"Il Mahabharata e la rievocazione
di qualcosa dimmenso, possente, irradiante" (Peter
Brook Il punto in movimento Ubulibri).
Volendo introdurre il discorso, dovremmo parlare non
di uno, ma di tre Mahabharata. Il primo e quello che per duemila anni
i cantori
indiani hanno tramandato oralmente e che ciascuno di essi ha interpretato di
volta in volta, arricchendolo con aggiunte. Il secondo e quello
che in India, a partire dal IV secolo a.C. e fino al IV secolo d.C. e
stato messo per iscritto in un totale di oltre 90.000 strofe. Il terzo e
quello
che Jean-Claude Carriere e Peter Brook, luno come sceneggiatore e laltro
come regista, hanno riscritto per noi occidentali. Del
primo non
possiamo dire niente. Del secondo dobbiamo accontentarci della riduzione in
prosa fatta da R.K. Narayan, e della Bhagavad Gita, il Canto del
Beato, stampata e commentata in moltissime edizioni. Del terzo esiste molto
materiale da consultare, ma soprattutto una testimonianza filmata a
portata di tutti. Brook, Carriere, la compagnia degli attori e tutti coloro
(e sono tanti) che al Centre National de Recherches Theatrales di Parigi,
non saranno ringraziati mai abbastanza per il capolavoro cui hanno dato vita
e per averci fatto conoscere la mitologia indiana, fino a ieri
appannaggio di soli pochi orientalisti. "La grande
Unita della Coscienza si produce in vario modo anche al di fuori dei rituali
iniziatici, nella
vita quotidiana, quando piu soggetti coscienti sono intenti ad una medesima
cosa, per esmpio quando assistono ad una rappresentazione
teatrale
: la Coscienza di solito contratta, torna ad uno stato di espansione,
dacche i componenti si riflettono luno nellaltro" (Mahabharata
Vito Di Bernardi Bulzoni editore) Se
e vero quello che dice Di Bernardi riportando un pensiero di Abhinavagupta
(sec. XI), e anche
vero che non tutte le rappresentazioni teatrali riescono ad espandere la Coscienza
ed a produrre, tramite tale condivisione, lesperienza del
rasa," lestasi della mente, esaltazione della pura consapevolezza".
Perche cio avvenga e necessario, a nostro parere, che il gruppo
che offre
lo spettacolo al pubblico abbia conseguito tale estasi durante un lungo e intenso
incontro con lopera da rappresentare. Noi siamo convinti
cheCarriere,
Brook e tutti coloro che hanno collaborato allallestimento di questo grande
evento teatrale, tale espansione, tale unita di Coscienza
lhanno sperimentata, e di cio siamo loro grati. Ma
adesso veniamo allopera. Cominceremo con una brevissima introduzione delle
origini.
Santanu, un re, sinnamora di una fanciulla e le chiede di sposarlo. Lei
accetta ad una condizione: dopo sposata deve poter
fare cio che vuole.
Il re acconsente. Lei partorisce uno dopo laltro sette figli ma, appena
nati, li annega nel fiume. Quando nasce lottavo il re la supplica di non
ucciderlo, ma a questo punto lei svela il mistero: e Ganga, la dea di
quel fiume; gli otto bambini sono gli otto Vasu che nella vita precedente
hanno rubato Nandini la preziosa mucca del saggio Vasistha; a sette di essi
e stato concesso dabbandonare il loro corpo subito, lottavo,
lorganizzatore del furto, dovra vivere, ma sara costretto
al celibato, il suo nome sara Bhisma , guerriero e saggio. Quel bambino
pertanto
non morra. Santanu in seguito si innamora di Satyavati, la sposa e ha
da lei due figli: il primo morira in battaglia, il secondo morira
senza
prole, a causa di una malattia, lasciando due mogli, Ambika e Ambalika. A
questo punto entra in scena Vyasa, figlio di Satyavati e del rsi
Parasara. Quandera giovane, Satyavati traghettava
le persone al di la del fiume. Il saggio rsi si innamoro di lei,
che essendo figlia di un
pesce emanava un cattivo odore. Il saggio le tolse questodore, dono
alla sua persona un profumo che non lavrebbe piu lasciata, e lei
in
cambio cedette alle sue proposte. Parasara suscito una nebbia, si uni
alla fanciulla e le promise che avrebbe conservato la sua verginita.
Dalla loro unione nacque Vyasa, il figlio della nebbia, un saggio che Satyavati
avrebbe potuto evocare col pensiero in qualunque momento.
