla ricca signora... Si’ i fatti narrati riguardano lei, ma non e’ su di lei che vogliamo focalizzare la nostra attenzione, ma sul ventaglio,  il “centro”che fa “vento” che fa pensare-sognare (sappiamo tutti che l’elemento aria e’ in relazione con la mente-immaginazione). Intanto lo possiamo considerare come l’unico appiglio a cui aggrapparsi quando tutti gli altri mezzi di sopravvivenza  sono venuti meno (il marito= controparte energetica propria; la padrona di casa= logica; la questua= energie secondarie recepite all’esterno per pieta’; il lavoro = energie fisiche da spendere per gli altri). Possiamo citare qui la famosa storia Zen “Una parabola del Budda”: Un uomo camminava in una foresta,  si imbatte’ in una tigre: si  mise a correre inseguito dalla tigre; arrivo’ ad un precipizio; si afferro’ ad un cespuglio e si  lascio’ penzolare nel vuoto, in basso vide un’altra tigre; duo topi, uno bianco e uno nero cominciarono a rosicchiare il ramo che lo sorreggeva. L’uomo scorse vicino al ramo una bellissima fragola. Sorreggendosi con una sola mano spicco’ la fragola: come era dolce! Ecco, da un certo punto di vista il ventaglino corrisponde alla fragola dello Zen, la fragola squisita che il condannato a morte riesce a gustare vivendo totalmente il qui e ora del suo attimo fuggente.

Quando tutto sembra caderci addosso, possiamo sempre chiudere gli occhi e sognare...

Da un altro punto di vista  possiamo invece considerare il ventaglio come maschera,  protezione, mezzo di trasformazione. La donna e’ in una situazione-limite, non ha scampo. Fa caldo, vede il ventaglino e lo desidera; realizza che con quello, che e’ di carta, puo’ avere refrigerio, ma che, se fosse di seta, potrebbe essere lei stessa molto piu’ seducente; questo pensiero che il ventaglio le ha suscitato, la rende realmente piu’ bella  ed ecco che il ventaglio, nella sua mano, si anima e diventa “personaggio” le copre il volto a meta’, la rende desiderabile e misteriosa, vela e nasconde in lei la moglie e la  balia rifiutata, la domestica e la questuante respinta  e pietosamente la trasforma in un’altra, in quella che dovra’ essere per adattarsi a sopravvivere con il suo bambino in una citta’ inospitale e corrotta: un ventaglio che e’ ora copertura, scudo, corazza: un ventaglio che e’ un ulteriore aspetto di Geburah.

 

 

La Patente

La patente o diploma e’ una concessione scritta rilasciata dall’autorita’ che da’ il privilegio dell’esercizio di una professione. Nel caso di Rosario Chiarchiaro, lo spassosissimo personaggio di Pirandello, “la patente” ottenuta con la perdita della causa intentata contro il figlio del sindaco e l’assessore Fazio per diffamazione,  gli permette di esercitare la professione di jettatore, professione  assai remunerativa, che gli dara’ modo di vivere agiatamente con la sua famiglia, visto che gli e’ stato preclusa qualsiasi altra possibilita’ di sopravvivenza. Anche qui ci troviamo di fronte ad una ribellione violenta scoppiata contro la persecuzione legalizzata. Rosario (= oggetto per contare le preghiere, cioe’ oggetto di bene-dizioni ) Chiar-chiaro (= due volte chiaro) nulla ha in se’ di malevolo o di negativo. Perche’ dunque il poveretto viene bersagliato dalla superstizione e dal rifiuto dei suoi concittadini? Quando inizia la sua sventura? Probabilmente quando questi si rendono conto della sua “vulnerabilita’”, del suo essere “agnello sacrificale”. Ogni persona ha in se’ una propria dose di “male”, ma quando gli succede qualcosa di storto, una malattia, un incidente, un decesso in famiglia, invece di prendersi la “colpa” di quanto gli succede, va in cerca di un capro espiatorio, qualcuno che si faccia “carico”, che si prenda la responsabilita’ di quanto accade, cosi’ da potersi giustificare nella coscienza e liberare da ogni rimorso o senso di  peccato. Rosario per un po’ assolve a questa funzione, soffrendo per se’ e per i suoi, poi, ridotto all’esasperazione, reagisce e si inventa la soluzione del problema: decide di diventare uno jettatore vero, con tanto di patente: la gente deve pagare una tassa per non subire il suo malocchio. Il riconoscimento ufficiale della sua “forza” (Geburah) nera,  ristabilisce l’ordine e l’equilibrio nel centro (rosario = corona di rose) e nella cittadina: la tassa pagata e’ l’obolo dovuto al demone incarnato da Rosario per passare indenni attraverso il pericolo della reazione al proprio male: “la patente” investe Rosario (ora oggetto di male-dizioni) del poter di “guardiano della soglia” cui e’ dovuto il tributo come a Caronte, il guardiano dell’Ade e, pagando il tributo, tutto torna alla normalita’. 

 

 

Marsina stretta

“Marsina stretta” e’ l’ultima novella che completa lo svolgimento del tema del film “Questa e’ la vita”. Questa volta e’ la marsina stretta, la “corazza” di Geburah, che costringe il professore alla “retta azione” che ripara “il male” e conclude le nozze tra lo Sposo e la Sposa della vicenda. Il professore, nel suo abito solito di tutti i giorni, non si sarebbe mai permesso una reazione cosi’ violenta e battagliera all’ingiustizia dei parenti (serpenti) tutti pronti a far fallire le “nozze”, invece “costretto” nella gabbia della marsina, imprigionato in essa come Giona nel ventre della balena, pur di uscirne, obbedisce a quella forza interiore che gli fa compiere il suo dovere e costringe anche gli altri che lo circondano a compierlo... Non a caso il suo “senso di rabbia” raggiunge il massimo quando gli si “strappa la manica” (le maniche sono la copertura delle braccia,  che hanno la loro corrispondenza nel centro di Geburah, centro della Forza).

Cosi’ “Questa e’ la vita” svolge in quattro tempi l’iter iniziatico dello sviluppo di Geburah: partendo dalla presa di coscienza dei contadini del podere di don Lolo’, passando attraverso la costruzione degli scudi del ventaglino e della patente, si arriva al lavorio interno che si svolge nel crogiuolo del corpo del professore fino allo scoppio della marsina, come alla rottura di un guscio d’uovo: da esso emerge, come un pulcino, il Nuovo: la “Coniuctio oppositorum” delle forze maschili e femminili nel vincolo sacro delle Nozze Alchemiche.

Grazie. F.V.

 

Indietro