Satyavati evoca Vyasa proprio quando, Bhisma si rifiuta di unirsi ad Ambika
ed Ambalika per assicurare lerede al trono.Vyasa si presenta
subito, ma la sua persona non ha un buon aspetto perche sta vivendo un
periodo di penitenza. Egli si unisce dapprima con Ambika, la quale,
disgustata dallo stato di lui, chiude gli occhi, e per questo concepisce un
bambino cieco (Dhritarastra). Tocca dopo ad Ambalika, la quale,
alla vista di lui, ha paura , impallidisce, ed a causa
di questo da alla luce un bambino pallido (Pandu). Dritarastra sposera
Gandhari da cui avra
cento figli (primogenito Duryodhana); Pandu sposera Kunti e Madri, dalle
quali avra rispettivamente 3 e 2 figli, Yudhisthira, Bhima ed
Arjuna da Kunti, e Nakula e Sahadeva da Madri. Qui
comincia la storia. Abbiamo ricavato il significato
spirituale dei nomi del poema indiano
dal commento alla Bhagavad Gita di Yogananda. Allinizio
della storia Bhisma [ego] per eccessivo amore del padre suo [egoismo] fa voto
di
castita e quando, per ragioni dinastiche, dovrebbe unirsi alle donne [Amba,
Ambalika e Ambika] da lui stesso rapite per il fratellastro, rifiuta
a causa del voto. Ce qui una mancata collaborazione tra le due colonne
dellAlbero, si sviluppa percio tutta una serie di alterazioni interne
[disordini] che daranno origine alla battaglia del "campo" [il corpo
umano] di Kurukshetra. Infatti sara Vyasa [coscienza della relativita]
a
unirsi alle regali consorti e solamente ad Ambika e Ambalika, perche Amba,
ripudiata se ne andra raminga e rimarra sterile, programmando
vendetta e sara la causa diretta della morte di Bhisma. Vyasa,
coscienza della relativita, unendosi ad Ambika [dubbio] genera Dhritarashtra
[irreligiosita cieca] che unendosi poi a Gandhari [parzialita] dara
origine ai cento suoi figli, i Kaurava [inclinazioni negative dei sensi legate
ai vizi] di cui Duryodhana rappresenta lambizione legata alla materialita
e Dushasana, la collera. Quando Vyasa si unisce ad Ambalika
[discriminazione positiva], genera Pandu [religiosita intelligente] e
questi ,unendosi a Kunti e a Madri [poteri dellimparzialita] permette
ad
esse di concepire i figli degli Dei dellastrale positivo: Yudhisthira
[calma] figlio di Darma [ordine]: etere, quintessenza, punto centrale
[Tiphereth dellAlbero di Yetzirah] Bhima [vitalita] figlio di Vayu
[vento]: aria vibrante Arjuna [autocontrollo] figlio di Indra [potere]: fuoco
vibrante Nakula [obbedienza] figlio di Asvin ; [gemello guaritore]: acqua vibrante
Sahadeva [inclinazione al bene] figlio di Asvin [gemello
soccorritore]: terra vibrante. Dhritarashtra e il maggiore, ma, essendo
cieco, il regno spetta a Pandu e ai suoi eredi; tuttavia Pandu muore e
nel frattempo regna Dhritarashtra. Dopo il periodo
dellinfanzia e delladolescenza, linclinazione al male, lalbero
nero, i Kaurava, con a capo
Duryodhana [lambizione materialistica] con astuto gioco di dadi dello
zio Shakuni [attaccamento materialistico] riescono a strappare il regno
corporeo allAlbero bianco, le buone qualita [le virtu] che
vengono esiliate cosi per dodici anni [uno zodiaco di tempo]. Al termine
dellesilio
i Pandava [i figli della pura intelligenza] con laiuto di Krishna, Coscienza
Cristica, Io Sono, Daath, Se Superiore ecc., tentano la riscossa; ma le
cattive tendenze psichiche, di cui Karna rappresenta la punta,[ essendo il figlio
del Sole, ripudiato dalla madre] a servizio delle forze del male
[666 Dragone], rifiutano di cedere il regno. Si arriva cosi alla guerra.
Con la battaglia di Kurukshetra la Coscienza [Krishna] e lAutocontrollo
[Arjuna] riprenderanno possesso del corpo e vi stabiliranno pace, saggezza,
armonia e salute e vi innalzeranno lImpero dello Spirito.